Ed ecco la NATO per le guerre del prossimo decennio…
“Da
qui al 2030 faremo la NATO ancora più forte”. Lo ha annunciato lunedì 8 giugno
il Segretario Generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, a conclusione di un
meeting con i membri del Consiglio Atlantico e del German Marshall Fund degli
Stati Uniti d’America. “E’ stata questa un’occasione per riflettere sui temi
che l’Alleanza dovrà affrontare da qui ai prossimi dieci anni per continuare a
sentirci sicuri in un mondo ancora più incerto”, ha spiegato Stoltenberg. “La
NATO deve continuare ad essere forte militarmente, essere più unita
politicamente ed assumere un più ampio approccio globale. Per questo si deve
continuare a investire nelle forze armate e in moderni sistemi militari.
Rafforzare politicamente la NATO significa utilizzare l’Alleanza quale forum di
discussione e, quando necessario, agire e affrontare le questioni che minano la
sicurezza, operando più strettamente con i partner per difendere i nostri
valori in un mondo dove cresce la competizione globale”.
Una
NATO pronta a intervenire a 360° gradi, dunque, per riconquistare vitalità e
coesione dopo le recenti crisi che ne hanno appannato ruoli e immagine. Un
processo di trasformazione politico-militare e strategico che è stato avviato con
il vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri del Consiglio
Nord-Atlantico tenutosi a Londra il 3 e 4 dicembre 2019 in occasione del 70°
anniversario della fondazione della NATO. “In linea con quanto contemplato
dall’articolo 3 del Trattato di Washington, continueremo a rafforzare le nostre
capacità individuali e collettive per resistere a tutte le tipologie di
attacco”, hanno dichiarato a fine lavori i 29 leader dell’Alleanza. “Stiamo
facendo buoni progressi ma dobbiamo e vogliamo fare di più: siamo determinati a
condividere i costi e le responsabilità della nostra indivisibile sicurezza,
così stiamo aumentando gli investimenti per la Difesa specialmente per
conseguire nuove capacità operative e contribuire con forze maggiori alle
nostre missioni”. In proposito, il Vertice di Londra rivelava come negli ultimi
cinque anni le spese per i nuovi sistemi d’armamento e implementare task-force
multinazionali di pronto intervento in ogni scacchiere di guerra “sono
cresciute ininterrottamente”, mentre “più di 130 miliardi di dollari sono stati
investiti nella difesa”.
Russia,
minacce cyber e ibride, migrazioni
internazionali e terrorismo, i vecchi-nuovi nodi strategici che la NATO si
prepara ad affrontare nel decennio 2021-2030. “Le azioni aggressive della
Russia costituiscono una minaccia alla sicurezza euro-atlantica; il terrorismo
in tutte le sue forme e manifestazioni rimane un pericolo persistente mentre
all’instabilità dei nostri confini contribuisce la migrazione irregolare”, si
legge ancora nella Dichiarazione finale del recente Vertice NATO. “Ci stiamo
indirizzando e continueremo a indirizzarci in modo pacato e responsabile in
riferimento all’installazione di missili a medio raggio da parte della Russia,
che ha provocato la fine del Trattato sulle forze nucleari a medio raggio e che
mette in grave pericolo la sicurezza euro-atlantica. Pertanto stiamo rafforzando
le nostre capacità di deterrenza con un adeguato mix di sistemi nucleari,
convenzionali e di difesa missilistica, che continueremo ad aggiornare…”. Nuovi
e più potenti sistemi di distruzione di massa, dunque, mentre si fa sempre più certa
e prossima la re-installazione in territorio europeo di sistemi missilistici nucleari
simili a quelli installati nei primi anni ’80 (Cruise e Pershing), 112 dei quali
in Sicilia, nello scalo aeroportuale di Comiso (Rg).
E,
all’orizzonte, pure una NATO pluri-interventista in maniera gerarchicamente
sovra-ordinata rispetto all’Unione Europea, all’Organizzazione delle Nazioni
Unite e alle numerose agenzie internazionali per la ricerca, la cooperazione,
lo sviluppo e le telecomunicazioni. “Continueremo a sviluppare la resilienza
delle nostre società, così come le nostre infrastrutture critiche e di
sicurezza energetica”, si legge ancora nella Dichiarazione finale del Meeting di
Londra. “La NATO e i suoi Alleati sono impegnati nel garantire la
sicurezza alle nostre comunicazioni, compreso il 5G (…) Stiamo sviluppando tutti
i mezzi per rispondere agli attacchi cyber e rafforzare la nostra abilità nel contrastare
le tattiche ibride che tentano di minare le nostre società”.
Il
Vertice NATO ha dato mandato al Segretario Generale Jens Stoltenberg di predisporre
i documenti strategici di ammodernamento dell’identità politico-militare dell’Alleanza
in vista delle “sfide” del prossimo decennio. Il 31 marzo scorso, in piena
emergenza pandemia, Stoltenberg ha nominato una task force di dieci “esperti” che
lo ha affiancheranno in questo complesso processo
di riflessione sulla “nuova” Alleanza. Il gruppo è co-presieduto dal
tedesco Thomas de Maizière (esponente di
punta della CDU, già ministro degli Interni e della Difesa nei
governi federali guidati da Angela Merkel) e dallo statunitense Aaron Wess Mitchell, già vicesegretario di
Stato per gli Affari europei ed asiatici dell’amministrazione Trump,
oggi vicepresidente del Center for European
Policy Analysis di Washington.
Nel gruppo dei magnifici dieci per una NATO ancora
più forte compare la canadese Greta Bossenmaier, ex consigliera per la sicurezza nazionale e l’intelligence del Primo ministro Justin
Trudeau; la danese Anja Dalgaard-Nielsen,
direttrice dell’Institute for Strategy al Royal Danish
Defence College ed ex direttrice dei sistemi sicurezza nazionali; il francese Hubert Védrine, presidente dell’Istituto “Francois
Mitterrand” ed ex ministro degli Esteri nel governo di Lionel Jospin
(1997-2002). E ancora l’olandese Hendrica Herna Verhagen, a capo del consiglio
d’amministrazione di PostNL, società che opera nel settore postale e dell’e-commerce,
con filiali in Germania, Italia, Belgio e Gran Bretagna; la polacca Anna Elzbieta
Fotyga, ex ministra degli Esteri nel biennio 2006-07 e odierna parlamentare europea
(sottocommissione per la difesa e la sicurezza), nota per il suo estremismo anti-russo;
l’ambasciatore turco Tacan Ildem, già direttore generale per gli Affari alla
sicurezza internazionale del Ministero degli esteri ed ex capo di gabinetto
della Presidenza della Repubblica della Turchia (2000-2003); lo storico
britannico John Bew, docente al King’s College di Londra e responsabile del think
tank di politica estera “Britain in the World Project”, promosso dalla Segreteria
di Stato per la Difesa del Regno Unito nel marzo 2016.
Anche
l’Italia ha la sua rappresentante nel supercomitato per la riforma NATO: si
tratta della saggista Marta Dassù, viceministra degli Affari esteri con i
governi Monti e Letta e consigliera per la politica estera della Presidenza del
Consiglio nei governi D’Alema I e II. Nominata
dall’esecutivo di Matteo Renzi nel C.d.A dell’holding militare-industriale
Leonardo (ex Finmeccanica), Marta Dassù è oggi
membro del Direttivo dell’Istituto Affari Internazionali, del Comitato
scientifico di Confindustria e della LUISS School of Government di Roma, della Fondazione
Italia-USA, della Commissione Trilaterale e del Comitato esecutivo dell’Aspen
Institute. Di rilievo pure la sua collaborazione con alcune delle più
importanti testate giornalistiche nazionali: Corriere della Sera, Il Sole24
Ore, La Stampa e a partire dal 15
maggio 2020, ovviamente, la Repubblica.
Di certo i media non faranno mancare il loro supporto e consenso per il suo nuovo
impegno a favore della NATO 2030…
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