Condizionare il vaccino all’accettazione del trattamento dei dati sensibili è contrario ai principi costituzionali
Un pasticciaccio colossale quello del trattamento di milioni di dati personali “sensibili” dei cittadini italiani che in queste settimane hanno deciso di sottoporsi alla somministrazione del vaccino anti-Covid19. Mentre alcune regioni non sembrano aver fornito tutte le informazioni necessarie sul titolare responsabile del trattamento e sulle modalità con cui i dati sensibili sono informatizzati ed eventualmente trasferiti a istituzioni pubbliche e soggetti privati terzi, altre regioni, Sicilia in testa, richiedono il consenso su un modulo palesemente illegittimo e profondamente lesivo di fondamentali diritti costituzionalmente protetti. Ne abbiamo parlato ieri (vedi: http://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2021/03/invitalia-il-grande-fratello-dei-vaccini.html) rilevando inoltre un’altra gravissima anomalia, quella relativa al “responsabile del trattamento dati” espressamente indicato dalla Regione Sicilia (ma ciò vale anche per Abruzzo e Calabria), INVITALIA SpA”, cioè l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, società partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
In serata l’Ufficio stampa di INVITALIA ci ha inviato una
nota che smentisce le informazioni rese dalle istituzioni regionali preposte
alle vaccinazioni. “INVITALIA
mai è stata individuata quale Responsabile del trattamento ai sensi DEL Reg. UE
679/2016”, spiega l’Ufficio stampa della società a capitale pubblico. “Infatti,
ad ogni Regione che intendesse aderire al sistema di piattaforma nazionale
centrale per l’anagrafe dei vaccinati (gestita da Poste Italiane ai sensi del
D.L. 2/2021) è stato perfettamente delineato che il Titolare del Trattamento
fosse la Regione aderente ed il Responsabile il Commissario Straordinario (con
nomina di Poste Italiane a Sub Responsabile). In ogni caso, a seguito della
nomina del nuovo Commissario del 2 marzo 2021, la responsabilità del trattamento
è traslata a quest’ultimo. Ringraziandola per la segnalazione, procederemo a comunicare alla
Regione Sicilia la questione, invitandola a rettificare il Modulo in quanto non
coerente con le disposizioni di legge citate".
Sarebbe dunque il generale di corpo d’armata Francesco Paolo
Figliuolo, neocommissario straordinario per l’emergenza Covid, il titolare del
trattamento degli innumerevoli dati “sensibili” carpiti a coloro che intendono
vaccinarsi con un modulo che la stessa INVITALIA definisce “non coerente alle
disposizioni di legge” e che però continua ad essere somministrato come conditio sine qua non per poter ottenere
il vaccino. Sulle assai discutibili modalità con cui vengono assunti e trattati
i dati personali sensibili di coloro che si stanno vaccinando in Italia ne
abbiamo parlato con l’avvocato Giancarlo Cipolla del foro di Milano, esperto di
diritto internazionale e che dall’inizio della pandemia ha più volte denunciato
pubblicamente anomalie e inefficienze nella gestione dell’emergenza.
Avvocato Cipolla, alle
persone chiamate a vaccinarsi in queste settimane contro il Covid19 è stato
richiesto di firmare, tra l’altro, un modulo (A) per il consenso al trattamento
dati personali e una scheda anamnestica con un lungo questionario (C). Abbiamo
accertato che il modulo A è stato somministrato perlomeno in Abruzzo, Sicilia e
Calabria, mentre la scheda/questionario C è la stessa in quasi tutte le Regioni
d’Italia. Ci ha colpito in particolare che al punto 3 del modulo di consenso
venga riportato che “il conferimento dei dati è OBBLIGATORIO per registrare
l’avvenuta somministrazione del vaccino Anti-Covid19 verso il Sistema Sanitario
Nazionale e che l’eventuale rifiuto di fornire tali dati comporterebbe la
mancata prosecuzione del rapporto”. Ci sembra di capire che nel caso in cui si
rifiutasse di firmare il consenso al trattamento dei dati o – secondo quanto
contemplato dal Regolamento (UE) 2016/679 (DGPR) – si richiedesse la revoca al
trattamento, per esempio tra la prima e la seconda dose del vaccino, la sua
somministrazione potrebbe essere negata. Abbiamo compreso bene e ciò rispetta
le normative vigenti?
La obbligatorietà del consenso sembra portare alle
conclusioni da lei paventate. Nel prevedere che l’eventuale rifiuto al
trattamento dei dati comporta la “mancata prosecuzione del rapporto”, il punto
3 del modulo sembrerebbe effettivamente precludere l’esecuzione della
prestazione sanitaria laddove il consenso non venga espresso. Se così fosse,
tale previsione si porrebbe certamente in contrasto con il Regolamento (UE)
2016/679 (GDPR), peraltro richiamato nello stesso modulo. Secondo l’art. 6 del
GDPR, infatti, il consenso rappresenta una delle condizioni di liceità per il
trattamento dei dati personali a patto che sia libero e l’art. 7 stabilisce
che, al fine di valutare detta libertà, si deve tenere nella massima
considerazione l’eventualità che l’esecuzione di un contratto sia condizionata
alla prestazione del consenso al trattamento di dati personali non necessario
all’esecuzione di tale contratto. In altre parole, come ulteriormente
specificato dall’art. 42 del GDPR, il consenso non può ritersi libero se chi lo
presta non è in grado di operare una scelta autenticamente libera o si trova
nell’impossibilità di rifiutare o revocare il consenso senza subire
pregiudizio.
Nel caso di specie, il pregiudizio c’è ed è evidente, posto
che il rifiuto al trattamento dei dati personali equivale alla mancata
somministrazione del vaccino e, dunque, al rischio di contrarre una patologia
potenzialmente letale. Inoltre, nelle Linee Guida sul consenso ai sensi del
GDPR, approvate anche dall’European Data Board, si legge che “il consenso può costituire la base
legittima appropriata solo se all’interessato vengono offerti il controllo e
l’effettiva possibilità di scegliere se accettare o meno i termini proposti o
rifiutarli senza subire pregiudizio”. Dette linee guida precisano quindi
che qualsiasi forma di condizionamento del consenso, azione di pressione o
influenza inappropriata sull’esercizio della volontà dell’interessato, compresa
anche l’eventualità che il consenso sia parte non negoziabile delle condizioni
generali di contratto/servizio, rende il consenso invalido.
L’interruzione della
prestazione del servizio di vaccinazione, non comporta comunque una grave
lesione di un diritto fondamentale, quello alla difesa e promozione della
salute della persona?
Ritengo di sì.
La somministrazione vaccinale ad oggi costituisce la via
principale per sconfiggere la diffusione del Covid-19 e dunque per
salvaguardare la vita e la salute di tutti i cittadini.
Condizionare una prestazione vitale per il cittadino alla previa
accettazione del trattamento dei suoi dati rappresenta uno strumento di
pressione lesivo dell’autodeterminazione del soggetto e contrario ai principi
costituzionali e dell’ordinamento europeo.
Al punto 4 del modulo
del consenso si riporta che “i dati potranno essere/saranno comunicati al
Servizio Sanitario Nazionale e al Ministero della Salute. Il trattamento
riguarderà anche dati personali rientranti nel novero dei dati sensibili, vale a dire dati idonei a
rivelare lo stato di salute del soggetto vaccinato. I dati sanitari potranno
essere trattati da centri medici specializzati nel valutare l’idoneità alla
vaccinazione”. Come possiamo interpretare l’inedita formula del “potranno
essere/saranno”? Ci si aspetterebbe che proprio i dati “sensibili” sullo stato
di salute dovrebbero essere a disposizione automaticamente del Sistema
Sanitario…
La formula “potranno essere/saranno comunicati” lascerebbe
intendere la sussistenza di un potere discrezionale da parte del soggetto al
quale i dati personali vengono forniti, ma è solo un’ipotesi.
Quanto al fatto che i dati sensibili relativi allo stato di
salute siano automaticamente a disposizione del SSN, occorre considerare che
alcune domande del questionario C fanno riferimento a condizioni/informazioni
delle quali non necessariamente il Sistema Sanitario è in possesso.
Non sarebbe stato
doveroso o perlomeno opportuno specificare a quali “centri medici
specializzati” potranno essere trasferiti i dati personali “sensibili”, la
modalità di tale trasferimento e l’eventuale successiva trattazione dei
medesimi da parte di questi soggetti terzi?
Sarebbe stato opportuno e, a mio parere, anche doveroso.
Soprattutto in considerazione della mole e della natura dei
dati sensibili forniti mediante la compilazione del questionario C. Tra questi,
infatti, figurano non solo informazioni relative alle condizioni di salute
odierne e le eventuali malattie pregresse, ma anche dati strettamente personali
che esulano dalla condizione sanitaria del soggetto, quali – ad esempio – informazioni
in ordine ai soggetti conviventi o l’intenzione di programmare una gravidanza nel
mese successivo alla somministrazione del vaccino.
Sulla base dei moduli
sottoscritti dai vaccinati, quali dati “sensibili” sanitari si può supporre che
verranno trattati ed eventualmente trasferiti a soggetti terzi? È ipotizzabile
che anche le informazioni, innumerevoli e delicate, del modulo C possono essere
utilizzati informatizzati dal soggetto responsabile del trattamento?
Prestando il consenso, tutti i dati forniti sono
potenzialmente suscettibili di essere trattati e trasferiti ai soggetti terzi
indicati nel modulo.
Come può il singolo
cittadino tutelare i propri diritti costituzionali e legittimi (privacy, ecc.)
di fronte a richieste e comportamenti in essere come quelli sopra riportati? E
quale dovrebbe essere il ruolo del Garante nazionale per la protezione dei dati
personali?
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