L’Italia allo shopping di droni kamikaze in Israele


 Le forze armate italiane fanno shopping di micidiali droni kamikaze in Israele. Entro un paio di giorni il Parlamento italiano darà l’ok all’acquisizione di velivoli senza pilota di ridotte dimensioni che al posto di telecamere e visori imbarcano bombe ed esplosivi. Avvistato l’obiettivo da colpire, distruggere e uccidere, i droni si lanciano in picchiata e si fanno esplodere al momento dell’impatto.

La notizia sull’ennesimo folle progetto bellicista del governo e delle autorità militari è stata data da Milex, l’Osservatorio sulle spese militari promosso dal giornalista Enrico Piovesana e dal coordinatore della Rete Italiana Pace e Disarmo, Francesco Vignarca. Il costo complessivo del programma è stimato in 3,878 milioni di euro in cinque anni, ma il ministero della Difesa ha voluto precisare che in sede di negoziazione del contratto “sarà ritenuta ammissibile una deviazione negli oneri del 10%”. Come dire che alla fine, se tutto andrà bene, i contribuenti italiani si faranno carico di 4,266 milioni di euro.

Il decreto ministeriale di approvazione del piano di acquisizione dei droni kamikaze è stato assegnato alle due Camere lo scorso 22 settembre; il termine massimo per ottenere il parere da parte delle Commissioni difesa di Camera e Senato è stato fissato per lunedì 15 novembre. Nell’atto di governo, si è scelto di indicare il nuovo sistema d’arma con il termine tecnico di munizioni a guida remota (Loitering Ammunitions), ma come spiega Milex, si tratta nei fatti di “piccoli droni armati, dotati di una testata esplosiva, che possono essere teleguidati contro l’obiettivo, anche a decine di chilometri di distanza”.

“Sono letali, precisi, rapidi e sicuri come i droni armati normali perché possono centrare bersagli fissi o anche in rapido movimento senza la necessità di truppe a terra e senza bisogno di aspettare il supporto aereo di elicotteri da attacco o cacciabombardieri esposti al fuoco nemico”, aggiunge l’Osservatorio sulle spese militari. “Questi droni, tuttavia, sono decisamente più versatili perché possono essere trasportati, lanciati e manovrati direttamente da piccole unità isolate di incursori. Ecco dunque perché vengono ritenuti un vero e proprio game changer per imprimere una svolta nella tattica militare e soprattutto abbassare di molto l’asticella delle remore all’uso della forza letale. Tanto più se viene fornita a forze speciali che conducono operazioni segrete”.

E’ lo Stato Maggiore della Difesa a specificare a quali reparti saranno affidati i nuovi droni kamikaze. Si tratta delle Forze speciali di Esercito, Marina, Aeronautica e Arma dei Carabinieri: rispettivamente il 9° Reggimento d’Assalto paracadutisti “Col Moschin”, il Gruppo Operativo Incursori del COMSUBIN, il 17° Stormo Incursori e il GIS - Gruppo Intervento Speciale. Dipendono tutti dal Cofs, il Comando interforze per le operazioni delle Forze speciali, costituito il 1° dicembre 2004 all’interno dell’aeroporto di Centocelle, Roma.

“Il programma di acquisizione in esame è da porre in relazione al particolare scenario nel quale sono chiamate ad operare le Unità del Comparto Operazioni Speciali della Difesa, caratterizzato dalla presenza di minacce spesso di natura fugace ed evasiva, difficili da localizzare ed ingaggiare”, scrive lo Stato Maggiore nella nota allegata allo schema di decreto  sottoposto al Parlamento. “Al riguardo si fa presente che in tale scenario operativo risulta di primaria importanza equipaggiare le Forze speciali con munizioni a guida remota in grado di assicurare la necessaria capacità di Sorveglianza, Ricognizione ed Ingaggio. Qualora le Unità di Forze Speciali si trovino sotto attacco ed il relativo personale risulti impossibilitato a reagire, le loitering ammunitions consentono di ingaggiare la minaccia senza costringere gli operatori ad esporsi ad essa (…) La finalità operativa del programma è dunque quella di garantire l’autodifesa delle unità di Forze Speciali isolate in teatri operativi, considerato anche il mutato scenario operativo in Iraq (Operazione Prima Parthica) e l’impiego delle unità in operazioni di intelligence”.

L’esplicito riferimento alla missione anti-ISIS per giustificare la costosissima commessa dei droni kamikaze ha giustamente allarmato i ricercatori di Milex.Il mutato scenario operativo in Iraq è riferito all’escalation di attacchi contro le truppe della Coalizione anti-Daesh e alla preannunciata revisione della missione con il suo passaggio sotto l’egida della Nato e che sulla carta resta non-combat ma che evidentemente non lo è più, almeno per le nostre forze speciali”, spiega l’Osservatorio.Per quanto riguarda invece le operazioni di intelligence, il pensiero va alla nuova missione anti-terrorismo Task Force Takuba in Mali, anche se si tratta di informazioni che solo il Copasir, il comitato parlamentare che controlla l’operato dei servizi segreti, potrebbe richiedere e possedere”.

Nella scheda tecnica lo Stato Maggiore indica il modello di munizioni a guida remota da acquisire: il sistema “Hero-30”, sviluppato dalla società israeliana UVision. “Hero-30 è costituito da un tubo che all’interno contiene un drone azionato e interamente comandato da un solo uomo”, spiega la Difesa. “La versione originale ha un peso 3 Kg circa con un range operativo che varia dai 5 ai 40 km, con una autonomia di volo di 30 minuti e azionato da un motore elettrico posteriore. Al riguardo si precisa che rispetto alle munizioni LA di classe superiore (definite anche strategiche), il modello UVision Hero-30, pur conservando le caratteristiche di facilità di utilizzo e minima manutenzione, è dotato di maggior flessibilità operativa esprimibile in termini di distanza d’impiego, maggiore play time sul target, maggiore qualità nei sensori, impostazione dell’angolo di attacco e ritardo della detonazione variabili in tempo reale anche durante il volo”.

Sempre secondo lo Stato Maggiore il sistema d’arma israeliano “soddisfa le caratteristiche di bassa emissività acustica, bassa visibilità e facilità di trasporto (in appositi zaini e velocemente assemblabili e smontabili), e possibilità di operare di giorno e di notte”. A seconda delle dimensioni e della missione da svolgere, le munizioni “Hero-30” di UVision potranno essere impiegate direttamente dalle forze speciali sul campo oppure operate da unità di supporto schierate a distanza, in una base o in uno specifico avamposto. “Grazie al sistema in esame – aggiunge la Difesa - sarà possibile effettuare la sorveglianza e mantenere la Situational Awareness in tutte le fasi che prevedano un intervento cinetico su un obiettivo; fornire supporto di fuoco mantenendo la consapevolezza della situazione e l’opportuna distanza di sicurezza; verificare il campo di battaglia rimanendo dietro la linea del fronte; garantire una cornice di sicurezza intorno ad una base operativa avanzata all’interno di un territorio ostile individuando una minaccia a distanza e conseguentemente ingaggiarla”.

Le forze armate italiane intendono acquisire nello specifico le munizioni israeliane “Hero-30” complete di testate esplosive e tubo lanciatore; gli inerti di UVision da addestramento, con paracadute di recupero; i relativi sistemi di controllo GCS. Prevedono inoltre di avvalersi di un pacchetto addestrativo completo per sei operatori, della durata di tre settimane, “da svolgersi in Israele presso la sede di UVision ubicata nella città di Tzur Igal, con 12 sortite con munizionamento inerte”, nonché di un pacchetto d’addestramento avanzato per quattro operatori della durata di due settimane, anch’esso da effettuarsi in Israele. L’azienda UVision fornirà inoltre il supporto logistico integrato, comprensivo di manutenzione basica e gestione/sostituzione di alcune parti di ricambio di consumo. “Trattandosi di munizioni, la manutenzione è prevista principalmente per la versione da addestramento a causa del ripetuto utilizzo in fase di simulazione”, specifica lo Stato Maggiore. L’intero programma si concluderà nel 2025.

“Non si presentano specifiche attività d’interazione con l’industria nazionale”, avverte in conclusione la Difesa. “Tuttavia vi sarà il coinvolgimento di una società appaltata per la manutenzione e riparazione di parti non funzionali del sistema e pertanto il settore industriale particolarmente interessato al programma è quello dell’elettronica e componentistica al dettaglio. L’impatto occupazionale viene pertanto limitato alla PMI nazionale coinvolta (…) ma ciò potrebbero fungere in prospettiva da stimolo iniziale per l’industria italiana ad occupare quote di mercato in un settore, quello delle Loitering Ammunition, di elevato interesse operativo”. Come rileva ancora Milex, è probabile che sarà l’azienda RWM Italia di Domusnovas (Sardegna) a svolgere le attività di manutenzione. “Pochi mesi fa l’amministratore delegato di RWM, Fabio Sgarzi, ha annunciato che stava concludendo un accordo con la UVision per il co-sviluppo e la co-produzione in Italia dei suoi droni kamikaze”, spiega l’Osservatorio sulle spese militari. “La RWM è l’azienda che produceva bombe aeree per la guerra di sauditi ed emirati arabi in Yemen e che ora, dopo il divieto di esportazione decretato dal governo Conte, è alla ricerca di nuovi business”.

Lo sviluppo e l’impiego nei teatri di guerra di questi nuovi sistemi di morte deve tanto al complesso militare-industriale israeliano. “I droni kamikaze o munizioni erranti, possono essere definite come sistemi d’arma a metà strada fra i droni armati e i missili da crociera, di cui mutuano alcune caratteristiche:  peculiarità numero uno delle loitering munitions è la loro insistenza sull’obiettivo, inferiore a quella dei droni, ma di gran lunga superiore a quella dei missili”, scrive il ricercatore Francesco Palmas che a queste munizioni ha dedicato un documentato articolo pubblicato da Analisi Difesa il 19 febbraio 2021. “Le loitering munitions hanno mosso i primi passi negli anni ’80 del secolo scorso, nell’ambito delle missioni SEAD, la soppressione delle difese aeree nemiche. Sono un concetto israeliano, maturato nel corso dell’operazione Drugstore contro il Libano, nella valle della Bekaa, nel giugno 1982”.

“Sono il frutto delle lezioni apprese dall’impiego dei droni come esche per attivare i radar delle batterie di difesa aerea siriane e fornire bersagli paganti ai missili antiradiazione degli aerei israeliani (…) Volevano eliminare l’OLP, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, dal Libano. Così il 9 giugno 1982, Israele lanciò l’operazione Artzav-19, inviando droni Mastiff per ingannare i radar siriani”, aggiunge l’analista. Dopo fu scatenato un attacco massiccio da parte dei cacciabombardieri israeliani che in poche ore annientarono tutte le batterie SAM e numerosi jet siriani.

“Pochi anni dopo, nel 1990, Israel Aerospace Industries (IAI) svelò al pubblico l’Harpy, una loitering munition capace di circuitare sei ore di seguito su una zona d'interesse”, spiega Francesco Palmas. “Regina dei droni-kamikaze e non solo, Israele pullula di aziende hi-tech. UVision Air Ltd.  è una referenza del settore con la serie delle munizioni circuitanti Hero-30, 70, 120,  250, 400EC, 900 e 1250, molto diffuse anche fra alcuni eserciti di punta della NATO”.

L’azienda israeliana con cui il governo italiano firmerà il contratto di 4 milioni di euro ha il proprio quartier generale nel “Sapir Industrial Park” di Zur Igal. Oltre alle loitering munition, enfatizzate dai manager di UVision come “soluzioni letali che rispondo alle richieste nei nuovi scenari di guerra”, vengono pure progettati e prodotti sistemi di guida e navigazione aerea, munizioni per “attacchi ad alta precisione” e stazioni C4 integrate con link e centri di telecomunicazione.

Presidente del Consiglio d’amministrazione di UVision Air Ltd. è l’ex generale Avi Mizrachi, già capo del Comando centrale delle forze armate israeliane e, dopo aver lasciato la divisa, responsabile vendite per l’area del sud-est asiatico di una delle aziende leader del complesso militare-industriale israeliano, Elbit Systems Ltd.. Vicepresidente è l’ingegnere Shlomo Hakim “con un’esperienza ventennale nel settore dei velivoli senza pilota e maggiore contribuente allo sviluppo della famiglia delle Hero loitering munition”, come riporta la sua biografia aziendale. Del Cda fa pure parte l’ex pilota colonnello dell’Aeronautica militare Zvika Alon, poi responsabile operative di RADA Electronic Industries Ltd. e direttore del settore ingegneria aeronautica di Israel Aerospace Industries per cui ha curato, tra l’altro il progetto “Lavi”, il caccia multiruolo operativo dal 1987 e utilizzato in tutte le operazioni di strike a Gaza, in Libano e in Siria.

Presidente del board dei direttori della società è l’ingegnere Yair Ramati, in precedenza responsabile dell’agenzia del governo israeliano preposta allo sviluppo e alla realizzazione dei sistemi di difesa missilistica e poi vicepresidente del gruppo aerospaziale IAI. Vicepresidente è invece il generale (in pensione) Agay Yehezkel, già a capo della Divisione pianificazione dello Stato maggiore israeliano. Nel board compare anche l’ingegnere Joseph Weiss, “esperto di sistemi missilistici e spaziali”, già capitano della Marina militare e presidente del Cda di Israel Aerospace Industries dal 2012 al 2018. Dulcis in fundo, tra i direttori di UVision c’è pure Yair Dubester, già manager generale IAI nella divisione droni, la più rinomata a livello mondiale per la produzione di velivoli da guerra a pilotaggio remoto.

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