Da Sigonella in poi
La base siciliana è stata trasformata in uno dei maggiori centri del
pianeta per il comando e il controllo dei velivoli senza pilota. A partire dai
droni spia a quelli killer, cosa rappresenta oggi Sigonella?
Trump e Putin fanno sul serio? Siamo davvero tornati agli anni
della Guerra fredda USA-URSS? Difficile rispondere, ma il “gioco” tra le due parti
ha avuto l’effetto di rilanciare la corsa agli armamenti, primi fra tutti
quelli nucleari, cancellando con un colpo di spugna i faticosi trattati contro la
presenza dei missili atomici nel cuore dell’Europa. Di certo è che non c’è
giorno ormai che non si assista alle provocazioni dei velivoli spia
statunitensi alle frontiere occidentali della Russia, in Crimea e nel Mar Nero
o alle segretissime sortite dei droni sui cieli dell’Ucraina e del Donbass.
L’Italia a parole si appella alla distensione e di certo non
intende incrinare le relazioni con le transnazionali moscovite del gas e del
petrolio; tuttavia interpreta un ruolo chiave nel supporto delle
pericolosissime operazioni di guerra del fraterno alleato USA. Lo fa offrendo una
piattaforma di lancio ai nuovi grandi pattugliatori dell’US Navy P-8A “Poseidon”
o ai velivoli senza pilota “Global Hawk” che con le loro sofisticate
apparecchiature monitorizzano ogni millimetro quadrato di casa Russia. Per il
Pentagono la “piattaforma” ha un nome in codice: The Hub of the Med, il fulcro
del Mediterraneo, cioè la grande stazione aeronavale di Sigonella che sorge
a due passi dalla città di Catania, dove secondo gli accordi Roma-Washington,
un’ampia porzione è riservata all’uso esclusivo delle forze armate USA.
Da tempi remoti Sigonella ospita
permanentemente una forza aerea per tracciare il movimento navale e dei
sottomarini russi nel Mediterraneo e delle unità aeree e terrestri dislocate in
Siria. In queste settimane, nell’Hub of
the Med il via vai di droni, caccia, elicotteri e “Poseidon” è intensissimo.
Nelle acque del basso Tirreno, dello Ionio e del Mediterraneo centrale è in
corso una vasta esercitazione NATO dove si simula la caccia ai sottomarini
nucleari “nemici” (Dynamic Manta 2019). Giochi di guerra che trasformano
la Sicilia in un grande poligono di morte, confermando quanto sostenuto da
tempo dai pacifisti dell’Isola: Sigonella
è un vero e proprio cancro in metastasi che diffonde ovunque basi, presidi e
militarizzazioni. Le esercitazioni USA e NATO dalla stazione aeronavale si
propagano infatti alle sue dependance siciliane: il centro operativo USA di
Pachino; Niscemi (impianti di telecomunicazioni satellitare e terminale MUOS);
Augusta (porto di rifornimento di armi e gasolio per le unità da guerra e i
sottomarini nucleari); gli scali aerei di Catania-Fontanarossa, Trapani-Birgi,
Pantelleria e Lampedusa; i poligoni di Piazza Armerina e Punta Bianca
(Agrigento), ecc..
Sigonella è tutto questo ed è altro. La base ospita oggi ben 34 comandi
strategici con oltre 5.000 militari statunitensi; per importanza è il “secondo
più grande comando militare marittimo al mondo dopo quello del Bahrain”, come
spiega il Pentagono. L’area geografica d’intervento è imponente: dall’Oceano Atlantico al Mediterraneo,
dal continente africano all’Est
Europa, al Medio oriente e al Sud est-asiatico. Dal sanguinoso conflitto in
Vietnam non c’è stato scenario bellico in cui l’hub di Sigonella non ha
esercitato un ruolo centrale: contro la Libia di Gheddafi negli anni ’80; in
Libano nell’82; la prima e la seconda guerra del Golfo; i bombardamenti alleati
in Kosovo e in Serbia nel 1999 e quelli in Afghanistan, Iraq e Siria nel XXI
secolo; le campagne USA nelle regioni sub-sahariane e in Corno d’Africa; la
liquidazione finale del regime libico del 2011 e gli odierni ripetuti raid in
Cirenaica e Tripolitania con l’utilizzo dei famigerati droni-killer (nel solo
periodo compreso tra l’agosto e il dicembre 2016, nel corso dell’offensiva contro le milizie filo-ISIS presenti
nella città di Sirte, gli USA hanno effettuato ben 495 attacchi missilistici,
il 60% die quali grazie ai droni Reaper – falciatrici decollati in buna parte dalla Sicilia).
Negli ultimi anni la base siciliana è stata trasformata in uno dei
maggiori centri del pianeta per il comando e il controllo dei velivoli senza
pilota che hanno inesorabilmente modificato il senso stesso della guerra,
automatizzandola e disumanizzandola sempre più. A Sigonella operano i droni
spia e killer della marina e dell’aeronautica USA e da un anno circa anche l’UAS SATCOM Relay Pads and Facility per
le telecomunicazioni via satellite e le operazioni di tutti i velivoli senza
pilota della CIA e del Pentagono in ogni angolo della Terra. La facility consente la trasmissione dei
dati necessari ai piani di volo e di attacco dei nuovi sistemi di guerra,
operando come “stazione gemella” del sito tedesco di Ramstein e del grande
scalo aereo di Creech (Nevada). Entro l’estate 2019 a Sigonella diverrà
operativo pure il sofisticato sistema di comando, controllo ed intelligence AGS
(Alliance Ground Surveillance) della
NATO, il programma più costoso della storia dell’Alleanza atlantica. L’AGS si
articolerà in stazioni di terra fisse, mobili e trasportabili per la
pianificazione e il supporto operativo alle missioni, più una componente aerea
con cinque Global Hawk di ultima
generazione.
Determinante pure il ruolo assunto nell’ambito dei programmi di
supremazia nucleare degli Stati Uniti d’America. Segretamente, senza che mai il
governo italiano abbia ritenuto doveroso informare il Parlamento e l’opinione
pubblica, nel 2018 è entrato in funzione a Sigonella la Joint Tactical Ground Station (JTAGS), la stazione di ricezione e
trasmissione satellitare del sistema di “pronto allarme” per l’identificazione
dei lanci di missili balistici da teatro con testate nucleari, chimiche,
biologiche o convenzionali. Una specie di scudo
protettivo tutt’altro che difensivo: grazie al controllo “preventivo” di
ogni eventuale operazione missilistica “nemica” diventa praticabile scatenare
il primo colpo nucleare evitando o
limitando la ritorsione avversaria e dunque i pericoli della cosiddetta “Mutua
distruzione assicurata” che sino ad oggi ha impedito l’olocausto atomico
mondiale. Inoltre dal maggio 2001 nella base siciliana è stata trasferita una
delle 15 stazioni terrestri del Global HF
System, il sistema di comunicazioni in alta frequenza creato dalla US Air
Force per integrare la rete del Comando aereo strategico e assicurare il
controllo su tutti i velivoli e le navi da guerra. Uno degli aspetti più rilevanti del sistema GHF è quello relativo alla
trasmissione degli ordini militari che hanno priorità assoluta, primi fra tutti
i messaggi SkyKing che includono i
codici di attacco nucleare.
Anche l’Unione europea e le agenzie per il controllo delle
frontiere hanno puntato su Sigonella per potenziare le proprie attività di
controllo e contrasto armato delle migrazioni nel Mediterraneo. Nella base
siciliana sono stati dislocati infatti le unità e i velivoli con e senza pilota
impiegati nell’ambito della forza aeronavale EunavforMed (Operazione Sophia); dal settembre 2013, lo scalo siciliano fornisce
inoltre il supporto tecnico-operativo ai diversi assetti di Frontex provenienti
da alcuni paesi Ue (Operazione Triton). Anche
l’Aeronautica italiana ha contribuito attivamente nella trasformazione di
Sigonella in base strategica della nuova guerra totale ai migranti e alle
migrazioni. Qui è stato costituito in particolare il 61° Gruppo Volo Ami,
dotato di droni MQ-1C “Predator”, allo scopo di “consolidare e rafforzare il
dispositivo di sicurezza nazionale per l’attività di sorveglianza nell’area del
Mediterraneo”. Da un anno anche il 41° Stormo Antisom di Sigonella ha un suo
nuovo sistema d’arma ultratecnologico: il pattugliatore marittimo
ognitempo P-72A che gli strateghi sperano di utilizzare presto a supporto
delle proiezioni a tutto campo delle forze armate italiane. Dulcis in fundo,
nella stazione siciliana è stato istituito lo Squadrone Carabinieri
Eliportato Cacciatori Sicilia con un
ampio ventaglio di funzioni: “l’antiterrorismo, la ricerca dei grandi latitanti
di Cosa Nostra, la prevenzione e la repressione dei reati, il concorso nel
soccorso in caso di pubbliche calamità, ecc.”. Interventi che riproducono
quella nuova condizione di hot peace, cioè
il “trasferimento di competenze dal settore civile alle istituzioni militari” ampiamente
descritto dalla ricercatrice tedesca Jacqueline Andres Carlo in un suo recente saggio su The Hub of The Med. Una letterua della
geografia militare statunitense in Sicilia (editore Sicilia Punto L). “Operazioni diverse dalla
guerra, ma che nei fatti sono vere e proprie nuove forme e azioni di guerra
sotto i comandi delle forze armate italiane, Ue, USA e NATO”, spiega Andres
Carlo. “Così come l’avanzamento della guerra all’immigrazione irregolare fino
alle misure prese nei confronti del terrorismo marittimo ha avuto come
ulteriore conseguenza l’assoggettamento dell’intero Mediterraneo alle politiche
di securizzazione e sorveglianza quasi assoluta degli spazi pubblici…”.
Sigonella si erge ad emblema delle moderne dottrine sui conflitti:
globali, totalizzanti, onnicomprensivi, dove il “nemico” è ovunque e può essere
chiunque. Dove gli spazi di espressione, libertà e agibilità politica degli
stessi cittadini si riducono a zero e il pianeta accelera la sua folle corsa
verso il baratro e l’annientamento di ogni forma di vita.
Commenti
Posta un commento