Le Grandi Opere della famiglia Romeo-Santapaola da Messina
L’ammodernamento dei padiglioni del centro ospedaliero
“Piemonte” e della Cittadella sportiva dell’Università degli Studi; la pavimentazione
delle autostrade Messina-Catania e Messina-Palermo; il ripascimento delle
spiagge di Rodia e San Saba nella fascia tirrenica della città dello Stretto;
la realizzazione della megadiscarica di immondizia nel territorio di Tripi; la
costruzione della circonvallazione di Patti e dell’approdo di Tremestieri nella
zona sud di Messina; finanche la fornitura di calcestruzzo al general
contractor a cui era affidata la realizzazione del Ponte tra Scilla e Cariddi.
Sono alcune della Grandi Opere su cui avrebbero messo gli occhi e le mani i
capi-referenti della famiglia Romeo-Santapaola,
imputati chiave accanto ad alcuni noti imprenditori e professionisti nel
cosiddetto processo Beta, attualmente
in corso nell’aula bunker del Tribunale di Messina.
A ricostruire in dibattimento alcuni degli affari di cemento
più lucrosi dei Romeo-Santapaola è stato il collaboratore di giustizia Carmelo
Bisognano, già ai vertici della consorteria criminale dei mazzarroti. “Sono nato a Mazzarrà Sant’Andrea e sono domiciliato
presso il Servizio centrale di protezione, in atto detenuto per espiazione pena
definitiva dal 13 luglio 2018 per l’operazione antimafia Gotha”, ha esordito Bisognano . “Io facevo parte della
organizzazione dei barcellonesi dal
1989. Ho deciso di collaborare con la giustizia nel 2010, esattamente iniziai la
collaborazione il 25 novembre 2010. Ho conosciuto Piero Santapaola e anche il
fratello Enzo: sono i referenti della famiglia Santapaola su Messina. All’epoca
mi ricordo che avevano una ditta di forniture di carni o gestione di macellerie
a Messina, insieme ad un’altra persona. Gestivano un deposito di carni
all’ingrosso all’uscita di Messina Gazzi nei pressi dello stadio Celeste, comunque
nella zona verso il mare. In un primo momento ho conosciuto Piero Santapaola, se
non vado errato, dopo la metà degli anni ‘90, tra il 1997 e il 1999. Con lui ho
avuto un paio di rapporti per dei lavori. Gli presentai Concetto Bucceri e poi
avemmo dei contratti perché all’uscita di Messina Centro ci dovevano essere dei
lavori all’ospedale Piemonte. Non mi ricordo quale era la ditta che se li
aggiudicò all’epoca, però il subappalto lo doveva fare, cioè lo fece, iniziò i
lavori che poi non continuò, la buonanima di Michele Rotella. Così mi ero
rivolto a Piero Santapaola quale referente per non avere problemi. I barcellonesi da sempre hanno avuto dei
contatti con la famiglia Santapaola, sono stati sempre in ottimi rapporti, e in
più Piero Santapaola, a mio sapere, era il referente di Pietro Trischitta su
Messina. Io non lo conosco direttamente a Trischitta ma è un personaggio della
criminalità locale. In ogni caso il principale interlocutore con cui noi barcellonesi eravamo in contatto sempre
per i lavori da eseguirsi a Messina era Piero Santapaola, appartenente al
gruppo Santapaola. Ora non mi ricordo se a questa impresa di Rotella gli fu
messo qualche bidoncino di benzina, qualche cosa. Ebbero però qualche segnale e
giustamente Rotella mi chiamò ed io mi mossi subito e parlai con Piero e gli
dissi che non c’erano problemi perché Rotella pagava già a noi come impresa,
perciò non avrebbe avuto nessun problema a pagare su Messina”.
I pizzi autostradali dei fratelli Santapaola
“Con Piero Santapaola mi dovevo incontrare per un’altra
vicenda, ma quella mattina non venne”, ha aggiunto Carmelo Bisognano nel corso
della sua deposizione come teste al processo Beta. “Eravamo io e la buonanima di Sebastiano Rampulla che allora
aveva l’autorizzazione per potersi muovere e andare a Messina per fare una
visita; non mi ricordo se in quel periodo egli era sottoposto alla sorveglianza
o all’obbligo di dimora. In quell’occasione ci dovevamo incontrare con Piero,
difatti abbiamo aspettato all’entrata lato monte del Policlinico, per far sì
che si mettesse in contatto con il padre o il figlio degli Scinardo, personaggi
legati al Rampulla che sono dei grossi allevatori, per la macellazione e il
commercio di carni fra loro”.
"Con Piero Santapaola ho avuto a che fare per altre
questioni. C’era un lavoro che la Tecnis di Catania aveva preso in associata
con una ditta di Palermo per la pavimentazione dell’autostrada Messina-Catania
e della Messina-Palermo. Non mi ricordo adesso quanto era l’importo dei lavori.
Ne parlai direttamente io con Piero Santapaola visto che i lavori ricadevano
sia su Barcellona, sulla zona di influenza nostra, che su Messina. Onde evitare
che diversi personaggi interferissero, andassero a disturbare o creassero
problemi sui cantieri, me la vedevo direttamente io. Così prima mi incontrai col
geometra Bonanno tramite Pietro Orlando che me lo presentò alla sede Anas sulla
circonvallazione di Catania, e poi direttamente col geometra Ranno nella sede
della Siciliana Carbonio che a Fontanarossa, di fronte al Comando Radiomobile dei
Carabinieri, loro hanno un deposito di gasolio all’ingrosso. Quando mi sono
incontrato col geometra Ranno, lui mi diede una parte dei soldi che poi fu
inviata a Piero Santapaola o a Enzo. Questa somma gliela consegnai a Sem Di
Salvo e a Piero o Enzo Santapaola gliela diede Sem Di Salvo. Diverse volte
erano venuti personaggi a cercare questi soldi, addirittura era venuto un certo
Franco che io non conoscevo, Franco ‘u Furnaro
gli dicevano in dialetto, il fornaio,
ed io non gli avevo dato questi soldi perché non era il mio interlocutore. Ho
detto: Guarda, fammi parlare, perché
poi lì nacquero delle altre discussioni perché nel frattempo vi era la
costruzione della vecchia discarica di Tripi che la gestiva Messinambiente. Lì
gli bloccammo i camion a Messinambiente e intervenne questo Franco il fornaio, e nel contempo questo
mi cercava i soldi dell’autostrada ed io gli dissi: Senti una cosa, ma tu che c’entri con i soldi dell’autostrada? Mo’ stai venendo con questa cosa, io non ti
conosco, conosco sia Piero che Enzo. E tempo prima era venuto Enzo Santapaola,
ci eravamo incontrati in località Cantone in un villaggio turistico che noi
frequentavamo, il gruppo dei barcellonesi. L’ho messo a disposizione da Sem Di
Salvo perché l’incontro me lo creò lui, ed io gli avevo detto la stessa cosa
perché Messinambiente stava facendo questi lavori, scaricava la spazzatura,
perché loro erano gli interlocutori diretti con i dirigenti di questa società e
i soldi non arrivavano. Ho detto: Io, se
non arrivano questi soldi, non vi mando neanche quelli che vi devo mandare per
quanto concerne l’autostrada…”.
Il collaboratore di giustizia ha ricordato come la Tecnis di
Catania fosse interessata ad altri lavori nel messinese oltre a quello della
pavimentazione delle due autostrade siciliane. “La Tecnis costruì il porto di Tremestieri,
quello dove imbarcano i camion”, ha dichiarato. “In un mio verbale del 28 marzo
2011 raccontai già al Pubblico Ministero che una volta il geometra Ranno mi
disse che loro avevano come interlocutori per il pagamento delle messe a posto
anche in territori diversi da Catania il gruppo di Picanello in quel momento
retto da Carmelo Salemi. Avvenne che Piero Santapaola, il fratello di Enzo, mi
disse che intendeva incontrare gli imprenditori della Tecnis che stavano per
aggiudicarsi i lavori per l’approdo di Tremestieri di Messina e che voleva
sfruttare i miei contatti con quell’impresa. Io parlai con Salemi e si stabilì
la percentuale dell’uno per cento, come peraltro si era operato in passato. Io
su Picanello conoscevo il reggente che poi fu arrestato, Giovanni Comis.
Conoscevo Carmelo Salemi perché me l’aveva presentato Giovanni Comis e lui
acconsentì a questa situazione. Poi mi incontrai con Carmelo Salemi e da lì
nacque tutto il discorso della costruzione del porto e degli importi”.
“Quando per l’operazione Sistema
che fece fare il nostro affiliato Maurizio Marchetta, fui arrestato con Pietro
Nicola Mazzagatti, Carmelo D’Amico, Giuseppe Castro, Vincenzo Licata e l’imprenditore
Mortellaro, il Mazzagatti, un associato dei
barcellonesi di Santa Lucia del Mela, mi raccontò qualche cosa in
riferimento a questi lavori del porto di Tremestieri”, ha ricordato Bisognano. “Con
il Mazzagatti eravamo detenuti nella stessa cella, la numero 36, secondo piano,
insieme a Nunziato Siracusa. In quella occasione il Mazzagatti mi accennò ad un
qualche suo ruolo che aveva svolto nell’ambito dei lavori per l’approdo di
Tremestieri, su intervento direttivo di Enzo Santapaola fratello di Piero. A
tale riguardo egli affermò che Enzo lo stava facendo impazzire per Tremestieri.
Io non ho voluto chiedere di cosa si trattasse anche se rimasi piuttosto
sorpreso di quest’affermazione dal momento che conoscevo il Mazzagatti come un
soggetto che svolgeva l’attività di ristoratore e che non era interessato in
alcun modo all’approdo. Lì ci fu un problema, perché da Catania dovevano fare
le forniture certi imprenditori, i fratelli Fonte o qualcosa del genere, che
erano vicini a Santo Battaglia, al Villaggio Sant’Agata, mentre su Messina
c’erano i fratelli Pellegrino che proprio su Tremestieri avevano mezzi e impianti
di calcestruzzo. Erano loro che dovevano fare quel lavoro perché era più
pratico per Piero riuscire a gestire quella situazione tramite i fratelli
Pellegrino”.
Le forniture per il
mostro-fantasma di Capo Peloro
C’è un altro inedito passaggio del racconto di Carmelo
Bisognano sugli affari dei fratelli Santapaola, relativo alla fornitura di materiali
per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. “Piero o Enzo, ma
direttamente Piero, sono stati i garanti per ciò che concerneva il montaggio da
parte della Calcestruzzi S.p.A. di Bergamo, all’epoca retta per la Sicilia da
Franco Librizzi, di un impianto di calcestruzzo che facemmo montare sulla Panoramica
in una cava che all’epoca o tutt’oggi, ancora non so, era di proprietà o è di
proprietà di un certo Puglisi che era socio con la buonanima di Michele Rotella”,
ha riferito il collaboratore. “Loro furono i garanti affinché questo impianto
fosse montato e si desse la tangente a Piero direttamente. Però non lo so se poi
avvenne perché fui arrestato. E questo impianto fu montato dalla Calcestruzzi
S.p.A. nel contempo che c’era stato il progetto preliminare per la costruzione
del Ponte affinché la Calcestruzzi subentrasse di nuovo su Messina per le
forniture di calcestruzzo. Difatti mi ricordo che all’epoca fece un contratto
di circa centomila metri cubi di materiale col questa cava dove aveva montato
l’impianto”.
“Mi ricordo anche della vicenda dell’impresa Palilla
Costruzioni, di Agrigento o Cammarata, che doveva svolgere lavori marittimi a
Messina. Però poi non la gestii io questa situazione, la gestì Pippo Castro. Io
avevo dato questa disposizione, poi fui arrestato, però la gestì lui. Il Castro
era una sorta di raccordo tra la nostra organizzazione e quelle catanesi, e
quando vi era la necessità faceva la messa a posto con le imprese che dovevano
pagare il pizzo. Ad esempio, tra il febbraio ed il maggio del 2004, mentre
trascorsi un periodo di detenzione al carcere di Messina, venni a sapere dal
mio codetenuto Salvatore Centorrino che in relazione ad alcuni lavori di
ripascimento a Santo Saba o Rodia eseguiti dall’impresa Palilla, il Castro
aveva da questi ottenuto la somma di euro 20 mila a titolo di estorsione che
aveva eseguito per conto di Piero Santapaola di Messina. Ricordo pure un’impresa
Russello di Gela che ha eseguito dei lavori nella Cittadella Universitaria a
Messina. Anche in questa situazione era interessato
il Castro, che poi fu arrestato, e sempre ci fu un coinvolgimento di Piero
Santapaola. Castro era il garante che i lavori che l’impresa Russello stava
eseguendo nella Cittadella proseguissero e che nessuno andasse a disturbare. E
Piero Santapaola da questa cosa ci guadagnava i soldi che venivano versati dall’estorsione”.
Bisognano si è soffermato infine sulla figura
dell’anziano patriarca dei Romeo-Santapaola di Messina, il pregiudicato
Francesco Romeo. “Di Francesco Romeo ne ho sentito parlare, sarebbe Ciccio, ma non lo conosco personalmente;
sarebbe lo zio, se non vado errato, di Piero e Enzo Santapaola”, ha dichiarato.
“Ne risento parlare in un’occasione… Nasce un lavoro a Patti che viene
aggiudicato, è la circonvallazione di Patti, sul lato che va verso Brolo, della
strada che sale verso Montagnareale vicino al cimitero, e se lo aggiudica, se
non vado errato, l’impresa Coop La Sicilia di Bagheria. In questo frangente
assieme a questa ditta c’è associato un certo Costanza di Santa Domenica
Vittoria. Quasi tutti i mezzi che c’erano sul cantiere sono stati incendiati e
sono strati distrutti. Noi, parlo del gruppo dei barcellonesi, eravamo sempre in
stretti contatti con i referenti del gruppo Santapaola sulla zona di Maniace,
Bronte, Adrano, il gruppo di Turi Catania, gestito all’epoca da Gianfranco
Conti Taguali, Marco Conti Taguali e dallo zio Francesco Franco Conti. Assieme a Tindaro Calabrese, sapendo che questa
impresa era di Santa Domenica di Vittoria, mi recai a Maniace a parlare con
Franco Conti, che faceva l’imprenditore, per sapere se la conosceva. Mi dice di
sì e gli espongo il problema. Gli ho detto: Guarda,
questa ditta si è aggiudicata questo lavoro. Era un lavoro che dovevamo fare
noi, ma purtroppo per degli eventi che sono successi in sede di gara non ce la
siamo potuti aggiudicare, se l’è aggiudicata questa impresa… Sappiamo che c’è questo
Costanzo, digli che ci cede il lavoro o almeno tutto il movimento terra. E
gli avremmo dato noi a lui direttamente una percentuale di guadagno se lui ci
avrebbe ceduto tutte le forniture e il movimento terra, le forniture di
cemento, tutto quello che c’era da fornire, e loro avrebbero fatto il lavoro
assieme a noi. Mi viene detto di sì e che non c’è nessun problema. A questo
punto ce ne ritorniamo. Dopo qualche paio di mesi vediamo arrivare Rottino con i
due Trifirò, sia Maurizio che Carmelo, che giravano sempre sul territorio. Io
all’epoca abitavo a Furnari e Rottino mi dice: Senti,
vedi che a Patti hanno portato i mezzi per iniziare il lavoro della
circonvallazione. Ho detto: Come
hanno portato i mezzi? e lui dice: Sì,
hanno portato i mezzi. Mi attivo subito per capire come era il discorso ed
effettivamente c’erano questi mezzi a Patti. Mi ricordo che ritornai da Gianfranco
Conti Taguali e che si mise in contatto con questo Costanza tramite lo zio e
gli disse che lui non voleva sapere niente, che gli accordi non li rispettava
perché era stato garantito da un certo Franco Arosta di Randazzo che io non
conoscevo. Disse che lui poteva andare in qualsiasi posto che c’era questo
Franco Arosta, che lo avrebbe garantito e non aveva nessun problema. Vabbé, ce
ne andammo. I problemi nacquero subito perché la sera stessa, quasi tutti i
mezzi che c’erano sul cantiere sono stati incendiati e sono strati distrutti dai
due Trifirò e da Rottino, naturalmente su mio mandato. Perciò i lavori non li
poterono iniziare e incominciarono a cercare rimedi, ecc. ecc. Ad un certo
punto mi pare che riportarono di nuovo degli altri mezzi e gli furono
incendiati. A quel punto la Coop La Sicilia non capì che cosa stava succedendo,
perché questo signor Costanza gli diceva che era tutta posto, che non aveva
problemi, che potevano lavorare, ma lì il lavoro non si iniziava e loro avevano
dei problemi perché, giustamente, non iniziando i lavori, andavano in corso a
penali. Non mi ricordo adesso chi mi contattò esattamente della cooperativa o
la contattai direttamente io. Comunque ebbi contatto direttamente con l’ingegnere
D’Amico, che era all’epoca o amministratore o un dirigente della cooperativa La
Sicilia, e così appianiamo… Per ciò che concerneva le estorsioni non ne
volevano sapere, almeno direttamente. Siccome ci siamo messi a parlare di
competenze territoriali, di forniture, per loro l’importante è che avevano
tutto fatturato, che i lavori procedevano e non si parlasse di estorsioni, cioè
di tangente con la parola estorsione o tangente. Per loro andava tutto bene ed
effettivamente portarono a termine il lavoro, fecero le forniture di
calcestruzzo, gli facemmo fare le forniture di ghiaione perché servivano per
coprire gli scarichi delle acque bianche. Naturalmente questa impresa, ma non
per colpa nostra, per problemi loro su lavori in altre zone, andò in
liquidazione; pagò a tutti tranne che l’impresa Truscello Teresa che forniva i
mezzi e che era una delle mie imprese. Ad un certo punto giustamente il
Costanza si andò a lamentare con questo Franco Arosta. Questo signore, visto
che non poteva più prendere i soldi dell’estorsione dal Costanza per poterlo
garantire, andò da Maurizio Zuccaro, altro reggente della famiglia Santapaola,
a chiedere che fossi ucciso per questo affronto che gli avevo fatto.
Naturalmente Maurizio Zuccaro contattò il signor Romeo, Ciccio Romeo, che sapendo
che ero di Barcellona, che lui aveva contatti con i barcellonesi, gli disse di stare fermo, che non era una cosa
fattibile... Insomma, Francesco Ciccio Romeo garantì per me. E lì nacque questa
mia conoscenza del nome di Ciccio Romeo. Non mi ricordo se fu Francesco Conti a
dirmi questo o direttamente Sem Di Salvo o qualcuno dei nostri tramite Tindaro
Calabrese…”.
Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 19 aprile 2019, http://www.stampalibera.it/2019/04/19/bisognano-al-processo-beta-a-messina-i-romeo-santapaola-puntavano-alle-grandi-opere-ecco-quali/
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