Rischio contagi Covid nelle scuole italiane? Mandiamoci le Forze armate…
Inutile prendersi in giro. Stato e Regioni non intendono investire un euro per mettere a disposizione degli istituti scolastici medici e infermieri per monitorare i possibili rischi di contagio da Covid-19 tra gli studenti e gli insegnanti e consentire attività didattiche in presenza più regolari e più sicure. Che fare dunque? La proposta più gettonata al vaglio dell’esecutivo Draghi è quella di istituire task force di medici militari per il pronto intervento in caso di focolai nelle scuole di ogni ordine a grado. Così, dopo i controlli dell’esercito davanti agli ingressi degli istituti per impedire gli assembramenti di genitori e alunni, ecco ancora una misura funzionale al processo di militarizzazione della sanità e del sistema educativo-scolastico.
Autore della proposta di impiegare nelle scuole i militari
con le stellette il dottore Agostino Miozzo, da un anno coordinatore del Comitato tecnico
scientifico (Cts) della Presidenza del Consiglio. Sollecitato dal neoministro
dell’istruzione, l’economista Patrizio Bianchi, Miozzo ha spiegato che il
migliore supporto della Protezione Civile per non chiudere le scuole potrebbero
essere le “unità mobili” con le forze armate, in grado di offrire sempre una forte specializzazione medica. Come
anticipato dal quotidiano la Repubblica
e da Oggiscuola.com, il coordinatore
del Cts avrebbe illustrato al ministro Bianchi i punti chiave del piano
strategico da varare prima che esploda la terza ondata della pandemia. “Con le nuove varianti c’è
il sensato rischio che si riapra un ciclo di chiusure degli istituti
scolastici”, ha dichiarato Agostino Miozzo. E data l’impossibilità (leggi: lo scarso impegno) di impiegare in tempi rapidi
i medici delle Asl per i controlli anti-Covid, ecco allora essere “più efficace allestire unità mobili di
pronto intervento sanitari della Protezione
civile e dell’Esercito, capaci di intervenire nella stessa mattinata
nell’edificio scolastico dove si segnala un cluster di coronavirus per identificarlo, circoscriverlo e avviare
in tempi immediati i tamponi necessari per dare certezze a studenti e docenti e
non chiudere l’intera struttura scolastica”. Insomma una task force per
tamponare, distanziare e contenere, riproducendo nelle scuole le strategie
CIMIC (cioè civile-militare) adottate in tutti gli scenari di conflitto bellico,
con la Protezione civile sempre meno
civile e più militare, autoritaria, gerarchizzata e centralizzata.
L’idea di disporre di medici e
infermieri con le stellette per effettuare tamponi rapidi in caso di focolai
nelle scuole, non è nuova. Nel corso di un’intervista all’agenzia Dire, il 7 novembre 2020, ancora
Agostino Miozzo aveva dichiarato che “le scuole rappresentano un rischio calcolato
e monitorato” e che ne andava assolutamente evitata la chiusura “in un contesto
dove non ci sia un vero lockdown”. “Nelle ore scolastiche gli studenti e i
professori sono obbligati a seguire dei comportamenti”, aveva aggiunto il
coordinatore del Comitato tecnico scientifico. “I rischi sono indubbiamente
maggiori all’esterno, prima e dopo la scuola, perché è fuori la scuola che le
comunicazioni sono superflue, superficiali e viziate dai social media. Per
garantire alla scuola di funzionare bisogna fare più tamponi, verifiche e
monitoraggio. Occorre attivare un sistema di sorveglianza al suo interno per
verificare e bloccare i casi, i cluster e tutte le situazioni che dovessero
emergere”. Al tempo Miozzo non si soffermò sulle modalità dei controlli da
realizzare all’interno delle istituzioni scolastiche, ma suggerì come ampliare
la somministrazione di tamponi tra la popolazione: “Oggi arriviamo a farne più
di 200mila al giorno e abbiamo una potenzialità ancora maggiore. Il problema è
di carattere organizzativo: è inaccettabile vedere gente in coda 8-10 ore ai Drive in per fare un tampone. Bisognava
prevedere più punti di tamponatura con l’aiuto di gruppi dell’Esercito, della
Difesa, di medici o infermieri delle organizzazione di volontariato e della
Croce rossa”. In verità al programma di tamponamento di massa, le forze armate concorrevano
sin dal mese di ottobre con l’Operazione
Igea, grazie ai Drive Thorugh della Difesa predisposti in tutto il territorio nazionale. I risultati numerici conseguiti? Sinceramente deludenti, se non
insignificanti. Dal 23 ottobre 2020 al 18 febbraio 2021, i 147 Drive Through Difesa istituiti (sui 200
previsti originariamente) hanno eseguito circa 1.500.000 tamponi tra molecolari e rapidi. Come dire poco più di 11.000 tamponi al giorno
(“su una capacità massima esprimibile fino
a 30.000 test”), contro i non meno di 280.000 tamponi assicurati
quotidianamente dal sistema sanitario nazionale.
Per Agostino Miozzo l’esercito è
onnipotente e onnivalente. Può presidiare strade, piazze, porti, aeroporti e
frontiere; imporre il coprifuoco; somministrare tamponi e vaccini;
bio-contenere insegnanti e studenti positivi.
E perfino regolare l’afflusso delle famiglie nei ristoranti e nelle pizzerie.
“Dobbiamo mantenere un equilibrio tra le necessità di alcune settori e i rischi
legati alla pandemia, come nel caso della riapertura dei ristoranti la sera, che sarebbe possibile se
solo fossimo in grado di garantire un rigoroso
meccanismo di controlli,
con il contributo anche dell’Esercito”, ha dichiarato Miozzo a la Repubblica,
qualche settimana fa. “Mi sono attirato le ire di molti
amministratori locali che si sono visti imputare la responsabilità del mancato controllo per gli
assembramenti. Ma è quello che chiederei al governo: un controllo efficace del
territorio almeno per i prossimi due o tre mesi, con il contributo anche dell’Esercito, forze dell’ordine, polizia locale che stanno
già facendo un lavoro straordinario. Basta vedere una divisa che agisca nei
luoghi a rischio per scongiurare
comportamenti irresponsabili”.
La figura e il lavoro di Agostino Miozzo sono particolarmente
apprezzati dalle forze armate. Il 13 marzo 2019, il Comando Genio dell’Esercito
lo ha voluto come relatore alla giornata
di studio su Risk management e
salvaguardia del territorio, presenti anche il Comandante delle Forze Operative Terrestri di Supporto, gen. Giuseppenicola
Tota e il Capo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, Fabio Dattilo. “Le
autorità intervenute ai lavori hanno sottolineato l’importanza di una sinergia
tra le varie articolazioni dell’apparato di soccorso in caso di emergenza
nazionale con specifico riferimento agli addestramenti congiunti e alla
necessità di standardizzare le procedure d’intervento al fine di accrescere
l’interoperabilità e garantire la migliore efficacia degli interventi”, riporta
la nota stampa dello Stato maggiore dell’Esercito italiano. “I diversi
argomenti trattati hanno sottolineato, ancora una volta, l’importanza della
capacità dual-use dei reparti Genio,
che, oltre all’impiego operativo nelle missioni internazionali, sono in grado
d’intervenire nei casi di pubbliche calamità ed utilità, in ogni momento, su
tutto il territorio italiano a supporto della comunità nazionale”.
A fine gennaio 2020
Agostino Miozzo è stato invece relatore al convegno su La protezione civile e l’interazione con le
Forze Armate, organizzato dalla Scuola di Applicazione dell’Esercito di
Torino. “Il Generale Salvatore Cuoci,
Comandante dell’Istituto di Formazione ha evidenziato come sia necessario
lavorare costantemente nella diffusione della cultura di protezione civile al
fine di rendere la sinergia tra Esercito e Protezione Civile sempre più
efficiente per la salvaguardia e il benessere del paese”, annota lo Stato
Maggiore. “Il relatore Agostino Miozzo è direttore dell’Ufficio Promozione e
Integrazione del Servizio Civile del Dipartimento della Protezione Civile,
struttura che opera in stretta coordinazione con tutte le Forze Armate e gli
assetti nazionali e che interviene nei casi di emergenza. Nel suo intervento,
il dottor Miozzo ha rilevato che i principali interventi di protezione civile
negli eventi calamitosi (terremoti, alluvioni, incendi e frane) che hanno
colpito l’Italia negli ultimi vent’anni hanno visto l’Esercito presenza
costante e determinante sia nelle fasi iniziali di soccorso alla popolazione
civile sia nel successivo processo di normalizzazione e assistenza”.
Prima di essere
nominato coordinatore del Comitato tecnico scientifico, Agostino Miozzo ha
ricoperto diversi incarichi per conto del Governo. Dal 9 gennaio al
25 luglio 2018 ha partecipato alla “ricerca sulle implicazioni dei processi migratori
e di protezione civile europei nell’assistenza dei migranti”, promossa dalla Protezione
civile, mentre nel biennio 2015-16 è
stato incaricato dal Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza
del Consiglio “per la predisposizione del Rapporto annuale in materia di
politiche antidroga e l’organizzazione di convegni internazionali sul tema del
consumo di sostanze stupefacenti in particolare nei paesi di transito delle
rotte della droga e nei paesi coinvolti nelle primavere arabe”.
Dal 2002 al 2010 Miozzo è stato direttore
generale dell’Ufficio volontariato e relazioni internazionali del Dipartimento
della Protezione Civile, al tempo capitanato da Guido Bertolaso. “In questa qualità ho rappresentato il governo italiano
presso l’Unione europea, le agenzie delle Nazioni Unite, la Banca Mondiale e di
altre rilevanti organizzazioni internazionali come la NATO e l’OECD”, scrive Miozzo nel suo
curriculum vitae. “Sono stato anche responsabile per le relazioni
internazionali per l’organizzazione del Summit NATO/Russia alla Conferenza
intergovernativa tenutasi a Roma nel 2002 e al G8 Summit nel 2009”.
Agostino Miozzo ha anche ricoperto dal 2010 al 2014 il ruolo
di direttore generale del Coordinamento
Operativo delle Riposte in caso di Crisi dell’External Action Service dell’Unione europea, “collaborando con le
strutture militari, i servizi di intelligence dell’UE, degli Stati Membri, del
Parlamento europeo e della Commissione Europea”. Nel curriculum pure l’incarico
di “responsabile delle relazioni internazionali e curatore di corsi di
formazione ai volontari” della prestigiosa organizzazione non governativa Emergency
Italia (2017-18). “Nel corso di
questo periodo ho seguito progetti in numerosi paesi che vivono in situazioni
di conflitto, crisi sociali, migratorie e umanitarie, in particolare in Sudan,
Repubblica Centro Africa, Kurdistan Iracheno, Libia”, annota Miozzo. Le ragioni
della breve parentesi “umanitaria” sono state spiegate in un’intervista a Libero.Quotidiano.it, il 23 gennaio
2017, una ventina di giorni dopo la firma del contratto con l’ONG. “Quando sono
tornato in Italia nel 2015, dopo decenni di esperienza nel settore delle
emergenze, il governo ha deciso che mi dovessi occupare di droga, in un ufficio
con scarsi mezzi e senza possibilità di impatto sul tema delle
tossicodipendenze”, esordiva Miozzo. “Dopo un anno e mezzo di lavoro poco
soddisfacente ho accettato l’invito di Gino Strada a entrare in Emergency. Mi occuperò
di seguire la campagna per l’abolizione della guerra, un obiettivo cui
Emergency sta lavorando e che mi convince molto. Dalla caduta del muro di
Berlino a oggi ho vissuto in prima persona tutte le cosiddette guerre
umanitarie fatte per esportare i nostri modelli sociali e di democrazia e mi
sono reso conto che tutte le guerre che abbiamo combattuto, nessuna esclusa,
sono state fallimenti che hanno aggravato e mai risolto i gravi problemi che
avevano generato i conflitti”.
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