Quelle dispendiose deportazioni aeree in Georgia di pochi migranti “irregolari”
Ci siamo inventati di tutto in questi anni per armare
e militarizzare le frontiere nazionali e quelle esterne Ue: le “invasioni” di
migranti albanesi, tunisini, libici e subsahariani
o le “infiltrazioni” di terroristi e foreign
fighters tra i profughi in fuga dagli inferni di Iraq, Afghanistan e Corno
d’Africa. Adesso scopriamo che in Italia è emergenza
immigrati georgiani per cui è indispensabile
e improrogabile avviare dispendiosissimi voli di rimpatrio in un paese al
centro di una drammatica crisi politica, sociale ed economica.
Situata nella regione caucasica meridionale e
affacciata sul Mar Nero, la Georgia ha poco meno di quattro milioni di abitanti
ma un numero record di sfollati interni, 290.000 secondo l’UNHCR
(l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite), dopo i sanguinosi
conflitti russo-georgiani del 1992-93 e del 2008 per il controllo dell’Abkhazia
e dell’Ossezia del Sud. Pulizie e discriminazioni “etniche” e violazioni dei
diritti umani sono all’ordine del giorno ma poco importa a governi e media
occidentali: la Georgia è un avamposto chiave per le operazioni NATO di
“contenimento” della Federazione Russa e a Bruxelles in tanti spingono per una
piena adesione delle forze armate di Tbilisi nella settuagenaria alleanza
politico-militare anti-Russia e anti-Cina.
Gli immigrati regolari
georgiani in Italia sono poco più di 15.000 (con una presenza di quasi l’80% di
donne), appena lo 0,3% dei cittadini stranieri residenti. Del tutto irrisori
anche i dati sui tentativi di ingresso “illegale” in Italia dei georgiani:
appena il 4,8% del totale di essi attraverso le frontiera aeree (Rapporto Immigrazione 2020 di Caritas e
Migrantes). Ciononostante per la Direzione Centrale dell’Immigrazione e della
Polizia delle Frontiere del Ministero dell’Interno, le deportazioni degli
“irregolari” georgiani sono una priorità strategica, alla pari di quelle verso
la Tunisia o l’Egitto del dittatore Al Sisi. Nei primi otto mesi del 2021 la
Polizia di Stato ha noleggiato ben otto aerei per il rimpatrio manu militari di
migranti georgiani. Quanti sono stati? Non più di una quarantina, come dire una
media di cinque “passeggeri” per aereo, pagando però una somma del tutto
sconsiderata, 254.030 euro, e solo per tratte comprese tra Roma Fiumicino ad
alcuni scali tedeschi. Sì, perché è in
Germania che sono stati condotti i georgiani “per la successiva connessione ad
operazione congiunta organizzata”, come riportano i decreti di affidamento dei servizi di rimpatrio a firma del
direttore della direzione immigrazione del Viminale, prefetto Massimo Bontempi.
Conti alla mano, il ticket dei viaggi d’espulsione Italia-Germania è costato al
contribuente italiano più di 6.200 euro per ogni migrante georgiano, a cui bisogna
poi aggiungere i costi per il loro transfert dai centri di reclusione allo
scalo di Fiumicino e le spese di missione internazionale di non meno di 180
agenti di polizia incaricati dei servizi di scorta e accompagnamento.
Le operazioni di rimpatrio
sono stati effettuati l’11 febbraio (volo Roma-Lipsia, 3 georgiani); il 25
marzo (ancora Roma-Lipsia, 5 migranti); l’8 aprile e il 6 maggio (destinazione Dusseldorf,
11 georgiani); 20 maggio (Berlino, 5); 10 giugno e 1 luglio (Lipsia, 13); 12
agosto (Monaco di Baviera, 6). Ad aggiudicarsi gli affidamenti dei trasporti
sempre e solo due aziende, la P.A.S. Professional Aviation Solution S.r.l. e la
Air Partner S.r.l., entrambe con sede a Milano, le stesse che stanno facendo
affari milionari con i numerosissimi voli charter di rimpatrio dei migranti
“irregolari” in Tunisia e in Egitto e per i trasferimenti aerei in territorio
italiano degli “ospiti” dei centri permanenti moltiplicatisi in tutto il paese.
La “riammissione” in Georgia
via Germania di cittadini georgiani “illegalmente in Italia” è legittimata -
secondo il Viminale e la Polizia di Stato – da uno specifico accordo sottoscritto
il 22 novembre 2010 dall’Unione europea e dalle autorità dello stato caucasico,
poi approvato dal Parlamento europeo e ratificato dal Consiglio Ue il 18 gennaio 2011. L’Accordo consente “procedure
rapide ed efficaci per l’identificazione e il rimpatrio ordinato e sicuro di quanti non soddisfano le condizioni
di ingresso, presenza o soggiorno nel territorio della Georgia o di uno degli
Stati membri dell’Unione europea”. In particolare sono previsti tempi
ridottissimi (massimo tre giorni) per il rilascio da parte delle rappresentanze
diplomatiche georgiane dei documenti di viaggio per le persone di cui è stata
richiesta l’espulsione e il rimpatrio “non volontario”. Procedure che lasciano
davvero assai poco spazio alle tutele giuridiche, all’opposizione legale contro
i decreti di espulsione o a possibili e più che giustificate richieste di
protezione internazionale e asilo.
La
Georgia non è solo un paese costantemente sull’orlo dello scontro militare con
la Russia per riaffermare il principio dell’integrità
territoriale di Abkhazia e Ossezia del Sud. Si tratta
anche di un paese dove si fanno sempre più gravi le repressione e le violazioni
dei diritti umani. “In Georgia permane la mancanza di responsabilità per gli
abusi delle forze dell’ordine”, scrive Human Rights
Watch nel suo rapporto 2020. “Si registrano minacce alla libertà di stampa, una
politica contro la droga sproporzianatamente dura e discriminazioni contro
lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT)”. L’ONG statunitense rileva come
le autorità georgiane abbiano ricevuto in soli due anni oltre 1.300 denunce di
abusi e violazioni commessi da appartenenti delle forze dell’ordine o per
trattamenti inumani e degradanti a danno di persone sottoposte a detenzione. “L’inchiesta
su quanto accaduto nel giugno 2019, quando la polizia antisommossa sparò proiettili
di gomma e usò gas tossici contro migliaia di dimostranti fuori dal parlamento a
Tbilisi, ha continuato ad essere largamente omissiva sulle responsabilità degli
autori”, aggiunge HRW. “Secondo il
difensore pubblico che è stato chiamato a monitorare il procedimento, le
autorità si sono focalizzate solo sui reati commessi da semplici agenti ma hanno
fallito nel valutare obiettivamente e pienamente la responsabilità dei comandi
delle forze di polizia”.
A ciò si aggiunge il devastante impatto sull’economia
generato dalla pandemia da Covid-19: il
PIL è crollato di 16 punti nel secondo semestre del 2020 accrescendo
enormemente la disoccupazione e la povertà tra la popolazione georgiana. “Per
mitigare la crisi, il governo ha avviato un piano di 1,5 miliardi di dollari
con pacchetti di assistenza sociale per i singoli cittadini e sgravi ed
esenzioni fiscali per gli uomini d’affari”, annota l’ONG. “Tre mesi prima delle
elezioni presidenziali svoltesi il 31 ottobre, il governo ha annunciato misure
anti-crisi addizionali per 132 milioni di dollari, ma le opposizioni e la società
civile affermano che si è trattato di una manipolazione
per attrarre voti”. Le elezioni hanno assicurato la maggioranza in
Parlamento della forza politica di governo (Georgian
Dream), ma la regolarità delle operazioni di voto è stata stigmatizzata
dall’opposizione che ha successivamente disertato i lavori parlamentari. Human Rights Watch ricorda infine come
il 9 novembre 2020 la polizia “ha utilizzato i cannoni d’acqua, senza preavvertimento,
contro dozzine di pacifici manifestanti che si erano riuniti fuori la sede
della commissione elettorale centrale per protestare contro le presunte frodi
durante il voto”. (1)
Anche Amnesty International nel report “Georgia 2020” punta il dito contro
il “continuo, sproporzionato e indiscriminato uso della forza” da parte delle
autorità contro i pacifici manifestanti. “Inoltre gli standard di sicurezza nel
lavoro non sono stati realmente rafforzati come provato dall’alto numero di
incidenti e morti, specie nel settore minerario e delle costruzioni”, aggiunge AI. “Persiste anche la discriminazione
di genere: il Global Gender Gap del
Forum Economico Mondiale pone la Georgia al 74° posto tra 153 paesi, notando come le
donne siano lontane dalla parità con gli uomini specie nell’accesso all’istruzione,
alla salute e ai servizi sociali, ma c’è un gap significativo anche
nell’occupazione e nelle opportunità economiche e nella profonda disparità
nell’empowerment politico”. (2)
Anche gli analisti e i
ricercatori più vicini all’establishment politico europeo e statunitense non
nascondono la loro preoccupazione per il pesante clima repressivo che si
respira nel paese partner strategico di Ue e NATO. “La Georgia è in caduta libera verso l’autoritarismo”, ha scritto
recentemente Nona Mikhelidze dell’Istituto Affari Internazionali di
Roma, tra i più influenti centri studi e think
thank internazionali. “Il governo di Tbilisi ha ufficialmente intrapreso
il percorso verso un autoritarismo
di stampo russo”, commenta la ricercatrice. “Nel marzo 2021 le forze di
polizia in tenuta antisommossa hanno assaltato la sede del maggiore partito di
opposizione, il Movimento nazionale unito, e ne hanno arrestato il leader Nika Melia. Dopo le controverse
elezioni parlamentari dello scorso novembre e il rifiuto delle forze politiche
di opposizione di sedere in Parlamento, ad essersi compromessa è la stessa democrazia georgiana, diventata un
sistema a partito unico”.
Sempre secondo
Nona Mikhelidze, la Georgia si è “così allontanata dall’obiettivo dell’integrazione
nelle istituzioni euro-atlantiche”. “L’arresto di Nika Melia non è un incidente
isolato ma si inserisce nel trend dello stile di governo autoritario del Sogno georgiano”, conclude la ricercatrice
dell’Istituto Affari Internazionali. “Dopo 30 anni di indipendenza e nonostante
tutte le riforme attuate, la
separazione dei poteri nel Paese rimane sconosciuta (…) Cosa dovrebbe
fare l’Occidente che da anni prova a promuovere la democrazia in Georgia? Forse è giunto il tempo di usare la leva che
Ue e Usa hanno sulla Georgia. A cominciare dall’amministrazione Biden,
visto che gli Stati Uniti continuano a fornire assistenza al Paese (circa 64
milioni di dollari all’anno dal 2010 al 2019 per l’assistenza non militare e
265 milioni per il sostegno militare). Lo stesso vale per l’Unione europea, che
di Tbilisi è il principale partner commerciale e fornisce annualmente al Paese
oltre 100 milioni di euro per assistenza tecnica e finanziaria”. (3)
L’Italia sembra intanto non
accorgersi di nulla e sceglie di intensificare le deportazioni di migranti e la
loro consegna in mano alla polizia del regime georgiano. Inoltre sta
rafforzando con Tbilisi la collaborazione in ambito militare e nella gestione
delle operazioni di polizia e lotta all’immigrazione. I governi di Italia e
Georgia hanno sottoscritto un Accordo nel settore della
difesa e sicurezza il 15 maggio 1997, ratificato dal Parlamento italiano il 27 luglio 2004, al fine di sviluppare la cooperazione nei “settori relativi a concetti
e strutture di Comando delle Forze armate, organizzazione e supporto logistico,
amministrazione e gestione del personale militare e civile, addestramento e
istruzione militare, comunicazione dell’attività informativa, visite ufficiali
e incontri di delegazioni, partecipazione a corsi presso le Scuole militari,
ecc..”.
Dopo i violenti scontri in Abkhazia e Ossezia del Sud dell’agosto
2008 tra le forze armate russe e georgiane, il nostro paese fu uno dei primi ad
accogliere la richiesta di invio di “osservatori non armati” da dislocare nelle
zone contese tra i belligeranti e controllare la loro demilitarizzazione e il
rispetto del cessate il fuoco. Un contingente
composto da 35 militari italiani fu inviato a Zugdidi, capoluogo della regione
Mingrelia-Alta Svanezia, assumendo il comando di un pool di osservatori internazionali che
comprendeva militari di Germania, Repubblica ceca e Lituania. (4)
Il 12
marzo 2014 si tenne a Roma il primo vertice bilaterale tra i rispettivi
ministri della difesa (al tempo per l’Italia l’on. Roberta
Pinotti e per la Repubblica della Georgia l’on. Irakli Alasania). Tra i temi al
centro dell’incontro – annota l’ufficio stampa della difesa - il processo di avvicinamento della Georgia
nella NATO, con particolare riferimento alla concessione del Membership Action
Plan al prossimo vertice di Celtic Manor, la situazione in Ucraina e Siria
e l’impegno del contingente georgiano in Afghanistan nell’ambito della missione
ISAF (International Security Assistance Force) dell’Alleanza atlantica. “La
Repubblica georgiana si è impegnata a sostenere la missione per addestrare,
consigliare e assistere le Forze nazionali di sicurezza afgane dopo il 2014 ed
a partecipare alla Forza di risposta NATO nel 2015”, concludeva la nota del
Ministero. (5)
Un secondo vertice bilaterale si tenne ancora a Roma il
30 giugno 2016; a rappresentare l’Italia sempre la ministra Pinotti mentre per
la Georgia la nuova titolare del dicastero della difesa Tinatin Khidasheli. “La Repubblica di Georgia sta facendo un gran
lavoro di avvicinamento all’Alleanza atlantica e le nostre Forze armate lavorano fianco a fianco in molte attività di
cooperazione bilaterale, soprattutto nel campo della formazione”, dichiarò
la ministra Roberta Pinotti a conclusione dell’incontro. Il 29 novembre 2016 fu
invece il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni a recarsi in visita ufficiale in
Georgia, la prima della Farnesina dalla dichiarazione d’indipendenza georgiana. All’ordine del giorno del vertice interministeriale
di Tbilisi l’instabilità del Medio Oriente, il terrorismo e
l’immigrazione e i progetti di alcuni importanti oleodotti nel Caucaso.
A partire dell’estate 2018 anche le unità della Marina
militare italiana hanno iniziato ad effettuare brevi missioni tecnico-operative
in Georgia. L’ultima visita risale a fine settembre 2021: la cacciamine
“Viareggio” insieme alle altre unità del gruppo navale Standing
NATO Mine Countermeasures Group Two (SNMCMG2) hanno raggiunto la città di
Batumi nel Mar Nero per svolgere attività di pattugliamento marittimo e
un’esercitazione congiunta con la componente costiera della Border Police georgiana. (6)
Il 16 e 17 luglio 2018 è stato invece il Presidente della Repubblica Italiana Sergio
Mattarella a recarsi in Georgia in visita ufficiale, in compagnia dell’allora ministro
degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Enzo Moavero Milanesi.
In occasione degli incontri con le massime autorità georgiane furono firmati
accordi bilaterali nel campo della cultura, della sanità, dell’istruzione,
ricerca e innovazione e, immancabilmente, della difesa e dell’ordine pubblico e
sicurezza. In particolare fu sottoscritto dai colonnelli Pietro Carrozza e
Abesalom Manjavidze un Protocollo
di collaborazione tra l’Arma dei Carabinieri e il Dipartimento della Polizia
Militare del Ministero della Difesa della Georgia “per rafforzare
le attività addestrative congiunte; lo scambio di buone pratiche relative ai
servizi istituzionali, con particolare attenzione alle Peace Support Operations; le attività di prevenzione e
investigative dei crimini; lo sviluppo di nuove tecnologie a apparecchiature; la
protezione delle installazioni militari; le visite e gli scambi del personale;
ecc.”. Inoltre i ministeri dell’Interno di Italia e Georgia firmarono un Memorandum d’Intesa “per rafforzare la
collaborazione di Polizia a livello tecnico-operativo” e “prevenire e
contrastare la criminalità organizzata transnazionale in tutte le sue forme, il
traffico illecito di stupefacenti e di sostanze psicotrope, la tratta di essere
umani e l’immigrazione irregolare, la criminalità informatica”. (7)
L’amorevole abbraccio tra Roma e Tbilisi si è rafforzato
proprio quando l’esecutivo georgiano ha mostrato apertamente l’intenzione di voler
accrescere le tensioni con la “nemica” Russia e utilizzare la propaganda
revanscista su Abkhazia e Ossezia del sud per distogliere l’attenzione della
politica e dei media dalla drammatica crisi sociale, economica ed occupazionale
del paese. L’8 agosto 2021 l’ambasciatore della Repubblica di Georgia in
Italia, Konstantine Surguladze, ha diffuso una nota che sintetizza bene il
pensiero delle élite dominanti georgiane. “L’invasione del 2008 è stato il
primo importante attacco aperto della Russia nei confronti dell’ordine europeo,
attacco al quale ne sono poi seguiti altri tra cui l’annessione della Crimea e
la guerra nell’Ucraina orientale”, scrive l’ambasciatore. “La Russia rafforza
costantemente la sua presenza militare nei territori occupati della Georgia attraverso
la costruzione di nuove basi, l’invio di nuove truppe ed equipaggiamenti e lo
svolgimento di esercitazioni militari; continua a violare i suoi obblighi
internazionali e si rifiuta di attuare appieno l’accordo di cessate il fuoco
del 12 agosto 2008 mediato dall’Ue”. (8)
Responsabilità e crimini solo russi e piena
autoassoluzione per il regime di Tbilisi, dunque. Washington e alcune
importanti cancellerie europee esprimono apertamente i timori per il “nuovo”
corso georgiano. Roma no, anzi firma nuovi accordi sicuritari-militari. E
riconsegna agli alleati caucasici poche decine di “irregolari” sperperando una
montagna di denaro pubblico.
(1) https://www.hrw.org/world-report/2021/country-chapters/georgia
(2) https://www.amnesty.org/en/location/europe-and-central-asia/georgia/report-georgia/
(3) https://www.affarinternazionali.it/2021/03/georgia-in-caduta-libera-verso-lautoritarismo/
(5) https://www.difesa.it/Il_Ministro/Eventi/Pagine/20140312_visitageorgiano.asp
Articolo pubblicato in Pagine Esteri l’8 ottobre 2021, https://pagineesteri.it/2021/10/08/in-evidenza/migranti-per-litalia-e-una-costosa-priorita-strategica-espellere-poche-decine-di-georgiani-irregolari/
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