Le Industrie del Ministero della Difesa per armare i militari libici contro i migranti. Paga la UE
Il Viminale ha un nuovo partner per i programmi di formazione, addestramento e riarmo della Guardia costiera libica contro migranti e migrazioni: l’AID - Agenzia Industrie Difesa, l’ente che gestisce gli stabilimenti del Ministero della Difesa e che fornisce mezzi e sistemi bellici alle forze armate. E per addolcire la pillola un po’ di soldi e di servizi verranno affidati in Libia all’OIM, l’Organizzazione internazionale per le Migrazioni delle Nazioni Unite.
Con determina del 20
ottobre 2021, la Direzione centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle
Frontiere del Ministero dell’Interno ha dato avvio alla stipula di un Accordo di collaborazione con l’Agenzia
Industrie Difesa, nell’ambito del progetto Support to Integrated Border and Migration
Management in Lybia - First and
Second Phase, il
programma di “supporto alla gestione integrata del confine e delle migrazioni
in Libia” cofinanziato dall’Unione Europea e dal governo italiano (ha preso il
via il 15 dicembre 2017). “Il Ministero dell’Interno, a seguito delle
riunioni tenutesi il 5 luglio e il 23 settembre 2021 con l’Agenzia Industrie
Difesa (AID), ha chiesto alla stessa la disponibilità a fornire collaborazione
per iniziative a favore dei Paesi non appartenenti all’Unione Europea
finalizzate al rafforzamento della capacità nella gestione delle frontiere e
dell’immigrazione in materia di ricerca e soccorso in mare”, si legge nella
delibera del Viminale. “Tale collaborazione è da attuarsi anche tramite la
fornitura di mezzi e materiali a beneficio dei suddetti Paesi, nel più ampio
quadro dei processi di pace e di stabilizzazione per il mantenimento della
sicurezza internazionale (…) Nel ritenere di dover provvedere a stipulare un Accordo di collaborazione che regoli i
rapporti tra questa Direzione Centrale e l’AID, considerate le comunicazioni
elettroniche intercorse e finalizzate alla stesura del testo definitivo, viene individuata
come responsabile del procedimento la dott.ssa Maria Gotti, direttore
dell’Ufficio Affari Generale della Direzione dell’Immigrazione”. In tempi
record, l’alleanza Viminale-AID è stata formalizzata il giorno successivo, 21
ottobre.
Il Support to
Integrated Border and Migration Management in Lybia è uno dei tanti progetti che l’Unione europea ha finanziato
a supporto delle fragilissime e controverse istituzioni libiche. La
Prima Fase vede un contributo diretto UE di 42.223.927 euro tramite il Fondo Fiduciario d’Emergenza per l’Africa
istituito dalla Commissione Europea il 20 ottobre 2015 “per affrontare le cause
profonde della migrazione illegale in Africa”. L’implementazione delle attività e
la gestione tecnica, logistica e amministrativa del progetto è
affidata al Ministero dell’Interno della Repubblica italiana che ha garantito
un contributo finanziario di 2.231.256 euro.
“Il Progetto punta a rafforzare le capacità delle maggiori autorità
libiche nel controllo, sorveglianza e gestione dei confini, nel contrasto al
traffico e alla tratta di persone, nella ricerca e salvataggio in mare e nel
deserto”, si legge nella scheda predisposta dalla Commissione Europea. “Tra i
suoi principali obiettivi ci sono il rafforzamento degli enti libici competenti
nella sorveglianza marittima e delle operazioni SAR (search and rescue, ricerca e soccorso, nda) e nel contrasto dei transiti di frontiera irregolari; la
realizzazione delle infrastrutture di base che consentano alla guardia costiera
libica di organizzare nel migliore dei modi le attività di sorveglianza delle
frontiere; l’assistenza nella definizione e dichiarazione della Regione SAR di competenza libica con
adeguate procedure operative; lo sviluppo delle attività di controllo delle
frontiere terrestri nel deserto, focalizzando l’attenzione nelle aree dei
confini meridionali assai colpite dagli attraversamenti illegali”.
Con l’addendum sottoscritto il 18 dicembre
2020 dalla Commissione Europea e dalla Direzione centrale dell’Immigrazione e
della Polizia delle Frontiere, sono stati modificati e ampliati gli scopi del programma
e ne è stata estesa la durata a 84 mesi, cioè fino alla data del 15 dicembre
2024. Il 22 dicembre 2020 Roma e Bruxelles hanno inoltre stabilito una seconda fase del progetto frontiere in
Libia, con un contributo finanziario aggiuntivo UE di 15 milioni di euro. “Beneficiarie
dirette dell’azione saranno alcune autorità libiche: il Ministero dell’Interno tramite
la General Administration for Coastal Security (GACS), la General
Administration for the Security of Border Crossing Points (GASBCP) e Ia
Direzione generale per la lotta all’immigrazione illegale; iI Ministero della
Difesa tramite la Guardia di frontiera terrestre e la Libyan Coast Guard and
Port Security (LCGPS)”, riporta la scheda del Support to Integrated Border and Migration
Management in Lybia – Phase II. “Grazie al programma
saranno migliorate le capacità operative di 5.000 funzionari del governo
libico. Beneficiari indiretti saranno i migranti che verranno salvati in mare
grazie alla fornitura di equipaggiamento salva-vite e all’addestramento della
Guardia costiera libica e della General Administration for Coastal Security
(GACS)”.
Nella scheda progettuale
vengono forniti importanti elementi per comprendere appieno le ragioni e le
finalità delle azioni anti-immigrazione. “Nella precedente fase, l’intervento progettuale
prevedeva in particolare l’espansione della gestione del confine nella regione
Sud e l’acquisto di unità navali, il supporto alla manutenzione della flotta e
l’istituzione di una rete radar costiera”, vi si legge. “La necessità di questa
revisione è emersa prendendo in considerazione la situazione assai complicata in
Libia a causa del conflitto armato acuitosi nell’aprile 2019. La propagazione
della pandemia da Covid-19, nei primi mesi de 2020, ha esasperato la crisi. Dato
il deterioramento del clima di sicurezza in Libia che ha causato significativi
ritardi nell’implementazione della Fase 1 e dopo una consultazione con il
Ministero dell’interno italiano, è stato deciso di riformulare gli impegni
nella Fase II puntando a nuove azioni nell’ambito della stabilizzazione e della
risposta al Covid-19 (…) Finora l’addestramento tecnico degli equipaggi
(incluso quello sui diritti umani) è stato svolto a favore dello staff del GACS
e sono stati forniti i gommoni. Inoltre sono state riparate quattro
imbarcazioni in un cantiere in Tunisia e si attende che vengano consegnate al
GACS dopo la fine del lockdown imposto dal Covid-19”.
Riproducendo le narrazioni
main stream in Italia e a Bruxelles, la fase 2 del Progetto di gestione delle frontiere giustifica il sostegno alla
famigerata guardia costiera libica con la necessità di “rafforzare le
operazioni di ricerca e soccorso e ridurre ancora di più il numero delle
persone che muoiono in mare”, fornendo contestualmente “una risposta alla crisi
della migrazione nel Mediterraneo centrale nel rispetto della legge
internazionale e dei diritti umani”. I mezzi e le modalità dell’aiuto italiano
e UE? L’impostazione e l’equipaggiamento di un “Centro mobile MRCC (Maritime Rescue Coordination Centre)”,
la fornitura di “nuove unità navali SAR” (non meno di tre) e “l’implementazione
di attività comuni di manutenzione e riparazione delle unità in Libia”.
“L’Azione punta inoltre a
sostenere l’allineamento del lavoro della Guardia costiera e della General
Administration for Coastal Security libiche in cooperazione con altri attori, come
l’European Border and Coast Guard Agency (FRONTEX), la forza aeronavale europea
EUNAVFORMED Irini, l’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (UNHCR), l’Organizzazione
Internazionale per le Migrazioni (OIM) e l’International Centre for Migration
Policy Development (ICMPD)”, aggiunge la scheda progettuale. “In particolare si
assicurerà la complementarietà con il programma regionale EU4Border Security con cui FRONTEX contribuisce a rafforzare la
sicurezza delle frontiere nei paesi vicini meridionali (budget 4 milioni di
euro, nda) e con le attività
finanziate nell’ambito del piano di Stabilità
e Pace per sostenere la risoluzione del conflitto, implementare un accordo
tra le parti avverse e rinforzare gli sfori a livello comunitario per ridurre
la violenza, specialmente nella Libia meridionale”.
Infine la foglia di fico per
edulcorare l’ulteriore colpo di acceleratore al riarmo delle forze armate e di
polizia libiche e alla militarizzazione della risposta alle migrazioni. “Ulteriore obiettivo trasversale della
Fase II del progetto è il miglioramento delle condizioni dei diritti umani dei
migranti e dei rifugiati, specialmente per le donne e i minori, cercando di
garantire che le autorità libiche indirizzino la loro azione nel rispetto dei
diritti umani in occasione delle intercettazioni SAR e durante le procedure di sbarco
in cooperazione con OIM e UNHCR”.
A tal fine il 7 aprile 2021 la
Direzione Generale dell’Immigrazione del Viminale ha firmato una convenzione
con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni “per la realizzazione
delle attività di competenza dell’OIM nell’ambito del progetto Support to
Integrated Border and Migration Management in Lybia”. “Nell’Addendum dell’Accordo stipulato il
18 dicembre 2020 tra la Commissione Europea e il Ministero dell’Interno, è stata
affidata all’OIM l’Attività n. 6 consistente nel Rafforzare la gestione umanitaria e le capacità di gestione della
salute, delle frontiere e dalla mobilità da parte delle autorità del Sud della
Libia e la stessa Organizzazione è
stata qualificata come Co-Delegato del progetto”, spiegano i dirigenti
dell’Interno. Lo scorso 15 ottobre è stato pubblicato
l’esito dell’appalto pubblico aggiudicato
dalla Direzione Generale dell’Immigrazione all’OIM (poi modificato il 3
novembre) per svolgere gli interventi
pro-diritti umani con i migranti e i rifugiati in Libia. All’istituzione
internazionale sono stati assegnati finanziamenti per il valore complessivo di 12.692.831
euro. Ma la sorpresa delle sorprese sta nell’amministrazione stipulante indicata per l’appalto: l’AID - Agenzia
Italiana Difesa, cioè proprio l’ente pubblico
creato per gestire unitariamente
le attività degli stabilimenti militari
sotto il diretto controllo del Ministero della Difesa e la cui sede è ospitata a
Roma nel Palazzo della Marina, il quartier generale dello Stato maggiore
della Marina militare. Come dire che da oggi sono le industrie belliche della
Difesa a coordinare gli interventi di addestramento e fornitura mezzi alle
unità libiche anti-migranti, con tanto di occhio vigile su una parte delle
azioni e delle spese dell’OIM in Libia.
“Le attività
principali svolte dall’AID - Agenzia Italiana Difesa comprendono la demilitarizzazione
del munizionamento, la produzione di munizioni e cartucce di piccolo calibro, la
manutenzione di unità navali e terrestri e dei sistemi d’arma, la
produzione di farmaci, antidoti e polveri da sparo, la cantieristica navale”,
si legge nel sito web dell’Agenzia. “L’attività di valorizzazione del materiale di armamento, in
particolare mezzi terrestri, aerei, navali ed armi leggere, rappresenta un asset strategico. La cessione di tali
materiali oltre a rappresentare un importante fonte di ricavi e cash flow per l’AID permette di recuperare importanti risorse per le Forze Armate da
reinvestire nell’intero sistema del comparto Difesa. La costante interlocuzione
e relazione con le FF.AA ed altri Corpi Armati dello Stato nonché con FF.AA di
paesi stranieri ed aziende del settore della Difesa, permette la creazione di
uno scenario in cui si concretizzano le possibilità
di business development”.
Lungo è l’elenco delle
aziende produttrici di sistemi di morte con cui l’AID ha avviato collaborazioni
nel settore della ricerca e della produzione: tra esse spiccano in particolare
Leonardo S.p.A., Beretta, Fiocchi, SIMMEL Difesa, Magnaghi ed MBDA. Dopo la
nomina a direttore generale dell’ex senatore Pd Nicola Latorre, l’Agenzia ha stretto accordi quadro con Fincantieri S.p.A.
(per ampliare le attività dello Stabilimento Militare di Castellammare di Stabia e sviluppare
allestimenti navali), con IVECO Defence Vehicles (comune utilizzo dello
Stabilimento Militare Spolette di Torre Annunziata) e con Intermarine S.p.A. della famiglia Colaninno
(realizzazione di imbarcazioni veloci e aliscafi).
L’AID
si sta inoltre affermando come un importante attore nazionale nella
commercializzazione ed import-export di sistemi d’arma. Come documentato da uno
studio pubblicato nel settembre 2020 dai ricercatori Giorgio
Beretta e Carlo Tombola dell’’Osservatorio
Permanente sulle Armi Leggere e le Politiche di Sicurezza e Difesa (OPAL), nel quinquennio
2014-2019 l’Agenzia ha effettuato operazioni all’esportazione per 27 milioni di
euro circa, a fronte di 9 milioni per importazioni, di cui la metà solo nel
2019. In particolare, sono state vendute grandi quantità di armamenti “considerati obsoleti”, tra
cui 207 semoventi d’artiglieria SIDAM al Belgio; 206 carri armati M-113 e 24
VCC “Camillino”; 26 elicotteri Sikorsky HH-3F “Pelican”.
“A corredo di materiale più
o meno efficiente, sono stati dismessi anche grandi quantitativi di parti di
ricambio, talvolta interi magazzini che hanno comportato anche autorizzazioni a
se stanti”, scrivono Giorgio Beretta e Carlo Tombola. “Due di queste, da sole,
hanno rappresentato un valore complessivo di circa 4,6 milioni di euro: circa 7
milioni di pezzi per Leopard 1A5 nel 2018 alla Grecia per 1,8 milioni di euro; 17
milioni di pezzi per carri M-113 e semoventi M109L nel 2015 al Pakistan per 2,8
milioni di euro”.
Rilevanti
pure le autorizzazioni all’esportazione a Malta (nel 2017 mitragliatrici
Browning 12.7 e coassiali 42/59 e pistole
Beretta 92SL) e le dismissioni di ingenti
quantitativi di munizioni di diverso calibro e tipo (500.000 pezzi nel
2019 alla Francia e 420.000 nel
2015); granate M107 da 155mm
(40.000 pezzi nel 2016, probabilmente ceduti alla Croazia); 110 missili Milan (nel 2015
all’Estonia e nel 2018 alla Francia); componenti
dei sistemi missilistici “Hawk” e “TOW”.
Con un curriculum di queste caratteristiche
e proporzioni è prevedibile immaginare quale sarà il contributo di AID –
Agenzia Industrie Difesa in qualità di partner del Viminale nelle prossime
tappe del progetto di Supporto al
controllo delle frontiere in Libia: l’acquisizione e la fornitura di
ulteriori mezzi navali e terrestri per le forze di polizia di Tripoli. Sul sito
web dell’Agenzia c’è già una bella lista di imbarcazioni e sistemi “dismessi” da
Guardia di Finanza, Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri che andrebbero a
pennello per le scorribande della Guardia costiera di Tripoli nel Mediterraneo:
barche a motore fuoribordo M.S.F. in
vetroresina; unità guardiacoste classe 600; imbarcazioni offshore V. 5800 “per la navigazione in ogni
condizione atmosferica”; pattugliatori veloci classe 6000 di
Intermarine; piccole vedette V.A.I. 200 e V.A.I.
500; motovedette classe 5000
con velocità di oltre 54 nodi; pattugliatori costieri G.L. 1400; cabinati classe Squalo; vedette Classe Crestitalia; acquascooter; battelli
pneumatici “Blob 50” in vetroresina; unità SAR classe 800; ecc., ecc..
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