Leonardo, Minniti, Forze armate e Niger. Malacooperazione in salsa italiana
Leonardo, holding del complesso militare-industriale, detta l’agenda della politica estera e della cooperazione italiana nell’Africa sub-sahariana e lo fa per voce dell’ex ministro dell’interno Marco Minniti (già Pci oggi Pd).
Il 29
ottobre 2021 a Roma, alla presenza del ministro alla Presidenza della Repubblica
del Niger Rhissa Ag Boula e del consigliere del presidente nigerino Salim
Mokaddem, il gruppo Leonardo S.p.A. e la propria Fondazione Med-Or di
freschissima istituzione hanno consegnato cinquanta concentratori di ossigeno alla Repubblica del Niger da destinare ad
alcune strutture sanitarie impegnate nell’assistenza a malati di Covid-19. “Questa
iniziativa conferma il ruolo della Fondazione Med-Or e la convinzione con cui
Leonardo supporta questo progetto e rappresenta un segno tangibile della
volontà di queste due realtà di valorizzare e promuovere uno spirito di
comunità tra Africa ed Eurasia”, ha dichiarato Alessandro Profumo, amministratore
delegato della società leader in Italia nella produzione di sistemi militari. “Leonardo,
campione tecnologico nazionale, rappresenta un volano della proiezione
dell’Italia nel mondo e una garanzia del ruolo storico del Paese quale ponte
fra civiltà e culture diverse”.
Molto
più articolato l’intervento del presidente della fondazione di promozione culturale e scientifica per
rafforzare in legami tra l’Italia, l’Africa, il Medio e l’Estremo oriente,
Marco Minniti. “Il Sahel è una regione particolarmente colpita dalla pandemia
da Covid-19, non solo per i suoi effetti sanitari, ma anche per quelli di
natura economica e sociale”, ha esordito l’ex titolare del dicastero
dell’interno. “Confidiamo che questa nostra iniziativa di solidarietà verso la
Repubblica del Niger, un Paese centrale nel Sahel e in tutta l’Africa
Sub-sahariana, possa rappresentare un utile contributo alla lotta contro la
pandemia (…) Questo primo atto può rappresentare un passaggio verso una
cooperazione più strutturata con il Niger. A questo proposito, aspettiamo dei
giovani studenti provenienti da questo Paese, che vogliano studiare nelle
nostre università, e che per noi sarà un onore accompagnare verso l’alta formazione”.
Marco
Minniti ha specificato le ragioni per cui è stato scelto il paese sub-sahariano
quale interlocutore privilegiato dei programmi di aiuto allo sviluppo di Leonardo S.p.A. e della Fondazione Med-Or.
“Nel Sahel si gioca una sfida decisiva per la sicurezza complessiva del
Mediterraneo e dell’Europa, per la lotta contro il terrorismo e per il tema dei
flussi migratori”, ha dichiarato Minniti. “In una regione così complessa, il
Niger costituisce un riferimento strutturale di democrazia e di stabilità, e
questa è una buona notizia per l’Africa e per l’Europa”.
Dopo
aver elencato le tensioni e i conflitti che tormentano il continente africano
(Libia, Repubblica Centroafricana, Mali, Sudan, Somalia, Etiopia-Tigray, ecc.),
il presidente della Fondazione Med-Or ha condensato in due sole frasi il
pensiero politico-militare dominante alla base dell’interventismo globale di
stampo neocoloniale in territorio africano. “La nostra azienda produce i
sensori per il controllo dei confini ma sappiamo perfettamente che senza le
tribù del deserto quei confini non possono essere sorvegliati”, ha spiegato
Minniti. “Questo perché è indispensabile il fattore umano, non esistendo una
tecnologia che possa cancellare completamente l’importanza del fattore umano”.
Sensori
e dispositivi elettronici per murare le frontiere dei deserti che frontiere mai
hanno avuto e tribù di uomini-soldato
per fare la guerra ai migranti e alle migrazioni in nome e per conto delle
transnazionali energetiche e minerarie. Ecco in sintesi il Minniti-pensiero, in verità non del tutto nuovo, avendolo già
elaborato e proposto per la Libia post-Gheddafi, quando era l’uomo guida del
Viminale.
Ad
oggi, in verità, non c’è traccia di commesse e affari in Niger di Leonardo e
delle aziende controllate produttrici di cannoni, blindati, missili, caccia,
elicotteri, droni, radar e centrali d’intelligence. Ma il sistema Italia c’è nel cuore strategico del Sahel, grazie ad una
missione militare ben armata e che ha pure assunto il ruolo di rappresentare in
loco il buon cuore della moderna “cooperazione”
istituzionale.
Identificata come MISIN - Missione
bilaterale di Supporto nella Repubblica del Niger, l’operazione militare in territorio africano ha
preso il via dopo la delibera del Consiglio dei Ministri del 28
dicembre 2017 (governo di centrosinistra con premier Paolo Gentiloni, ministro
degli affari esteri e della cooperazione internazionale Angelino Alfano, della
difesa Roberta Pinotti e dell’interno Marco Minniti). “L’obiettivo di MISIN è
quello di incrementare le capacità di contrasto del fenomeno dei traffici
illegali e delle minacce alla sicurezza da parte delle autorità nigerine e
degli altri Paesi del G5 Sahel (Mauritania,
Ciad, Burkina Faso e Mali), nell’ambito di uno sforzo congiunto europeo e
statunitense per la stabilizzazione dell’area”, spiega lo Stato maggiore delle
forze armate. “La Missione ha anche
lo scopo di garantire la raccolta informativa in merito al traffico degli
esseri umani e concorrere alle attività di sorveglianza del territorio e delle
frontiere, nonché di addestrare le Forze Speciali nell’area di Agadez e la
componente aerea della Repubblica del Niger”. Le attività di assistenza e formazione
sono indirizzate alle forze armate e alle task force “speciali”, alla
Gendarmeria e alla Guardia nazionale nigerine.
Secondo
la legge di bilancio 2021, MISIN prevede la presenza in Niger e presso
il Defence College in Mauritania di 295 militari, 160 automezzi leggeri e
pesanti e 5 aerei. Si tratta in particolare di personale specializzato in attività
addestrative e operazioni di ricognizione, comando e controllo; team
sanitari e del genio per lavori infrastrutturali; una squadra per le rilevazioni contro le minacce
chimiche-biologiche-radiologiche-nucleari (CBRN); unità per la raccolta di
informazioni d’intelligence e la sorveglianza.
I
militari italiani sono ospitati nella base
aerea 101 realizzata e controllata dalle forze armate
francesi accanto all’aeroporto internazionale
“Diori Hamani” della capitale Niamey, da cui decollano i droni per le
operazioni d’intelligence e strike nell’ambito dell’Operazione Barkhane in Sahel. Lo
scorso 13 aprile, il ministro della difesa Lorenzo Guerini ha però annunciato che l’Italia
aprirà una nuova base militare in Niger “la cui costruzione inizierà a partire
dal luglio 2021”. “Lo ritengo un passo molto importante
per il rafforzamento della nostra azione nella regione, che in prospettiva
andrà a confluire in una sempre maggiore capacità dell’Europa in Sahel e
nell’intera fascia sub-sahariana, dal Corno d’Africa al Golfo di Guinea,
mettendola a sistema con il contributo alla stabilizzazione della Libia”,
ha dichiarato Guerini, del tutto in linea con il Minniti pensiero.
Il
ministro della difesa è stato in visita ufficiale in Niger e in Mali il 21 e 22
maggio 2021, promettendo il rafforzamento
della presenza militare italiana nel Sahel. Il 2 giugno anche il ministro
degli affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi Di Maio si è recato a Niamey per incontrare il presidente della
Repubblica del Niger, Mohamed Bazoum, e il primo ministro Ouhoumoudou Mahamadou.
“Di Maio ha poi portato il suo saluto al contingente italiano della Missione Bilaterale di Supporto in Niger, definita fiore all’occhiello della cooperazione in
materia di sicurezza nel Sahel e in tutta l’Africa”, riportano le
cronache.
A fine agosto è stata effettuata un’altra missione istituzionale italiana in
Niger, stavolta da due parlamentari, Matteo
Perego di Cremnago e Alessandro Battilocchio, entrambi di Forza Italia. “La
delegazione italiana ha avuto modo di incontrare il capo del Governo nigerino,
Ouhoumoudou Mahamadou, il ministro della Difesa, Alkassoum Indattou, ed il vice
presidente dell’Assemblea Generale, Kalla Ankourao”, annota Difesaonline. “Tutti i rappresentanti
delle istituzioni nigerine hanno auspicato un ulteriore rafforzamento delle
relazioni bilaterali anche con la fornitura di equipaggiamenti alle forze
armate nigerine. In effetti, come sottolineato dall’onorevole Perego, la
politica strategica dell’Italia dovrebbe supportare in misura maggiore le forze
di sicurezza nigerine, colmando le non poche lacune in merito agli
equipaggiamenti di cui possono disporre. Altra questione riguarda
l’addestramento che viene impartito dai militari italiani. Oltre alle attività
di mentoring (insegnamenti teorici sull’utilizzo delle armi e
delle tattiche) sarebbe opportuno accompagnare i militari nigerini in
operazione per supportarli nella lotta alle milizie jihadiste”.
In
verità in questi ultimi mesi le attività di addestramento del personale
nigerino si sono fatte sempre più intense e ancora più finalizzate al
combattimento in ambienti complessi. I militari della Brigata “Folgore” hanno seguito la formazione del
neocostituito battaglione paracadutisti nigerino con “programmi di fanteria di
base, aviolanci, pianificazione e
realizzazione completa di una operazione militare, pattugliamento
motorizzato, organizzazione/gestione di check point e combattimento nei centri abitati”. Sempre i parà della “Folgore”
hanno realizzato all’interno di un’installazione di Niamey un’area addestrativa
“nella quale sono stati dislocati numerosi artifizi allo scopo di
sviluppare le capacità di exploitation
e sviluppo dei movimenti sul terreno dei militari nigerini”. Il centro è stato
inaugurato il 26 gennaio 2021.
Il 6
giugno si è svolta a Niamey la cerimonia di chiusura del secondo corso di paracadutismo in favore di un battaglione di
paracadutisti nigerino. Il corso si è svolto dal 22 maggio al 6 giugno con numerosi aviolanci sulla zona denominata “Niger 4”,
nei pressi della capitale, sotto la direzione del personale del Centro
Addestramento Paracadutisti di Pisa, del 187° Reggimento Paracadutisti
“Folgore” di Livorno e dell’8° Reggimento Genio Guastatori Paracadutisti
dell’Esercito di Legnago-Verona, più il supporto di un grande velivolo da
trasporto C27J della 56^ Brigata Aviotrasportata dell’Aeronautica di Pisa.
Dal
3 maggio al 20 agosto 2021 si è tenuto invece il corso di formazione della 4^
Compagnia del Battaglione Paracadutisti
nigerino, con lezioni sul contrasto agli ordigni esplosivi
improvvisati e la contro-insorgenza,
“affinché le unità addestrate siano in grado di contribuire ad aumentare la
sicurezza e la stabilità del Niger, contrastando il traffico illegale di esseri
umani, il terrorismo e il contrabbando di armi”. Il personale nigerino è stato
successivamente impegnato lungo il confine che divide il Niger dal Burkina
Faso.
Il 2
settembre 2021 si è concluso invece il corso per operatore del Gruppo d’Intervento e
Sicurezza (GIS) della Guardia Nazionale del Niger. Il corso ha avuto una
durata di cinque mesi ed è stato condotto dagli istruttori
del 185° Reggimento Ricognizione ed Acquisizione Obiettivi “Folgore”
dell’Esercito e del Gruppo Intervento Speciale
dell’Arma dei Carabinieri. Anche i neo-operatori del GIS nigerino sono stati
prontamente “impegnati in operazioni ad alto rischio e lungo i confini nigerini
per contrastare l’operato delle organizzazioni terroristiche presenti nell’area”,
così come riporta la nota dello Stato maggiore della difesa.
“Lo
scopo che si prefigge la MISIN non è solo
quello di addestrare ed
incrementare i gap formativi delle Forze di Sicurezza e Difesa nigerine,
ma anche quello di supportare la popolazione locale portando avanti progetti di
cooperazione quali: il contrasto alle calamità naturali, la donazione di
farmaci e beni di prima necessità, strutture sportive e sanitarie”, aggiungono
le forze armate italiane enfatizzando l’ambiguo e pericoloso modello di intervento
e cooperazione CIMIC - cioè
civile-militare - che tanto sta a cuore a Leonardo S.p.A. e alla Fondazione
Med-Ord di Marco Minniti & C..
“Le
missioni svolte dalle nostre Forze Armate all’estero si caratterizzino sempre
più marcatamente come interministeriali e interagenzia, nonché come espressione
dell’impegno dell’intero sistema Paese
nell’aiuto concreto alle realtà locali dove si interviene e nella tutela degli
interessi nazionali”, si legge nella nota della Farnesina del 18 dicembre 2018,
quando i militari MISIN e l’Ambasciata d’Italia a Niamey hanno consegnato alle
autorità nigerine farmaci e presidi sanitari acquistati con i fondi della
cooperazione allo sviluppo. Aiuti
manu militari a tutela degli interessi
nazionali in Sahel dunque, con l’aggravante che sempre più spesso i
destinatari non sono le popolazioni civili ma le autorità di governo o le
stesse forze armate nigerine.
Nell’estate
del 2020, ad esempio, “nell’ambito del costante supporto volto al contrasto e
alla prevenzione del virus COVID-19”, sono state donate 70.000 mascherine chirurgiche
alla direzione della Sanità Militare del Ministero della difesa nigerino. “I
dispositivi saranno utilizzati sia in favore della popolazione civile che
accede alle strutture sanitarie militari della città di Niamey sia dal
personale militare delle Forze di Sicurezza del Niger”, scrivono gli italiani.
L’ambiguità
e l’arbitrarietà che caratterizzano il modello CIMIC civile-militare sono confermate da un recente comunicato
della Difesa. “L’Aeronautica ha ceduto alle forze aeree nigerine dotazioni per la protezione
e la difesa delle istallazioni e del proprio personale nei principali aeroporti
attivi del Paese”, vi si legge. “Materiale sanitario a favore della popolazione
nigerina è stato consegnato invece alle forze armate di Niamey dalle unità del Policlinico Militare Celio di Roma e della
Scuola di Sanità e Veterinaria Militare dell’Esercito in missione in Niger”.
Sempre
lo Stato maggiore della difesa fa sapere che il 25 marzo 2021 il contingente
MISIN ha concluso un progetto CIMIC a favore del villaggio di Dara. “Si è
trattato della donazione di derrate alimentari
e dispositivi sanitari che serviranno al personale paracadutista nigerino quale
contingenza nel contrastare la pandemia da Sars-CoV2”,
spiega la Difesa. Il 24 agosto,
nella base militare 101 di Niamey i
reparti italiani hanno invece consegnato materiale
destinato alla gestione di catastrofi naturali ed alluvioni al personale
del Ministero dell’Azione Umanitaria e delle Catastrofi del Niger. L’8
settembre si è concluso invece un progetto
CIMIC “finalizzato al sostegno della popolazione di un campo sfollati per
le alluvioni, nella periferia sud di Niamey”. Nello specifico è stata allestita
una tendopoli dal personale del 6° Reggimento Genio Pionieri di Roma e del
Multinational CIMIC Group di Motta di Livenza (un reparto specializzato
dell’Esercito che opera in ambito NATO).
Un
secondo progetto CIMIC si è concluso
invece il 22 settembre 2021. “Finalizzato al sostegno
dei civili e delle famiglie dei militari dell’Aeronautica nigerina di stanza a
Niamey, la Missione MISIN ha consegnato un campo multifunzionale di basket,
pallamano e calcetto al personale e alle loro famiglie della base aerea 101, luogo in cui è situato
il contingente italiano schierato in Niger”, spiega il Ministero della difesa. A
coordinare il programma di cooperazione
ancora una volta il CIMIC Group NATO di Motta di Livenza.
Non tutti i doni sono stati civili-militari e così non sono mancate le consegne di attrezzature
e sistemi di guerra made in Italy. Un vecchio proverbio recita che A caval donato non si guarda in bocca,
ma ad analizzare i documenti predisposti dal Ministero della difesa e da quello
degli affari esteri, per la “cessione a titolo gratuito di materiale di
armamento a favore della Repubblica del Niger”, non si può che restare basiti e
indignati. Nell’annunciare il
trasferimento “entro la fine del 2021” di 250 giubbetti antiproiettile per
addestramento, 250 elmetti in kevlar (fibra sintetica altamente resistente alla
trazione), 10 caschi balistici e 8 tute antiframmento con relativi contenitori,
viene esplicitato infatti che “i materiali di armamento oggetto di cessione risultano obsoleti per cause tecniche”.
“In particolare, i giubbetti antiproiettile e gli elmetti in
kevlar risultano obsoleti a causa dell’impossibilità e della non
economicità ad effettuare degli interventi di rispristino e di mantenimento
delle caratteristiche prestazionali e di protezione originarie indispensabili
per poterli impiegare per fini operativi”, specifica il governo italiano. “Le
tute antiframmentazione RAV 50
risultano obsolete a causa della vetustà del materiale e della progressiva
scadenza di validità della protezione balistica dei vari lotti che non hanno
superato le prove balistiche per l’estensione della vita”.
Ancora un disastro della
malacooperazione in salsa italiana…
Articolo
pubblicato in Africa ExPress il 6
novembre 2021, https://www.africa-express.info/2021/11/06/chiamiamola-cooperazione-militare-cosi-leonardo-vende-armi-al-niger/
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