Il mercimonio dei voti in cambio di promesse di case popolari a Messina
Voti, tanti voti, in cambio di alloggi popolari o almeno
della promessa a facilitarne l’assegnazione a fan e supporter. Le spregiudicate
modalità di conduzione della campagna per le elezioni del sindaco di Messina,
lo scorso anno, da parte di Emilia Barrile (al tempo candidata e
contestualmente Presidente del Consiglio comunale uscente), sarebbero al centro
di un nuovo filone d’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia. Le
intercettazioni telefoniche e ambientali autorizzate dal Gip del Tribunale di
Messina proprio alla vigilia dell’importante appuntamento elettorale del giugno
2018, avrebbero documentato il via vai di pregiudicati e stretti congiunti di
noti criminali messinesi nell’ufficio istituzionale a Palazzo Zanca della
Barrile. Alla politica e ai suoi più stretti collaboratori si sarebbe chiesta
una mano per sbloccare o accelerare l’iter per un’abitazione presso il
competente dipartimento comunale; intanto ci si metteva a disposizione per
raccogliere voti e consenso tra amici e parenti.
L’incontro con la capo popolo del Rione Matteotti e non
solo…
“L’assegnazione di case popolari a soggetti impegnati nelle
elezioni a favore della Barrile era rivendicata, a proprio merito, dalla donna
nel corso di qualche colloquio registrato”, annotano gli inquirenti. Il 9
aprile 2018, ad esempio, durante un incontro all’interno dell’ufficio
della Presidente del Consiglio comunale, presenti, tra gli altri, il fidato
collaboratore Carmelo Triglia (poi candidato alla presidenza della 2^
Circoscrizione-Messina Sud con la lista “Leali Progetto per Messina – Emilia Barrile Sindaco”), il
consigliere comunale Carlo Abbate (già Pd poi Gruppo misto e infine capo
elettore della Barrile), Emilia Barrile presentava ai propri interlocutori la
gradita ospite Maria Bonasera, che era stata capace di portarle numerosissimi
consensi nel popolare rione Matteotti, zona dell’Annunziata, in occasione delle
elezioni amministrative del 2013. “Questa sai chi è?”, affermava la Barrile. “Una bandita! E’
una capo popolo! Sembra non abbia alcuna colpa con quella faccia là… Mi ha
portato tutta la famiglia quanti sono…”. E Maria Bonasera: “Io a tutti li ho
portati… parenti… amici…”. Carlo Abbate: “Una nota di merito! E’ un diploma!”.
“Tutti i voti che ho preso l’altra volta a Matteotti, tutto grazie a lei…”,
aggiungeva la Barrile. “Però lei ha la casa popolare, sua sorella Melina ha la
casa popolare, sua sorella Piera ha la casa popolare, lei ha la casa popolare…
Dovrebbero dirmi grazie!”. Poi ancora l’aspirante sindaca, rivolgendosi ad Abbate:
“Abbiamo più bisogno dei nomi? Perché potremmo scrivere anche lei… Niente,
perché dice che c’erano solo i baraccati e le case popolari domenica e noi
siamo offesi, no?”. E sempre Emilia Barrile: “E quindi… cercati i voti! Appena
ho il simbolo te lo mando e così tu lo metti… Anzi, già dici: Ragazzi, vi voglio avvisare che mi candido
al consiglio comunale con Emilia Barrile sindaco… Oppure metti lo stemma
nostro… Quello là che tanto avevamo ieri… Lo copi da qualche parte…”.
“E’ così dimostrato che Emilia Barrile dispone delle
assegnazioni di case popolari per intercettare le richieste dei suoi
sostenitori elettorali”, commentano gli inquirenti della DDA di Messina. “Occorre
ora precisare che tra tali sostenitori (talora con apparenti funzioni di capi
elettori) sembrano rientrare anche plurimi soggetti censurati per gravi reati o
addirittura affiliati alla locale criminalità organizzata, ancorché il loro
supporto sia dissimulato attraverso il ricorso a varie cautele, tra le quali la
candidatura di parenti poco riconoscibili dall’opinione pubblica, ma ben noti
nei rioni ove sono radicati i sostenitori stessi”. A sostegno delle proprie
pesanti dichiarazioni, gli inquirenti forniscono la trascrizione di un altro
incontro avvenuto nel primo pomeriggio del 10 aprile 2018, ancora all’interno
dell’Ufficio di Presidenza di Emilia Barrile. Stavolta al cospetto della donna
si presentano tale Giovanni Spartà e la compagna di quest’ultimo, Veronica Busà.
“Giovanni Spartà, immune da precedenti penali, è il figlio del noto boss di Santa
Lucia Sopra Contesse, Giacomo Spartà, in atto detenuto in regime dell’art. 41
bis dell’ordinamento penale”, annota la DDA. “Giacomo Spartà annovera
numerosissimi e gravissimi pregiudizi per associazione per delinquere semplice
e di stampo mafioso, omicidio, tentato omicidio, reati concernenti la
detenzione, il porto ed il traffico illegale di armi da fuoco, rapina,
estorsione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti ed altro. Il rilevante curriculum
criminale, le importanti vicende giudiziarie che lo hanno riguardato e per
alcune delle quali è ancora in attesa di giudizio, la notevole influenza esercitata
nell’ambito della malavita locale, dimostrano che si tratta di uno dei
personaggi carismatici dell’attuale criminalità organizzata messinese”. Gli
inquirenti evidenziano che ad introdurre alla Barrile Giovanni Spartà e la convivente,
era stato l’impiegato comunale presso il Dipartimento Protezione civile e difesa
per il suolo Pietro Bottari, già sottoposto ad arresto nel giugno 1999 nell’ambito
dell’operazione Sorriso congiuntamente
al presunto boss Giacomo Spartà, poi però assolto in sede processuale. “I tre
si accomodavano al tavolo di vetro unitamente a Emilia Barrile e Carmelo
Triglia”, riporta la nota di servizio del personale incaricato
all’intercettazione. “Veronica Busà faceva vedere al Presidente del Consiglio
un documento cartaceo ove, evidentemente, erano riportati i dati indicativi
della situazione abitativa di un alloggio popolare situato nel villaggio CEP,
in cui la donna dovrebbe vivere unitamente a Giovanni Spartà”. Emilia Barrile, dopo
avere visionato il documento, telefonava alla dipendente comunale Maria Denaro,
alla quale chiedeva se tra le abitazioni passate di proprietà dallo IACP al
Comune di Messina, vi fosse anche la palazzina con l’immobile in cui risultava
risiedere la Busà a partire del 25 gennaio 2011. “La dipendente comunale, dopo
aver effettuato la ricerca, rispondeva che si trattava di un’abitazione
assegnata alla signora L.Z.”, aggiungono gli investigatori. “Emilia Barrile spiegava
alla dipendente - per averlo evidentemente appreso dai suoi interlocutori - che
l’assegnataria era andata via (in
circostanze non meglio chiarite) ed ora, il predetto immobile era occupato (evidentemente senza titolo) da una
ragazza, in favore della quale chiedeva se vi fossero margini per avanzare la
domanda (verosimilmente di voltura).
Emilia Barrile precisava che Veronica Busà abitava fin da ragazzina nell’alloggio insieme all’assegnataria formale - ma
vi aveva trasferito lì la propria residenza anagrafica solo da circa otto anni.
Maria Denaro segnalava che l’interessata poteva fare la domanda… quella lì, con evidente riferimento ad una prassi
amministrativa già nota alle interlocutrici. Emilia Barrile, invero,
comprendeva immediatamente e concordava con la Denaro che avrebbe provveduto a
mandare qualcuno da lei per prendere il modulo della relativa domanda di sanatoria”. La Barrile, sempre secondo
gli inquirenti, non si sarebbe limitata però ad individuare lo strumento
tecnico per legittimare ex post la presunta occupazione abusiva dell’alloggio
comunale. “Occorre segnalare subito il sospetto che la presidente del Consiglio comunale
possa avere suggerito di rendere una dichiarazione sulla cui esatta
corrispondenza alla realtà residua qualche ragionevole dubbio”, annotano gli
investigatori. Emilia Barrile
rivolta alla Busà: “Quindi tu stavi là prima del 2001 con la signora, poi la
signora se n’è andata perché la signora se n’è voluta andare perché si è
trovata la casa in un’altra parte… Se n’è andata per fuori. E sei rimasta tu là
sempre, ma tu stai là prima del 2001, non stai dopo! … Me lo hai
detto l’altra volta… me lo ha detto tua zia!”. Dopo essersi alzata dal tavolo e aver incaricato tale Antonio a recarsi dalla Denaro a
prendere le carte per fare la richiesta di voltura, Emilia Barrile si rivolgeva
ai due giovani per informarli che a casa loro si sarebbero recati per un
sopralluogo i Vigili urbani. “Noi facciamo la richiesta… tu… che
ugualmente stai là prima del 2001… Verranno i Vigili e domanderanno al vicinato
se tu stai là da molti… da quant’è! Ed i… vicinato dichiareranno che stai là
del 2001! (…) E poi… la
casa te la stai sistemando? Ma quando la finisci? Quando finiscono la casa?”.
Giovanni Spartà: “Fra qualche mese, penso”. Veronica Busà: “Un mese e mezzo”. Ed
ancora Emilia Barrile: “Ora sono qua, tra due mesi non lo so se ci sono perché ….
le votazioni! Va be’, ma basta che vengono qualcuno e dicono che voi la state acquistando…
Intanto presentiamo la domanda, poi me la vedo io…”.
Sconfitta alle elezioni
ma fedele alle promesse
Nonostante l’esito delle consultazioni amministrative del 10
giugno 2018 e l’eliminazione al primo turno, Emilia Barrile continuava a
interessarsi alla pratica abitativa del duo Spartà-Busà anche nei giorni
successivi all’elezione di Cateno De Luca a primo cittadino di Messina. Il 26 giugno
2018, due giorni dopo il ballottaggio, l’impiegato comunale Pietro Bottari telefonava
alla Barrile per chiedere d’incontrarla. “La donna diceva al suo interlocutore
di essere ancora al Comune e che se avesse fatto in fretta si sarebbero potuti
vedere nell’Ufficio di presidenza”, riportano gli investigatori. “Dopo circa
mezz’ora, concluso evidentemente l’incontro con il presidente del Consiglio,
Pietro Bottari telefonava a Giovanni Spartà, invitando sia lui che la convivente
Veronica Busà ad un appuntamento per l’indomani mattina nei pressi del Comune. Pietro
Bottari, nel corso della conversazione, sollecitava i suoi interlocutori a
portare al seguito i documenti, riferendosi evidentemente alla pratica per la
regolarizzazione della casa popolare”.
Il figlio del riconosciuto boss di
Santa Lucia sopra Contesse Giacomo Spartà non è però l’unica persona che Pietro
Bottari ha presentato alla Barrile nei convulsi mesi della campagna per le
amministrative. “Il Bottari svolge, infatti, anche il ruolo di mediatore con
soggetti con i quali la Barrile potrebbe raggiungere degli accordi elettorali
potenzialmente illeciti”, annotano
gli inquirenti. “Particolarmente interessante
ai fini investigativi appare l’incontro organizzato dal Bottari presso un
locale giudicato riservato tra la Barrile,
l’avvocato Salvatore Silvestro del foro di Messina e Domenico Trentin, persona
che annovera numerosi e gravissimi pregiudizi e precedenti penali, anche per
reati di criminalità mafiosa”. Già condannato nel settembre 2004 alla pena di 5 anni e 10 mesi di
reclusione, nel giugno 2012, con sentenza passato in giudicato, Domenico
Trentin ha riportato una seconda condanna a 4 anni; nel dicembre dello
stesso anno gli è stata notificata in carcere un’ordinanza di custodia
cautelare per i reati di estorsione ed usura aggravata nell’ambito dell’operazione
denominata Gran Bazar, mentre nel maggio
2016 è stato accusato di associazione mafiosa ed omicidio doloso tentato, nonché
violazione della legge sulle armi, nell’ambito dell’operazione Matassa.
L’incontro riservato, descritto dagli inquirenti peloritani, era stato preceduto
da una telefonata di Pietro Bottari alla Barrile, il 28 aprile 2018. I due interlocutori
avevano concordato di vedersi la sera del 2 maggio in un luogo idoneo, individuato
nel locale di tale Tiberio, ubicato all’interno di un immobile sito sul
viale San Martino di fronte la piscina comunale. Stando al verbale degli agenti
predisposti al servizio di osservazione, la sera dell’appuntamento giungevano
sul luogo fissato, prima Emilia Barrile ed il marito Antonio Triolo con una
Mercedes, e qualche minuto dopo, a bordo di uno scooter nero, il pregiudicato
Domenico Trentin (alla guida) e l’avvocato Silvestro (dietro). “I due uomini,
unitamente a Pietro Bottari che si era loro avvicinato, entravano nello stesso
palazzo in cui poco prima avevano fatto accesso la Barrile ed il marito”,
annotano gli inquirenti che però non sono stati in grado di fornire alcuna
informazione utile a comprendere l’oggetto della strana riunione.
I peculiari rapporti tra
Emilia Barrile, Carmelo Triglia e i Celona
L’attività investigativa ha avuto
modo di documentare “i peculiari rapporti” tra Emilia Barrile, il proprio
collaboratore di fiducia Carmelo Triglia e alcuni soggetti che gravitano in seno alla locale criminalità organizzata.
“Tra questi, non possono essere sottaciuti quelli con Diego Celona, il quale,
anche se immune da pregiudizi penali, è figlio del noto pregiudicato Giovanni Celona,
attualmente detenuto poiché tratto in arresto nell’ambito dell’operazione Matassa poiché ritenuto di aver fatto
parte insieme ad altre persone di un’associazione di stampo mafioso operante in
particolare nella zona sud di questa città”, aggiungono gli investigatori. “Lo
stesso Diego Celona, inoltre, è nipote di Vincenza Celona, moglie del noto
Raimondo Saro Messina, pluripregiudicato,
esponente di spicco della consorteria criminale radicata nel villaggio Santa Lucia Sopra Contesse. Lo stesso,
invero unitamente alla moglie, è stato raggiunto dal provvedimento restrittivo
emesso nell’ambito della predetta operazione Matassa”. Diego Celona, in particolare, risultava tra i presenti
all’incontro nell’Ufficio di presidenza della Barrile, il pomeriggio del 9
aprile 2018, insieme all’esponente politica, Carmelo Triglia, il consigliere Carlo
Abbate e la capo popolo del rione
Matteotti, Maria Bonasera. “Nel corso di questa riunione, il presidente del
consiglio comunale intendeva coinvolgere la famiglia di Celona nella ricerca di
consensi elettorali per la propria candidatura, approfittando della palesata
delusione manifestata dai Celona verso il precedente riferimento politico,
indicato in Francantonio Genovese, reo, a loro dire, di avere fatto promesse
elettorali poi non mantenute”, spiegano gli inquirenti. “L’amico mio si candida
al quartiere…, là a Santa Lucia… Lanfranchi”, comunicava Celona ai propri
interlocutori. Barrile: “Devi dire a Lanfranchi:… O ti candidi con Emilia, oppure non ti portiamo!”. Celona: “A
quest’ora io mi candidavo al quartiere e sfondavo là sopra… Mio padre all’epoca,
quando si è candidato, era con Genovese… Ce la facciamo Emilia?”. Barrile:
“Speriamo”. Triglia: “Vedi che qua già mi ha insultato per il fatto di Genovese”.
Celona: “Hai capito… è salito là sopra… hai capito cosa ha combinato? Cateno è
salito là sopra…”. Triglia: “Cateno De Luca!”. Barrile: “E non lo avete mandato
a fanculo?”. Celona: “Era al bar, fa le dirette…”. Abbate: “Va bene, fa
sceneggiate!”. Celona: “Arrogante un poco”. Abbate: “Però voglio capire una
cosa: viene là, giusto? Quanta gente c’è che lo aspetta?”. Celona: “Poca in
verità. Per me venti persone sono poche”. Abbate: “Neanche ci sono quelle venti
persone perché le ho viste, te lo dico io”. Barrile: “Ma tu sei pronto per
portare i voti?”. Celona: “Io sono sempre pronto! Perché io ora…”. Triglia: “Senti…
perché tu sei con… con Genovese!”. Celona: “Quando mi ha insultato al bar Freni…
al figlio di Genovese io glieli ho trovati i voti… ma vista la… Sono andato
pure da Francantonio… glielo ha portato mio nonno… Sono andato pure da
Francantonio con mio nonno! Non te l’ho detto? Sì, lo so ma… se mi faccio
vedere due volte, tre volte e poi mi prendi per il culo? L’altro giorno io mi
faccio vedere… Ma che fa suo figlio? Come si chiama?”. Triglia: “Luigi. Che
deve fare?”. Barrile, rivolgendosi a Celona: “Ma secondo te, dipende da me? Tu,
secondo te, io perché li ho mandati a fanculo? Tu pensa perché.. Secondo te
perché?”. Celona: “Perché ha sbagliato nei tuoi confronti…”. Barrile: “No, oppure?
Perché mi fa prendere impegni”. Celona: “Impegni che poi… non li concorda…”. Barrile:
“E quindi, io la faccia la metto?” Triglia: “No pure io, perché a me insultano
pure (…) Intanto tuo padre come sta?”. Celona: “Mio padre fino ad oggi era preoccupato…
Vuole chiudere un’altra volta, si è appellato al Ministero… A lui ed ad altri
due… E’ arrivata la Cassazione… va bene, a quelli che gli conviene… mio padre…
li buttano nell’immondizia… a quelli che fanno altre cose…”. Dalle
conversazioni registrate successivamente sull’utenza di Carmelo Triglia, gli
inquirenti ritengono che alla fine Diego Celona abbia accettato la proposta di
sostegno elettorale a favore della Barrile e “che la sua famiglia voglia
impegnarsi in favore dell’attuale Presidente del consiglio”.
Gli altri contatti pericolosi…
Nel corso della campagna per le
elezioni a sindaco, l’esponente politica (ex Pd, poi Forza Italia e infine
“indipendente” dopo la rottura con i Genovese padre e figlio) è entrata in
contatto pure con il noto pluripregiudicato Carmelo Prospero. “Il Prospero
annovera numerosi precedenti per i reati di furto aggravato, rapina, detenzione
e porto abusivo di armi, associazione finalizzata alla produzione e vendita di
sostanza stupefacenti, nonché associazione di tipo mafioso…”, riportano gli
inquirenti. “Lo stesso è stato indagato in stato di libertà nell’ambito del
procedimento penale scaturito dall’operazione
Arcipelago, che ha coinvolto capi e gregari del clan radicato nel quartiere
Giostra. Infine, in data 28 giugno 2006, il Prospero era tratto in arresto in
esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nell’ambito
dell’operazione San Matteo, poiché
ritenuto responsabile, unitamente ad altri numerosi soggetti del rione Giostra,
dei reati di associazione a delinquere (…) In atto risulta sottoposto alla
misura dell’affidamento in prova ai servizi sociali”. Ancora una volta, erano
sempre Emilia Barrile, Carlo Abbate e Carmelo Triglia a ricevere all’interno dell’ufficio
di Presidenza del consiglio comunale, il 10 aprile 2018, Carmelo Prospero e tale
Alessandro Ieni. Durante l’incontro, il Prospero comunicava alla Barrile la sua
intenzione di lasciare la propria abitazione popolare sita nel villaggio
Zafferia per trasferirsi in un’altra situata a Giostra. “Dal tenore e dalle
espressioni utilizzate dagli interlocutori, la richiesta di cambio di
abitazione avanzata da Prospero non appare del tutto lecita, atteso che lo
stesso avrebbe dovuto far risultare di fatto un nucleo familiare più numeroso”,
annotano gli inquirenti. “Una volta stabilite le modalità di presentazione
dell’istanza di cambio di abitazione, Emilia Barrile concordava con Prospero e
Alessandro Ieni di candidare la moglie di uno dei due nella propria lista”. La
proposta della Barrile veniva accolta favorevolmente da Carmelo Prospero. Due
giorni dopo, infatti, quest’ultimo tornava a Palazzo Zanca per incontrarsi con l’esponente
politica e il consigliere Abbate. “Carmelo Prospero, per un verso accettava di
candidare la moglie nella lista di Emilia Barrile e dall’altro continuava a
chiedere, attraverso Carmelo Triglia, notizie in merito alla vicenda che aveva
sollecitato al Presidente del Consiglio”, riportano gli inquirenti. Il 27 aprile
2018, Triglia veniva intercettato a colloquio con il pregiudicato. “Ora sono salito
a casa, vedi che quel foglio ce l’ha Emilia”, assicurava Triglia. E alla
domanda del Prospero se fosse riuscito a mettersi in contatto con la Barrile,
Triglia ribatteva: “Già ho parlato, perché lei è andata a Fondo Fucile (…) ce l’ha
lei”. Poi gli interlocutori si soffermavano a discutere sull’imminente
appuntamento elettorale. “Carmelo Prospero si lamentava per i pochi volantini che
aveva fatto stampare e di averli piazzati
subito e che potrebbe pagarli lui al posto del presidente del consiglio”,
scrivono gli investigatori. “Prospero però dichiarava al Triglia che occorreva
un incontro chiarificatore con Emilia Barrile atteso il fatto che lui in questa
campagna elettorale ci sta mettendo molto impegno”. Affermava il pregiudicato: “Compare,
tipo… se è una cosa a gioco questa cosa qua, perché se dobbiamo giocare compa… Noi
ci stiamo impegnando veramente… Compare, non è una presa per il culo, perché a
me mi passava per minchia dei voti e di tutte le cose, perché io non posso
neanche votare…. perciò mi passava per la minchia…”. E Triglia: “Domani abbiamo
la riunione alla quattro”. Prospero: “Compare, tu devi prendere un appuntamento
che dobbiamo parlare tra di noi, perché così non si può andare avanti… Prendi
un appuntamento domani che si libera mezz’ora e la dedica a noi che dobbiamo
parlare…”. Il 2 maggio Carmelo Triglia veniva intercettato ancora una volta a
dialogo con Carmelo Prospero. I due, inizialmente si soffermavano su un favore
che avrebbe ricevuto un amico di Prospero; successivamente, lo stesso si
informava sullo stato della sua pratica. “Senti una cosa Carmelo, ma quell’altro
foglio che ti ho portato, com’è? Sappiamo novità?”, domandava Prospero. “Ce l’ha
lei nella tasca, se la sta vedendo lei!”, lo tranquillizzava Triglia. Due
giorni dopo, il Prospero raggiungeva al telefono nuovamente il Triglia per
chiedere novità sulla pratica avviata. Triglia gli riportava la risposta
rassicurante della Barrile: “Ha detto di stare tranquillo… che niente…. poi te
lo dico di persona. Passa dalla segreteria… Ma tua moglia… Stai girando i
volantini tu?”. Prospero: “Certo compare! In tutti i posti… In tutti i posti… Compare,
vedi che ci tengo a questa cosa… Digli che ha anche un picc… Lei come si è
spiegata?”. Triglia: “Mi ha detto di stare tranquillo”.
“Dal complesso dei servizi di
intercettazione sono emersi, inoltre, peculiari rapporti tra Emilia Barrile e
Giuseppa Settimo, sorella del più noto Arcangelo Settimo che risulta annoverare
numerosissimi pregiudizi penali per i reati concernenti violazioni del testo
unico sugli stupefacenti, sulle armi, sequestro di persona, lesioni personali,
furto, resistenza a Pubblico ufficiale, evasione, ricettazione”, aggiungono gli
investigatori. “Lo stesso ha riportato la condanna alla pena di anni 3 di
reclusione e 3.000 euro di multa, a seguito dell’operazione Alcatraz. Con sentenza della Corte d’Appello di Messina
del 23 aprile 2009, Arcangelo Settimo è stato condannato alla pena di anni 7 di
reclusione e 32.000 euro di multa e libertà vigilata per anni 3 (operazione Albachiara). Lo stesso
attualmente è sottoposto al regime di semilibertà con scadenza il 29 maggio
2022”. Al vaglio degli inquirenti, ci sarebbero alcune intercettazioni
telefoniche sull’utenza di Emilia Barrile. In particolare, il 5 marzo 2018, l’esponente
politica veniva contattata da Serafina Delia detta “Sara” e da Giuseppa Settimo,
rispettivamente madre e sorella del pregiudicato, per risolvere un problema
abitativo del congiunto Arcangelo, apparentemente connesso ad una pratica comunale
di alloggi popolari. “C’è mio figlio Arcangelo a casa… che ha la semi liberta…
capito? Perciò dobbiamo parlare con te…”, spiegava Serafina Delia. “Eh gioia… Io
devo partire due giorni. Se facciamo sabato? Ti viene male?”, domandava
Barrile. E Delia: “Senti un po’… E quel fatto della casa… niente ancora?”.
Barrile: “Non ti preoccupare… Ci stiamo lavorando…”. Delia: “Non è che ci
pianti?”. Barrile: “Ti sto dicendo, ricordamelo sabato…”. Il 24 aprile, Emilia Barrile
veniva intercettata mentre discuteva con Giuseppa Settimo, sorella di Arcangelo,
della situazione che presumibilmente
era stata trattata nell’incontro avvenuto con ogni probabilità l’11 marzo precedente.
“Invero, Emilia Barrile invitava Giuseppa Settimo a portarle tutti i bollettini
dei pagamenti in suo possesso che forse erano stati smarriti da Maria (che non è escluso sia
identificabile nella sopra generalizzata Maria Denaro in servizio all’ufficio assegnazioni
case popolari del Comune di Messina)”, aggiungono gli inquirenti. “Dal tenore dei colloqui, emergeva inoltre
un risalente, costante impegno elettorale a favore della Barrile da parte di
Giuseppa Settimo e Serafina Delia. Nella stessa circostanza, Emilia Barrile,
che aveva appena assunto la decisione di candidarsi a sindaco di Messina,
cercava infatti di convincere l’interlocutrice ad accettare una sua candidatura
nella propria lista”. Giuseppa Settimo, impiegata presso il noto locale di
ristorazione “L’Ancora” (di cui è
titolare l’omonima società a responsabilità limitata avente quale unico socio
la Tourist Ferry Boat S.p.A., riconducibile al gruppo imprenditoriale
Franza-Genovese), declinava però l’invito “per la ventilata preoccupazione
di eventuali ripercussioni negative sul suo rapporto professionale con il datore
di lavoro”, anche se si impegnava a garantire l’appoggio elettorale alla
Barrile “già sperimentato in passate occasioni e derivante dall’impegno profuso
dalla sua intera famiglia. “Io non mi voglio candidare perché io voglio stare
in pace con tutti”, spiegava la Settimo. E Barrile: “Lo sa Pina che io e tu siamo andati casa per casa
con tua madre?”. Settimo: “Lo so, pure mia madre infatti… Comunque tu stai
tranquilla perché qualunque cosa io faccio…. Dico, l’appoggio tu ce l’hai
sempre perché io sinceramente a te ti conosco… e lo so infatti”. Barrile: “Porta
a Tonino giovedì. Vieni e così stabiliamo tutte le cose. Va bene?”. Settimo: “Okay,
ma deve venire pure mio fratello”. Barrile: “Per ora no, magari, perché poi
deve scegliere il Notaio e tutte cose…”.
Meno di una settimana dopo, Emilia
Barrile riceveva una nuova telefonata da parte di Giuseppa Settimo “nel corso
della quale quest’ultima la informava di aver contattato, come da lei suggerito,
la dipendente comunale Maria Denaro e di aver appreso che sulla definizione
della sua pratica incombeva un problema dovuto all’interdizione del fratello”.
“Io ho telefonato all’avvocato per informarmi e mi ha detto che questa cosa la
danno a tutti quelli che prendono una condanna superiore a sei anni…”, riferiva
Giuseppa Settimo. Poi chiedeva alla Barrile se in queste condizioni era
possibile fare la richiesta di sanatoria e
se poteva sostituirsi al fratello. “Ora vediamo, ne parliamo con lei… Va
bene, fammi parlare con Maria…”, rispondeva l’allora Presidente del consiglio
comunale. Poi le due si confrontavano sulle vicende scaturite dalla rottura
politica tra l’entourage della Barrile e la famiglia Genovese. “Poi io sono
andata là, però lui mi ha fatto capire che sarebbe più contento se mi candido”,
diceva Giuseppa Settimo, riferendosi verosimilmente ad un incontro avuto con l’ex
parlamentare Francantonio Genovese. “Emilia Barrile incalzava l’amica
chiedendole se avesse espressamente riferito all’interlocutore che non poteva
candidarsi per i problemi del fratello e che comunque non si sarebbe candidata
in quello schieramento”, riportano gli investigatori. “Giuseppa Settimo ribatteva
dicendo di avere rappresentato che non si sarebbe candidata per motivi legati
al proprio lavoro, aggiungendo: In questa
guerra mi state mettendo a me… Se resto senza lavoro mi sto a casa,
alludendo evidentemente al fatto che una mancata candidatura nello schieramento
di centro destra, supportato da Genovese, avrebbe potuto mettere a repentaglio
chiaramente per ritorsione politica il posto di lavoro presso l’Ancora”. “Va be’, non c’è problema… Non
ti lascia senza lavoro, non ti preoccupare”, rassicurava la Barrile. “Nooo e
poi, Pina, ti doveva mettere a tempo indeterminato, comunque…”.
Il
noto esercizio commerciale “L’Ancora”, sito sulla Rada San Francesco, di cui è
titolare il gruppo imprenditoriale Franza-Genovese, era divenuto una vera e
propria spina nel fianco della candidata a sindaco del Comune di Messina. In un
passaggio della nota informativa inviata dalla Questura di Messina alla
Direzione Distrettuale Antimafia il 14 agosto 2018 (agli atti del processo Terzo livello attualmente in svolgimento,
coimputata Emilia Barrile), riservato ai “rapporti” con l’ingegnere Francesco
Clemente (altro imputato eccellente di Terzo
livello), si legge che tra il Clemente e la Barrile “si registrano 265
contatti telefonici, comprensivi di sms e tentativi di chiamata; da una prima
non esaustiva disamina, le conversazioni hanno ad oggetto l’attività politica,
elezioni politiche del 4 marzo 2018 e elezioni comunali del 10 giugno 2018”. “In
una conversazione registrata il 14 febbraio 2018 – prosegue la nota - Barrile e
Clemente conversano dell’ex on. Francantonio Genovese (con il quale la Barrile
era in disaccordo politico per la mancata candidatura alle elezioni politiche).
Emilia Barrile, con tono alterato, racconta a Clemente che Genovese (appellato quel cesso), le avrebbe tolto il lavoro all’Ancora”.
“E questo è solo l’inizio..”, concludeva preoccupata la donna.
Articolo pubblicto con Enrico Di Giacomo in Stampalibera.it, il 29 aprile 2019, http://www.stampalibera.it/2019/04/29/i-documenti-inediti-emilia-barrile-e-quel-mercimonio-di-voti-in-cambio-di-case-popolari/
Commenti
Posta un commento