Sardegna. Stop all’ampliamento della fabbrica di bombe
Sono illegittime le autorizzazioni rilasciate dal Comune di Iglesias e dalla Regione Sardegna per ampliare lo stabilimento di Domusnovas di proprietà dell’azienda RWM Italia S.p.A. che produce le bombe utilizzate contro la popolazione yemenita dalle forze armate di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.
A
sancirlo la sentenza della Sezione Quarta del Consiglio di Stato (presidente
Roberto Giovagnoli, consigliere estensore Silvia Martino) - pubblicata
mercoledì 10 novembre - che ha accolto il ricorso proposto da Italia Nostra Sardegna, Assotziu
Consumadoris Sardigna e USB - Unione Sindacale di Base (rappresentati e difesi
dall’avv. Andrea Pubusa) e annullato il Provvedimento Unico del
9 novembre 2018 del Comune di
Iglesias e la delibera della Giunta Regionale della Sardegna del 15 gennaio
2019. I due atti amministrativi avevano consentito all’azienda RWM di avviare
un programma di ampliamento infrastrutture e della produzione dei sistemi di
morte nello stabilimento sardo con investimenti per oltre 35 milioni di euro. In
particolare Regione e Comune avevano autorizzato la costruzione di nuovi edifici
e impianti e del Campo Prove R140, un
poligono per prove esplosive all’aperto in località San Marco, nel Comune di
Iglesias.
La
decisione del Consiglio di Stato ha ribaltato il giudizio del TAR della
Sardegna che aveva respinto le istanze delle tre associazioni ricorrenti. RWM
Italia S.p.A. e gli amministratori del Comune di Iglesias e della Regione
Sardegna sono stati condannati al pagamento delle spese della
consulenza tecnica esperita nel procedimento amministrativo di primo grado.
“La decisione del CGA è un grande risultato per tutte le organizzazioni che con
grande determinazione in questi anni si sono spese senza risparmio in questa
vertenza”, è il commento a caldo del Comitato
Riconversione RWM per la pace ed il lavoro sostenibile che raccoglie una
ventina di associazioni impegnate contro la produzione di bombe ed esplosivi
negli stabilimenti sardi e per l’embargo dell’export ad Arabia Saudita, Emirati
Arabi, Turchia e Israele. ”Vogliamo ringraziare per il sostegno i numerosi
cittadini, associazioni, comitati e gruppi che, nonostante le continue
intimidazioni, si sono mobilitati e hanno partecipato attivamente alla campagna Stop-RWM, organizzando incontri
e iniziative informative finalizzate alla sensibilizzazione sull’argomento e alla
raccolta dei fondi necessari per coprire le spese legali, che hanno reso
possibile la presentazione del ricorso e, dopo il rigetto del TAR nel luglio
2020, l’impugnazione della sentenza davanti al Consiglio di Stato”.
Italia
Nostra Sardegna, Assotziu Consumadoris Sardigna e USB avevano rilevato anomalie
e illegittimità nell’iter di concessione dei permessi per lo sviluppo
produttivo dell’azienda militare. “Dalla fine del 2016 ad oggi
Rwm Italia ha presentato progetti con i quali sono stati richiesti ampliamenti
e realizzazioni di nuove aree”, scrive il difensore delle tre associazioni. In
particolare, il 9 luglio 2018 la società aveva depositato presso il Comune di
Iglesias il Progetto per la realizzazione del reparto R200 e del
reparto R210, intervento destinato
a raddoppiare la linea produttiva esistente nella quale
vengono fabbricati gli esplosivi di tipo PBX e gli ordigni con essi caricati. Il progetto veniva
approvato dall’ente locale quattro mesi più tardi, mentre il 16 gennaio 2019
arrivava l’Ok della Giunta Regionale (delibera n. 3/26) che riteneva non fosse
necessaria la sua sottoposizione a V.I.A. (Valutazione d’impatto ambientale), ma
solo il rispetto di alcune prescrizioni.
Procedimenti e valutazioni
non condivise nel merito e nel diritto dalle organizzazioni ambientaliste e
sindacali che avevano contestato in particolare la scelta di procedere a
molteplici interventi di potenziamento dello stabilimento, “frazionandoli
arbitrariamente in altrettante diverse richieste, onde farli apparire
surrettiziamente come progetti distinti e separati”. Le associazioni hanno
contato ben 21 ampliamenti, alcuni dei quali approvati dal Comune di Iglesias anche
in tempi recentissimi, pur in presenza del parere negativo espresso da alcune
amministrazioni coinvolte. “Buona parte di tali interventi ricadrebbe in tutto,
o in parte, nella fascia di rispetto dei 150 metri dal Rio Gutturu Mannu – Rio
Figu, che attraversa lo stabilimento e che lo studio di Compatibilità idraulica del comune di Domusnovas considera a
rischio esondazione”, scrive l’avv. Andrea
Pubusa.
Del
tutto insufficienti e riduttive anche le valutazioni dei progettisti e degli
amministratori locali sugli impatti del Nuovo
Campo Prove 140 sull’area ambientale protetta di Monte
Linas-Marganai (zona di nidificazione di numerose specie di uccelli protette e
Sito di Importanza Comunitaria – SIC), sia per le implicazioni attinenti alle
esplosioni degli ordigni durante i test, ma soprattutto in riferimento alla
realizzazione di una dozzina di nuovi fabbricati, alcuni dei quali di imponenti
dimensioni. “In primo grado il TAR non ha considerato che tale intervento
edificatorio determina un consistente impatto ambientale e che pertanto doveva
necessariamente essere sottoposto a V.I.A, e a valutazione di incidenza ambientale”,
spiegano i ricorrenti. “Eppure il gran numero di interventi differenti previsti,
connessi funzionalmente tra loro, aumenteranno esponenzialmente le emissioni in
atmosfera, l’inquinamento acustico, il prelievo idrico, la produzione di acque
reflue e di rifiuti, l’incremento del traffico veicolare, etc.”.
Il Consiglio di Stato ha
fatto proprie le ragioni delle associazioni che aderiscono al Comitato
Riconversione RWM. “La decisione dell’Amministrazione di
frazionare il progetto complessivo di tali impianti in singole opere che,
isolatamente considerate, non sarebbero sottoposte a valutazione di impatto
ambientale, appare lesiva dell’interesse tutelato (…) con una sostanziale
elusione delle finalità perseguite dalla legge”, si legge nella sentenza del
Consiglio di Stato. “In primo grado è stata affrontata pure la questione
attinente alla natura dell’attività svolta dalla RWM Italia S.p.A., nello
stabilimento di Iglesias-Domusnovas, giungendo alla conclusione che esso non
deve considerarsi impianto chimico integrato e che la fabbrica non produce
esplosivi ma cariche esplosive per le
testate di guerra e pani composte da una miscela di sostanze esplodenti e non
(…) Il Collegio reputa invece che le conclusioni del consulente tecnico non
consentano di escludere in maniera inequivocabile che ci si trovi di fronte a
un impianto chimico integrato per la
produzione di esplosivi, ai fini della sottoposizione a VIA obbligatoria”.
“Pure fondate risultano le
doglianze attraverso cui le appellanti hanno dedotto l’erroneità dell’approccio
delle Regione che, ai fini dell’istruttoria relativa all’autorizzazione del Campo prove 140, non ha considerato che
esso sarà funzionalmente connesso ai reparti nei quali ha luogo la produzione
degli esplosivi. Ivi si svolgerà infatti una ben precisa, specifica e
necessaria porzione del processo produttivo in quanto i materiali che la RWM
Italia prevede di testare nel poligono sono gli stessi impiegati e prodotti
nello stabilimento di Domusnovas/Iglesias. Risulta esplicitamente che il nuovo
poligono per test esplosivi è destinato non solo ad effettuare prove sui
prodotti finiti, ma anche test sulla qualità dei materiali esplosivi utilizzati
come materie prime per produrli, garantendo una fase di controllo
indispensabile all’intero ciclo produttivo. La connessione funzionale comporta
la necessità di includere anche tale intervento nel progetto di ampliamento da
sottoporre a V.I.A. obbligatoria”. Da qui l’illegittimità delle scorciatoie
procedurali di Comune e Regione e l’obbligatorietà a rinnovare dall’inizio l’iter
autorizzativo.
RWM Italia S.p.A. è interamente controllata dal colosso
tedesco Rheinmetall AG, uno dei maggiori produttori d’armi a
livello internazionale. L’azienda italiana ha due stabilimenti, uno a
Domusnovas-Iglesias e uno a Ghedi (Brescia), dove si trova anche la sede
principale. “Il core business di RWM Italia è basato principalmente sulle
attività di bombe d’aereo general purpose
e da penetrazione; caricamento di munizioni e spolette; sviluppo e produzione
di teste in guerra per missili da crociera, siluri, mine marine, cariche di
demolizione e controminamento”, riporta il sito web dell’azienda. A Domusnovas,
in particolare, vengono prodotte le famigerate Mk81, Mk82, Mk83 ed MK84
impiegate in Yemen e le devastanti bombe d’aereo di penetrazione BLU 109, BLU
130, BLU 133 e Paveway IV.
Lo stabilimento sardo insiste
su un’ampia area situata tra i comuni di Domusnovas (località Matt’e Conti) e
Iglesias (località S. Marco). Il primo nucleo industriale è stato avviato nel
1974 dalla società SEI (Società Esplosivi Industriali) per la produzione di
esplosivi esclusivamente per uso civile da impiegare in cave e miniere. Per la
conversione a fini militari si è invece dovuto attendere la fine degli anni
’90. Nel 2002 sono state avviate le linee produttive per la preparazione di
miscele esplosive per uso militare (a base di TNT e del tipo PBX) e per la
realizzazione ed il caricamento di ordigni esplosivi. Nel 2011 alla SEI S.p.A.
è subentrata l’holding tedesca Rheinmetall nel controllo dello stabilimento di Domusnovas.
“In conseguenza la produzione militare è stata fortemente incrementata e ha
gradualmente soppiantato quella di esplosivi per uso civile, che è cessata del
tutto nel 2012”, riferiscono gli attivisti del Comitato Riconversione RWM.
Le prove della rapida espansione
della produzione dei sistemi di guerra e degli enormi guadagni ottenuti da RWM
Italia sono contenute nei bilanci depositati dall’azienda presso la Camera di
Commercio della provincia di Brescia. I ricavi delle vendite ai paesi dell’Unione
Europea sono passati dai 35,510 milioni di euro dichiarati nel 2015 ai 51,865
milioni di euro nel 2018, con un incremento del +46% in soli quattro anni, Nello
stesso periodo i ricavi delle vendite ai paesi esterni all’UE sono passati dai
12,609 milioni ai 50,776 milioni, con un incremento del +302,7%. I “migliori”
clienti di RWM Italia sono state le forze armate saudite e degli emirati arabi,
che proprio a partire dal 2015 hanno intrapreso la sanguinosa campagna militare
in Yemen. “Nell’ultimo trimestre del 2015 – aggiunge il
Comitato No RWM - il giro d’affari dell’export di armi e munizioni dalla
Sardegna verso il resto del mondo ha corrisposto a 40 milioni di euro,
così ripartiti: 19,5 milioni all’Arabia
Saudita, 9 milioni al Regno Unito (che a sua volta le ha rivendute ai paesi
della coalizione saudita), 6,6 milioni agli Emirati Arabi, 2,2 milioni a
Israele e 1,5 milioni alla Turchia”. Sempre a partire dall’ultimo trimestre del
2015 sono stati registrati i trasporti di bombe ed esplosivi dall’aeroporto
civile di Cagliari- Elmas e dai porti di Olbia e Cagliari. “Abbiamo accertato
l’invio di 4.000 bombe da Elmas con tre carichi tra l’ottobre 2015 e il gennaio
2016, di 1,000 bombe da Olbia nel novembre 2015 e di 5.000 bombe dal porto
canale di Cagliari con due navi cargo nel dicembre 2016 e nel marzo 2017”, aggiunge
il Comitato.
Ricercatori indipendenti e
giornalisti hanno documentato anche l’utilizzo del porto di Sant’Antioco per le
spedizioni all’estero dei sistemi prodotti da RWM Italia. “In più casi le bombe
hanno viaggiato scoperte sotto gli occhi di tutti, mentre in altri sono state
trasportate all’interno di container senza particolari segni di riconoscimento,
scortati da auto dell’istituto privato di vigilanza che lavora per l’azienda
e/o da forze dell’ordine e vigili del fuoco”, conclude il Comitato. “Abbiamo
avuto modo di seguire gli spostamenti delle navi adibite al trasporto verso
l’Arabia Saudita (in genere della compagnia Bahri) e l’arrivo delle bombe
prodotte a Domusnovas-Iglesias al porto di Gedda”.
A
seguito della campagna internazionale di denuncia dei crimini perpetrati in
Yemen dalla coalizione militare a guida saudita e della contestuale richiesta
d’embargo nell’export di armi, il 29 gennaio 2021, poco prima delle dimissioni,
l’esecutivo guidato da Giuseppe Conte ha deciso di revocare le autorizzazioni
per il trasferimento di missili e bombe a Riyadh e
alle forze emiratine, rilasciate tra il 2016 e il 2018. Il provvedimento
ha ovviamente “colpito” principalmente RWM Italia e la produzione dello
stabilimento sardo. “Tra le forniture incluse ci sono quelle approvate nel 2016
durante il governo di Matteo Renzi, relative a quasi 20mila bombe aeree della
serie MK per un valore di oltre 411 milioni di euro e la revoca decisa
dall’esecutivo per questa sola licenza dovrebbe cancellare la fornitura di
oltre 12.700 ordigni”, ricorda il ricercatore Giorgio Beretta di Rete Pace
Disarmo ed Osservatorio OPAL.
La
controffensiva degli amministratori delegati delle aziende del comparto bellico
è stata immediata: da una parte il pressing sulle forze parlamentari e il nuovo
esecutivo, dall’altra anche il ricorso davanti al TAR del Lazio per ottenere l’annullamento
del provvedimento deliberato a fine gennaio. Il 22 aprile è giunto il primo
giudizio in sede amministrativa, con il rigetto dell’esposto di RWM Italia. “Risultano
ampiamente circostanziati e seri i rischi che gli ordigni oggetto delle
autorizzazioni rilasciate dall’Autorità Nazionale per le esportazioni possano
colpire la popolazione civile yemenita, in contrasto con i chiari principi
della disciplina nazionale e internazionale”, ha sentenziato il TAR.
“Chiederemo
al Consiglio di Stato che riveda le decisioni del Tribunale amministrativo”, ha
annunciato subito dopo la sentenza, l’amministratore delegato di RWM, Fabio Sgarzi.
“Nel 2019 qualcuno ha pensato che fare della nostra azienda il capro espiatorio
dell’intero comparto, per mantenere attivo il resto delle esportazioni verso
tutti i Paesi della coalizione occupata in Yemen a supporto del governo
legittimo e per ricavarne ritorni di politica interna, non avrebbe avuto
conseguenze. Non mi sorprende così, come ricorda un autorevole articolo di
stampa di questi giorni che, a causa delle revoche delle licenze di esportazione
alla RWM Italia, gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita stanno prendendo le
distanze dall’industria italiana della Difesa, non dando seguito a importanti
commesse in discussione con la nostra industria di Stato. Con le revoche di
gennaio, il Ministero degli Affari Esteri ha di fatto intrinsecamente espresso
anche un chiaro giudizio negativo nei confronti di Arabia Saudita e Emirati
Arabi Uniti, quasi fossero Stati canaglia. Quale reazione ci si poteva
aspettare?”.
Nell’attesa
che Draghi & C. revochi la revoca all’export, il management di RWM Italia
ha pensato bene di diversificare il portafoglio produzione e clienti. Dato che
l’Esercito italiano ha ritenuto di doversi dotare dei famigerati droni kamikaze (i minivelivoli a pilotaggio
remoto che dopo essersi lanciati in
picchiata si fanno esplodere al momento dell’impatto contro un obiettivo), e di
doverlo fare proprio in Israele con l’azienda UVision Air Ltd. di
Tzur Igal, sarà indispensabile individuare
in Italia uno stabilimento che assicuri le future attività di manutenzione
delle nuove munizioni
a guida remota (Loitering
Ammunitions). “E’
probabile che sarà proprio l’azienda RWM
Italia di Domusnovas a svolgere le attività di manutenzione”, affermano i
ricercatori di Milex, l’Osservatorio
sulle spese militari promosso dalla Rete Italiana Pace e Disarmo. “Pochi mesi fa
l’amministratore delegato Fabio Sgarzi ha annunciato che stava concludendo un
accordo con la UVision per il co-sviluppo e la co-produzione in Italia dei suoi
droni kamikaze”.
Adesso
arriva però la doccia fredda del Consiglio di Stato con lo stop (temporaneo) all’ampliamento
dell’industria di guerra sarda…
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