Export armi. Fincantieri va in affari con gli Emirati Arabi
La società controllata dallo Stato punta a collaborare con le forze armate degli Emirati Arabi Uniti, impegnate con la coalizione a guida saudita nel sanguinoso conflitto in Yemen
Dopo l’Egitto del dittatore Al-Sisi, Fincantieri S.p.A. punta agli affari con le forze armate degli Emirati Arabi Uniti, impegnate con la coalizione a guida saudita nel sanguinoso conflitto in Yemen.
Il 15 dicembre ad Abu
Dhabi i manager di Mubadala Investment
Company (società interamente controllata dal regime emiratino) e il gruppo
italiano leader della cantieristica hanno firmato un Memorandum of Understanding per avviare collaborazioni nel campo
delle tecnologie avanzate e dei servizi nei settori navale, marittimo e
industriale. “I due gruppi lavoreranno attraverso società specializzate, da
loro controllate, per portare avanti congiuntamente una serie di progetti in
ambito di innovazione e in quello industriale”, riporta la nota dell’ufficio
stampa di Fincantieri. “Inoltre saranno avviati studi per lo sviluppo di
servizi per le piattaforme di trasformazione dei rifiuti rivolte a società di
piccole e medie dimensioni. Mubadala, attraverso la sua controllata Sanad,
offrirà anche servizi post vendita per i prodotti di Fincantieri, così come
altri prodotti di aziende manifatturiere”.
Secondo
Giuseppe Giordo (già membro del cda dell’industria aerospaziale e della difesa
saudita SAMI e odierno direttore generale della Divisione Navi Militari di
Fincantieri), l’accordo firmato con Mubadala “consentirà di rafforzare la
presenza della cantieristica navale negli Emirati”. Per Abdulla Abdul Aziz Al
Shamsi, responsabile del settore innovazione di Mubadala, la partnership
con Fincantieri potrebbe svolgere invece
un ruolo importante “per soddisfare la futura domanda di energia” in ambito
nazionale ed internazionale.
Creata
nel gennaio 2017 a seguito della fusione della Mubadala Development
Company e della International Petroleum Investment Company (società
d’investimento nel settore energetico), Mubadala
opera oggi in diversi settori economici, da quello petrolifero a quello
turistico-immobiliare, all’industria pesante e manifatturiera, al settore
aerospaziale e delle telecomunicazioni. Con uffici di rappresentanza negli
Stati Uniti d’America, Regno Unito, Russia e Cina, Mubadala gestisce un
portafoglio investimenti di 243 miliardi di dollari con società presenti
in 50 paesi al mondo e utili annui di oltre 14 miliardi di dollari.
Amministratore
delegato del gruppo è il noto imprenditore Khaldun Khalifa Aḥmad al-Mubarak, presidente della blasonata
squadra calcistica del Manchester City. Presidente è lo sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan (fratello dell’attuale
sovrano degli Emirati Arabi Khalifa bin Zayed Al Nahyan), pure ministro della
difesa di Abu Dhabi e Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare emiratina.
La leadership dello sceicco in Mubadala rivela come uno degli assetti
strategici della società sia rivolto in particolare alla ricerca, sviluppo e
produzione di armi ed equipaggiamenti militari.
Mubadala
Development Company controlla una parte rilevante del pacchetto azionario di
EDGE Group, l’holding a capo del complesso militare-industriale emiratino,
particolarmente attiva nel settore missilistico, della cyber defense, dei sistemi
di guerra elettronica ed intelligence, della
cantieristica navale, dei veicoli terrestri leggeri e pesanti e dei droni.
Con
un fatturato annuo superiore ai 5 miliardi di dollari, EDGE è stata collocata
dal SIPRI - il noto istituto di ricerca sui temi della pace di Stoccolma - al
22° posto nella classifica delle maggiori società produttrici di armi al mondo;
inoltre ne è sempre più evidente la vocazione alle esportazioni in Africa e in
Medio oriente. “I suoi clienti principali per volume di affari sono i governi
di Egitto, Giordania e Libia”, scrive l’International Institute for Strategic
Studies (IISS) di Londra. “Alcune delle esportazioni di armi effettuate dagli
Emirati Arabi sono tuttavia sotto la luce dei riflettori; ad esempio, un
rapporto di esperti delle Nazioni Unite ha rilevato la fornitura di armi
all’Esercito nazionale libico del generale Khalifa Haftar, mentre sistemi
d’arma emiratini sono finiti in altre aree di conflitto, come in Sudan, o nelle
mani delle milizie yemenite”.
Gli
interessi in ambito militare-industriale di Mubadala sono noti anche in Italia:
nel 2015 il gruppo ha ottenuto il controllo del 100% del pacchetto azionario di
Piaggio Aerospace; i fallimenti dei test di volo del drone killer P.1HH HammerHead nello
scalo siciliano di Trapani-Birgi hanno però convinto il management emiratino a
sganciarsi – tre anni più tardi - dalla storica industria italiana, con
pesantissime conseguenze dal punto di vista occupazionale per le maestranze.
Il
fallimento dell’operazione Mubadala-Piaggio non sembra invece preoccupare
Fincantieri. “Siamo presenti sul mercato locale degli Emirati dal 2008 e abbiamo
consegnato nel 2013 tre navi costruite nei cantieri italiani del Gruppo: una
corvetta classe Abu Dhabi di 90 metri
di lunghezza e due pattugliatori classe Falaj
2, tutte operanti all’interno della flotta della Marina EAU con piena
soddisfazione del cliente”, dichiarano con eccessiva enfasi i manager del
gruppo cantieristico. “Abbiamo inoltre creato la joint venture Etihad Ship
Building per supportare la manutenzione e la piena operatività delle unità
consegnate alla Marina degli Emirati”.
Derivata
dalle unità della classe Comandanti
in dotazione alla Marina militare italiana, la corvetta Abu Dhabi è stata consegnata alle forze armate degli Emirati nel
febbraio 2011 a Muggiano (La Spezia). Sempre a Muggiano sono stati varati nel
2012 i pattugliatori del programma Falaj
2, assai simili alle unità Saettia in dotazione alla nostra Guardia
costiera. Di produzione italiana anche gli armamenti imbarcati
nelle unità vendute agli emiri: si tratta dei cannoni 76/62 “Super Rapido”
della Oto Melara, dei sistemi di comando e controllo di guida del tiro e dei
radar 3D “Kronos” e “SIR-M”, tutti di Selex Es (oggi Leonardo-Finmeccanica).
Nell’estate
del 2015, nell’ambito di un programma di collaborazione internazionale con gli
Emirati Arabi Uniti, Fincantieri ha svolto presso la sede del proprio Centro per gli studi di tecnica
navale Cetena di Genova alcuni corsi di formazione per gli studenti degli
Istituti di Tecnologia e Ricerca dell’Università di Abu Dhabi. Oltre alle
attività in laboratorio sono state realizzate anche visite al cantiere militare
integrato di Riva Trigoso e Muggiano e agli stabilimenti Fincanteri di
Monfalcone, Porto Marghera e Sestri e presso alcune strutture dell’Università
di Genova.
In
occasione dell’International Defence Exhibition & Conference (IDEX) 2019,
la fiera internazionale dei sistemi d’armi di Abu Dhabi, i manager di Fincantieri
e di ADSB - Abu Dhabi Shipbuilding (gruppo leader nella costruzione,
riparazione e refitting di navi militari e mercantili), hanno
annunciato un accordo di massima per “esplorare
forme di collaborazione industriale e commerciale nel segmento della navalmeccanica
degli Emirati Arabi Uniti” e “definire futuri programmi che coinvolgono
l’Autorità per le Infrastrutture Critiche e la Protezione Costiera relativi
alla costruzione di nuove unità, nonché per le attività di manutenzione
della futura flotta della Marina Militare degli EAU”.
Un
secondo Memorandum of Understanding è stato firmato il 25 febbraio 2020 da Fincantieri e Marakeb
Technologies, azienda provider di soluzioni di automazione, in occasione
della kermesse internazionale sui droni e i sistemi unmanned di Abu Dhabi. “Marakeb
Technologies mira ad integrare ed espandere le sue capacità nel campo nell’integrazione
di tecnologie senza pilota negli Emirati Arabi Uniti attraverso una partnership
strategica con Fincantieri”, ha spiegato l’amministratore delegato della
società emiratina, Basel Shuhaiber.
Fincantieri
S.p.A. è pure uno dei maggiori sponsor dell’esposizione universale EXPO Dubai
2021 che ha preso il via l’1 ottobre e si concluderà il 31 marzo 2022. “La mia
azienda ha creduto sin dall’inizio nell’EXPO e ha puntato sull’immagine della
navigazione”, ha dichiarato in occasione del’inaugurazione del Padiglione
Italia l’ambasciatore Giampiero
Massolo, Presidente di Fincantieri dal 2016 ed ex direttore del DIS, il
Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza della Presidenza del Consiglio
a capo dei servizi segreti italiani. “Credo – ha aggiunto Massolo - che
da parte emiratina vi sia un’apertura nei confronti delle aziende italiane, un’esigenza
di fare del lavoro insieme, e credo che l’Italia possa essere un importante
partner tecnologico degli Emirati”.
Memoria
corta, anzi inesistente, quella dei massimi responsabili del gruppo della
cantieristica a capitale pubblico. Lo scorso febbraio, prima di formalizzare le
proprie dimissioni, il governo Conte II aveva revocato le autorizzazioni al
trasferimento di missili e bombe d’aereo alle forze armate di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti,
“rei” di utilizzarli contro le inermi popolazioni civili yemenite.
Nonostante il pressing a tutto campo delle aziende belliche e dei parlamentari
di riferimento di quasi tutte le forze parlamentari, quell’atto amministrativo
non è stato (ancora) cancellato dall’esecutivo Draghi. Ci sarà qualcuno adesso
che chiederà ragione della febbre collaborativa di Fincantieri con i
petro-emirati del Golfo?
Articolo pubblicato in Africa ExPress il 23 dicembre 2021, https://www.africa-express.info/2021/12/22/il-business-delle-armi-sempre-fiorente-fincantieri-in-cerca-di-nuovi-affari-con-gli-emirati-arabi/
Commenti
Posta un commento