Basi USA in Italia e guerra all’Iran. Le bugie della Meloni
Una lezione di falsa democrazia che la falsa opposizione non ha inteso contrapporre con una narrazione “altra”, in quanto essa è pienamente condivisa in nome del realismo militarista tanto in voga nell’Unione europea fortezza di guerra. “I nostri alleati USA non hanno utilizzato le basi militari in Italia né ci hanno chiesto di poterlo fare in futuro. Se dovessero richiederlo, sarà il Parlamento ad autorizzarlo”, ha dichiarato la premier Giorgia Meloni nelle ore successive ai bombardamenti dei presunti siti nucleari iraniani, la notte del solstizio d’estate 2025.
Del tutto falso che le forze
armate USA non abbiano utilizzato per le loro scorribande in territorio
iraniano le maggiori infrastrutture logistiche e le installazioni militari ospitate
in territorio italiano. Dalla base di Camp Darby e dal porto di Livorno in
Toscana sono stati inviati sistemi d’arma e munizioni alle truppe USA in Medio
Oriente; i cacciabombardieri F-16 di US Air Force sono stati trasferiti dalla
base di Aviano (Pordenone) al Golfo Persico; i grandi aerei cisterna, dopo
essere decollati anch’essi da Aviano, hanno rifornito in volo i bombardieri
strategici B-2 da cui sono state lanciate le superbombe contro i laboratori
sotterranei iraniani; il comando della Marina Militare USA per l’Europa e
l’Africa di stanza a Napoli Capodichino ha diretto e coordinato tutte le
operazioni delle unità navali presenti nel Mediterraneo orientale e nel Mar
Rosso per offrire ad Israele una “copertura” anti-Teheran; lo stesso comando ha pianificato il lancio di un gran numero di missili
da crociera Tomahawak contro l’Iran dal sottomarino nucleare “USS Georgia” di
US Navy; gli aerei con e senza pilota decollati dalla base siciliana di
Sigonella, prima, durante e dopo la notte del 21 giugno, hanno condotto
innumerevoli attività di intelligence e riconoscimento dei “target” iraniani;
sullo spazio aereo della Sicilia – in rotta tra Trapani e Catania, sono
transitati i caccia F-22 “Raptor” che hanno scortato i B-2 nella loro missione
di morte e distruzione. Altro che “estraneità” italiana alla guerra scatenata
da Netanyahu e Trump contro Teheran…
Ma ciò che più dovrebbe
indignare le donne e gli uomini di questo Paese è l’assoluta ignoranza
bipartisan dei più elementari principi del diritto internazionale e della
Costituzione italiana. Non ci può essere infatti Parlamento in Italia, che a
maggioranza o perfino all’unanimità, possa legittimare una violazione così
ignobile di norme e valori come quella della trasformazione di porzioni del
territorio in piattaforme avanzate per aggredire e colpire un paese sovrano e
assassinare donne e bambini. Ma nessuno, proprio nessuno (elettroencefalogramma
piatto quello di giuristi, intellettuali, forze politiche e sociali, senatori e
deputati di centrodestra e centrosinistra) ha avuto l’ardire di scriverlo e
ricordarlo.
Peccato davvero. Invece di
invocare che le basi “italiane” non siano messe a disposizione dei fedeli
alleati belligeranti (penso in particolare a certi pacifinti del Pd), avrebbero
fatto meglio – loro che al governo ci sono stati per anni “autorizzando” strike
in Iraq, Afghanistan, Balcani, Libia, ecc. ecc. – a riconoscere che caserme,
scali aeroportuali e porti sono stati pensati per fare la guerra e se pertanto
esistono è in guerra che devono andare. L’unico modo per “renderli innocui” e
“pacifici” è quello di smantellarli subito, senza se e senza ma,
indipendentemente che operino con gli stendardi tricolore o a stelle e strisce.
In quanto poi all’auspicio che
sia comunque interdetto l’impiego “bellico” delle nostre basi da parte dei
partner NATO, ci sarebbe proprio da ridere (di rabbia) se non ci trovassimo di
fronte al lago di sangue da esse prodotto in mezzo pianeta. C’ da chiedersi
infatti in che modo il migliore degli esecutivi innamorati dell’art. 11 della
Costituzione, quello dell’Italia che
ripudia la guerra, potrebbe impedire che da Ghedi, Sigonella, Aviano,
Capodichino, Gioia del Colle o Amendola, non decollino i caccia USA zeppi di
testate nucleari tattiche (le B-61-12 che con tanto ardore stocchiamo e
difendiamo a casa nostra) per sganciarle a Mosca, Teheran, Pyongyang o Pechino?
Gli scaglierebbero per caso addosso i militari italiani così come avvenne, una
volta sola nella storia repubblicana, durante la “lunga” notte di Sigonella, quella
del 10 ottobre 1986?
Ok, facciamo finta di credere
pure noi alle fiabe e che in uno scatto d’orgoglio (o di follia), un generale
italiano imponga ad un collega USA il rispetto pieno degli accordi di
cooperazione bilaterale (pacta sunt
servenda…). Ma se assai ipoteticamente possibile per un velivolo o una nave
da guerra, come si potrà mai impedire che gli ordini d’attacco o certe informazioni
strategiche non siano trasmessi dagli oltre quaranta comandi che le forze
armate USA hanno disseminato in Italia? E come facciamo ad evitare che non sia
impiegato il terminale terrestre del MUOS di Niscemi, il più moderno sistema di
telecomunicazioni satellitari della Marina USA, per dirigere e governare le
missioni degli “utenti mobili” (bombardieri, droni, portaerei, sottomarini
missili nucleari e convenzionali) del Pentagono? C’è davvero solo un unico modo
perché non si ripeta quanto accaduto la notte del solstizio anti-Iran, quando
US Navy da Capodichino ordinò - via terminali e satelliti MUOS - il lancio dei
Cruise contro Teheran: far decollare gli F-35 dell’Aeronautica Militare da
Amendola e bombardare tutte le antenne USA innalzate nella riserva naturale di
Niscemi in barba alla Costituzione e alle leggi che tutelano il territorio,
l’ambiente e la salute umana.
Una nuova stagione di
mobilitazione e di lotta deve prendere il via in Sicilia per chiedere
l’immediato smantellamento di tutte le infrastrutture belliche esistenti
(Sigonella e il MUOS di Niscemi in testa), per smilitarizzare e denuclearizzare
l’Isola e trasformarla in un Ponte di pace, dialogo e cooperazione tra i popoli
del Mediterraneo. I Comitati No MUOS e No War si sono dati un appuntamento che
alla luce di quanto accaduto nelle settimane scorse diventa più che mai
importante. Sabato 2 agosto ci sarà un corteo tra i sentieri che si snodano
accanto alle reti con il filo spinato dell’apartheid israeliano che “difendono”
la base nella titolarità ed uso esclusivo delle forze armate d’oltreoceano. “In
contrada Ulmo a Niscemi, contro il MUOS e la guerra, fino alla liberazione
della terra”, scrivono le attiviste e gli attivisti del Movimento. “L’unico
modo che conosciamo per affrontare i tempi duri è questo: lottare, rilanciare,
scendere in piazza, ritornare insieme lì dove stiamo da anni, davanti a quella
base di morte, per ricordare che non vogliamo essere complici con guerre e
genocidi…”.
Articolo pubblicato in Le Siciliane Casablanca, n. 88, maggio-giugno 2025


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