Università Cattolica di Milano con un cuore tutto per la NATO

La NATO ha bombardato e assassinato nei Balcani. La NATO bombarda e assassina in Afghanistan. La NATO, forse, bombarderà in Pakistan o in Somalia. E assassinerà. Tutto ciò sembra proprio non preoccupare una delle più prestigiose università private italiane, la Cattolica del Sacro Cuore di Milano, tanto cara agli ambienti del Vaticano e della Conferenza episcopale. Così, mentre il movimento internazionale no war si è dato appuntamento il prossimo 4 aprile a Strasburgo per chiedere lo scioglimento della North Atlantic Treaty Organization, l’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico, l’ateneo meneghino si prepara ad ospitare un convegno internazionale per analizzare - ed ovviamente sostenere - l’odierno processo di riorganizzazione e di potenziamento degli strumenti militari della NATO.

“1949-2009: Sessant’anni di Alleanza Atlantica fra continuità e trasformazione” è il titolo dell’evento organizzato nei giorni 12 e 13 marzo 2009 nell’Aula Magna della Cattolica dal Dipartimento di Scienze politiche con l’adesione, tra gli altri, del Comitato Atlantico Italiano, del Centro Alti Studi per la Difesa, della Divisione Diplomazia Pubblica della NATO e del Comando Militare Esercito Lombardia.
Secondo quanto si legge nella brochure-invito, “il convegno, che si inquadra nel progetto di ricerca La NATO tra globalizzazione e perdita di centralità, finanziato sui fondi D.3.2 dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, si inserisce in una tradizione consolidata di studi sulla sicurezza internazionale condotti dal Dipartimento di Scienze politiche e di collaborazione con gli organismi della NATO”.
 
“Il convegno si apre con un’analisi storica sulle ragioni di lunga durata che giustificano la permanenza, l’evoluzione e la trasformazione dell’Alleanza Atlantica dopo la fine della Guerra Fredda”, spiegano gli organizzatori. “L’attualità e il futuro dell’Alleanza saranno esaminati considerando la solidità e l’importanza della NATO per Europa e Stati Uniti, le relazioni tra NATO ed UE, il problema della “NATO globale”, il rapporto con la Russia e l’allargamento ad altri Stati un tempo appartenenti all’URSS, la questione dei compiti, strettamente legata a quella della trasformazione delle forze militari, con riferimento anche alle missioni in corso ed alla possibile approvazione di un nuovo Concetto Strategico”.
 
Tra i temi di dibattito spiccano inoltre quello della relazione tra la “NATO e le armi nucleari”, e quello relativo alle operazioni “fuori aerea”, un tempo limite inviolabile del Trattato Nord Atlantico, oggi elemento cardine (o “primario”, secondo la Cattolica del Sacro Cuore) dell’organizzazione militare. Non mancherà nel corso del convegno una riflessione sul ruolo dell’Italia, “che, oggi come ieri, vede nell’Alleanza Atlantica il pilastro della sua politica estera e di difesa e svolge nella NATO un ruolo di primo piano”.
 
La lista dei relatori invitati dalla Cattolica di Milano è lunga e variegata. Il personaggio più atteso è certamente l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, odierno Presidente del NATO Military Committee, carica ricoperta nella storia dell’alleanza solo da un altro ufficiale italiano (Guido Venturoni). Di Paola, già comandante della portaeromobili “Giuseppe Garibaldi” e sino a qualche mese fa Capo di Stato Maggiore della Difesa, ha pure ricoperto in passato il ruolo di Direttore Nazionale degli Armamenti e di Capo di gabinetto del ministro della Difesa (anni 1998-2001). Nel curriculum professionale dell’ammiraglio c’è pure un lungo incarico presso il Supreme Allied Command Atlantic (SACLANT), uno dei due comandi supremi della NATO, con sede a Norfolk, Virginia, a cui è attribuito tra l’altro il compito di “protezione della deterrenza nucleare marittima della NATO”. Al SACLANT, Giampaolo Di Paola ha lavorato nel settore della pianificazione a lungo termine della guerra sottomarina.
 
Al Convegno NATO della Cattolica parteciperanno poi altri rappresentanti di vertice delle forze armate italiane, come il generale Vincenzo Camporini, odierno Capo di Stato Maggiore della Difesa; l’ammiraglio Marcantonio Trevisani, già comandante in capo del Dipartimento militare marittimo dell’Adriatico e presidente del Centro Alti Studi per la Difesa; il generale Camillo De Milato, comandante dell’Esercito in Lombardia; il colonnello Matteo Paesano, capo ufficio storico dello Stato Maggiore Difesa. Tra gli interventi programmati c’è poi quello dell’ammiraglio (ritirato) Ferdinando Sanfelice di Monteforte, già rappresentante presso i Comitati Militari della NATO e dell’Unione Europea, ex ufficiale di coordinamento tra l’ambasciata italiana a Washington e il Comando SACLANT, poi vice comandante del Supreme Headquarters Allied Powers Europe (SHAPE), il Comando Supremo delle forze alleate in Europa, poi ancora Comandante delle e Forze Navali NATO per il Sud Europa ed oggi docente della Cattolica del Sacro Cuore. Altro (ex) militare – relatore, il generale Giuseppe Cucchi, già rappresentante italiano presso NATO, UEO e UE, ex direttore del Centro Militare di Studi Strategici, fino al 1999 consigliere militare del Presidente del Consiglio dei Ministri durante il primo governo Prodi e il primo governo D’Alema, dal novembre 2006 segretario generale del CESIS, poi direttore del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS). Cucchi ha ricoperto quest’ultimo incarico sino allo scorso anno ed è stato sostituito dall’ex capo della Polizia, Giovanni De Gennaro.
 
Chiude l’elenco degli invitati in grigioverde il generale Carlo Cabigiosu, ex Comandante del Centro operativo interforze di Roma, poi vicecomandante del Corpo d’armata di Reazione Rapida della NATO con sede in Germania (con tale incarico ha partecipato nel 1996 all’Operazione Joint Endeavour in Bosnia-Erzegovina), poi Capo di Stato Maggiore del Comando regionale delle Forze Alleate del Sud Europa ed infine comandante della Forza NATO in Kosovo (KFOR) dal 16 ottobre 2000 al 6 aprile 2001.
 
A riprova di come negli ultimi anni accanto alla privatizzazione del sistema universitario italiano si è pure assistito ad una “militarizzazione” di corsi e programmi di studio, il convegno sulla trasformazione della NATO prevede la partecipazione di cattedratici provenienti da importanti università italiane ed europee: i professori ordinari Massimo De Leonardis (Storia delle relazioni e delle istituzioni internazionali, Cattolica di Milano); Carla Meneguzzi Rostagni (Storia dell’organizzazione internazionale, Università di Padova); Francesco Perfetti (Storia contemporanea, LUISS “Guido Carli”); Federico Romero (Storia delle Americhe, Università di Firenze); Anton Giulio De Robertis (Storia dei trattati e politica internazionale, Università di Bari, nonché vicepresidente del Comitato Atlantico Italiano); Leopoldo Nuti (Storia delle relazioni internazionali, Università “Roma Tre”); Luc De Vos (Storia militare e relazioni internazionali, Katholieke Universiteit, Leuven); Antonio Marquina Barrio (Sicurezza e cooperazione internazionale, Universidad Complutense, Madrid); Laurent Cesari (Storia contemporanea, Université d’Artois, Arras).
 
Chiudono la lista dei partecipanti, due politici di centrodestra, l’on. Enrico La Loggia (Forza Italia), ex ministro per gli Affari regionali, oggi vice presidente del Popolo della Libertà alla Camera dei Deputati e presidente del Comitato Atlantico italiano; e il sen. Sergio De Gregorio (Italiani nel Mondo/Forza Italia), ex Presidente della Commissione Difesa del Senato, attualmente capo della delegazione italiana all’Assemblea parlamentare della NATO.
 
Enrico La Loggia (che è pure docente di Contabilità dello Stato nella facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo), è figlio di Giuseppe, ex presidente della Regione Sicilia e cognato del politico democristiano Attilio Ruffini, ministro della Difesa a fine anni ’70 quando la NATO avviò la proiezione dei dispositivi di guerra vero il cosiddetto “Fronte Sud” (nord Africa e Medio oriente) e maturarono i programmi di potenziamento della base USA di Sigonella e l’installazione dei missili nucleari Cruise a Comiso (Ragusa). De Gregorio, invece, è noto per aver sfiduciato nel gennaio 2008 l’esecutivo Prodi contribuendo alla fine della breve legislatura di centrosinistra, e per essere finito qualche mese più tardi nel registro degli indagati della Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Le indagini dei magistrati sono ancora in corso.
 
A dovere di cronaca, quello del 12 e 13 marzo non è l’unico convegno internazionale pro-NATO promosso ed organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Nel maggio 2008, si è tenuta a Milano una due giorni di studi su “L’Italia, la NATO e le Peace Support Operations”, dedicata in buona parte alle missioni realizzate dal nostro paese in alcuni teatri di guerra (Libano, Somalia, Kosovo, Afghanistan, ecc.). Anche allora, buona parte delle relazioni fu affidata ai vertici vecchi e nuovi delle forze armate, “strumento centrale della politica estera italiana”, secondo i compiacenti organizzatori dell’evento.
 
“L’Università Cattolica contribuisce allo sviluppo degli studi, della ricerca scientifica e alla preparazione dei giovani e adempie a tali compiti attraverso una educazione informata ai principi del cristianesimo, secondo una concezione della scienza posta al servizio della persona umana e della convivenza civile, conformemente ai principi della dottrina cattolica e in coerenza con la natura universale del cattolicesimo e con le sue alte e specifiche esigenze di libertà”, recita l’articolo 1 dello Statuto dell’ateneo milanese i cui fondatori hanno giurato fedeltà alla Chiesa e ai suoi insegnamenti.
 
Il quinto dei dieci comandamenti divini impone di “non uccidere”. Encicliche bandiscono la guerra, le spese militari e l’utilizzo di strumenti di morte come l’arma nucleare. Profeti e santi hanno predicato la pace e la non violenza. Ma la storia della Chiesa è anche fatta di guerre “sante” e di crociate promosse da papi e cardinali. Il cuore della Cattolica batte certamente per queste ultime.

Articolo pubblicato in Agoravox.it il 28 febbraio 2009

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