L’insostenibile accordo dell’Università di Messina con l’ateneo-ostaggio di Erdogan
Un’aggressione sanguinosa ai danni
della popolazione kurda, l’ennesima, e un’escalation autoritaria e repressiva che
ha colpito soprattutto negli ultimi tre anni migliaia di intellettuali, docenti
e studenti universitari, giornalisti, attivisti politici in tutta la Turchia. Non
sembrano conoscere limiti le nefandezze del regime del sultano Erdogan, ma
soprattutto sono davvero poche le voci autorevoli oggi in Italia, specie in
ambito accademico, pronte a denunciare le conseguenze immediate e i pericoli globali
a medio termine dell’attacco sferrato dalle forze armate turche nella Siria
nord-orientale. Di contro sono ben ventisette le università italiane che
continuano a mantenere stabili relazioni di cooperazione alla ricerca e
collaborazione scientifica (anche in ambiti militari) con gli atenei della
Turchia, nonostante la campagna governativa che ha colpito l’intero sistema
educativo del paese, con illegittime condanne, arresti, ingiuste detenzioni, torture,
licenziamenti e sospensioni di rettori, docenti, ricercatori e allievi.
Tra i disattenti (o cinici) partner
italiani degli atenei turchi c’è l’Università degli Studi di Messina. Il 16
aprile 2014 l’allora rettore Pietro Navarra e il prof. Mehmet Fuzun, rettore
dell’Università Dokuz Eylul di Smirne, sottoscrivevano un Accordo-quadro di cooperazione culturale, scientifica e didattica nei
campi di mutuo interesse per “promuovere iniziative finalizzate alla realizzazione
di programmi congiunti di ricerca e favorire gli scambi”. Nello specifico l’accordo
puntava a promuovere la mobilità di docenti, ricercatori, personale tecnico e
amministrativo, studenti; lo scambio di informazioni, di pubblicazioni
scientifiche e di altro materiale didattico; l’organizzazione di iniziative
comuni come conferenze, seminari, lezioni, ecc.; l’uso reciproco degli strumenti di ricerca e accesso alle strutture delle
due Istituzioni”.
All’articolo 5 dell’Accordo-quadro si riporta che la durata
dello stesso è di cinque anni dalla firma dei rappresentanti legali dei due
atenei (dunque sino al 15 aprile 2019 scorso), ma che “potrà essere rinnovato
tacitamente allo scadere, salvo il caso in cui, una delle Parti, intenda
recedere dallo stesso”. Ad oggi non risulta che l’Università di Messina o la Dokuz
Eylul di Smirne abbiano comunicato l’intenzione a dare per concluso il mutuo
accordo di cooperazione, né pare ci sia l’intenzione di farlo da parte del
nostro ateneo, nonostante i crimini commessi dalle forze armate turche in Siria
e contro la popolazione kurda che vive dentro e fuori i confini del paese.
Non si comprende poi come nessuno all’interno
dell’Università di Messina si sia accorto nel corso del quinquennio di vigenza
dell’accordo di cooperazione quanto sia accaduto all’interno dell’Università di
Smirne. Eppure sono numerosi i report di organizzazioni non governative in
difesa dei diritti umani o le inchieste giornalistiche che hanno documentato
come proprio la Dokuz Eylul Universitesi di Smirne sia stata tra le più colpite
dalla furia repressiva e dai decreti emergenziali (illegittimi ed
incostituzionali) del nuovo sultano di Ankara.
Fermandosi solo a quanto accaduto
negli ultimi tre anni, segnaliamo i fatti più ravi avvenuti Il 26 ottobre 2016,
ad esempio, le forze di polizia turche hanno eseguito l’arresto di 55 tra docenti e
studenti della Dokuz Eylül, nell’ambito di un’inchiesta giudiziaria che li
vedrebbe coinvolti n qualche modo nell’organizzazione del violento tentativo di
colpo di stato avvenuto il 15 luglio precedente. In particolare, gli inquirenti
hanno accusato gli accademici e gli allievi di Smirne di avere utilizzato ByLock,
un’applicazione smartphone che le autorità governative ritengono sia stata utilizzata
come sistema di collegamento tra i
presunti appartenenti al movimento guidato dall’esponente religioso islamico Fethullah Gülen, ritenuto di essere il mandante e l’organizzatore
del fallito golpe, ma che ha sempre formalmente negato di aver avuto un qualsivoglia
ruolo nella sollevazione anti-governativa, chiedendo di essere sottoposto ad
un’inchiesta internazionale indipendente.
Il 4 gennaio 2017 sette studenti della Dokuz Eylül
Universitesi sono stati vittima di un’aggressione da parte delle forze di
sicurezza: dopo essere stati picchiati, sono stati condotti in un posto di
polizia e posti agli arresti. Le vittime avevano letto in pubblico un documento
che invitava alla mobilitazione del campus a favore della crescita del
secolarismo in Turchia. Il documento era stato redatto in risposta all’attacco
terroristico avvenuto a Istanbul il giorno di Capodanno che aveva causato la
morte di 39 persone, presumibilmente eseguito da presunti miliziani pro-Isis. Gli
studenti sono stati accusati di “avere incitato la popolazione all’odio e
all’ostilità” secondo quanto previsto dall’articolo 216 del Codice penale turco
che prevede una pena sino a tre anni di carcere. Il giorno successivo all’arresto,
gli studenti venivano rilasciati a piede libero in attesa del processo.
Il 30 maggio 2017, ventisette
accademici della Dokuz Eylül Universitesi di Smirne venivano arrestati
ancora con l’accusa di tenere legami con il movimento islamico Gülen. Ancora una volta le prove
addotte dagli inquirenti vertevano sull’uso da parte dei docenti dell’applicazione
ByLock, del possesso di un conto bancario presso la Bank Asya, precedentemente
chiusa dalle autorità perché ritenuta vicina al leader religioso Fethullah Gülen, o perché ritenuti membri di
fondazioni o associazioni ad egli collegate. Il
personale arrestato è stato poi licenziato dall’università sulla base di quanto
disposto da un decreto governativo adottato in “emergenza” dopo il tentato
golpe del luglio 2016.
Il 27 giugno 2017 l’amministrazione della Dokuz Eylül
University ordinava invece la sospensione di dodici studenti delle facoltà di
Medicina, Economia e Belle Arti, rei
di aver sottoscritto una petizione che invitava il governo turco a interrompere
le operazioni di guerra contro i ribelli kurdi nella parte sudorientale del
paese. La petizione era stata lanciata nel gennaio 2016 da 1.128 studenti di 89
università turche e da oltre 300 studenti residenti all’estero. Oltre a chiedere
la fine delle ostilità tra le forze armate turche e i membri del Pkk, i
sottoscrittori accusavano in particolare il governo di “massacri deliberati e
deportazioni di civili”, invocando l’autorizzazione all’ingresso di osservatori
indipendenti nella regione. In seguito alla pubblicazione dell’appello, tutti i
1.128 firmatari erano stati posti sotto inchiesta giudiziaria ed amministrativa;
molti di essi erano stati allontanati o sospesi dalle loro funzioni, fermati o
arresati o sottoposti a minacce da parte delle forze militari e di sicurezza.
Il 28 novembre 2017 una corte turca emetteva una sentenza di
condanna a otto ani di carcere nei confronti di Erhan Hepoğlu, studente di
economia della Dokuz Eylül Universitesi, accusato di essere “membro di
un’organizzazione terroristica”, ancora una volta sulla base di un suo presunto
legame con Fethullah Gülen. Nell’ottobre 2016, gli agenti della Divisione dei
crimini finanziari della polizia turca avevano arrestato Erhan Hepoğlu nella
sua abitazione di Izmir; durante il blitz gli era stato sequestrato un pendrive
che avrebbe contenuto al suo interno foto e video del leader islamico accusato del
tentato golpe del 15 luglio. Successivamente la procura aveva contestato allo
studente l’utilizzo dell’applicazione smartphone ByLock e di un conto bancario
presso la Bank Asya. Erhan Hepoğlu ha sempre negato di avere utilizzato ByLock o
di avere avuto contatti con il movimento Gülen. Il 28 novembre 2017, dopo un
anno di carcere preventivo, il tribunale lo aveva condannato in primo grado a
cinque anni e quattro mesi di prigione, pena poi aggravata in appello per le
nuove norme anti-terrorismo adottate dal governo Erdogan.
Infine, il 31 dicembre 2017, le autorità turche hanno eseguito l’arresto di
un lettore della Dokuz Eylul Universitesi che era stato destituito dal suo
incarico a seguito di un decreto ad hoc che lo accusava di coinvolgimento con
il tentato colpo di stato del luglio 2016. Il lettore si preparava ad
attraversare il confine con la Grecia insieme ad un ex assistente tecnico della
Yildiz Technical University e ad un docente della scuola secondaria (anche
questi ultimi due sono stati arrestati).
Mentre il ciclone Erdogan si
abbatteva contro docenti e allievi dell’ateneo partner dell’Università degli
Studi di Messina, le autorità accademiche della Dokuz Eylul Universitesi rafforzavano
i propri legami con il complesso militare-industriale turco e con le stesse forze
NATO presenti in Turchia. Il 3 maggio scorso, ad esempio, una folta delegazione
di docenti e studenti dell’università di Smirne si recavano in visita presso il
quartier generale delle forze terrestri alleate di Izmir (NATO Allied Land
Command’s - LANDCOM), per “approfondire il ruolo e la missione dei reparti
della NATO che garantisce la sicurezza al nostro popolo e al nostro paese,
adattandosi continuamente alle nuove sfide”, come riporta il comunicato emesso
dall’ufficio stampa della Universitesi.
Quella con l’Alleanza
Atlantica è una partnership consolidata da decennia. Già a partire dalla fine
dello scorso decennio, la Dokuz Eylul Universitesi, insieme ad altri importanti centri accademici
turchi che vantano accordi con l’Italia (la Istanbul Universitesi e la
Canakkale Onsekiz Mart Universitesi), coopera con il NATO Undersea Research
Centre (NURC) con sede a La Spezia in progetti di ricerca sulla “sicurezza
navale e sottomarina” e a controverse sperimentazioni militari nelle acque del
Mar Nero, del Mar di Marmara e dell’Egeo (anche congiuntamente con l’Istituto
Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale di Trieste, l’ENEA e il Massachusetts
Institute of Technology - MIT). “I risultati delle ricerche del NATO Undersea
Research Centre supportano l’abilità delle nazioni NATO a condurre con successo
le operazioni contro le minacce e/o per la sicurezza marittima”, riporta un
comunicato emesso dal entro NATO di La Spezia a conclusione di una campagna di “ricerche”
eseguite in Turchia con l’Università di Smirne.
E’ il Dipartimento di Ingegneria meccanica della Dokuz Eylul
Universitesi uno dei centri di ricerca d’eccellenza turco in campo civile e
militare. Nel 2016 ha reso noto i risultati di un suo progetto di analisi sugli
effetti della frequenza di corsa nelle
caratteristiche dinamiche dei mezzi pesanti da 44 tonnellate, 8x8, in
configurazione militare. Non ci sarebbe da stupirsi che si tratta proprio di
quei mezzi utilizzati in queste settimane per occupare la Siria nord-orientale
e concorrere ai massacri di civili kurdi.
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