Omicidio di Pio La Torre. Cosa nostra, i mandanti, le entità esterne

Ma chi ha assassinato Pio La Torre e Rosario Di Salvo? E perché?

Due domande a cui vent’anni di indagini e una sentenza passata in giudicato hanno dato risposte troppo parziali. Giustizia, insomma, non è stata fatta, nonostante gli ergastoli per i componenti della Cupola mafiosa (Totò Riina, Bernando Provenzano, Pippo Calò, Michele Greco, Bernando Brusca, Francesco Mannoia e Antonino Geraci), che governava Cosa nostra a Palermo nella stagione dei grandi omicidi politici dei primi anni '80. Una lunga sequela di morti eccellenti avviata dopo la “visita” del finanziere Michele Sindona in Sicilia nell'estate del 1979, mandante-esecutore la Santa Alleanza tra la Mafia e le ancora ignote “entità esterne”. Uno dopo l’altro, insieme al segretario regionale del Pci, altri “eccellenti” dello scenario politico-istituzionale-giudiziario regionale: il segretario provinciale della Dc palermitana Michele Reina, il procuratore di Palermo Gaetano Costa, il presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella, il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, il sostituto procuratore Rocco Chinnici.

Per ciò che più specificatamente riguarda gli omicidi degli esponenti politici (Reina, Mattarella, La Torre), gli inquirenti hanno ipotizzato un contesto “comune” maturato nell’ambito del progetto di rilancio della “solidarietà autonomistica”, sperimentato in Sicilia dalla Dc e dal Pci già prima del “patto di solidarietà nazionale” sancito dal governo Moro. Omicidi “preventivi” cioè, per impedire la nuova convergenza sostenuta da ampi settori dei due maggiori partiti siciliani in vista di una politica di rinnovamento e rilancio sociale ed economico della Sicilia. Per bloccare questo accordo di “solidarietà autonomistica”, Cosa nostra, eversione di estrema destra, “entità esterne” presumibilmente contigue al variegato arcipelago della massoneria “deviata” (P2, Camea, ecc. ), ai servizi segreti nazionali ed internazionali, alle organizzazioni paramilitari simil Gladio', ecc. , avrebbero sottoscritto un patto d'acciaio, assegnando alle cosche criminali palermitane il ruolo di spietati esecutori. Una tesi sostenuta in tutti e tre i gradi del processo contro gli esponenti della Cupola che tuttavia è stata respinta dalla Corte giudicante, che nella sentenza ha ristretto il contesto ai “fastidi”, più o meno grandi, che il rinnovamento politico avrebbe potuto creare ai processi di accumulazione mafiosa di Cosa nostra.

Pur provando la responsabilità di Riina, Provenzano, Calò, Greco e soci “quali mandanti, posto che detti delitti erano tutti conducibili ad un interesse di comune rilievo dell'intera organizzazione criminale”, la sentenza confermata dalla Cassazione dichiara “implausibile un concorso esterno tra mafia e terroristi”. Piersanti Mattarella “fu ucciso perchè si era posto come obiettivo la moralizzazione della cosa pubblica”, opponendosi “ad irregolarità nell'assegnazione degli appalti”. Per La Torre, invece, sarebbe stato fatale “il suo impegno parlamentare concretizzatosi nel disegno di legge che introdusse la confisca dei beni mafiosi”. Logica parziale, riduttiva e per lo meno storicamente imprecisa: la cosiddetta “legge La Torre” infatti, fu solo successiva all’omicidio del segretario regionale comunista, ed anzi, fu proprio l’efferato fatto di sangue ad accelerarne l’iter parlamentare. I giudici poi, non hanno fornito spiegazioni plausibili sull’utilizzo di un’arma “anomala” da parte del gruppo di fuoco criminale, un fucile mitragliatore Thompson di fabbricazione Usa, per anni in dotazione alle forze armate e ai gruppi speciali nordamericani. Un indizio più che inquietante per presupporre, secondo la parte civile, “convergenze esterne” e parallele in quest’omicidio eccellente, in una fase storica siciliana di forte rilancio dei movimenti politici sociali della sinistra contro la criminalità organizzata e i processi di militarizzazione e nuclearizzazione del territorio.

“Ci sono stati omicidi come quelli del segretario regionale del Pci Pio La Torre e del presidente della Regione Piersanti Mattarella in cui, sembra, che Cosa nostra sia stata il braccio armato di entità esterne”, ha ribadito il procuratore di Palermo Pietro Grasso commentando a caldo la recente sentenza di condanna all'ergastolo degli esecutori della strage del 3 settembre dell'82 in cui furono assassinati Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l'agente di scorta Domenico Russo. “In queste ipotesi ha aggiunto però il magistrato è ancora più difficile scoprire il movente del delitto perché gli stessi esecutori materiali, che in altri casi pentendosi hanno dato contributi importanti alle indagini, non ne sono a conoscenza”. Omicidi eccellenti e “blindati”: chi spara è scelto in rappresentanza delle “famiglie” vincenti e regnanti ma ignora persino l’identità delle proprie vittime. “Il suo nome lo lessi il giorno dopo sul giornale” ha dichiarato l’odierno collaboratore di giustizia Salvatore Cocuzza autoaccusandosi dell’assassinio di Pio La Torre. “Al delitto abbiamo preso parte io, Gaetano Carollo della famiglia di Resuttana, Nino Madonia, Pino Greco “Scarpuzzedda”, Antonino Lucchese ed almeno uno dei Galatolo. Non posso però escludere che con funzioni di copertura vi fosse altra gente, della cui presenza io però non sono a conoscenza”. Esponenti criminali di primo piano, uomini di punta dei mandamenti palermitani, segno inconfutabile di un'adesione unanime di Cosa nostra ad un progetto di destabilizzazione politica di matrice certamente più ampia e complessa.

“Madonia ha raccontato ai giudici Salvatore Cocuzza mi disse che avremmo dovuto attendere in piazza Turba e quando ha visto arrivare la macchina con a bordo La Torre ha messo in moto l'auto tagliando la strada alla vettura del politico e bloccandola. Sono sceso dall'auto e mi sono piazzato davanti a La Torre sparandogli con la mia Colt 45: un solo colpo al segretario del Pci e tutti gli altri all'autista, che avevo notato avere un'arma”. Cocuzza riferisce però solo vaghi elementi per ricostruire i possibili moventi di quest’assassinio. Accenna di avere sentito che qualcuno si era detto infastidito dall'impegno antimafia del segretario comunista. “Posso dire che la persona che fece questi discorsi ad uomini di Cosa nostra, doveva essere un politico, poiché Pino Greco “Scarpuzzedda”, che finì La Torre con un colpo di grazia, mi fece espresso riferimento all'attività svolta da La Torre, il quale prese per il bavero della giacca altri esponenti politici. A rilevarlo a Greco doveva essere stato un testimone”.

In base alle rivelazioni del collaboratore, il Tribunale di Palermo ha rinviato a giudizio per il duplice omicidio del 30 aprile del 1982, i boss Antonino Lucchese e Antonino Madonia, quest'ultimo recentemente condannato all'ergastolo quale appartenente al gruppo di fuoco che ha ucciso Dalla Chiesa. Il dibattimento avrà inizio a Palermo il prossimo 23 settembre. L'ennesimo capitolo di una storia infinita di zone d'ombra e verità sfumate.


Pubblicato in Terrelibere.org il 31 maggio 2002

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