Guerini: “Dopo omicidio Regeni ridotti i rapporti Italia-Egitto”. Ma non è vero
Lorenzo Guerini, ex sindaco democristiano di Lodi e poi deputato Pd e presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) dal 5 settembre 2019 è ministro della Difesa (governi Conte 2 e Draghi). Il 28 luglio 2020 è stato convocato dalla Commissione d’inchiesta sull’efferato omicidio di Giulio Regeni per rispondere sullo stato delle relazioni politico-militari tra l’Italia e l’Egitto del dittatore al-Sisi. Ricalcando il tenore delle precedenti audizioni degli uomini di governo vecchi e nuovi, Guerini ha tentato di tranquillizzare parlamentari e opinione pubblica. “In seguito all’omicidio di Regeni la Difesa, in completa sintonia e raccordo con le altre amministrazioni dello Stato, in primis con il Ministero per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, ha prontamente diradato il complesso delle relazioni bilaterali con l’omologo comparto egiziano”, ha esordito il ministro. “L’Egitto è un attore regionale imprescindibile e il suo ruolo è determinante per gli equilibri regionali dell’area mediterranea. Le nostre relazioni in ambito di difesa tengono conto delle esigenze nazionali di promuovere sinergie nell’ambito degli obiettivi condivisi relativi alla sicurezza marittima. Con il Cairo esiste un Accordo quadro difesa, ratificato nel 2003 ed entrato in vigore nel 2015. Ciononostante abbiamo provveduto a rarefare le nostre interazioni, visite, scambi di personale, attività addestrative congiunte, escludendo, già a partire dal 2017, quelle di potenziale attenzione mediatica soprattutto per la controparte, quelle di alto valore operativo con il coinvolgimento di assetti pregiati – intelligence e forze speciali – e tutte quelle in cui si potesse prefigurare un coinvolgimento di personale delle forze di polizia egiziane”.
Lorenzo Guerini ha spiegato che a
riprova di un netto raffreddamento dei
rapporti tra Italia ed Egitto in
esito al caso Regeni, sono stati sospesi gli incontri del Comitato tecnico
militare e industriale e che si sono svolti solo meeting di lavoro in formati più ridotti e informali senza il
coinvolgimento di autorità militari di vertice. “E’ stato compresso
consistentemente e progressivamente il numero delle attività congiunte,
portandole da una media di circa 35 annuali prima del caso Regeni alle 10 per
il 2020, nonché rivedendone la tipologia in senso fortemente restrittivo”, ha
concluso il ministro della Difesa. “Abbiamo pertanto circoscritto gli ambiti
della cooperazione a visite reciproche e scambi di esperienze con un focus particolare
sui settori non combat quali la ricerca e soccorso, la
formazione accademica del personale, la sorveglianza marittima e il controllo
dello spazio aereo”.
Tutto ok, dunque? In verità no se si
consultano i report del ministero dell’Interno e le note stampa dello Stato
Maggiore delle forze armate. Ciò che emerge infatti è che la collaborazione tra
Roma e il Cairo nel settore militare e del controllo dell’ordine pubblico non è
stata assolutamente ridimensionata dopo la morte del giovane ricercatore
italiano e i vergognosi depistaggi orditi dalle autorità egiziane per impedire
l’accertamento degli autori e dei mandanti del crimine. Nel 2016, l’anno della
morte di Regeni, ad esempio, i poliziotti di al-Sisi sono stati “ospiti” di
diversi centri della
Polizia in Italia per una decina di corsi
di formazione (alcuni di essi, a Brescia e a Nettuno, destinati anche ai funzionari
del National Security Sector del Cairo). Sempre nel
2016, la Polizia italiana ha inviato in Egitto un migliaio tra computer e
stampanti e 20 apparati Phone Forensic Express.
Nel
gennaio 2018, previo addestramento in Italia dei piloti egiziani, iniziava la
consegna all’Egitto di quattro elicotteri AgustaWestland
già in uso alla Polizia di Stato, mentre il 19 marzo dello stesso anno prendeva
il via presso l’Accademia di Polizia del Cairo il Progetto ITEPA (International Training at Egyptian Police
Academy) per la “formazione nel
settore del controllo delle frontiere e
della gestione dei flussi migratori” delle forze di polizia egiziane di altri
21 paesi africani. Questo progetto è stato finanziato con fondi del Ministero
dell’Interno e dell’Unione europea e cogestito da dirigenti delle forze di
polizia di Italia ed Egitto. Itepa si è concluso il 27 novembre
2019 a Roma con l’impegno dei due partner a rafforzare la
cooperazione nel biennio 2020-21 e promuovere un secondo ciclo
addestrativo-formativo presso l’Accademia di Polizia della capitale egiziana.
Di rilievo
anche le attività di interscambio e cooperazione tra il Comando Generale del Corpo
delle Capitanerie di porto e la Guardia Costiera egiziana. Dal 13 al 16 novembre
2017, una delegazione di ufficiali italiani ha fatto visita al Comando della 1^ Coastal Patrol Brigade di Alessandria d’Egitto. “Nell’ambito
del meeting è stata discussa la possibilità, per l’Egitto, di partecipare a gemellaggi
promossi da Agenzie specializzate dell’Unione Europea in favore dei Paesi non
membri”, riporta la nota del Comando italiano. “Inoltre, l’incontro ha
costituito occasione favorevole per illustrare ai rappresentanti della marina
egiziana gli obiettivi del progetto Libyan Maritime Rescue
Coordination Centre, finanziato dall’Unione Europea e condotto dalla
Guardia Costiera italiana a favore delle istituzioni libiche”.
Il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie
di Porto si è recato nuovamente in visita ad Alessandria d’Egitto dal
25 al 27 giugno 2018. “La delegazione egiziana ha rappresentato i compiti e le
capacità operative della 1^ Coastal
Patrol Brigade, tra cui le attività di contrasto al traffico di migranti”,
annota il Comando italiano. “I colloqui, che si collocano all’interno dei Piani
di Cooperazione militare bilaterale sottoscritti dall’Amministrazione Difesa,
si sono svolti in un clima di fattiva collaborazione e reciproca volontà di
rafforzare gli scambi di esperienze nel settore della ricerca e soccorso in
mare”.
Tre giorni dopo la conclusione della visita
ufficiale in Egitto, l’allora ministra della difesa, Elisabetta Trenta (M5S), s’incontrava
a Roma con l’Ambasciatore della Repubblica Araba d’Egitto, Hisham Mohamed
Moustafa Badr. “L’Italia reputa
l’Egitto un partner ineludibile nel Mediterraneo, affinché quest’area raggiunga
un assetto stabile, pacifico e libero dalla presenza terroristica”,
dichiarava la ministra. “Nel corso dell’incontro è stato evidenziato
l’intendimento del governo italiano a rafforzare la collaborazione esistente
tra i due Paesi”, aggiungeva lo Stato Maggiore della difesa. “Si è parlato inoltre
della situazione in Libia e del caso Regeni per il quale, stante il positivo
esito della cooperazione tra le Autorità giudiziarie dei due Paesi, è stata
auspicata una rapida svolta”. Restano ignoti gli elementi in possesso del
dicastero della Difesa per esprimere siffatto ottimismo sulla volontà degli
egiziani a far luce sull’omicidio del ricercatore.
Il 13 agosto 2018 era la nuova fregata multimissione (Fremm) “Carlo
Margottini” della Marina Militare a recarsi ad Alessandria d’Egitto per
svolgere con la Marina egiziana “un breve ma intenso addestramento, che ha
permesso al personale delle due fregate di misurarsi in un contesto
multinazionale”. La sosta in Egitto era consacrata da un incontro di vertice tra
il Comandante in Capo della Squadra Navale, l’ammiraglio Donato Marzano e il Comandante
della Marina egiziana, ammiraglio Ahmed
Kaled Hassan. “L’Italia e l’Egitto sono come due entità che si
affacciano sullo stesso lago del
quale ne condividono le sorti. Con queste parole il comandante della Marina
Militare egiziana ha espresso sentimenti di vicinanza e profonda stima e
ammirazione per quello che ogni giorno gli uomini e le donne della Marina
Militare italiana fanno”, si legge nella nota emessa dallo Stato Maggiore della
difesa.
Come sempre avviene in questi casi,
l’esercitazione ha fatto da vetrina alle eccellenze
belliche delle due parti, l’unità anfibia ENS Anwar El
Sadat (classe Mistral), la corvetta El Fateh (classe Gowind)
e la fregata multi missione ENS
Misr della Marina egiziana e la Fremm italiana. “La nave Margottini è
stata impegnata in manovra nelle acque antistanti il porto di Alessandria ed ha
rilasciato il team della Brigata Marina San Marco sull’unità Tahya Misr dall’elicottero
SH-90 italiano”, annota la Marina. “L’opportunità addestrativa ha permesso
altresì ai team specialistici egiziani di condurre una simulazione di boarding cooperativo
a bordo del Margottini, durante il quale i militari hanno simulato un’ispezione
ad un mercantile. Ciò ha permesso al personale delle due fregate di accrescere
l’interoperabilità delle unità partecipanti”.
In verità ad Alessandria d’Egitto
era giunta ben otto mesi prima un’altra unità da guerra, il cacciatorpediniere “Andrea
Doria”, risultando la prima nave militare
italiana a fare ingresso nel sorgitore egiziano dopo circa sette anni, come
riportava enfaticamente lo Stato Maggiore della Difesa. Numerosi gli incontri e
gli eventi formativi svolti nel corso
della sosta del cacciatorpediniere (dal 14 al 18 dicembre 2017). “Il legame
storico e culturale tra l’Italia e l’Egitto è stato evidenziato anche nel corso
di altri eventi, che hanno visto la presenza dell’ambasciatore italiano al
Cairo, Gianpaolo Cantini e del comandante della Northern Fleet Egiziana, R. A.
Admiral Gamal Ebrahim”, aggiunge la Difesa. “La visita è culminata con
un’esercitazione congiunta in mare, durante la quale la condivisione di
procedure ed esperienze tra l’Andrea Doria e l’unità egiziana El Fateh ha
rappresentato il segno tangibile della cooperazione tra la Marina
Militare e una delle marine maggiormente in espansione nell’area orientale
del bacino del Mar Mediterraneo”.
Ottimi partner ma ancor più ottimi clienti, i
militari egiziani, così il 28 gennaio 2019, ancora
una volta la Fremm “Margottini” approdava in Egitto a Port Said prima di
recarsi in missione a Gibuti. C’è da scommettere che proprio in quell’occasione
maturò tra le autorità egiziane la convinzione di acquistare questa versione di
fregata multimissione (classe Bergamini),
prodotta negli stabilimenti liguri dell’holding Fincantieri S.p.A.. La prima
delle due unità ordinate è stata consegnata a fine dicembre 2020 dopo due mesi
di intense attività addestrative dei militari egiziani a La Spezia, condotte
dal personale della Marina italiana e Fincantieri.
Relazioni eccellenti anche quelle
tra l’Aeronautica militare e l’Egyptian Air Force. Il 22 novembre 2018 una
delegazione della forza aerea egiziana, accompagnata da rappresentanti del
gruppo militare-industriale Leonardo S.p.A., si recava in visita al 61° Stormo
e alla Scuola internazionale di volo con sede nell’aeroporto di Galatina (Lecce).
“La delegazione egiziana ha avuto modo di conoscere le principali strutture addestrative
dei piloti destinati alle linee da combattimento che si svolge sul sistema
T-346 (il nuovo cacci-addestratore prodotto da Leonardo e venduto anche ad Israele,
NdA) e che consentono ai piloti di
operare simultaneamente, e in modo combinato, in volo reale e sulle varie
tipologie di simulatori”, riferiva l’Aeronautica italiana. “Queste
capacità sono state testate proprio nel corso della visita durante una missione
di volo in coppia tra il Full Mission
Simulator, ai comandi di un ufficiale egiziano e un velivolo in volo reale,
pilotato da un istruttore del 61° Stormo, con a bordo un altro pilota egiziano”.
Ovviamente il tutto con la speranza di poter vendere prima possibile al regime
di al-Sisi anche i caccia ed altri velivoli da guerra made in Italy.
Dulcis in fundo le attività addestrative
italo-egiziane implementate nell’ambito del cosiddetto Science for Peace and Security Programme e del Dialogo Mediterraneo della NATO.
L’Egitto è un partner strategico dell’Alleanza atlantica specie nei settori
dell’anti-terrorismo, dell’individuazione e disattivazione di mine ed altri
ordigni inesplosi e della “difesa” dagli attacchi NRBC
(nucleari-radiologici-chimici-batteriologici). “Italia ed Egitto hanno
completato nel 2019 un programma congiunto per l’individuazione degli effetti
dell’esposizione alle radiazioni in caso di un’emergenza nucleare e delle
contro-misure e dei trattamenti che possono essere predisposti”, rivela un
recentissimo dossier dello Science for
Peace and Security Programme della
NATO. “Quanto scoperto da questo progetto sarà integrato nella strategia di
gestione delle emergenze dei due paesi partecipanti, e possibilmente da altri
membri della NATO”.
La stretta
collaborazione di Italia ed Egito in ambito nucleare-chimico-batteriologico è
stata tenuta top secret dal governo italiano, così come non si sapeva nulla –
prima della pubblicazione del dossier NATO -
di un meeting delle forze armate dei due paesi tenutosi a Roma dal 25 al
27 maggio 2016, titolo Advanced Research
Workshop (ARW). L’incontro, secondo Bruxelles, è servito allo scambio di buone pratiche “nel settore della
sicurezza delle frontiere e dei porti, particolarmente nel contesto della
logistica e movimentazione di container, dove persiste il rischio delle minacce
NRBC e del traffic illecito”. “Gli esperti – conclude la NATO - hanno discusso
le modalità per migliorare la sicurezza dei container e contrastare il trasporto
di materiali ed armi NRBC che potrebbero essere utilizzati in attacchi
terroristici”. E meno male che con l’Egitto di al-Sisi avevamo diradato e
ridotto l’insostenibile relationship…
Articolo pubblicato in Africa ExPress il 23 marzo 2021, https://www.africa-express.info/2021/03/23/guerini-sostiene-dopo-omicidio-regeni-ridotti-i-rapporti-italia-egitto-ma-non-e-vero/
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