Il clan Romeo-Santapaola pigliatutto. Combine, calcio-scommesse e progetti anti-ludopatie…
“Emerge dalle indagini un dato di dubbio interesse: alla presunta
delocalizzazione dell’intimidazione si sposa un cambio graduale delle attività
di esercizio. Il livello più alto è ovviamente il settore economico, il settore
imprenditoriale e settori di alto rilievo come quello dei finanziamenti
pubblici statali ed europei ed i lavori pubblici. Ma oggi è business di alto livello anche il
settore dei giochi e delle scommesse, piccole imprese e supermarket, lidi.
Insomma ambiti popolari e lucrosi con attività illecite più facilmente
occultabili, rispetto ai reati tipici delle associazioni mafiose che possono
sfociare in fatti di sangue o comunque in comportamenti che destano allarme
sociale”. E’ quanto riporta il Giudice delle Indagini preliminari del Tribunale
di Messina nella maxi-ordinanza di applicazione di misure cautelari nei
confronti dei presunti appartenenti e supporter della famiglia mafiosa dei
Romeo-Santapaola, nell’ambito dell’inchiesta
Beta avviata dal R.O.S. - Raggruppamento Operativo Speciale dell’Arma dei
Carabinieri. I magistrati offrono sul punto un dato oggettivo emerso nel corso
delle lunghe indagini: tra le nuove frontiere delle cosche c’è il controllo dei
bingo e dei centri scommesse online, delle macchinette mangiasoldi imposte in
centinaia di esercizi commerciali in alternativa e/o congiuntamente al
consolidato strumento del pizzo estorsivo e perfino quello degli eventi
sportivi per alterare partite, campionati
e meccanismi vincita. “Da un lato la nuova mafia punta ad invadere settori
nuovi con capacità di condizionamento degli eventi”, riporta il R.O.S. dei
Carabinieri nell’informativa Beta. “Il sodalizio, anche nella specifica materia
delle scommesse sugli eventi calcistici, al fine di massimizzare i profitti
poteva contare da anni su un sistema ormai consolidato di combine anche nella massima serie italiana”. A tal proposito sono state prodotte
le intercettazioni intercorse il 9 giugno 2015 tra F.L. (al tempo
dipendente dell’impresa Start S.r.l. attiva nel settore delle scommesse e
riconducibile al presunto boss Vincenzo Romeo) e Giuseppe Verde, addetto alla
manutenzione tecnica sulle macchine elettroniche utilizzate per la raccolta
delle scommesse. “F.L. – annota il R.O.S. - raccontava al complice che nel 2010 la famiglia
mafiosa per conto della quale entrambi operavano aveva dato indicazioni per
scommettere sul pareggio per uno a uno nella partita di serie A Chievo–Catania; risultato poi
effettivamente verificatosi nella 29° giornata del campionato di calcio, in
data 21 marzo 2010”. Con
tutto lo schifo che c’è… a parte il fatto che è difficile vincere con le
schedine…, lamentava F.L. Ma
poi con tutte le porcherie che ci sono… Purtroppo i soldi hanno rovinato il
vero calcio, pure quella parte buona di
calcio che era rimasta sana… L’hanno rovinata… La Juventus, è vero comandava
Moggi tutte le cose… ma non è che gli altri stavano a guardare… Nel 2010, noi…
la famiglia… noi… Chievo-Catania 1 a 1… anzi Catania-Chievo 1 a 1, scusami…
Giravamo Messina per giocare… quando avevamo Intralot… “Si tratta di una
rivelazione riscontrata in modo formidabile anche da ciò che può apprendersi da
fonti aperte (vedi il Corriere dello Sport
del 22 marzo 2010), che avevano già denunciato il flusso anomalo di scommesse
proprio sulla partita citata nell’intercettazione, gara che avrebbe
letteralmente dissanguato le agenzie di scommesse inglesi, oltre a quelle
italiane”, annotano gli inquirenti. “Dal comportamento degli scommettitori si
desumeva chiaramente che essi conoscevano in anticipo il risultato. Appare
inquietante che dietro questa vicenda vi fosse la famiglia, ossia la famiglia di Cosa Nostra catanese operante e ben
radicata anche a Messina”.
L’informatico in busta
paga
F.L., rimasto estraneo ai procedimenti penali Beta e Beta due, è il fratello di N.L., condannato il 19 giugno 2019 a
un anno e dieci mesi al processo sul secondo troncone d’indagini dell’operazione
Beta, insieme a Vincenzo Romeo
(quattro anni e otto mesi) e al costruttore Biagio Grasso (otto mesi di
reclusione grazie alla fattiva collaborazione avviata con gli inquirenti). Sul
ruolo e la rilevanza di N.M.L. nel sistema giochi e scommesse in mano alla potente cellula criminale peloritana, si è
soffermato in una delle ultime udienze del processo Beta il maresciallo Vincenzo Musolino in forza al R.O.S. di
Messina. “M.L. è uno dei soggetti legati a Vincenzo Romeo e si
occupava del gioco online, in particolare della creazione delle skin, che erano
queste piattaforme virtuali dove era possibile giocare tramite dei server che si
trovano a Malta”, ha riferito il militare. “Durante le indagini noi riscontriamo
infatti spesso i viaggi che il L. fa a Malta per il recupero di diverse
somme di denaro. Lui era un tecnico informatico, si occupava della
progettazione dei software e della risoluzione delle varie problematiche tecniche.
Inoltre si occupava della gestione di casinò, poker con piattaforme che
operavano per lo più all’estero, a Malta o in Slovenia”.
Ancora più eloquente quanto riportato nell’ordinanza di
custodia cautelare emessa dal Gip di Messina contro i presunti componenti del
sodalizio dei Romeo-Santapaola. “Per il rilievo di N.L. basta
ricordare che è stato arrestato nell’ambito
dell’attività eseguita nel 2006 dalla Procura della Repubblica di
Potenza nei confronti di un’associazione a delinquere finalizzata al controllo
dei giochi e delle scommesse, che vedeva tra gli imputati Vittorio Emanuele di
Savoia e che è emerso nell’attività della Sezione Anticrimine del R.O.S. di
Napoli denominata Normandia 2 perché
in rapporti con Nicola Schiavone, reggente dell’omonimo sodalizio inserito nel
Clan dei Casalesi, al fine di agevolare il monopolio di tale comparto nella
distribuzione delle macchinette da gioco sul territorio di competenza”.
Tu giochi patologicamente per me e io ti disintossico…
N.M.L. avrebbe interpretato un ruolo di
rilievo anche in un lucroso affaire su cui puntava a mettere le mani il gruppo Romeo-Santapaola
in combutta con alcuni noti professionisti, relativo ad un progetto nazionale
contro la ludopatia, la sempre più diffusa patologia da gioco d’azzardo. “Nel
corso dell’attività di intercettazione effettuato nell’ambito dell’indagine Beta tra il 2014 e il 2015, si erano
registrate una serie di conversazioni che vedevano protagonista Sergio Chillè,
un collaboratore della Camera dei deputati, nel 2014 per Alleanza Nazionale e
poi nel 2015 per il Nuovo Centro Destra e il costruttore Biagio Grasso”, ha
riferito ancora il maresciallo dei R.O.S. Vincenzo Musolino. “Noi registriamo pure
dei contatti tra Sergio Chillè e Biagio Grasso che avvengono addirittura a Roma
alla Camera. Registriamo in particolare una conversazione la sera del 5 marzo
2015 in cui si fa riferimento a un bando contro la ludopatia e dell’intenzione
del gruppo, lo riferisce l’imprenditore catanese Michele Spina, di presentare
un progetto. In particolare si fa riferimento a tale Sergio che è un carissimo amico di Invitalia, l’Agenzia nazionale
per l’attrazione degli investimenti per lo sviluppo di impresa con sede a Roma in
via Calabria. Per partecipare a questo bando noi riusciamo a verificare dalla
casella di posta elettronica di Biagio Grasso una serie di mail che gli erano
state indirizzate da M. L.”.
“In una di queste mail si fa riferimento a tale Federica Buffoni
e per partecipare al bando viene descritta la creazione di questa app che
doveva fornire una sorta di blocco all’inizio del gioco da parte di soggetti
che stavano esagerando nella partita”, ha aggiunto Musolino. “Federica Buffoni,
che era una delle destinatarie delle mail, è una psicologa, psicoterapeutica
con studio a Roma ai Parioli e che ha seguito corsi professionali sul
trattamento delle dipendenze. Una conversazione sicuramente di interesse è
quella dove lo stesso Vincenzo Romeo afferma di dover chiamare M.L. per fare la questione del progetto e si
fa riferimento anche alla presenza di Michele Spina”. Titolare della Primal
S.r.l. con sede legale
in Sant’Agata li Battiati, l’imprenditore Spina vanta una parentela di tutto
rispetto: egli è infatti nipote di Sebastiano Scuto, noto alle cronache come il
re dei supermercati siciliani, nonché
“soggetto con precedenti per associazione a delinquere di stampo mafioso,
impegnato per il reimpiego ed il riciclaggio dei capitali illeciti del clan Laudani, federato ai Santapaola”, come riportano gli
inquirenti nell’informativa Beta.
Nel corso di un ulteriore colloquio, Biagio Grasso chiedeva
rassicurazioni a Vincenzo Romeo se proprio il L. fosse in grado di predisporre
il software richiesto per il progetto sulla ludopatia. “Poi riscontriamo altre mail inviate
sempre da Biagio Grasso a Michele Spina o a Cinzia Schillirò che era la
compagna di Spina”, ha riferito ancora Vincenzo Musolino. “Per quanto noi
abbiamo potuto comprendere, il bando sulla ludopatia alla fine non si è
completato per la mancanza di fondi. Tuttavia si è cercato di comprendere se
effettivamente Biagio Grasso avesse consegnato cinquemila euro, come da lui
riferito a Sergio Chillè, per la partecipazione a questo bando, dato che il
Chillè doveva essere la persona per l’entratura all’interno di Invitalia…”.
Originario di Milazzo, Sergio Chillè è stato dipendente-collaboratore
del gruppo parlamentare di Alleanza Nazionale dal 2004 al 2013 e, nei mesi in
cui maturava l’intenzione a partecipare al bando sulla ludopatia, risultava “in
rapporto con soggetti di AN, in particolare con un sottosegretario”,
l’imprenditore Michele Spina e il costruttore Biagio Grasso, anch’egli nato e
residente nel capoluogo mamertino. “Michele Spina è la persona che ha messo in
contatto me e Vincenzo Romeo con Sergio Chillè”, ha riferito il collaboratore
Biagio Grasso nel corso di un interrogatorio del 28 dicembre 2017, riportato
nel dispositivo di sentenza Beta due
pronunciato il 17 giugno 2019 dal Gup del Tribunale di Messina, Monica Marino.
“Tramite Spina, nel 2011 conosco Sergio Chillè, soggetto legato ad ambienti
istituzionali e dipendente della Camera dei Deputati o portaborse. Lo incontrai a Messina presso la BotteGaia, in occasione delle elezioni amministrative del Comune di
Milazzo o, comunque, di altre elezioni, alle quali era candidata, la sorella del
Chillè. Questi mi chiese un sostegno elettorale che però io non fornii. In questa
occasione eravamo presenti io, Michele Spina, Vincenzo Romeo, Maurizio Romeo e
Ivan Soraci. Spina ci presentò, appunto, il Chillè come un soggetto che poteva
esserci molto utile per i nostri affari, grazie alle sue conoscenze, essendo,
peraltro, inserito nella segreteria particolare dell’on. La Russa, come lui stesso
ci disse (Ignazio La Russa, ex Msi, poi AN, già ministro della Difesa nel IV
Governo Berlusconi, NdA). Spina mi
aveva riferito che Chillè era intervenuto in suo favore per l’aggiudicazione
del bando per il rilascio delle concessioni da parte di Lottomatica, grazie ai
rapporti tra il Chillè e un sottosegretario o vice ministro, se non ricordo
male di nome Giorgetti (dovrebbe trattarsi di Alberto Giorgetti, già
parlamentare di AN, poi con il Nuovo Centrodestra, viceministro dell’Economia e
delle finanze dal maggio 2013 al febbraio 2014, con delega al gioco, NdA). Nel momento in cui abbiamo conosciuto il Chillè,
Romeo, per quanto gli era stato riferito dallo Spina, sapeva che si trattava di
un soggetto con importanti contatti a livello amministrativo centrale e,
viceversa, secondo quanto mi disse lo Spina, anche il Chillè era perfettamente
consapevole di chi fosse il Romeo, tant’è che, in diverse occasioni, proprio
per rafforzare l’importanza delle questioni e spingere il Chillè a mantenere
gli impegni assunti, Spina gli ricordava la caratura criminale del Romeo. Spina
anche nell’occasione dell’incontro presso la BotteGaia presentò Vincenzo Romeo come nipote di Nitto Santapaola,
nonché il rappresentante della famiglia Santapaola su Messina”.
“Rividi Chillè nel 2015, perché Spina,
al fine di estinguere il suo debito con Romeo, mi propose di rivolgermi al Chillè
per partecipare ad un bando avente ad oggetto dei progetti contro la ludopatia”,
ha aggiunto Grasso. “A fronte della garanzia dell’aggiudicazione del bando, Chillè,
in un primo momento, chiese la somma di 20.000 euro a titolo di acconto su una
tangente che, in parte, doveva essere destinata al funzionario compiacente di
Invitalia (ex Sviluppo Italia), che avrebbe consentito di inserire il progetto
nel posto utile in graduatoria, per ottenere il finanziamento. Si trattava,
infatti, di un bando cosiddetto a
sportello, per un fondo perduto pari al 40-50% dell’importo complessivo del
progetto di 800 mila euro a fronte di un costo reale di 100-150 mila euro, sicché
la parte ammessa a finanziamento avrebbe coperto le spese reali e garantito di
intascarsi il resto delle somma. Il progetto consisteva nello sviluppo di un’applicazione
da rivendere poi sulle piattaforme di e-commerce. All’operazione erano
interessati oltre me, M.L., Michele Spina e Vincenzo Romeo”.
Per accedere al finanziamento contro
la ludopatia Sergio Chillè avrebbe messo in contatto Michele Spina con il direttore di Invitalia,
successivamente identificato dagli inquirenti in Stefano Andreani, sino al 2015
direttore delle relazioni istituzionali dell’Agenzia nazionale per l’attrazione
degli investimenti e lo sviluppo d’impresa. “Successivamente ci accordammo per
il pagamento di un acconto sulla tangente di circa cinque o diecimila euro,
somma che consegnai personalmente a Sergio Chillè a Roma, nei pressi di un bar
vicino il ponte Cavour”, ha raccontato ancora Biagio Grasso. “La somma era in
contanti e mi era stata precedentemente consegnata da Vincenzo Romeo, presso il
bar del fratello Gianluca a Contesse. I soldi gli erano stati anticipati da L. (…) Chillè aveva sempre necessità di denaro. A proposito di rapporti correnti
tra Chillè e L, e delle frequenti richieste di denaro che il Chillè
avanzava, come mi hanno riferito Spina, L. e lo stesso Romeo, specifico che
L. anticipò al Chillè delle somme, pari a 3.000 euro, a fronte di un
assegno postdatato emesso o comunque
consegnato dal Chillè e che fu successivamente protestato (…) Oltre alla vicenda
del bando sulla ludopatia, in quella occasione, il Chillè, su proposta del L.,
si impegnò ad intervenire, tramite i suoi canali, per far approvare una
proposta normativa volta ad obbligare i punti scommesse di Lottomatica ad
acquistare un totem o software, aventi le caratteristiche, di cui al progetto
sopra descritto, sviluppato da L. ed altri ingegneri. Si trattava di un affare
che avrebbe consentito di monopolizzare il settore ed ottenere guadagni
ingentissimi. Non so se il progetto sia mai stato attuato o sia ancora in corso”.
Il lobbista con il pallone del
rugby e il cuore a destra
“Il rapporto con il Chillè sì è sviluppato
in due distinti momenti”, concludeva Biagio Grasso. “Dapprima, circa nel 2011,
il Chillè mi mise in contatto con un tale Vincenzo,
sedicente appartenente ai servizi segreti, il quale, a sua volta, mi presentò
un soggetto albanese, anch’egli, a suo dire, appartenente ai servizi segreti
albanesi, per l’aggiudicazione di un appalto riguardante la costruzione del
Tribunale di Tirana. Ci fu un incontro presso un albergo di Milano, in zona
Fiera, alla presenza anche di un onorevole toscano, di cui non ricordo il nome,
ma appartenente all’entourage di Chillè, il quale, come detto, era vicino al
gruppo di Alleanza Nazionale e operava come lobbista. Fu l’onorevole a
presentarmi il soggetto albanese. In quella sede mi furono proposti vari lavori
in Albania e mi fu consegnata documentazione relativa al bando di gara che avrebbe
dovuto essere emanato da lì a breve, riguardante la costruzione del nuovo
palazzo di giustizia a Tirana. Mi fu garantita l’aggiudicazione del futuro
bando in cambio del pagamento di una tangente pari al 10% dell’importo
complessivo delle opere. Somma che io avrei dovuto corrispondere al Chillè, il
quale poi, a sua volta, l’avrebbe ripartita tra i vari partecipanti
all’accordo. Nei miei propositi avrei potuto partecipare al bando con un’impresa
riferibile a me e al costruttore messinese Carlo Borella, che era stata
costituita o sarebbe stata costituita successivamente a Milano nel quadro della
collaborazione economica con il Borella stesso. L’affare però non fu da me
portato avanti a causa del
coinvolgimento del costruttore in varie vicende giudiziarie che ebbero un grande
risalto mediatico e dell’emissione di interdittive antimafia. Sergio Chillè,
tuttavia, spingeva perché l’affare fosse portato avanti: mi diede dell’inaffidabile
e i rapporti si interruppero…”.
Stando al giudizio del Gup del
Tribunale di Messina, la dottoressa Monica Marino, le dichiarazioni di Biagio
Grasso sarebbero veritiere e le relazioni tra i soggetti chiamati in causa “esistevano
e sono state sfruttate”. “Ne discende – aggiunge il giudice - che la condotta
degli imputati che hanno corrisposto al Chillè la somma per remunerarlo per la
sua mediazione fosse e sia tutt’oggi penalmente rilevante. Che le relazioni fra
il Chillè e l’Andreani esistessero e che il primo potesse sfruttarle si desume
dalla conversazione del 5 marzo 2015 in cui Spina riferiva al Grasso che il
Chillè gli aveva presentato un suo
carissimo amico, l’Andreani, fornendogli la relativa mail, per relazionarsi
con lo stesso e i cui dialoganti mostrano di essere stati istruiti sul progetto
evidentemente da chi di competenza in seno all’Ente. Che l’Andreani avesse poi
la possibilità di incidere sull’assegnazione del finanziamento si rileva dal
ruolo ricoperto dallo stesso all’interno di Invitalia”.
Indagato in Beta due, all’udienza preliminare del 14 marzo 2019, l’esponente
politico milazzese ha ottenuto la separazione dal procedimento e l’invio di
tutti gli atti che lo riguardano al Tribunale di Roma per la celebrazione del
processo (l’accusa è di traffico di
influenze illecite con l’aggravante di aver agevolato le attività
dell’associazione mafiosa Romeo-Santapaola). Intanto Sergio Chillè è
rientrato nella città d’origine dove ha promosso nel giugno 2017 la rifondazione
del sodalizio “Amatori
Milazzo Rugby”, avviando contestualmente progetti di promozione sportiva e
musicale in ambito giovanile e scolastico. Nel luglio 2018, alla seconda
edizione del Rugby Music Fest, Sergio
Chillè e la sua società hanno ottenuto il patrocinio del Ministero dello Sport,
del Ministero della Difesa, della Polizia di Stato, della Regione Siciliana e
del Comune di Milazzo, con tanto di inno
di Mameli all’inaugurazione da parte della banda musicale della Brigata
“Aosta” e sponsorizzazioni di Algida,
McDonald, Coca Cola e Trenitalia “che
ha contribuito con una campagna pubblicitaria sui treni e nelle grandi
stazioni”.
Nonostante la disavventura giudiziaria, i successi istituzionali
in terra natia non conoscono battute d’arresto per il dipendente della Camera
dei deputati che ama la destra e il rugby. Sul profilo facebook dell’Amatori Milazzo Rugby, il 24 agosto 2019
è stata postata una foto che lo ritrae mentre consegna un pallone ovale al governatore
della Regione Siciliana, on. Nello Musumeci. Grazie Pres. Musumeci, il titolo-commento.
Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 28 ottobre 2019, http://www.stampalibera.it/2019/10/28/il-clan-romeo-santapaola-pigliatutto-combine-calcio-scommesse-e-progetti-anti-ludopatie/
Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 28 ottobre 2019, http://www.stampalibera.it/2019/10/28/il-clan-romeo-santapaola-pigliatutto-combine-calcio-scommesse-e-progetti-anti-ludopatie/
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