Rumori di sciabole sulla Società del Ponte sullo Stretto

Semibiografia di un ex generale dei Carabinieri neo-consigliere d’amministrazione della Stretto di Messina Spa, società concessionaria per la realizzazione del Ponte.

Se ne era chiesto inutilmente lo scioglimento, ma dopo il ritorno del cavaliere Berlusconi al governo, è in atto il rilancio della Società Stretto di Messina, concessionaria pubblica per la realizzazione del Ponte. È di qualche giorno fa la notizia di un turn-over nel consiglio d'amministrazione. Confermato Pietro Ciucci alla guida della società, tra i nuovi entrati spicca il nome di un alto militare in congedo, il generale Antonio Pappalardo, già presidente del Cocer dell’Arma dei Carabinieri ed ex Capo di Stato Maggiore della Divisione Unità Specializzata dei Carabinieri di Roma. Il suo ingresso nel Cda della Stretto di Messina è stato perorato dal ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli (An), che però non ha chiarito quali siano le competenze tecnico-specifiche maturate dall’ex militare che giustifichino l'incarico nella società del Ponte, proprio nella delicatissima fase di rinegoziazione contrattuale con le imprese general contractor.

Di certo non si è trattata di una scelta meramente interna ad Alleanza nazionale: il generale Pappalardo, infatti, ha avuto un’altalenante carriera politica, ma non risulta aver militato di recente nelle file dell’estrema destra. Eletto nel 1992 alla Camera dei Deputati come “indipendente” nelle liste del Psdi, Pappalardo fu prima vicepresidente della Commissione Difesa, poi, il 5 maggio 1993, sottosegretario alle Finanze del governo Ciampi. Quest’ultimo incarico fu uno dei più brevi della storia della Repubblica: appena 15 giorni. Il Consiglio dei ministri gli revocò il mandato per una condanna a otto mesi di reclusione inflittagli dal tribunale militare di Roma per diffamazione nei confronti dell’ex comandante generale dei Carabinieri, Antonio Viesti, condanna poi annullata in Cassazione.

Pappalardo abbandonò il Psdi travolto da tangentopoli, per passare prima al Gruppo Misto e poi al Patto di Mario Segni. Sempre nel 1993, l’allora colonnello si presentò come capolista di una formazione politica anti-Rutelli in corsa per l’amministrazione comunale di Roma (“Solidarietà Democratica”). Scarso il risultato elettorale, appena lo 0,7%, nonostante si dichiarassero sostenitori della lista alcuni potenti Gran maestri della massoneria italiana, primo fra tutti il principe siciliano Giovanni Alliata di Montereale, un nome di peso nei grandi segreti italiani, strage di Portella della Ginestra, tentativi di golpe degli anni '70 e Loggia P2 compresi.

Subito dopo le elezioni di Roma, “Solidarietà democratica” confluì nella nascente Forza Italia del duo Berlusconi-Dell’Utri. Terminato il mandato parlamentare, Pappalardo aderì ad Alleanza Nazionale con cui si candidò senza successo alle elezioni per il rinnovo del parlamento europeo. Rientrato nei ranghi dell'Arma, il militare venne nominato Capo di Stato Maggiore della Regione Carabinieri Abruzzo e Molise e poi vicecomandante della Regione Umbria.

Nel 1996, Pappalardo si presentava senza fortuna con l’Ulivo di Romano Prodi alle elezioni amministrative di Chieti. Quattro anni più tardi, il 14 luglio 2000, era tra i partecipanti alla “Giornata per l’orgoglio socialista” che sanciva la costituzione del Nuovo Psi nel ricordo di Bettino Craxi. L’anno successivo il neogenerale decideva di rientrare direttamente nell’agone politico: era tra i fondatori del movimento “Popolari Europei” che si collocava “a destra della Casa della Libertà” tentando pure l’alleanza con la Fiamma Tricolore di Pino Rauti e con il Partito Liberal Popolare di Diego Volpi Pasini, ideologicamente vicino al neonazista austriaco Jörg Haider. Negli stessi mesi Pappalardo diveniva pure segretario di un altro movimento, “I funzionalismi”, lanciato dall’associazione culturale “Nuova prospettiva”.

Ciononostante, alle elezioni politiche del 2001 vinte dalla Casa delle Libertà, Pappalardo preferiva la candidatura al Senato nel collegio di Taranto con la Lega d'Azione meridionale, un movimento collegato al controverso sindaco di Taranto, Giancarlo Cito. Fallito anche questo tentativo, il generale accettava di concorrere alle successive elezioni regionali in Sicilia (collegio di Catania) nella lista “Biancofiore” collegata a “Totò Cuffaro – governatore”. Neanche stavolta veniva eletto.

Una consolazione giungeva comunque dalla sua febbrile attività di compositore d’opere, canzoni, notturni, melodie e marce militari. Il 6 dicembre 2005, all’auditorium Conciliazione di Roma, veniva eseguita la “prima mondiale” del suo concerto Il vento di Mykonos, testo del magistrato Corrado Calabrò, prima presidente del TAR Lazio, poi presidente dell’Authority per le Comunicazioni su indicazione del leader di An, Gianfranco Fini. In qualità di scrittore, Corrado Calabrò fu insignito nel 2002 del Premio Anco Marzio di Ostia (l’anno successivo il riconoscimento andò a tale Licio Gelli da Arezzo).

Dopo l’effimero ritorno al governo della coalizione di centrosinistra nella primavera 2006, il militare fu inserito nella direzione del rinato Partito Socialdemocratico, guidato nazionalmente dall’on. Franco Nicolazzi e, in Sicilia, dal messinese Dino Madaudo, già sottosegretario alla Difesa (ministro Salvo Andò) nel biennio 1992-93. Nel settembre del 2007, il “socialdemocratico” sembrò volersi avvicinare all’Italia dei Valori del ministro Antonio Di Pietro, che pure qualche anno prima aveva comparato al “Piano Solo del generale De Lorenzo”, un oscuro documento diffuso da Pappalardo tra gli ufficiali dell'Arma “sullo stato morale e il benessere dei cittadini”, in cui si auspicava “la fondazione di un nuovo tipo di Stato e di una nuova Europa, che i partiti politici, così come sono strutturati, e comunque lontani dai problemi dei cittadini, non riescono più a garantire...” (L’Unità del 31 marzo 2000). Sempre nel 2007 Pappalardo diveniva presidente dell’Associazione Nazionale per la Sicurezza e la Legalità, organismo impegnato a promuovere la costituzione di comitati di cittadini pronti a collaborare “in modo discreto” con le forze dell’ordine nel “controllo del territorio”.

Ai primi di marzo del 2008, alla vigilia delle elezioni per il Parlamento e l’Assemblea regionale Siciliana, ennesimo giro di valzer del generale: la scelta di campo, stavolta, è per il Movimento per l’Autonomia del catanese Raffaele Lombardo che candida Pappalardo in ben tre collegi senatoriali, Abruzzo (capolista), Puglia e Sicilia. A sostenere il militare in congedo persino il potentissimo rais politico abruzzese, Remo Gaspari, democristiano doc, nove volte deputato e sedici ministro della Repubblica. Ancora una volta, però, l’ex capo di stato maggiore dei CC resta fuori dal Parlamento.

L’avvicinamento al neogovernatore siciliano Lombardo, instancabile sostenitore della realizzazione del Ponte di Messina, è forse una delle chiavi per comprendere la scelta del ministero delle Infrastrutture di nominare l’ex militare nel consiglio d'amministrazione della società Stretto Spa. Come pure il Pappalardo-pensiero sullo stato della magistratura in Italia, leit-motiv del Cavaliere & Soci.

È il 24 giugno 2008 e sul quotidiano “Libero” compare un lungo intervento del “generale dei Carabinieri”. Dopo aver premesso di disprezzare “i cialtroni, categoria di persone che si prestano a speculazioni con l’intento di favorire qualcuno o un gruppo di potere”, Pappalardo scrive che “un fatto è certo: da troppo tempo i magistrati stanno condizionando la vita del nostro paese che, ricattabile e inaffidabile, non è capace di reagire”.

L’attacco al potere giudiziario è a 360 gradi: “Oggi ci sono magistrati che mandano in galera le persone per fare carriera politica. L’ANM, invece di chiedere i nomi dei pubblici ministeri sovversivi, li vada ad individuare essa stessa. Non farà una gran fatica. Li conosce bene. Sono da troppo tempo al soldo della politica e stanno distruggendo il senso della giustizia nel nostro Paese”. “Perché il CSM - continua Pappalardo - che è l’organo di governo della magistratura, non interviene punendo i manchevoli? No, è molto più comodo attaccare il governo quando tocca gli interessi della categoria”.

”Con l'inserimento subdolo in politica di alcuni magistrati, sono state deviate e addirittura cancellate aspirazioni legittime di intere categorie sociali di farsi rappresentare democraticamente. Negli anni ‘90 il mondo militare chiese rispetto e attenzione per le condizioni dei propri appartenenti. Quando qualcuno avvertì che quei generosi, permeati dall'alto senso dello Stato e del dovere, sarebbero potuti intervenire anche per migliorare il quadro politico dell'Italia, una certa lobby di potere si scagliò contro costoro, avvalendosi della collaborazione di taluni magistrati. Così quelle aspirazioni sono state annientate”.

L’(ex) generale Pappalardo ha le idee chiare in merito: contro la degenerazione della politica e della società, la medicina migliore è la “rigenerazione” delle forze armate per ristabilire l’ordine e la legalità. In che modo, è sempre il suo intervento su “Libero” a spiegarlo: “I militari in Turchia, per dettato costituzionale, possono intervenire nelle controversie politiche, per salvare la laicità dello Stato. I militari in Italia sarebbero potuti intervenire per salvare la serietà dello Stato e lo avrebbero potuto fare perché al loro interno di gente incorruttibile ed affidabile ne hanno tanta...”.

L’Italia come la Turchia, dunque, e forse proprio il decreto La Russa che dà il via alle ronde militari in città, cantieri e discariche, segna un primo passo in questa direzione. Ma è il paragrafo finale dell’intervento di Pappalardo ad avere il sapore della minaccia dell’uso di sciabole e moschetti: “Attenzione, onorevole Veltroni a muovere le piazze! Ci sono tanti cittadini che non ne possono più e, come i 40mila di Torino negli anni del terrorismo, potrebbero scendere esse in piazza a far sparire questa inetta classe politica, che non ha capito che una certa ideologia sinistrorsa ha già causato tanti danni e che è tempo che spunti un nuovo sole per l’Italia e l’Europa, che difenda i valori del territorio e l'identità di una civiltà che si è imposta grazie all'impegno di uomini che hanno pagato con la vita la loro avversione ad ogni tipo di dittatura, anche quella subdola che oggi domina il nostro Paese, con la mistificazione e l’inganno”.

Articolo pubblicato in Indymedia Calabria il 16 luglio 2008

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