Dalle Porte di Catania alle Porte di Messina il grande affaire dei centri commerciali di Ciancio & C.
“Mario Ciancio Sanfilippo è
imprenditore tra i più attivi e facoltosi a Catania e nell’intera Sicilia. Per
raggiungere gli scopi della propria variegata attività, che ha preso le mosse
dall’editoria ed ha poi riguardato anche alcune tra le più lucrose speculazioni
edilizie in territorio catanese, si è avvalso e si avvale ad oggi di una molteplicità
di imprese, costituite in forma societaria, spesso con la partecipazione (talora
formalmente esclusiva) della moglie Valeria Guarnaccia o dei figli Angela, Rosa
Emanuela, Carla, Natalia e Domenico. Tali società debbono essere guardate come
facenti parte di un vero e proprio gruppo, esistente di fatto, facente capo al
proposto, che, infatti, ne dirige e coordina l’attività. La ricostruzione dei
flussi finanziari relativi alle attività di impresa ed alle compravendite
immobiliari consente di affermare che a monte di ciascun investimento e di
ciascun acquisto (…) si trova la notevole provvista economica che il Ciancio Sanfilippo
mette a disposizione della famiglia”. E’ quanto scrivono i giudici della Sezione misure di prevenzione del
Tribunale di Catania nell’ordinanza di confisca dei beni nella disponibilità dell’holding Ciancio & family emessa il 20
settembre 2018. Un atto
giudiziario che descrive nei minimi dettagli i presunti rapporti
di affari tra uno dei più potenti personaggi della recente storia siciliana e
italiana, l’editore-imprenditore Mario Ciancio Sanfilippo e alcuni esponenti di
Cosa Nostra. Business multimilionari
generati innanzitutto dalla cementificazione del territorio e dalla
trasformazione di centinaia di ettari di terreni agricoli in complessi
turistico-immobiliari o megaparchi commerciali.
Colate
di asfalto e cemento sul Pigno di Catania
Uno dei capitoli chiave
dell’ordinanza dei giudici catanesi è interamente dedicato alla realizzazione nel
2010 del noto centro commerciale Le Porte di Catania a due passi dal quartiere Pigno e
dell’aeroporto di Fontanarossa, con “128 negozi
con i brand più glamour di abbigliamento e accessori, oggetti per la cura della
casa e della persona, una ricca area di ristorazione, un ipermercato e oltre
cinquemila posti auto”, come recita la brochure illustrativa della società che
ne detiene il controllo, Ceetrus Italy (gruppo Auchan). Un progetto quello de Le Porte di Catania che prendeva il via –
coincidenza vuole - lo stesso giorno in cui Mario Ciancio Sanfilippo e alcuni suoi
partner economici (tra essi il chiacchierato costruttore messinese Antonello
Giostra) avviavano le procedure per realizzare a Misterbianco, in contrada
Cardinale, il parco commerciale denominato Mito.
“In
data 28 febbraio 2003, ovvero quando la Euredil
S.r.l. e la lmmencity One S.r.l.
presentavano il progetto di polo commerciale integrato a Misterbianco,
veniva richiesto al Comune di Catania dalla società ICOM S.r.l. il rilascio di
concessione edilizia e autorizzazione all’apertura di un altro centro commerciale, da realizzarsi in variante allo strumento urbanistico
vigente sempre su terreni riconducibili
alla famiglia Ciancio”, annotano i R.O.S. dei Carabinieri in una loro
informativa del 18 luglio 2013. Con deliberazione del 25 febbraio 2005, il
Consiglio comunale di Catania esaminava il documento istruttorio redatto dal
Direttore della VII Direzione Urbanistica e Gestione del Territorio, approvando
il cambio delle destinazioni urbanistiche dell’area che nel
vigente P.R.G. era stata destinata a verde agricolo. Alla data della delibera
consiliare, i terreni del nascente centro commerciale Le Porte erano di
proprietà della Sud Flora S.r.l., di cui risultavano soci l’editore Ciancio
Sanfilippo e la moglie Valeria Guarnaccia. “I terreni di proprietà del Ciancio
erano stati da lui acquistati nel 1973, mentre quelli della Sud Flora tra il 1991 e il 2002”,
annotano gli inquirenti. “La Sud Flora
era stata costituita il 10 ottobre 1976 da Wilma Amelia Nofori e da Giuseppa
Licciardo. Il primo elenco soci disponibile risale al 1999 ed in esso sono indicati
quali titolari delle azioni i coniugi Ciancio. Va tuttavia rilevato che già
alla data del 4 febbraio 1980 Valeria Guarnaccia aveva assunto la carica di
amministratore unico, fatto, questo, dal quale può dedursi l’acquisto delle
quote sociali da parte dei due coniugi già in quella data. Il 27 aprile 2007
tanto Mario Ciancio, quanto la moglie, cedevano tutte le quote della Sud Flora alla ICOM S.p.a., società che stava
curando la realizzazione del parco commerciale Porte di Catania. Tale
vendita, ovviamente, ha costituito un metodo per cedere all’acquirente i
terreni di quali la Sud Flora era
proprietaria senza sottostare ai più gravosi tributi dovuti per i trasferimenti
immobiliari. La maggior parte degli investimenti nella Sud Flora ha avuto luogo in anni (1996, 1997,1998, 2000, 2001,
2002) nei quali i flussi economici negativi sono prevalenti rispetto a quelli
positivi. Già tale considerazione consentirebbe di ritenere illecita l’attività
imprenditoriale in oggetto, in quanto condotta perlopiù con capitali dei quali non
è stata giustificata la provenienza. Va poi aggiunto che quantomeno dal 2003 la
Sud Flora è stata finanziata e
gestita in vista della sua cessione al soggetto che si sarebbe occupato della realizzazione
del centro commerciale, operazione
che, appare illecita per le infiltrazioni di Cosa Nostra nella stessa”.
La società acquirente, ICOM S.p.a. (già ICOM s.r.l.), era stata costituta il
16 marzo 2000 da un gruppo di imprenditori pugliesi e siciliani. Due anni dopo,
in luogo di taluni dei soci fondatori subentrava la Insular Consulting S.r.l., società costituta da Vincenzo Viola e
dai suoi familiari e della quale, nel corso degli anni, avevano fatto parte
anche Giovanni Vizzini e Tommaso Mercadante. “Il 15 febbraio 2002 il Viola ed
il Mercadante entravano nel consiglio di amministrazione della ICOM”, annotano i ROS. “Nel marzo
2003 i predetti Vizzini, Mercadante e Viola entravano a far parte direttamente
della compagine sociale a seguito della cessione in loro favore di parte delle
quote detenute dalla Insular
Consulting. II 19 maggio 2003 Mario Ciancio Sanfilippo e Valeria Guarnaccia
acquistavano il 34% circa del capitale sociale della ICOM. Così Mario Ciancio e Valeria Guarnaccia facevano parte di
tale società unitamente agli allora soci Michele Annoscia, Pasquale Iamele,
Donato Di Donna, Vincenzo Viola, Loredana Leone, Tommaso Mercadante, Luigi Mellina,
Giovanni Vizzini, Michele Castiglione e l’avvocato-editore Fabrizio Lombardo Pijola.
La compagine sociale subiva un mutamento nel 2005, quando ai soci Annoscia, Iamele
e Lombardo Pijola subentrava la Sircom
Real Estate S.p.a.”. La Sircom è una nota società di promozione e sviluppo
immobiliare (centri commerciali, resort, hotel, centri congressi, ecc.) con sedi
centrali a Bari e Milano.
Il 27 aprile 2007 si
registrava un nuovo mutamento tra le compagini societarie impegnate
nell’affaire Le Porte; i soci (compresi
i coniugi Ciancio-Guarnotta) cedevano infatti le quote della ICOM alla ImmobiliarEuropea S.p.a. e alla Gallerie Commerciali S.p.a.: la prima con sede a Milano (scopo sociale
lo sviluppo di centri commerciali per la grande distribuzione, strutture
ricettive-alberghiere e porticcioli turistici) e riferibile all’imprenditore-editore
sardo Sergio Zuncheddu; la seconda invece interamente controllata da una società
di diritto olandese, la I.D.C. Int.
Development Corp. N.V., titolare della nota holding francese Auchan. Secondo quanto
riferito agli inquirenti dall’allora dirigente del settore sviluppo di Auchan S.p.a. Carlo Salvini, le somme
dovute per la vendita delle quote ICOM
alla ImmobiliarEuropea e
alla Gallerie Commerciali sarebbero state
così corrisposte: il 50% all’atto della vendita ed il restante 50% suddiviso in
tre tranche, rispettivamente, dopo
l’approvazione della variante in corso d’opera, all’approvazione della proroga
delle autorizzazioni commerciali e all’inaugurazione del centro commerciale. Stando alla documentazione contabile
acquisita nel corso delle indagini, il 19 giugno 2007 l’assemblea straordinaria
dei soci della Sud Flora deliberò
altresì la fusione della società per incorporazione nella ICOM S.p.a.. Grazie
alla cessione delle proprie quote alla ICOM, la Sud Flora ottenne nell’anno
fiscale 2007 ricavi per 5.111.984 euro.
Le
plusvalenze milionarie di Ciancio & soci
Oltre a consolidare la propria presenza nel tessuto
economico catanese, Mario Ciancio Sanfilippo e familiari – scrivono i
magistrati - conseguivano importanti guadagni derivanti dalla monetizzazione
delle plusvalenze, attraverso
la vendita delle azioni della ICOM.
“In
particolare, il dott. Ciancio (e sua moglie) cedevano il 33% delle loro quote
ICOM ricevendo quale prezzo la somma complessiva di 12.400.000 euro. In pari
data, ICOM S.r.l. comprava da Ciancio Sanfilippo Mario, quale persona fisica, i
terreni in contrada Bicocca di cui questi era proprietario ed acquistava le
azioni della Sud Flora S.p.A. (di Ciancio e della moglie Guarnaccia),
società quest’ultima proprietaria di altra parte dei terreni necessari per
la costruzione del centro commerciale. Il prezzo pagato dalla ICOM a Ciancio
(compreso il prezzo della Sud Flora) ammonta a 15.730.216 euro.
Complessivamente, quindi, Ciancio riceveva per l’affare la somma complessiva di 28.130.216 euro”. Altrettanto
rilevanti i ricavi conseguiti dagli altri soci ICOM: 9,6 milioni di euro in
tutto, di cui 1.532.082 a Vincenzo Viola, 910.118 a Tommaso Mercadante e 4.850.770
alla Sircom Real Estate S.p.a. di Bari-Milano.
“Quanto alle persone fisiche
componenti le società in esame, va rilevato che Vincenzo Viola è un uomo
politico siciliano, europarlamentare per il Patto Segni negli anni Novanta; si tratta di soggetto il quale,
pur non ricoprendo all’epoca dei fatti alcun ruolo politico attivo, era molto
vicino agli ambienti politico-amministrativi regionali siciliani”, riporta la Sezione misure di prevenzione del Tribunale
di Catania. Già funzionario dell’Assemblea regionale siciliana,
vicedirettore del Servizio studi legislativi e capo dell’Ufficio del bilancio,
Vincenzo Viola fu eletto al Parlamento di Strasburgo nel 1995, ricoprendo
l’incarico di coordinatore del gruppo PPE per le relazioni euro-mediterranee.
Dopo l’Europarlamento, nel 2001 è stato nominato dal Presidente della regione
Siciliana consigliere d’amministrazione del Banco di Sicilia, in quota Alleanza
nazionale.
Non meno rilevante la figura
dell’altro socio di Ciancio Sanfilippo in ICOM, Tommaso Mercadante, figlio di
Giovanni Mercadante, il primario di radiologia a Palermo ed ex deputato
regionale di Forza Italia condannato a 10 anni e 8 mesi per il
delitto di associazione mafiosa con sentenza della Corte di Appello di Palermo
del 21 marzo 2014, irrevocabile dall’8 aprile 2015 (Mercadante era stato condannato
in primo grado e assolto in appello, con sentenza poi annullata con rinvio
dalla Corte di Cassazione). “Giovanni Mercadante è nipote di Tommaso Masino Cannella, capo della potente famiglia di Prizzi, ritenuto uno degli
uomini di vertice di Cosa Nostra, vicinissimo
all’allora latitante Bernardo Provenzano”, scrivono i giudici etnei. “Proprio
il Mercadante, come emerge dalle dichiarazioni di numerosi collaboranti, tra i
quali Giovanni Brusca, Angelo Siino e Antonino Giuffrè, era tra i soggetti coinvolti nella gestione della latitanza
di Provenzano”. Gli inquirenti hanno accertato come tra i due Mercadante ci fossero
anche relazioni di tipo economico. “Il 27 maggio 2011 Tommaso Mercadante
conferiva al padre Giovanni Mercadante, frattanto assolto dalla Corte di
Appello di Palermo con sentenza del 21 febbraio 2011, delega ad operare sul proprio
conto”, annotano nell’ordinanza di sequestro dei beni dell’editore Ciancio. “Proprio
questo ultimo particolare consente di affermare che Tommaso Mercadante fosse
prestanome del padre Giovanni, effettivo socio della ICOM, per conto del quale aveva ricevuto il pagamento dell’ultima
tranche del prezzo di cessione
delle quote di tale società alla ImmobiliarEuropea
ed alla Gallerie Commerciali; ed
invero, solamente quando Giovanni Mercadante era stato assolto dal delitto di
associazione mafiosa, e quindi, nella sua percezione, non vi erano più pericoli
a gestire personalmente le somme derivanti dall’operazione ICOM, il figlio gli aveva rilasciato
delega ad operare sul conto sopra descritto e, pertanto, gli aveva consentito
di disporre di dette somme (Giovanni Mercadante non poteva ovviamente sapere che
la Suprema Corte avrebbe annullato la sentenza di assoluzione con rinvio ad
altra Sezione della Corte di Appello di Palermo, che avrebbe invece confermato
la condanna emessa)”.
Relativamente ad altro socio
ICOM, Giovanni Vizzini, la Procura ha accertato trattarsi del fratello di Carlo
Vizzini, pluriministro tra il 1982 e il 1992 (in particolare ha guidato i
dicasteri delle Poste e telecomunicazioni e della Marina mercantile), già
segretario del Psdi tra il 1992 e il 1993, poi esponente politico di Forza
Italia e Pdl. “La figlia di Carlo Vizzini, Maria Sole, ha sposato Vincenzo Rappa,
figlio di Filippo Rappa; questi è stato sottoposto a procedimento penale per i delitti
di riciclaggio aggravato e di associazione a delinquere di tipo mafioso, ma è
stato assolto da tali reati ex art.
530 c.p., rispettivamente ai sensi del primo e del secondo comma. Va tuttavia
rilevato che la famiglia Rappa annovera tra le sue fila il capostipite Vincenzo
Rappa, padre di Filippo, condannato per il delitto di cui all’art. 416-ins
c.p., con sentenza irrevocabile”, annotano gli inquirenti.
Sulla famiglia Rappa e su
Giovanni Mercadante ha reso importanti dichiarazioni l’ex imprenditore Massimo Ciancimino,
figlio di don Vito Ciancimino, il sindaco Dc del sacco di Palermo contiguo agli
ambienti mafiosi corleonesi. “Nei propri interrogatori del 10 aprile 2009 e 8
maggio 2009, Massimo Ciancimino ha riferito che i due erano soggetti vicini al
padre e che essi avevano avuto anche problemi con la giustizia per reati di
mafia”, si riporta nell’ordinanza di sequestro dei beni della famiglia Ciancio.
“In particolare, il capostipite, Vincenzo Rappa, era stato condannato per il
delitto di associazione mafiosa. Il nipote del Rappa era sposato con la figlia
del già menzionato Carlo Vizzini e le due famiglie erano legate da forte
amicizia. Il Ciancimino ha
riferito in tali occasioni che in quanto figlio di Vito Ciancimino, aveva avuto
modo di prendere parte alla attività del padre, che comprendeva pure incontri
con appartenenti al mondo imprenditoriale, anche catanesi, quali Costanzo, Rendo
ed altri; ha riferito inoltre dei rapporti esistenti tra il Ciancio Sanfilippo
e la famiglia Rappa, affermando, in particolare, che l’odierno proposto era
legato a soggetti palermitani vicini a Cosa Nostra…”.
“Quanto a Tommaso Mercadante,
il Ciancimino ha riferito che costui – a lui ben noto per essere stato
fidanzato per diversi anni con la figlia Gisella Mercadante - era nipote di
Tommaso Masino Cannella,
soggetto che, unitamente a Pino Lipari, aveva il ruolo di luogotenente di Provenzano
e con tale ruolo erano accreditati presso suo padre, con il quale, nell’interesse
del predetto Provenzano, trattavano la materia degli appalti. Secondo il Ciancimino,
inoltre, i suindicati Rappa erano legati da rapporti di affari con l’imprenditore
catanese Ciancio, con il quale condividevano interessi nel settore delle
emittenti televisive private. Aggiungeva poi che dagli appunti di suo padre
aveva appreso di taluni incontri tenutisi in alberghi di Taormina (fra cui il Timeo) tra suo padre, Ciancio con
altri imprenditori palermitani e catanesi ed esponenti di Cosa Nostra fra cui anche Benedetto Santapaola”.
Altri compromettenti incontri dell’editore catanese sarebbero avvenuti in una
villa di fronte all’hotel Zagarella, nel palermitano (vi erano, oltre a Ciancio e mio padre, anche Santapaola, Provenzano e
Costanzo); all’hotel Costa Verde di Cefalù (certamente parteciparono, oltre a mio padre ed al Ciancio, anche Masino
Cannella in rappresentanza di Provenzano).
Ciancio era socio dei
costruttori Rappa, ha dichiarato
Ciancimino. Avevano in comune un’iniziativa nel settore della televisione,
in quanto erano comproprietari di una emittente. In particolare ricordo, per
avermelo detto mio padre, che detta emittente fu poi ceduta al gruppo Mediaset
ed incorporata in Rete4. Di recente gli stessi Rappa e Ciancio hanno condotto
altra analoga operazione vendendo sempre al Gruppo Mediaset delle frequenze del
digitale terrestre, per una somma di denaro notevole. Lo stesso Vincenzo Rappa
mi ha riferito - infatti - in occasione di un incontro nel porto di Salina in
uno yacht che aveva appena acquistato, di avere investito tale somma in parte
nell’acquisto della barca e in parte per l’acquisto della concessionarie Bmw di
Catania e Chrysler di Palermo. Ricordo che il padre Filippo e il nonno Vincenzo
Rappa, entrambi frequentatori ed amici di mio padre, sono stati coinvolti in
vicende giudiziarie legate a Cosa Nostra e Michele Sindona (…) In
effetti, come diceva mio padre e come in parte ho avuto anche io modo di constare,
Ciancio per determinati settori, era considerato un punto di riferimento, ossia
la faccia pulita da spendere; in sostanza era uno dei personaggi che nei grossi
affari che interessavano Catania doveva essere cooptato con il compito di trovare
il punto di convergenza e di intesa nei grossi giochi di potere politico e di affare
locale e, in ogni caso, Ciancio rientrava anche tra le voci autorevoli allorché
nel generale contesto siciliano si decidevano le grandi linee di spartizione
del territorio per quanto atteneva ai grossi affari con interessi imprenditoriali
nei quali ovviamente vi era l’interferenza non secondaria dell’interesse
mafioso (…) Ho ragione di ritenere che il dott. Ciancio Sanfilippo si è
associato a Mercadante proprio perché consapevole della caratura e della
vicinanza di quest’ultimo, per il tramite di Cannella, a Bernardo Provenzano.
Peraltro era notorio a Palermo che Mercadante era un pupo (tale espressione
usava mio padre) nelle mani dello zio Cannella, braccio destro di Provenzano, e
che lo stesso Cannella era soggetto ben noto a Ciancio per averlo anche incontrato
in quel summit alla Costa Verde…
E
alla Regione ci pensa Raffaele Lombardo
Gli inquirenti ritengono che
nonostante la cessione delle quote
della ICOM, Mario Ciancio Sanfilippo,
unitamente all’ex europarlamentare Vincenzo Viola, continuò ad occuparsi dello
sviluppo del progetto del centro commerciale Porte di Catania. Questa convinzione è suffragata dal tenore
di due conversazioni intercettate il 28
luglio 2008 dal R.O.S. dei Carabinieri proprio nell’ufficio del potente signore dei media siciliani. “A
tali conversazioni avevano preso parte, oltre al Ciancio Sanfilippo, Raffaele Lombardo,
all’epoca Presidente della Regione Siciliana (l’elezione era avvenuta
solo pochi mesi prima Nda), Vincenzo Viola, Sergio Zuncheddu, Carlo Ignazio
Fantola (consigliere di amministrazione della ImmobiliarEuropea) e Carlo Salvini (dirigente del gruppo La
Rinascente - Auchan)”, scrivono i giudici. “Nel corso di tale riunione, gli interlocutori discutevano di una variante
edilizia da apportare al progetto del centro commerciale, che volevano evitare
fosse sottoposta al vaglio del Consiglio comunale e attirasse le attenzioni
dell’Autorità Giudiziaria. La soluzione veniva trovata dal Lombardo, il quale
affermava che si sarebbe attivato, tramite l’architetto Matteo Zapparrata, già
dirigente tecnico della Provincia Regionale di Catania (della quale lo stesso Lombardo
era stato Presidente, prima di essere eletto alla carica di Capo del Governo Regionale),
affinché detta variante venisse approvata dai tecnici comunali”. L’ingegnere Zapparrata
è ritenuto uomo di assoluta fiducia di Raffaele Lombardo; inoltre è stato alla
guida della Direzione Urbanistica e Gestione del Territorio del Comune di
Catania dall’1 gennaio al 31 dicembre 2008.
In verità, l’11 novembre 2008,
la dirigente del Servizio attuazione della Pianificazione del Comune di Catania,
l’architetta Gabriella Sardella, rilasciava alla ICOM S.p.a. la variante alla concessione edificatoria “per modifiche in corso d’opera alla nuova
costruzione di parco commerciale in
corso di realizzazione in Contrada Bicocca”, proprio come auspicavano i
partecipanti al meeting ospitato da Mario Ciancio. “Si ricava quindi
dagli elementi sopra evidenziati la circostanza che, nonostante la vendita
delle quote della ICOM, ancora
alla data del 28 luglio 2008, il Ciancio Sanfilippo curava personalmente il buon
andamento dell’affare (…) con Raffaele Lombardo, da poco divenuto Presidente
della Regione Siciliana, il quale formalmente non rivestiva alcun incarico istituzionale
che gli attribuisse competenze in ordine all’iter burocratico del progetto. Deve
conseguentemente ritenersi che la riunione fotografata dalle due conversazioni intercettate
avesse ad oggetto la ricerca di una via parallela per la risoluzione di un problema
amministrativo che avrebbe richiesto molto più tempo e non sarebbe neppure
stata garantita”, commentano i giudici della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catania.
Le
intercettazioni del R.O.S. dei Carabinieri evidenzierebbero pure come alcuni
protagonisti dell’affaire si sarebbero adoperati per ottenere l’approvazione
di un disegno di legge che aumentava la volumetria disponibile per i centri
commerciali in Sicilia. Due i dialoghi chiave in mano agli inquirenti: il primo
è stato intercettato il 6 dicembre 2005 tra Rosario Ragusa “soggetto vicino ai
vertici catanesi di Cosa Nostra” e Marcello Massinelli, all’epoca dei fatti consigliere economico
dell’allora Presidente della Regione Siciliana Salvatore Cuffaro; il
secondo, due giorni dopo, ancora tra Rosario Ragusa e Fulvio Reina, socio di
Marcello Massinelli nella società di intermediazione che si occupava di vendere
le quote della “Tenutella S.r.l.”,
la società a capo dell’omonimo centro commerciale di Misterbianco in via di
costruzione ancora una volta su terreni di proprietà di Ciancio Sanfilippo.
“In particolare, nel corso delle conversazioni, gli interlocutori ponevano in
rilievo la circostanza che tale disegno di legge avrebbe agevolato il Ciancio
Sanfilippo e i suoi interessi”, aggiungono i giudici. “Ed in effetti l’emendamento
in questione era relativo alla legge regionale 20/2005, avente ad oggetto Misure
per la competitività del sistema produttivo con modifiche alla disciplina degli interventi per le imprese commerciali. Il comma 4 dell’art.
7 cit. prevedeva infatti che nelle more di una più compiuta programmazione della rete
distributiva (… ) l’Assessore regionale per la Cooperazione, il commercio,
l’artigianato e la pesca provvede,
entro trenta giorni dalla pubblicazione della presente legge, ad una revisione dei limiti e delle condizioni per il rilascio delle autorizzazioni per le
grandi strutture di vendita nei
territori delle grandi aree metropolitane prevedendo, in particolare, un incremento non inferiore ad un terzo dei
limiti di superficie
attualmente vigenti…”.
Il 20 marzo 2013, Raffaele Lombardo, nell’udienza preliminare del procedimento a
suo carico per concorso esterno in associazione mafiosa, in riferimento all’approvazione
dell’emendamento alla legge regionale 20/2005 che consentiva l’incremento delle
superfici da destinare a grandi centri commerciali, ha ammesso di essersi
effettivamente occupato della questione relativa alla variante urbanistica del
P.R.G. con riferimento al Porte di Catania e che tale questione era stata sottoposta
alla sua attenzione, in occasione di un incontro avvenuto nell’anno 2003, dal Ciancio
Sanfilippo e da Vincenzo Viola. Ricordo
bene che me ne parlò di questa cosa, quando ne parlammo col dottore Ciancio,
questa persona che io conoscevo bene e che credo abbia avuto un ruolo nella
vicenda, cioè l’onorevole Viola, che fu parlamentare europeo, ma che era stato
vice-segretario generale dell’Assemblea Regione Siciliana, ha riferito l’ex
governatore Lombardo. Enzo Viola era
interessato a questa cosa. Può darsi che lui d’accordo con Ciancio portasse gli
investitori o roba del genere. Io l’ho interpretato così, l’ho vissuto così il
discorso di Viola. Non mi sembrava Viola uno che ci mette, che so, dieci
milioni di euro per fare una operazione del genere, o cento….
Subappaltatori
attivi e mancati in odor di mafia
I lavori del centro
commerciale Porte di Catania furono poi
realizzati dalla società ImmobiliareEuropea S.pA. quale general contractor;
le opere di accantieramento furono
affidati alla Framer S.r.l. dei fratelli Francesco e Massimiliano Antonio
Laudani, trasformata nel maggio 2007 in Framer S.pA., mentre per la
movimentazione terra fu scelta la Fratelli Basilotta S.p.A. (dal 16 aprile 2009
rinominata In.Co.Ter Infrastrutture
Costruzioni Territorio S.p.A.), di proprietà di Salvatore Basilotta figlio
di Vincenzo Basilotta e di Luigi Agatino e Giuseppe Basilotta, fratelli di
Vincenzo. “Vi è una serie di ulteriori
conversazioni, intercettate nell’ambito del procedimento penale n. 890/07 (la
cosiddetta operazione antimafia Iblis), dalle quali si evince che le imprese che avrebbero dovuto effettuare i
lavori di movimento terra (In.Co.Ter dei F.lli Basilotta) e le strutture
cementizie (ICOB) facevano a loro volta capo a soggetti
appartenenti a Cosa Nostra catanese e calatina”, rilevano gli inquirenti della Procura. “Vanno, a
tale riguardo, esaminate le figure di Mariano Cono Incarbone e di Vincenzo Basilotta;
il primo è soggetto condannato per il delitto di associazione mafiosa, in esito
al menzionato procedimento penale Iblis, con sentenza della Corte di Appello di Catania del 10 settembre 2014
irrevocabile il 7 giugno 2016; l’appartenenza dello stesso alla famiglia Santapaola-Ercolano è quindi
definitivamente accertata”.
Quanto
invece alla figura dell’imprenditore edile Vincenzo Basilotta, i magistrati
etnei rilevano come lo stesso sia stato condannato in primo grado e in appello,
nel procedimento penale Dioniso per il delitto di associazione mafiosa; la sentenza emessa
dalla Corte di Appello di Catania è stata tuttavia annullata con rinvio dalla Suprema
Corte ed il procedimento si è concluso con sentenza di non doversi procedere per la sopravvenuta morte dell’imputato. “Lo
stesso Basilotta è stato altresì destinatario di misura di prevenzione patrimoniale
con decreto emesso dal Tribunale di Catania il 2 maggio 2012 e poi revocato nei
confronti degli eredi, essendo il proposto nelle more deceduto, con
provvedimento del 28 aprile 2016”, aggiungono gli inquirenti. “Diverse
conversazioni telefoniche, intercettate nell’ambito dei procedimenti Dioniso
e Dioniso 2 e
testualmente riportate nella sentenza
contro Raffaele Lombardo emessa dal G.U.P. del Tribunale di Catania il 18 febbraio 2014 consentono di affermare
che il Basilotta facesse parte
dell’organizzazione criminale Cosa Nostra, e fosse in
particolare vicino al potente boss di
Caltagirone Francesco La Rocca: ciò in
quanto, la sua attività imprenditoriale aveva conosciuto un imponente incremento grazie ai lavori
procuratigli dal predetto La Rocca e dall’ala
della famiglia Santapaola
riconducibile ad Antonino Santapaola fratello
di Benedetto Nitto e ad Alfio Mirabile,
che in quel periodo era notoriamente contrapposta
all’ala facente capo alla famiglia Ercolano e successivamente a Vincenzo Aiello”.
E’ stato accertato come il
Basilotta avesse ottenuto in precedenza parte dei lavori di costruzione del grande
centro commerciale Etnapolis,
realizzato a Belpasso dalla società Maltauro di Vicenza. Nel corso dell’indagine Iblis veniva invece
documentata la presenza dell’impresa di Vincenzo Basilotta nei cantieri del
centro Porte di Catania. Veniva altresì intercettato un colloquio tra
il geologo Giovanni Barbagallo, al tempo esponente dell’Mpa di Raffaele
Lombardo e il boss mafioso Vincenzo Aiello in cui quest’ultimo lamentava di
avere richiesto inutilmente a Vincenzo Basilotta il versamento della tangente
per quei lavori. Interrogato dalla DIA di Catania nella primavera del 2011, il
Barbagallo ha confermato il forte rancore
dell’Aiello nei confronti di Basilotta, sia
perché costui non gli riconosceva alcuna autorevolezza, sia perché, pur volendo
che il Basilotta non lavorasse più, questi riceveva l’aiuto di Raffaele
Lombardo.
“Anche i collaboranti
Giuseppe e Paolo Mirabile hanno reso dichiarazioni con riguardo a Vincenzo Basilotta”,
si legge nell’ordinanza di sequestro dei beni di Mario Ciancio Sanfilippo. “Il
primo, in particolare, ha riferito il 6 ottobre 2012 di avere conosciuto il Basilotta,
presentatogli da Sebastiano Rampulla e da Pietro Iudicello per ordine di
Francesco La Rocca, in quanto lo stesso avrebbe dovuto essere gestito dalla famiglia Santapaola; il Basilotta, quindi, avrebbe dovuto pagare
una percentuale all’organizzazione, la quale - se avesse procurato il lavoro -
avrebbe avuto anche diritto a scegliere i propri fornitori e subappaltatori (…)
Risulta evidente che Vincenzo Basilotta fosse ben più di un imprenditore gestito da Cosa Nostra, il
quale doveva versare una percentuale degli importi ricavati dai lavori
effettuati, in cambio di protezione, ma era soggetto inserito nella struttura
dell’organizzazione criminale, in grado di dialogare da pari a pari con il rappresentante provinciale dell’organizzazione
Vincenzo Aiello, al quale non soltanto aveva
rifiutato la messa a posto, ma aveva anche
rivolto espressioni ingiuriose e
minacciose quando l’Aiello, con modi aggressivi, gli aveva chiesto di regolarizzare la sua posizione nei confronti del clan…”.
Per quel che concerne invece
Mariano Cono Incarbone, legato politicamente sia a Raffaele Lombardo che a
Giuseppe Firrarello (ex senatore ed ex sindaco di Bronte di centrodestra), le
indagini hanno appurato che in un primo momento gli erano state garantite le
opere cementizie per il Porte di Catania,
ma successivamente l’imprenditore era stato estromesso dai lavori, in quanto la
ImmobiliarEuropea aveva scelto come subappaltatrice la società SICEP. Di quanto accaduto Mariano
Incarbone se ne lamentò personalmente il 12 novembre 2007 con l’imprenditore
veneto Renzo Bissoli, già amministratore delegato dei cantieri navali SMEB di
Messina e poi socio unico e
amministratore della Stella Polare S.r.l., la società proponente il centro polifunzionale previsto a sud della città di
Catania, nell’ambito del cosiddetto Pua - Piano urbanistico attuativo. “Si
comprende dal tenore del dialogo che il Bissoli si era speso affinché la
commessa venisse affidata all’Incarbone”, scrivono i magistrati catanesi. “In
questa conversazione l’Incarbone affermava che la mancata assegnazione a lui della
commessa presso il cantiere del Pigno costituiva uno sgarbo non solo verso il Bissoli,
ma anche nei confronti di un’altra persona, che avrebbe dovuto essere
informata. Si intuisce dalla successiva conversazione del 22 novembre 2007 che
tale soggetto era Raffaele Lombardo, all’epoca Presidente della Provincia di
Catania”.
Incarbone: Ma tu con Fantola non ci puoi parlare?
Bissoli: Sì, questa
è una cosa che io sto cercando di fare da sei volte che sto cercando di
chiamare.
Incarbone: A
Fantola hai cercato, pensavo a Zuncheddu…
Bissoli: No, a quello là ho provato una volta sola e
il segretario mi ha detto che era impegnato ed altre cinque volte ho provato a
chiamare a Fantola però, devi andare anche dal Capo ora a dirgli questa cosa.
La conversazione si chiudeva
con Renzo Bissoli che rassicurava l’interlocutore estromesso dai lavori del
centro commerciale di Catania con la notizia sull’avvenuta approvazione in commissione
della variante al PRG per l’area della Plaja, suscitandone la piena soddisfazione:
Uno a zero palla al centro....
“Tutti gli elementi sin qui
esaminati consentono di affermare che tanto Mariano Cono Incarbone quanto
Vincenzo Basilotta fossero imprenditori che operavano nell’alveo delle famiglie calatina e catanese di Cosa
Nostra”, conclude la Sezione misure
di prevenzione del Tribunale di Catania. “Emerge inoltre come
fosse già predefinito il pacchetto di
imprenditori incaricati della esecuzione dei lavori strutturali (sbancamento dei terreni, ecc.) e di altre analoghe
operazioni commerciali (…) Tali imprenditori costituivano pertanto parte di un
meccanismo nel quale convergevano gli interessi loro e di tutti gli altri
soggetti coinvolti nella vicenda, ovvero di Cosa
Nostra catanese, che avrebbe beneficiato del pagamento delle percentuali
corrisposte dai predetti imprenditori/amici; del referente politico di turno,
nel caso di specie il Lombardo, che garantiva l’esito positivo dell’iter amministrativo
per il rilascio delle varie concessioni, ottenendo in cambio vantaggi per la propria
carriera politica (voti e denaro per la campagna elettorale); del Ciancio Sanfilippo,
che otteneva una rilevantissima plusvalenza dall’impiego dei suoi terreni, a
vocazione agricola e dunque inutilizzabili per qualsivoglia altro scopo, per la
realizzazione dell’operazione, resa possibile solo grazie all’intervento
politico che ne ha modificato la destinazione urbanistica”.
Dieci anni dopo
l’affaire Porte di Catania, alcuni
dei protagonisti si ripresentano a Messina per chiudere finalmente una partita rimasta
aperta da allora, la realizzazione nella zona sud di Fiumara-Zafferia-Tremestieri
di un grande centro commerciale (una sessantina di negozi con parcheggio per
2.500 auto). A promuovere il progetto nel capoluogo dello Stretto c’è ancora
una volta l’ImmobiliarEuropea S.p.A. di Milano per conto di Ceetrus
Italy – Auchan. Il colpo di acceleratore all’ennesima cementificazione del
territorio in nome del commercio selvaggio è stato dato prima
dall’amministrazione Accorinti (assessore competente l’ingegnere Sergio De
Cola, responsabile unico del procedimento, l’ingegnere Raffaele Cucinotta) e
adesso dal sindaco Cateno De Luca. Lo scorso 28 marzo a palazzo Zanca l’ultimo
incontro tra il vicesindaco Salvatore Mondello, il presidente della VI Commissione
consiliare (Urbanistica) Biagio Bonfiglio e il presidente della società CCR S.r.l.
(gruppo ImmobiliarEuropea) Carlo Ignazio Fantola “al fine di valutare l’iter di
approvazione del progetto relativo al centro commerciale e al connesso raccordo
autostradale”, come riporta il comunicato stampa emesso dal Comune di Messina.
Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 3 aprile 2019, http://www.stampalibera.it/2019/04/03/linchiesta-dalle-porte-di-catania-alle-porte-di-messina-il-grande-affaire-dei-centri-commerciali-di-ciancio-c/?fbclid=IwAR0rsNwVADfFs3T0MY1CANN1q7aAlpDsxmIYTTOr_KDDuo6E3B05MImr89o
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