Segretissimo. Gli USA rinunciarono a lanciare un Cruise da Comiso e la NATO litigò sul nucleare
L’8 dicembre 1987 l’allora Presidente degli Stati Uniti d’America Ronald Reagan e il Capo di Stato sovietico Mikhail Gorbachev firmavano a Washington lo storico trattato INF per eliminare le armi nucleari a medio raggio installate in Europa, compresi i missili da crociera Cruise che l’US Air Force aveva dislocato nella base siciliana di Comiso, Ragusa. Nell’estate 1989 la popolazione della Germania dell’Est si sollevò contro il regime: seguirono repentinamente la caduta del Muro di Berlino e, il 3 ottobre 1990, la riunificazione della Germania, sino al collasso del Patto di Varsavia e della stessa URSS.
Furono anni estremamente complessi in cui si acuirono le
frizioni politico-militari pure all’interno dell’Alleanza Atlantica, specie per
le contrastanti visioni in tema di utilizzo delle armi nucleari. Ad inasprire
gli animi contribuì particolarmente un’esercitazione militare che la NATO
svolse dal 24 febbraio al 9 marzo 1989, dopo cioè la firma del trattato INF e
solo qualche mese prima dal terremoto che avrebbe modificato le carte
geografiche dell’Europa centro-orientale.
Denominata Wintex-Cimex ’89 (Winter Exercise and Civil-Military Exercise),
l’esercitazione aveva come fine quello di simulare la risposta alleata in
ambito terrestre, navale ed aereo a seguito di un attacco da parte delle forze
militari orange (URSS e paesi membri
del Patto di Varsavia) contro la Germania Ovest, l’Italia nord-orientale e la
Turchia, con tanto di utilizzo di armi nucleari da primo e secondo colpo
(bombardieri strategici, sistemi missilistici a medio raggio e obici a corto
raggio).
Quelli che dovevano essere
dei giochi di guerra di routine (Wintex-Cimex
si teneva in Europa sin dalla metà degli anni ’60), generarono tuttavia un
conflitto tra alcuni dei principali attori: da una parte Stati Uniti e Gran
Bretagna, per nulla preoccupati a ricorrere all’uso massivo del nucleare anche
all’interno degli stessi confini NATO; dall’altra la Germania del cancelliere
Helmuth Kohl, convinto dell’improcrastinabilità del processo di riunificazione
con i cugini dell’Est e dell’insostenibilità
di una guerra nucleare “limitata” con la DDR.
A rendere ancora più critiche
le relazioni interalleate, le prese di posizione di alcuni paesi nordeuropei
sempre meno convinti dell’uso del nucleare o della Turchia, scontenta
dell’atteggiamento dei partner europei poco propensi a spendersi a suo favore durante
l’aggressione – simulata – delle truppe sovietiche. Fu l’edizione del 1° maggio
1989 del settimanale tedesco Der Spiegel a
rivelare al grande pubblico i contorni di una delle crisi più drammatiche
vissute in ambito NATO: USA e Regno Unito avevano deciso di sganciare tre
testate nucleari in Germania Orientale per contro-arrestare l’avanzata
dei carri armati del Patto di Varsavia, più un secondo round con il lancio di
armi nucleari tattiche in territorio tedesco occidentale. Queste opzioni non concordate con
Bonn, avevano fatto infuriare il cancelliere Helmut Kohl.
L’esercitazione aveva prefigurato uno scenario shock:
devastazione del territorio delle due Germanie e di parte dell’Europa centrale
e un impressionante numero di morti tra la popolazione civili. Per questo le
autorità tedesche avevano abbandonato per protesta il centro di comando di
Wintex-Cimex, formalizzando in seguito una richiesta di revisione delle
dottrine nucleari NATO sulla risposta
flessibile e sell’eventuale uso delle testate a corto raggio sul proprio
territorio. Quel che è certo è che l’edizione 1989 fu l’ultima maxi-esercitazione
inter-alleata di questo genere poiché gli scenari simulati “erano divenuti sempre
più anacronistici e improbabili”, come avrebbe spiegato il Comando NATO nel
maggio 1990.
L’Italia e le tre scimmiette. Non
vedo, con sento, non parlo…
Le rivelazioni di Der
Spiegel sullo scontro vissuto a Bruxelles nell’inverno che precedette il
crollo del Muro di Berlino furono riportate in Italia dal Corriere della Sera il 12 maggio 1989 e, il giorno successivo, da la Repubblica. “Una storia vecchia sulla
quale non ci sono dichiarazioni da fare”, fu il laconico commento della
Farnesina che smentì di “aver battuto i pugni sul tavolo” in sede NATO, come
invece era stato riferito dal Corriere.
“Ignoriamo chi possa aver fatto ricorso ad una simile immagine”, aggiunse
l’ufficio stampa del Ministero degli Affari Esteri.
Due documenti per decenni top secret, rinvenuti nell’archivio
personale del sette volte Presidente del Consiglio Giulio Andreotti (al tempo
di Wintex-Cimex ministro degli esteri) - archivio donato nel 2007 alla Fondazione
“Luigi Sturzo” di Roma - evidenziano un quadro del tutto differente: l’Italia
ebbe molto da ridire infatti sulle finalità e i metodi con cui furono condotti
i giochi di guerra nucleari e a
Washington ci fu persino chi pensò in un primo tempo di utilizzare come arma da
first strike i missili Cruise di
Comiso.
I due documenti sono consultabili on line nel Wilson Center
Digital Archive di New York che ha sviluppato un progetto di ricerca sulla Storia della Guerra Fredda anche in collaborazione
con l’Università Roma Tre. Il primo di essi è una lettera (classificata segreta) inviata il 10 marzo 1989 al
ministro degli Affari Esteri Andreotti dall’allora Rappresentante permanente
d’Italia presso il Consiglio Atlantico, l’ambasciatore messinese Francesco
Paolo Fulci (poi segretario generale del CESIS – Comitato per la sicurezza e l’intelligence).
“Signor Presidente, l’esercitazione Wintex
Cimex ’89, durata 2 settimane, si è conclusa senza la tradizionale comunicazione
degli Stati Uniti agli Alleati che il leader del blocco Orange aveva chiesto la pace, costretto a prendere atto che la
strategia NATO della deterrenza si era rivelata efficace”, esordiva il
diplomatico. “Questa conclusione anomala, al di là della finzione esercitativa,
affonda le sue radici in una realtà sospettata da qualche tempo, che la Wintex
ha messo a nudo. Se lo scopo della esercitazione era la verifica delle
procedure di consultazione interalleata, nella realtà – specie nella fase
nucleare – i paesi hanno finito col partecipare al giuoco, adottando
atteggiamenti dettati da preoccupazioni politiche reali e contingenti”.
“In altre parole – aggiungeva Francesco Paolo Fulci - la
Wintex si è trasformata in una sorta di prova generale del funzionamento della
strategia della risposta flessibile, ciò che costituisce una contraddizione in
termini: la deterrenza nucleare, infatti, è troppo legata a percezioni del
malaugurato momento reale per ammettere ripetizioni in astratto. Anzi, più la
deterrenza perde i necessari contorni di
incertezza ed ambiguità, meno diventa credibile”.
La Sicilia come una
grande portaerei nucleare
Nella sua missiva, il rappresentante italiano alla NATO descriveva
i problemi e le diffidenze interalleate sorti nel corso dei giochi di guerra, rivelando altresì che era
intenzione dei vertici militari, inizialmente, di simulare un attacco in
territorio sovietico con i missili nucleari installati in Sicilia. “Il primo
punto controverso è sorto allorché è stato ipotizzato di colpire, nel corso del
primo uso nucleare, obiettivi sul territorio dell’URSS e non solo in quello dei
satelliti”, scriveva Fulci. “In questa circostanza, gli Stati Uniti si sono
sottratti a tale onere (ciò che ci ha a nostra volta esentati, essendo stato
previsto l’impiego di un Cruise da Comiso…), cui la Gran Bretagna non ha voluto
invece rinunziare. A nulla sono valsi gli appelli di alcuni europei per un
immediato e più forte segnale di coinvolgimento degli USA, a sottolineare la
indissolubilità della sicurezza transatlantica. Washington ha invece accettato
di partecipare all’attacco all’URSS con le proprie armi spiegate in Europa solo
nel secondo uso (il cosiddetto follow-on)”.
“Il secondo problema è scaturito dalle modalità di impiego
delle armi a raggio più corto. Il loro utilizzo era stato previsto dal SACEUR (il
Comando Supremo delle Forze Alleate in Europa, nda), nel secondo uso nucleare, caratterizzato da obiettivi di
contrasto militare e non solo di deterrenza. I tedeschi, che avevano già
deplorato la collocazione di un numero relativamente elevato di obiettivi sul
territorio della Germania Orientale, hanno poi protestato vivamente allorché si
sono accorti che lo stesso SACEUR aveva previsto l’impiego di artiglierie
nucleari sul territorio della RFG (e – aggiungo – della Turchia). E per
sottolineare che il loro disappunto non si limitava alla finzione esercitativa,
il governo ha ritirato – a quanto dettoci in via molto confidenziale – il
Segretario di Stato alla Difesa che dirigeva il Centro decisionale di Bonn, affidando la
partecipazione tedesca alla parte finale della Wintex solo a funzionari. I
tedeschi sono poi riusciti, con un artifizio dell’esercitazione, a far
eliminare due obiettivi sul loro territorio. Ciò che ha lasciato scoperta la
Turchia il cui Rappresentante Permanente ha presentato una protesta formale,
lamentando che, solo nel caso turco, l’opinione del Paese più direttamente
coinvolto nell’operazione non sarebbe stata tenuta in debito conto, così come
invece prescritto dalle General Political
Guideliness sul nucleare”.
Le tensioni interalleate non si erano poi lenite. “In
sostanza, quindi, l’Alleanza ha dovuto constatare quanto sarebbe problematico –
nella realtà – l’uso delle armi nucleari corte, specie sul territorio
occidentale e della Germania Est”, aggiungeva Francesco Paolo Fulci. “Ciò è
stato stigmatizzato senza equivoci dal Rappresentante Permanente americano, che
ha denunciato l’atteggiamento europeo come un intrinseco elemento di debolezza
della strategia della risposta flessibile. In effetti, la fascia bassa di tale strategia
non ha potuto trovare applicazione e vi è chi pensa – americani in testa – che
un pezzo dell’attuale dottrina alleata sia andato perduto, con conseguenze non
facilmente prevedibili, almeno sin quando permarranno gli attuali equilibri
convenzionali in Europa”.
Dulcis in fundo le timide aspirazioni di denuclearizzazione
manifestate da alcuni paesi NATO del nord Europa. “La Norvegia non ha
comunicato alcuna disponibilità ad ospitare, nemmeno in tempo di guerra, armi
nucleari e la Danimarca lo ha fatto solo tardivamente, in relazione al secondo
uso”, riferiva l’ambasciatore messinese. “Ciò accresce gli interrogativi sulla
solidarietà effettiva che verrebbe da questi Alleati – sempre in prima linea
quando si tratta di ottenere vantaggi e posti – in caso di malaugurata
necessità. Il collega danese ha ritenuto peraltro di rendermi vista per
chiarire la posizione del suo governo ed assicurare che – in caso di ostilità –
la Danimarca parteciperebbe pienamente alla difesa comune. Ho ritenuto
opportuno, Signor Presidente, metterLa personalmente al corrente di queste
valutazioni dato l’evidente travaso tra finzione e realtà, e vista la morale
che se ne può trarre in una materia in cui – come ha ricordato a fine
esercitazione Woerner (Manfred Hermann Woerner, segretario generale della NATO
dal 1988 al 1994, nda) – l’ultima
parola spetterebbe sempre comunque alle Potenze nucleari”.
Il fallimento delle farneticanti
dottrine nucleari NATO
Il secondo documento, molto più lungo, rinvenuto nell’archivio
digitale del Wilson Center di New York, è la nota prodotta il 2 maggio 1989 dalla
Direzione Generale degli Affari Politici – Ufficio 4 NATO del Ministero degli Affari
esteri, titolo L’Esercitazione
Wintex-Cimex ’89 nei suoi aspetti nucleari: andamento, peculiarità ed
implicazioni, classificata “riservatissimo”.
“Come d’uso i competenti organi collegiali della NATO
produrranno, nelle prossime settimane, una Relazione che farà il punto
sull’andamento complessivo dell’esercitazione e sugli ammaestramenti da trarne”,
esordiva l’estensore. “Nel frattempo, non sono mancate occasioni per scambi di
vedute e riflessioni a caldo, tanto in sede nazionale che interalleata (con specifico
riferimento alle tematiche nucleari), che consentono di formulare un certo
numero di osservazioni su taluni significativi risvolti ed implicazioni
politico-militari che hanno caratterizzato l’esercitazione in parola”.
“Wintex-Climex si svolge regolarmente ogni due anni, con una
durata di circa due settimane, sulla scorta di un complesso scenario di crisi
politica e bellica la cui caratteristica fondamentale non consiste tanto nella
verosimiglianza, quanto piuttosto della possibilità che, sulla scorta di
siffatto schema, posa essere sperimentata e verificata la vasta gamma di
delicate e complesse procedure operative e consultive interatlantiche – di
natura politica e militare – che l’Alleanza sarebbe indotta ad applicare nella
malaugurata ipotesi di un conflitto, conseguente all’avvenuta aggressione di
uno o più Paesi membri della NATO da parte di forze nemiche. Va in proposito
chiarito che lo scenario dell’esercitazione è di natura estremamente rigida, nel senso che quasi tutto è
dettagliatamente predisposto, e che i margini lasciati al cosiddetto giuoco libero di iniziativa dei
partecipanti risultano particolarmente ristretti, come è normale che avvenga
nel contesto di un’esercitazione che persegua mere finalità di ampia
sperimentazione degli aspetti procedurali di un conflitto. In particolare, ciò
vale anche per la fase di consultazione nucleare, ove il ricorso al primo,
nonché al secondo impiego dell’arma nucleare, era stato predeterminato dai
paesi membri in sede di definizione del cosiddetto concetto nucleare da sperimentare proceduralmente in occasione
della Wintex ’89. Ne consegue che la possibilità di dissensi non potevano che
riferirsi alle specifiche modalità secondo cui le istanze militari proponevano
che venisse data di volta in volta concreta applicazione alle ipotesi di
massima già predisposte all’unanimità dai Paesi membri”.
Tra gli alleati del Patto Atlantico, il passaggio dal mero
gioco di ruolo – comunque irresponsabile dato che in ballo c’erano le stesse possibilità
di sopravvivenza del pianeta - al vivere una situazione reale, diveniva consequenziale
sino a sfociare nel dramma. “A rendere più visibile e marcata questa tendenza
ha anche contribuito nel corso degli ultimi anni – e più particolarmente
nell’edizione ’89 della Wintex – il fatto che, a dispetto del carattere
altamente riservato in cui essa viene di volta in volta predisposta e giuocata, le fughe di notizie sui suoi
contenuti e svolgimenti sono andate facendosi sempre più frequenti, ampie e
sistematiche, con il risultato di far spesso apparire sulla stampa internazionale
anche il dettaglio dei più delicati aspetti dell’esercitazione”, prosegue la
nota della Direzione generale del MAE. “La Wintex ha quindi finito per vedersi
attribuiti significati e funzioni radicalmente diversi da quelli, di natura
meramente sperimentale e procedurale, per i quali è stata sin dalle origini
esclusivamente concepita”.
“La tendenziale confusione tra finzione e realtà è quindi
andata crescentemente affermandosi nelle scelte e negli atteggiamenti di molti
Governi alleati impegnati nell’esercitazione, raggiungendo nel 1989 un
carattere di quasi completa identità,
specie nella fase di consultazione
nucleare interalleata che ha preceduto le scelte sulle modalità del ricorso
all’arma atomica da parte della NATO; scelte che – va peraltro ricordato –
lasciano sempre e comunque l’ultima parola alle sole Potenze nucleari. Una
prima dimostrazione di siffatto, evidente travaso tra finzione e realtà,
si è avuta allorché è stato ipotizzato
dal SACEUR di colpire – nel quadro di un primo
ricorso all’uso nucleare – obiettivi situati sul territorio dell’URSS
oltreché su quello di Paesi satelliti. In quella circostanza, gli Stati Uniti
si sono sottratti a tale onere (ciò che, del resto, ha fatto venir meno la
prevista utilizzazione di un missile americano Cruise basato a Comiso), mentre
la Gran Bretagna non ha rinunciato ad utilizzare un proprio sistema nucleare. A
nulla sono valsi gli appelli di alcuni europei per un immediato e più forte
segnale politico, di diretto impiego nucleare degli USA nei confronti del Paese
primo responsabile dell’aggressione, onde meglio sottolineare la indissolubilità
del legame di sicurezza transatlantico. Washington non ha accettato di
partecipare all’attacco sull’URSS con le proprie armi spiegate in Europa in
occasione del primo impiego,
giudicando tale ipotesi troppo escalatoria
nella circostanza”.
Nella sua nota al governo, l’ufficio NATO della Farnesina
forniva altri particolari inediti sui war games nucleari di fine inverno 1989. “Una
seconda e più significativa dimostrazione si è avuta, in prossimità della
conclusione dell’esercitazione, in sede di consultazione sull’ipotesi di un secondo ricorso alleato all’impiego
dell’arma nucleare”, specificava l’estensore. “Un’ipotesi, anche questa, sempre
contemplata a scopo procedurale, nel presupposto che il precedente primo impiego, effettuato in chiave
selettiva su obiettivi militari esclusivamente situati su territori del Patto
di Varsavia, non avesse ottenuto l’effetto auspicato, cioè quello di convincere
l’aggressore della ferma determinazione atlantica a salvaguardare la propria
integrità territoriale facendo persino ricorso all’arma nucleare ed induce
dolo, perciò, a cessare l’aggressione e a ritirarsi”.
“Tale fase di consultazione nucleare sull’ipotesi di secondo
impiego si è basata sulle pertinenti richieste del SACEUR, caratterizzate da un
duplice aspetto: da un lato, una
naturale accentuazione quantitativa – pur sempre selettiva – nell’impiego
nucleare sui territori del Patto di Varsavia, allo scopo di inviare, in chiave
militare, un più incisivo messaggio
politico sulla determinazione atlantica a scalare ulteriormente, nel
ricorso al nucleare, qualora l’aggressione non venisse a cessare (a tale
riguardo, va ricordato che i tedeschi hanno vivamente deplorato la collocazione
di un numero relativamente alto di obiettivi sul territorio dei fratelli
separati della Germania orientale); dall’altro lato, un ricorso anche
all’impiego di armi nucleari tattiche, nei confronti delle unità mobili nemiche
di primo e secondo scaglione, nell’intento di bloccarne l’ormai incontenibile
avanzata, sia in prossimità che all’interno dei territori alleati oggetto
dell’aggressione. A tale ultimo riguardo, la consultazione nucleare alleata è
stata perciò confrontata anche alla richiesta del SACEUR di sperimentare le
procedure relative ad un sia pur limitato impiego di armi nucleari tattiche
(artiglieria) sul territorio stesso di due Paesi alleati già invasi (la RFG e
la Turchia), in omaggio all’esigenza di impiegare il nucleare con finalità,
oltreché di deterrenza, anche di diretto contrasto militare”.
Strategia barbaramente cinica quella dei vertici militari dell’Alleanza:
testare l’olocausto nel cuore d’Europa pur di rallentare l’avanzata dei tank
nemici e non individuare processi politico-diplomatici alternativi e
sostenibili. “A tale prima ipotesi la RFG si è strenuamente opposta, ottenendo
per parte sua una revisione della richiesta del SACEUR in virtù di un artificio
palesemente sollecitato da Bonn, ovvero l’improvviso reperimento di forze di
riserva, da opporre efficacemente al nemico senza il ricorso alle artiglierie
nucleari”, aggiungeva la Farnesina. “Per ottenere tale risultato, e
sottolineare che il proprio disappunto non si limitava alla finzione
esercitativa, Bonn ha addirittura ritirato dalla direzione del Centro
Decisionale Nazionale dell’esercitazione il proprio Segretario di Stato alla
Difesa, affidando a soli funzionari la partecipazione tedesca alla parte finale
della Wintex. Per parte sua la Turchia, oltre ad opporsi al pari della RFG alla
richiesta avanzata dal SACEUR, ha formalmente protestato, successivamente
all’esercitazione, per il fatto che, in contrasto con il dettato delle Direttive Politiche Generali
sull’impiego nucleare, secondo cui va tenuta in debito conto l’opinione del
Paese più direttamente coinvolto, l’ipotesi di impiego nucleare sul territorio
turco fosse stata mantenuta, allorché tale sorte era stata invece risparmiata
alla RFG. In buona sostanza, l’Alleanza ha soprattutto constatato, attraverso la
Wintex ’89, quanto sarebbe problematico, nella realtà, il ricorso all’impiego
delle armi nucleari di corta portata (SNF), specie se utilizzate contro
obiettivi posti nel territorio della RFG o della RDT. Ciò è stato stigmatizzato
da parte degli USA, che hanno denunciato in siffatto atteggiamento europeo un
intrinseco elemento di debolezza alla risposta
flessibile”.
“D’altro canto, questa situazione serve anche a spiegare
emblematicamente per qual motivo la RFG persegua con il ben noto accanimento il
duplice motivo: della negoziabilità delle SFN, onde ridurne il
numero e, perciò, le probabilità di un loro ipotetico impiego sul proprio
territorio o su quello della RDT in caso di conflitto; del massimo allungamento consentito nella gittata di quelle residue che
dovessero essere modernizzate (la terza
opzione zero è pregiudizialmente rifiutata da tutta l’Alleanza), onde
creare i presupposti per uno scavalcamento
dei territori tedeschi, nella pur remota ipotesi di un impiego delle SFN in
conflitto (…) Non a caso, la Wintex ’89 si è conclusa senza la tradizionale
comunicazione degli Stati Uniti agli alleati, secondo cui il leader del blocco
aggressore aveva chiesto la pace, costretto a prendere atto che la strategia
atlantica della deterrenza si era rivelata efficace. Tale anomala conclusione,
al di là della finzione esercitativa, è stato il riflesso dei dubbi e delle
diffidenze che serpeggiano ormai tra alleati attorno alla credibilità della
strategia della risposta flessibile…”.
By by Cruise…
Wintex ’89, dunque, aveva sancito il totale fallimento delle
dottrine nucleari su cui si erano formati per decenni gli strateghi - dottor
Stranamore della NATO e che avevano comportato l’investimento di ingentissime
risorse finanziarie per riempire gli arsenali di armi capaci di distruggere per
venti volte il pianeta. Alla perdita di credibilità
di una guerra atomica “limitata” e localizzata in Europa centro-orientale, aveva
contribuito certamente il diverso quadro geo-politico globale post Trattato INF
del 1987 e il graduale miglioramento delle relazioni USA-URSS.
Sia Francesco Paolo Fulci e l’Ufficio NATO della Direzione
generale del MAE rivelavano come nonostante i piani pre-fissati, Washington aveva
deciso di rinunciare al first strike
contro un obiettivo sovietico con un missile Cruise di Comiso. Ciononostante la
Sicilia ebbe un ruolo chiave per lo svolgimento di Wintex-Cimex: il report
sulle attività annuali 1989 (classificato confidenziale
e desecretato il 28 aprile 2000) del Comandante dell’Helicopter Combat Support Squadron Four, David Smania, documentava
che le unità dello squadrone di US Navy di stanza a NAS Sigonella erano state trasferite
il 24 febbraio 1989 nella base di Araxos (Grecia) per “supportare l’esercitazione
Wintex-Cimex”. Le stesse unità venivano dislocate dal 28 febbraio all’1 marzo nella
grande base aeronave di Souda Bay (Creta) e dall’1 all’11 marzo ad Antalaya in
Turchia.
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