Italiani alla guerra globale in Niger con i soldi della cooperazione allo sviluppo
Cosa fanno le forze armate italiane
in Niger? Addestrano le unità locali alla guerra globale e alla repressione
delle proteste economiche e sociali. E, di tanto in tanto, distribuiscono aiuti
umanitari pagati con i soldi della cooperazione allo sviluppo, sotto la
supervisione delle autorità politiche e militari nigerine.
Più di un anno fa, il 15 settembre
2018, prendeva il via l’operazione MISIN (Missione
Bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger), che - come riferito dal
Ministero della difesa - è “finalizzata a supportare l’apparato militare
nigerino, concorrere alle attività di sorveglianza delle frontiere e rafforzare le capacità di
controllo del territorio dei Paesi del G5 Sahel (Niger, Mali, Mauritania, Chad
e Burkina Faso)”. Alla missione concorrono 470 militari, 130 mezzi
terrestri e due aerei; MISIN opera in stretto collegamento operativo e
strategico con le unità da guerra degli Stati Uniti d’America dislocate in
Niger e poste sotto il controllo di US Africom, il comando per le operazioni
USA nel continente africano. A guidare i reparti schierati in Niger è stato
chiamato da qualche mese il generale Claudio
Dei, con un ampio curriculum operativo in ambito NATO ed Ue, già in
forza al Comando Militare Esercito della Sicilia.
I team addestrativi MISIN, costituiti con personale
specializzato proveniente dall’Arma dei Carabinieri, dall’Esercito, dall’Aeronautica
militare e dalle Forze Speciali Interforze, ha già addestrato sul campo circa 1.800 militari delle forze
armate e di sicurezza nigerine. Per comprendere appieno le controverse finalità
strategiche delle attività addestrative e formative condotte dai militari
italiani è opportuno soffermarsi su alcune delle esercitazioni bilaterali più
recenti. A metà settembre, ad esempio, presso l’area dell’Armèe de Terre
della Repubblica del Niger, sono state svolte lezioni teorico-pratiche della durata di due settimane in “tecniche
di combattimento a favore del battaglione paracadutisti nigerino”. Nello
specifico, il Mobile Training Team dell’Esercito Italiano con personale
provenente dal 186° Reggimento paracadutisti “Folgore” di Siena ha
addestrato i parà nigerini a condurre
specifiche azioni tattiche di attacco e difesa in ambiente boschivo non
permissivo. “Gli obiettivi formativi raggiunti hanno compreso le tecniche
di movimento e di occultamento, nonché quelle del colpo di mano e dell’imboscata
e l’analisi dei compiti assegnati all’unità operativa e le fasi di
pianificazione, organizzazione e condotta, svolte dai comandanti ai vari
livelli”, spiega in una nota il Ministero della difesa italiano. “Sono stati
approfonditi durante il corso anche gli aspetti relativi alla gestione dello
sgombero di feriti, al first aid,
alle problematiche relative agli ordigni esplosivi improvvisati”. L’attività
formativa rientrava in un corso molto
più ampio, della durata di nove settimane, in cui le Forze Speciali tricolori
hanno anche spiegato ai militari nigerini come “operare in ambiente urbano ed
in particolare nella bonifica di ambienti ristretti, tipici dei complessi
abitativi” e come “maneggiare correttamente ed utilizzare le armi individuali
in dotazione”. Parliamo dunque di vere e proprie tecniche di azione e
combattimento in aree urbanizzate, con tanto di simulazioni di attacco e
occupazione di edifici civili.
Il 25 aprile 2019, festa nazionale della liberazione dal fascismo, diciassette
paracadutisti italiani della Brigata “Folgore” si sono addestrati presso il
Centro d’istruzione militare di Niamey al lancio con il paracadute ad apertura automatica sia in caduta libera,
insieme a cinquantacinque omologhi del Niger. “L’occasione è stato il
completamento dell’iter formativo condotto dal Mobile Training Team della Missione Bilaterale di Supporto in Niger
– MISIN”, spiegava lo Stato Maggiore
della Difesa. “La missione MISIN ha anche supportato la controparte locale
nelle attività di definizione e validazione della zona di lancio, nonché nel
garantire assistenza per la pianificazione e l’organizzazione dell’attività
addestrativa. Ciò è stato reso possibile anche grazie al
contributo dell’Aeronautica Militare, che ha messo a disposizione un
velivolo da trasporto C130 e della Brigata Paracadutisti che ha fornito
l’assistenza tecnica all’aviolancio, i paracadute e tutto il materiale
necessario all’esercitazione”.
Rilevante pure il contributo formativo dei
Mobile Training Team dell’Arma
dei Carabinieri. Sempre come riportato dall’ufficio stampa della Difesa, il 20 agosto 2019, nei centri della Gendarmeria e della
Guardia Nazionale del Niger si sono svolte le cerimonie di chiusura del 3° corso di ordine pubblico e del 4° corso di tecniche investigative di base.
“L’addestramento rivolto a ufficiali e sottufficiali nigerini aveva
principalmente l’obiettivo di far conoscere e comprendere i problemi di ordine
pubblico e le relative azioni tecnico-tattiche utilizzate per pianificare, organizzare
e condurre efficacemente l’intervento antisommossa”. Addestramento dunque al
contrasto e repressione delle proteste e delle lotte sociali e quasi sempre in
ambiente urbano, esattamente come viene fatto dalle forze armate italiane in
Kosovo, Libano, Somalia e Iraq nell’ambito delle cosiddette missioni internazionali di pace che
dilapidano annualmente più di un miliardo e cento milioni di euro, ma che, di
contro, consentono ai reparti d’élite di sperimentarsi nelle operazioni di
controllo militare dell’ordine pubblico.
Con il bastone anche la carota: così,
congiuntamente all’addestramento bellico, le forze armate italiane sono
impegnate nel povero paese dell’Africa occidentale in alcuni progetti sanitari
e di aiuto alla popolazione dai
contorni ambigui e contraddittori. “Con la Missione in Niger sono stati
raggiunti considerevoli risultati nel campo della Sanità civile e militare
attraverso la donazione di oltre 70 tonnellate tra farmaci e presidi medici”,
ha segnalato meno di un mese fa lo Stato maggiore della Difesa. A ciò si aggiungono la consegna
al governo nigerino di attrezzature mediche e sanitarie per il valore di 167
mila euro e la decina di voli umanitari
effettuati dall’Italia a partire del 24 aprile 2018 per trasportare medicinali
e apparecchiature “resi disponibili grazie alla collaborazione tra il Ministero degli Affari Esteri e della
Cooperazione Internazionale, le Nazioni Unite ed altre agenzie intergovernative”. Il 27 marzo
2019 l’Ambasciata d’Italia a Niamey e la Missione Bilaterale
in Niger – MISIN si sono incaricate della consegna di un lotto di farmaci raccolti e messi a
disposizione dalla Fondazione Banco Farmaceutico Onlus nell’ambito di un accordo di collaborazione con il Comando
Operativo di vertice Interforze (COI) e l’Ordinariato Militare, “finalizzato allo sviluppo di attività
di supporto umanitario-sanitario a favore di persone in condizioni di
svantaggio socio-economico nei Teatri Operativi”. Chi siano i reali beneficiari
del dono lo rivelano le stesse forze
armate: “i medicinali sono
stati consegnati presso l’aeroporto militare di Niamey ai rappresentanti
dei Ministeri della Salute Pubblica e della Difesa nigerini…”.
Il 26 aprile 2019, cioè il giorno
successivo all’esercitazione dei parà italiani e nigerini a Niamey, il
ministero degli Affari esteri e della cooperazione emetteva un eloquente
comunicato: “A seguito dei recenti scontri in Niger nell’area di Diffa e alla
luce delle richiesta di assistenza a favore della popolazione sfollata da parte
delle Autorità nigerine, la Vice Ministra agli Affari Esteri e Cooperazione
Internazionale, Emanuela Del Re, ha predisposto, in collaborazione con
l’Aeronautica Militare, un volo umanitario per Niamey per l’invio di beni di
primo soccorso e assistenza umanitaria (tende, potabilizzatori d’acqua,
generatori di elettricità, presidi igienico-sanitari) in deposito presso la
Base di Pronto Intervento Umanitario delle Nazioni Unite di Brindisi”.
L’intervento veniva replicato il 3
giugno 2019, giorno successivo alla festa della Repubblica italiana: stavolta
con fondi della cooperazione italiana, venivano inviati in Niger con un nuovo volo umanitario dell’Aeronautica cinque
tonnellate di kit sanitari. “Il provvedimento è stato predisposto
dalla Vice Ministra Emanuela Del
Re, in risposta ad una richiesta
delle Autorità nigerine per far fronte alla perdurante emergenza sanitaria
nel paese, che si è ulteriormente aggravata a causa dei recenti episodi di
violenza”. Il tono insomma è lo stesso della missione del 26 aprile, così come è
confermata la provenienza dei farmaci dai depositi della Base di Pronto
Intervento di Brindisi. E, per
l’ennesima volta, la gestione degli aiuti italiani e ONU è affidata alle forze
armate nigerine, al di fuori di ogni controllo da parte della Missione MISIN.
Ancora più grave quanto avvenuto
invece lo scorso 17 settembre, quando il
contingente militare in Niger ha “portato a termine” una donazione di aiuti
umanitari provenienti da comuni, parrocchie, associazioni di volontariato e
scuole della provincia di Salerno. “Si
tratta di circa 400 colli di materiale: abbigliamento, giocattoli, cancelleria
e materiale sportivo nonché alimenti a lunga conservazione”, riportano le
cronache. “Il progetto - sorto sulla base di precedenti esperienze intraprese
in operazioni fuori area condotte in Kosovo, Libano e Afghanistan - ha
coinvolto anche gli alunni della scuola elementare di San Pietro al Tanagro
che, grazie a un progetto formativo
incentrato sulle condizioni di povertà in Africa e sul multiculturalismo,
ha avviato un gemellaggio con due scuole materne di Niamey. Inoltre,
l’associazione sportiva calcistica dello stesso comune, impegnata nel settore
giovanile Under 14, ha raccolto materiale sportivo con il quale ha suggellato
il gemellaggio con la squadra dei piccoli calciatori nigerini di Camp Bagaji”. Chi
sono stati in quest’occasione i destinatari dei pacchi dono? “Principalmente
Enti di Protezione Sociale militari che si occupano dell’assistenza agli orfani
e alle vedove Caduti in servizio delle Forze Armate del Niger e della Guardia
Nazionale”, aggiunge l’ufficio stampa MISIN.
Uno degli obiettivi dichiarati della cooperazione umanitaria in salsa
militare in Niger non poteva non essere il sostegno alle attività
anti-migrazioni irregolari. Lo scorso
16 ottobre, ad esempio, il governo italiano ha donato al governo nigerino dieci ambulanze e tre autobotti “per
rafforzare le capacità delle autorità nel soccorso dei migranti e nel contrasto
al traffico di esseri umani”, si legge nella nota ufficiale della Farnesina.
“La donazione, resa possibile dalle risorse del Fondo Africa, è stata eseguita dal Ministero della Difesa
italiano, a cui appartenevano i veicoli. La cerimonia di consegna si è
volta a Niamey alla presenza dell’Ambasciatore d’Italia Marco Prencipe. I nuovi veicoli
consentiranno alle autorità nigerine di ampliare il raggio d’azione delle
proprie attività, a beneficio sia delle comunità locali che dei migranti in
transito nel Paese”.
Mentre crolla la spesa della
cooperazione allo sviluppo verso il continente africano (nel 2018 l’Italia ha
destinato risorse all’Africa inferiori del 21% rispetto a quelle dell’anno
precedente), l’intervento governativo viene indirizzato sempre di più solo verso
quei paesi che vengono ritenuti partner
fondamentali nella lotta alle migrazioni. “La politica del governo italiano
verso l’Africa, nelle aree strategiche evidenziate dall’esecutivo, è
concentrata alla riduzione delle partenze, principalmente attraverso l’aiuto
militare al controllo del territorio e in chiave anti terrorismo”, scrive il giornalista
Angelo Ferrari dell’AGI – Agenzia Italia.
“Aiuto militare che spesso si concentra su paesi governati da regimi
autoritari, non democratici e non in condizione di poter soddisfare i bisogni
di base delle loro popolazioni”. In quest’ottica va interpretato lo
stanziamento di 50 milioni di euro a favore del Niger, autorizzato nel maggio 2018 dal Ministero degli Affari esteri e
della Cooperazione. “In questo modo il governo nigerino potrà istituire unità
speciali di controllo delle frontiere, costruire e ristrutturare posti di
frontiera e realizzare un nuovo centro di accoglienza per i migranti”, ha
spiegato la Farnesina. L’aiuto anti-migranti è stato diviso in tranche e condizionato
alla “diminuzione dei flussi migratori verso la Libia e un aumento rimpatri dal
Niger verso i Paesi di origine”.
A
spiegare che proprio la guerra ai migranti e alle migrazioni sia uno degli
obiettivi prioritari della Missione militare italiana in Niger è stata proprio
l’allora ministra della Difesa, Elisabetta Trenta. “Lo scopo di MISIN è quello di incrementare le capacità volte al
contrasto del fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza,
nell’ambito di uno sforzo congiunto europeo e statunitense per la
stabilizzazione dell’area e il rafforzamento delle capacità di controllo del
territorio da parte delle autorità nigerine e dei Paesi del G5 Sahel”, ha dichiarato la pentastellata in
occasione della sua visita ufficiale a Niamey. “Quella in Niger è una missione importantissima per l’Italia
poiché, nel sostenere le richieste del Governo nigerino, punta anche a frenare
e ridurre il flusso incontrollato dei migranti verso il nostro Paese. Una missione perfettamente in linea con
l’interesse nazionale perché in questa fase è fondamentale il supporto al Niger nella lotta al
terrorismo e ai traffici illeciti, incluso quello di esseri umani”. Anti-terrorismo,
migrazioni ed idrocarburi: gli interessi strategici del sistema Italia sono
davvero un cocktail dal sapore esotico ed esplosivo.
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