Dopo IGLI e gli americani è la BPM a scalare Impregilo
A rendere ufficiale la notizia ci ha pensato la Consob : con un’operazione di acquisizione azionaria, il 28 novembre scorso la Banca Popolare di Milano ha arrotondato la sua partecipazione in Impregilo, portandola dal 3,08% al 4,72%.
Stando sempre all’istituto di controllo della Borsa, l’intera quota azionaria sarebbe oggi detenuta dalla BPM tramite la Banca Akros , una S.p.A. controllata direttamente dalla Popolare di Milano per il 56,88% e per un altro 40% dalla Banca Popolare di Legnano, al 100% in mano BPM.
Formalmente “banca cooperativa”, 694 sportelli in tutta Italia, oltre 58.000 soci e 63.000 azionisti non iscritti al Libro soci, la Popolare di Milano è però nelle mani di un piccolo gruppo di azionisti: la Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, il Crédit Industrial et Commercial, il Crédit Mutual e la Hermes Focus Asset. Management Europe Ltd. di Londra (gestore di fondi pensione). La presenza determinante di questi azionisti all’interno della BPM ha sollevato più di una protesta tra i piccoli risparmiatori e i microazionisti della Popolare: i primi, infatti, possiederebbero quote azionarie ben superiori allo 0,5%, limite di partecipazione nel capitale di una banca popolare imposto dalla legge italiana.
Presidente del Consiglio di amministrazione della Banca Popolare di Milano è l’ex parlamentare DC Roberto Mazzotta, contestualmente presidente del Crédit Industrial et Commercial, già alla guida della Cariplo ed ex vicepresidente IMI. Durante la breve stagione di Mani Pulite, al tempo della presidenza della cassa di risparmio lombarda, Roberto Mazzotta, fu arrestato e processato per una storia di tangenti a DC e PSI. Dopo una condanna in primo grado, Mazzotta fu assolto in appello grazie alla modifica dell’art. 513 del codice di procedura penale che impedisce l’utilizzo delle accuse in fase istruttoria se non ripetute in aula.
Oltre all’attacco di Impregilo, la presidenza di Mazzotta è segnata da un importante accordo con il Gruppo Fondiaria-SAI della famiglia Ligresti nel settore delle bancario-assicurativo (la cessione del 46% del capitale di Bipiemme Vita, società assicurativa della BPM e della controllata Banca di Legnano).
Quella della Banca Popolare di Milano è solo l`ultima di una lunga serie di scalate al colosso delle costruzioni susseguitesi in tutto il 2005 e che alla fine ne hanno profondamente mutato l’assetto azionario. Impregilo è stata prima "ricapitalizzata" dalle maggiori banche creditrici (Capitalia, Banca Intesa, Unicredit e San Paolo-IMI) e successivamente parzialmente rilevata da una cordata di società finanziarie, la IGLI , che ha strappato alla Gemina delle famiglie Agnelli e Romiti la leadership sull’azienda. Subito dopo la IGLI (consorzio in cui compaiono Efibanca, Autostrade S.p.A. del Gruppo Benetton, il Gruppo Argos del costruttore Marcellino Gavio e la Techint della famiglia italo-argentina Rocca), a fare ingresso prepotentemente nell’azionariato Impregilo è giunto uno dei principali gruppi finanziari mondiali, Morgan Stanley, a capo del complesso militare-industrale-petrolifero e bancario degli Stati Uniti. L’ultima novità si era registrata appena una quindicina di giorni fa con l’entrata in scena di un secondo investitore statunitense, il gruppo finanziario HBK Investments, che ha acquisito il 2,29% del capitale azionario di Impregilo.
Dopo l’ultima scalata a firma BPM, l’odierno assetto di Impregilo vede in ordine IGLI con il 16,89%, Gemina (11,83%), Morgan Stanley (8,12%), BPM Banca Popolare di Milano (4,72%), Hbk Investments (2,29%), Newman Ragazzi & Co. (2,28%), Assicurazioni Generali (2,14%) e Lazard (2,01%). E l’ipotesi sempre più realistica che sin dal marzo 2006 le cose possano ulteriormente modificarsi con l’ulteriore rafforzamento della IGLI di Autostrade-Gavio-Rocca-Efibanca che può esercitare l’opzione di acquisto sull’intera quota azionaria di Gemina. Dipenderà certamente da come andranno le cose nei prossimi mesi, ma la partecipazione sempre più solida di Impregilo al banchetto delle Grandi Opere infrastrutturali in Italia (il Ponte sullo Stretto di Messina, l’Alta Velocità ferroviaria, Il Mose di Venezia e il Passante di Mestre sono già nel portafoglio dell’azienda ma all’orizzonte ci sono le gare per la terza metropolitana di Roma e il potenziamento della metro di Milano), lasciano presagire che alla fine i nuovi signori del cemento non perderanno l’opportunità di impossessarsi di quasi il 30% di Impregilo.
L’ambiente? "Lo proteggiamo noi"
Ma non sono solo i cambi ai vertici azionari a far crescere l’attenzione degli investitori su Impregilo. Qualche giorno fa il colosso delle costruzioni ha raggiunto un accordo con Equinox Investment Company, società di investimenti di diritto lussemburghese, per l’acquisto del 49% del capitale di Fisia Italimpianti per un prezzo di 68,5 milioni di euro. Fisia Italimpianti è uno dei leader mondiali nel campo della dissalazione e con la sua controllata Fisia Babcock Environment GmbH (tecnologie della depurazione e dello smaltimento rifiuti), opera nell’impiantistica di protezione ambientale, del trattamento delle acque, dei fumi e dei residui solidi con produzione di energia, e nella gestione di servizi quali la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, ospedalieri ed industriali. Con la finalizzazione dell’accordo con il gruppo lussemburghese, Impregilo deterrà il 100% del capitale sociale di Fisia Italimpianti. "L’accordo di acquisizione - si legge in una nota diffusa dalla società - rientra nell’ambito delle nuove linee strategiche del gruppo volte a rafforzare la presenza di Impregilo nel settore dell’impiantistica ambientale". Un settore che assicura al gruppo una penetrazione transnazionale: in novembre Fisia Italimpianti ha firmato un contratto in Qatar per 260 milioni di dollari per la realizzazione di un megadissalatore.
La "riconversione ambientale" di Impregilo è stata formalizzata nell’ultimo consiglio di amministrazione della società, quello riunitosi l’1 dicembre 2005 e segnato dalle dimissioni di Cesare Romiti dal Comitato esecutivo, sostituito dall’avvocato Ezio Gandini. "Più impianti ad alta tecnologia e meno spazzatura" pare sia stata la parola d’ordine e così è stata resa nota contestualmente la decisione di abbandonare la gestione dello smaltimento rifiuti in Campania dove, attraverso le controllate Fibe S.p.A. e Fibe Campania S.p.A., si era aggiudicata la gara d’appalto cinque anni fa. La tormentata vicenda dello smaltimento dei rifiuti in Campania stava fortemente danneggiando l’immagine del gruppo e le due società controllate avevano accumulato deficit insanabili. Solo nei primi nove mesi dell’anno tra svalutazioni e perdite Fibe e Fibe Campania avrebbero pesato per 100 milioni di euro sui conti di Impregilo.
L’occasione per defilarsi dal brutto affare della spazzatura è arrivato con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 30 novembre 2005 del decreto legge n. 245 varato dal Consiglio dei Ministri e contenente appunto le “Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania”. In particolare il decreto ha previsto, a decorrere dal quindicesimo giorno dalla sua entrata in vigore, la risoluzione “ope legis” dei contratti con le società Fibe e Fibe Campania. Il Cda di Impregilo ha espresso il suo più sincero apprezzamento per il provvedimento del governo Berlusconi. "Esso rappresenta un importante passo nella soluzione di un problema che, come più volte sostenuto, era divenuto insostenibile per tutte le parti coinvolte nel progetto", recita il comunicato emesso dalla società.
La rescissione del contratto con Fibe, dovrebbe prevedere in tempi brevi un nuovo bando di gara per l’assegnazione dell’appalto sullo smaltimento dei rifiuti; sino all’individuazione del nuovo soggetto gestore e comunque entro il 31 maggio 2006, termine di scadenza dello stato di emergenza, Fibe e Fibe Campania saranno tenute tuttavia ad assicurare la prosecuzione del servizio. Come opportunamente segnalato dalla rivista `La Nuova Ecologia `, con Fibe-Impregilo lascerà la Campania anche Corrado Catenacci, attuale commissario dell’emergenza rifiuti. "L’ex prefetto di Salerno, Caserta, Bari e Catanzaro lascerà l’incarico per ricoprire a tempo pieno un nuovo incarico, membro della commissione di collaudo che dovrà giudicare i lavori di un’altra maxiopera sempre appaltata ad Impregilo per 750milioni di euro: il passante di Mestre".
E presto i conti non saranno più in rosso
La riscossa Impregilo passa anche per l’America latina. Da Caracas, al termine della visita d’affari del viceministro per le Attività produttive, Adolfo Urso, è giunta la notizia della firma di alcuni accordi commerciali Italo-venezuelani, uno dei quali prevede la realizzazione di due linee ferroviarie da parte di un consorzio di imprese italiane: Impregilo, Trevi, Ghella, la "concorrente" nelle gare per il General Contractor del Ponte sullo Stretto e la terza Metropolitana di Roma e finanche Italferr, la società di engineering delle Ferrovie, azionista di minoranza della Società Stretto di Messina concessionaria del Ponte. La commessa in Venezuela è del valore di 7 miliardi di euro.
Altro affare in vista potrebbe giungere presto dal Cile. Il Cda di Impregilo sta valutando infatti la possibilità di cedere ad Autostrade e Sias S.p.A. (due società in mano agli azionisti IGLI Benetton e Gavio) la quota detenuta in Costanera Norte, principale società concessionaria autostradale cilena.
L’offerta delle due società indica un prezzo di acquisto di 308,9 milioni di dollari per il 100% del capitale di Costanera Norte, che attualmente fa capo a Impregilo per il 77,9%, a Empresa Constructora Tecsa e Empresa Constructora Fe Grande per il 10% ciascuna e Simest per il 2,1%.
Forti della loro presenza nel Cda di Impregilo, Vito Gamberale, amministratore delegato di Autostrade e Beniamino Gavio della Sias, hanno chiesto uno sconto per l’acquisto vicino al 10-15%.
Secondo gli analisti finanziari, la chiusura dell’operazione Costanera Norte sarà rilevante per i conti di Impregilo. In occasione della diffusione dei dati dei primi nove mesi del 2005, la società ha preannunciato che la cessione della concessionaria cilena comporterebbe una plusvalenza di circa 150 milioni pretasse e condurrebbe il gruppo a chiudere l’anno con un utile netto di 328 milioni di euro. Una ipotesi che saprebbe di miracoloso, specie se si pensa che qualche mese fa l’amministratore delegato di Impregilo, Alberto Lina, aveva dichiarato che con la draconiana ristrutturazione interna, il gruppo sarebbe ritornato all’utile netto solo nel 2007.
Dopo l’aumento di capitale per 650 milioni di euro e la rinegoziazione dei rapporti con le banche creditrici, la posizione finanziaria avrebbe avuto così un netto miglioramento. Secondo il quotidiano `Il Giornale`, al 31 dicembre 2004 il rapporto tra debiti e mezzi propri era pari a 5,51 e le quotazioni in Borsa erano scivolate vicino a 1,5 euro per azione. Ora il rapporto debito/capitali propri sarebbe sceso a 1,1 con svalutazioni e accantonamenti nel primo semestre 2005 per 345,7 milioni di euro.
Con i bilanci delle grandi aziende però è sempre opportuno stare cauti. Non si sa mai.
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