L’Ucraina e la NATO-USA Connection
Per sostenere e “difendere” il regime fascista di
Kiev, l’amministrazione Obama e il complesso militare-finanziario-industriale
degli Stati Uniti d’America sono pronti a utilizzare i più micidiali strumenti
di guerra. A metà febbraio, Washington ha ribadito le proprie intenzioni belliche
di fronte ai partner europei e alla Russia di Putin, rischierando a Spangdahlem
(Germania) dodici aerei da attacco al suolo A-10 Thunderbolt II e 300 aviatori
del 355th Fighter Wing dell’US Air Force, provenienti dalla base aerea di
Davis-Monthan (Arizona). I sofisticati velivoli hanno disseminato morte e
distruzione in Afghanistan, Iraq e Libia: sono armati con cannoni lunghi più di sei
metri, i GAU-8/ “Avenger” (vendicatori),
in grado di sparare fino a 4.200 colpi al minuto. I proiettili di 30 centimetri
contengono ognuno 300 grammi di uranio impoverito e riescono a perforare
facilmente blindati e carri armati. “I Thunderbolt
opereranno
per i prossimi sei mesi congiuntamente ad altri velivoli da guerra della Nato
principalmente lungo le frontiere di Russia, Lituania, Estonia, Romania e
Bulgaria, ma potranno essere impiegati in caso di crisi anche nel continente
africano”, ha dichiarato il Dipartimento della difesa Usa.
Il trasferimento in Europa degli A-10 dell’US Air
Force è stato deciso nel quadro della cosiddetta “Operation Atlantic Resolve”, la
missione militare avviata dal Pentagono dopo lo scoppio del conflitto in
Ucraina, e rientra nel Theater Security
Package (TSP), il piano di sicurezza e di “difesa attiva” che prevede la
predisposizione di reparti di pronto intervento nelle aree del pianeta ritenute
“sensibili”. “Atlantic Resolve è un’ulteriore
dimostrazione della volontà degli Stati Uniti di contribuire alla scurezza
collettiva della Nato e supportare i nostri partner in Europa orientale, alla
luce dell’odierno intervento russo in Ucraina”, ha riferito il generale
Ben Hodges, comandante dell’Esercito americano in Europa (USAREUR, US Army
Europe).
Il piano statunitense di rafforzamento della propria presenza
militare in funzione anti-Russia prevede pure che ad aprile un imprecisato numero
di cacciabombardieri F-15C “Eagles” siano trasferiti dagli Stati Uniti in
alcune basi europee, sino ad oggi top secret. Sempre nel quadro dell’operazione “Atlantic Resolve”, lo scorso mese di
gennaio 75 velivoli da combattimento “Stryker” del 2° Reggimento di
Cavalleria di US Army sono stati schierati in alcuni paesi dell’est Europa per
partecipare a una serie di esercitazioni con le forze terrestri dei partner
Nato. Contemporaneamente, un centinaio di militari della IV Divisione di Fanteria
dell’esercito Usa di stanza a
Fort Carson (Colorado) sono giunti in Germania per coordinare in ambito
alleato le operazioni
terrestri di “contenimento” della Russia sul fronte orientale. A partire dal mese di marzo, oltre
3.000 militari del 1st Heavy Brigade Combat Team, della
3rd Combat Aviation Brigade, della Divisione d’artiglieria e della 3rd Infantry
Division saranno distaccati per non meno di tre mesi in Germania, Estonia,
Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Bulgaria. “Grazie a queste unità, il
numero delle esercitazioni con i nostri alleati nel quadro di Atlantic
Resolve aumenterà del 60% nel 2015”,
ha spiegato il generale Tom Jones, vicecomandante dell’US Air Force in Europa.
Nel
2014, il personale Usa assegnato alle basi dell’Europa orientale è cresciuto di
3.000 unità, sommandosi così ai circa
67.000 militari già presenti nel continente. In particolare,
più di 400 tra militari e dipendenti civili statunitensi sono giunti nella base di
Mihail Kogalniceanu, Romania, elevata a vero e proprio hub aereo per il transito
delle forze aeree Usa e Nato. Sempre in Romania si alternano 200 Marines Usa per
partecipare ad esercitazioni e interventi marittimi nel Mar Nero, nell’ambito
della Black Sea Rotational Force 14
di US Navy, attivata nel settembre 2014. Sei caccia F-15C e 150 avieri dell’US
Air Force sono stati trasferiti nel marzo 2014 in Lituania dalla base
britannica di Lakenheath per partecipare alla Baltic Air Patrol, la missione Nato di pattugliamento e
sorveglianza dello spazio aereo delle Repubbliche baltiche e dell’Ucraina. Team
dell’aeronautica statunitense si addestrano a rotazione in Polonia dove dal
novembre 2012 è attivo un piccolo distaccamento aereo, la prima presenza in
pianta stabile di personale Usa in territorio polacco. Sempre in questo paese
sono periodicamente rischiarati i cacciabombardieri F-16 a capacità nucleare provenienti
dalla base Italiana di Aviano (Pordenone) e i velivoli cargo C-130 “Hercules” impiegati
in esercitazioni congiunte con le forze armate polacche. Dal prossimo mese di aprile,
altri tre velivoli C-130 e un centinaio di avieri provenienti dalla grande base
tedesca di Ramstein giungeranno nello scalo aereo di Powidz. Il 24 luglio 2014,
il Comandante supremo delle forze Nato e Usa in Europa, generale Philip
Breedlove, ha chiesto al Pentagono di realizzare in Polonia un deposito dove
stoccare armi, munizioni ed equipaggiamenti militari “per supportare il rapido
dislocamento di migliaia di militari contro la Russia”. Come
se non bastasse, il governo polacco ha formalmente chiesto a Washington di
trasferire stabilmente in Polonia perlomeno un gruppo di volo con
cacciabombardieri F-16 di stanza oggi in Italia.
L’escalation militare
statunitense in Ucraina
Ovviamente lo scoppio del conflitto in Crimea e
nell’Ucraina orientale è stato utilizzato pretestuosamente da Washington per
rafforzare la propria presenza militare nel martoriato paese europeo.
L’escalation è stata rapida ed inarrestabile: prima sono giunti “consiglieri” e
contractor, poi i parà, le forze speciali e i mezzi corazzati. Nel giugno 2014,
un gruppo di ufficiali Usa sono stati inviati a Kiev per collaborare con le
forze armate locali nella realizzazione “a medio e lungo termine” della “riforma
del sistema difensivo ucraino”. Qualche mese dopo, gli uomini di vertice del
Pentagono si sono incontrati con i generali ucraini per discutere “le modalità
con cui gli Stati Uniti possono rafforzare la cooperazione militare e aiutare
l’Ucraina a potenziare le proprie forze armate”, come riportato dal
Dipartimento della difesa. Poi, a
settembre, duecento paracadutisti
della 173^ Brigata Aviotrasportata dell’esercito Usa di stanza a Vicenza, hanno
raggiunto Yavoriv (nelle vicinanze di Lviv, a 50 km circa dal confine
con la Polonia), per
partecipare all’esercitazione multinazionale “Rapid Trident”, la prima in territorio ucraino dopo la
crisi politico-militare in Crimea, insieme a più di 1.100 militari provenienti
da 14 paesi (Ucraina, Azerbaijan, Bulgaria, Canada, Georgia, Germania, Gran Bretagna,
Lettonia, Lituania, Moldavia, Norvegia, Polonia, Romania e Spagna). “Nel corso di Rapid Trident sono state eseguite
operazioni di peacekeeping, trasporto mezzi, pattugliamento, individuazione e
disattivazione di materiale esplodente”, ha riferito il portavoce del
Pentagono, colonnello Steve Warren. “L’esercitazione ha contribuito a promuovere la stabilità
e la sicurezza regionale, rafforzare la partnership con gli alleati e migliorare
l’interoperabilità tra il Comando delle forze Usa in Europa USAREUR, le unità
terrestri dell’Ucraina e gli altri paesi Nato”. Ancora nel grande centro di
addestramento di Yavariv (uno dei più grandi d’Europa, con una superficie di
425 Km2), tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, una squadra di specialisti
del “Tobyhanna Army Depot” (Pennsylvania) - il principale centro logistico del
Dipartimento della difesa per la gestione dei sistemi elettronici - ha
addestrato i militari ucraini all’uso del nuovo sistema radar LCMR (Lightweight Counter Mortar Radar)
AN/TPQ-48/5, in grado di individuare le provenienza dei tiri di artiglieria,
mortai e razzi e indirizzare il tiro di contro-batteria. Secondo fonti stampa
statunitensi, il Pentagono avrebbe fornito alle forze armate ucraine una
ventina di esemplari di questo sistema radar.
Subito
dopo la visita ufficiale a Kiev del generale Usa-Nato Phil Breedlove
(26 e 27 novembre 2014), una dozzina di medici dell’Air Force Special
Operations Command Europe (SOCEUR) di Stoccarda hanno raggiunto Khmelnytskyi,
nell’Ucraina occidentale, per formare più di 600 dipendenti del ministero della
difesa ucraino alle procedure mediche da seguire nei campi di battaglia. Il
personale di SOCEUR, proveniente dall’US Army 1st Battalion, dal 10th Special
Forces Group, dall’Air Force 352nd Special Operations Group e dalla Naval
Special Warfare Unit 2, collabora oggi anche con l’organizzazione non governativa “Patriot Defense” che conduce corsi
di formazione a favore delle forze armate ucraine e della famigerata Guardia nazionale. Le unità della
Guardia nazionale, comprendenti non meno di 45-50.000 “volontari”, sono state
costituite dal governo di Kiev nel marzo 2014 con un primo finanziamento Usa di
19 milioni di dollari e hanno incorporato le formazioni neonaziste Donbass, Azov, Aidar, Dnepr-1 e Dnepr-2, già addestrate nel 2006 da istruttori Nato in Estonia e poi
utilizzate per il colpo di stato in Ucraina e le pulizie etniche contro le
popolazioni di lingua russa. Il comandante di US Army Europe, gen. Ben Hodges,
ha annunciato che entro la fine del mese di marzo 600 paracadutisti circa della
173^ Brigata di fanteria aviotrasportata di Vicenza saranno inviati al centro di Yavariv per addestrare tre battaglioni
del Ministero dell’Interno. “Questa nuova missione in Ucraina serve a rimarcare
l’impegno Usa per la sicurezza del Mar Nero”, ha spiegato Hodges. “I nostri
paracadutisti avranno il compito di preparare le forze armate ucraine a
difendersi dall’artiglieria e dai razzi dei Russi e dei ribelli e interverranno
pure nella messa in sicurezza di strade, ponti e infrastrutture”.
Contemporaneamente al potenziamento del dispositivo
militare Usa in Ucraina, sono aumentati a dismisura gli “aiuti militari” e le
consegne di armamenti pesanti al governo di Kiev. Il primo massiccio
stanziamento finanziario risale al marzo 2014 (23 milioni di dollari), con il
“piano di assistenza alla difesa delle frontiere ucraine contro le provocazioni
delle forze armate russe e le violenze fomentate dai ribelli filo-russi”, come
riferito dal Pentagono. Successivamente, Washington ha approvato ulteriori
stanziamenti a favore delle forze armate ucraine per 5 milioni di dollari in
giubbotti antiproiettili, visori notturni,
caschi protettivi, dispositivi robot anti-esplosivi, kit sanitari e
equipaggiamenti per le telecomunicazioni. Altre attrezzature “non letali”
(sistemi d’allarme, vestiario, escavatori, camion, generatori elettrici,
apparecchiature radio, ecc.) sono state assegnate invece alla neo-costituita Guardia statale di protezione delle
frontiere.
Secondo quanto rivelato a fine gennaio dal New York Times, l’amministrazione Obama
si prepara a fornire “aiuti militari” all’Ucraina per più di 3 miliardi di
dollari nel triennio 2015-2017: tra essi spiccherebbero missili anti-tank,
lanciamissili anti-blindati, radar, velivoli a pilotaggio remoto (UAV),
contromisure elettroniche anti UAV, blindati “Humvees”, ecc. Agli ucraini
verrebbero fornite inoltre armi e munizioni prodotte nell’ex Unione Sovietica,
attualmente stoccate in un deposito della CIA in North Carolina. All’estensione
del programma di riarmo hanno collaborato alcuni “assistenti esterni”
dell’amministrazione Obama, come il generale in pensione Michèle Flournoy e l’(ex) ammiraglio James Stavridis, già
Comandante delle forze armate Usa e Nato in Europa.
L’Ucraina è sempre più Nato
Le
relazioni politiche-militari tra le autorità di Kiev e gli alti comandi della
Nato si sono fatte sempre più strette a partire del 2002, anno in cui fu
adottato il cosiddetto “Piano di azione Nato-Ucraina” e l’allora presidente
Kuchma annunciò l’intenzione di aderire all’Alleanza Atlantica. Nel 2005, il
presidente “arancione” Yushchenko fu ufficialmente invitato a partecipare al
summit alleato di Bruxelles che lanciò un “dialogo intensificato” Nato-Ucraina
e, tre anni più tardi, il vertice interalleato di Bucarest si espresse
favorevolmente all’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Nel 2009 le autorità ucraine
firmarono un accordo che consentì il transito terrestre nel paese di mezzi e rifornimenti
per le forze Nato in Afghanistan, mentre gli uomini guida delle forze armate
ucraine furono ammessi a partecipare ai corsi del Nato Defense College a Roma e
Oberammergau (Germania). Sempre in vista dell’integrazione delle forze armate
ucraine con quelle Nato, presso l’Accademia militare di Kiev è stata poi istituita
una “facoltà multinazionale” con docenti Nato. Con lo scoppio del conflitto in
Crimea, il governo ucraino ha deciso di accelerare l’iter di adesione all’Alleanza atlantica:
il 24 dicembre 2014, il Parlamento ha approvato la proposta di legge del
presidente Petro Poroshenko con cui l’Ucraina rinuncia unilateralmente allo
status di Paese non allineato e
formalizza la richiesta di ingresso nella Nato.
Secondo fonti giornalistiche indipendenti, in questi
mesi Bruxelles starebbe inviando in Ucraina carichi di armi, consiglieri
militari ed “esperti in contro-insorgenza” in vista di un attacco in grande
scala che le forze armate e i gruppi paramilitari locali intenderebbero
sferrare in primavera a Donbas. Con le linee strategiche anti-russe approvate
al vertice dei ministri della difesa della Nato tenutosi in Galles nel
settembre 2014, si è deciso di raddoppiare i fondi annuali a favore
dell’Ucraina del cosiddetto NATO Science
for Peace and Security (SPS) Programme, il programma interalleato di
cooperazione e formazione sui temi della “difesa” contro gli agenti chimici,
biologici e nucleari e delle cyber war. Nel corso della sua visita a Kiev il 20
e 21 novembre 2014, il generale Bartels, presidente del Nato Military Committee, ha reso noto che saranno messi a
disposizione dell’Ucraina i NATO Trusts
Funds per coprire finanziariamente le spese per la formazione e
l’assistenza del personale militare nei settori C3 (comando, controllo e
comunicazioni), della logistica, della cyber defence e della riabilitazione del
personale ferito in combattimento. A fine dicembre, nell’ambito del Defence
Education Enhancement Programme (DEEP), un team di esperti militari Nato provenienti
da Canada, Repubblica ceca, Lituania, Polonia e Stati Uniti ha dato vita a Kiev
a una serie di corsi di formazione finalizzati ad accrescere l’interoperabilità
dei reparti e dei mezzi da guerra ucraini con quelli delle forze armate
alleate.
Una punta di lancia Nato contro Mosca
Sempre in occasione dell’ultimo vertice dei ministri
della Nato in Galles è stato approvato all’unanimità il piano che modifica le
azioni d’intervento ai confini meridionali e orientali dell’Alleanza e triplica
il numero dei militari assegnati alla Response
Force (NRF), la Forza congiunta di rapido intervento che così potrà disporre
di 30.000 uomini. Prima
dell’estate saranno definiti i dettagli logistici per il potenziamento della task force, mentre la piena operatività
sarà raggiunta solo dopo il vertice Nato di Varsavia previsto nel giugno 2016. Sei
i paesi che guideranno a rotazione la Response
Force: Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Polonia e Spagna. Corpo
d’élite della nuova NRF sarà la brigata
di terra Spearhead (punta di lancia) con 5.000 militari
circa e che sarà supportata da forze aeree e navali speciali e, in caso di crisi maggiori, da due altre
brigate con capacità di dispiegamento rapido. “Al fine di garantirne la
massima prontezza operativa, la task force si avvarrà di sei nuovi centri di
comando e controllo dislocati in Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia
e Romania”, ha annunciato il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. “Se esploderà una crisi, questi centri
assicureranno che le forze nazionali e Nato, ovunque si trovino, possano agire
subito. Essi renderanno ancora più rapidi i dispiegamenti, supporteranno la
difesa collettiva e aiuteranno a coordinare l’addestramento e le esercitazioni”.
“L’Italia assicurerà il proprio supporto al processo
di implementazione del Readiness Action Plan (RAP), il
piano di risposta operativa della Nato, nella certezza che garantirà
all’Alleanza un insieme di strumenti idonei a rafforzare la cornice
di sicurezza globale, soprattutto in risposta alle minacce derivanti dalla
crisi tra Russia e Ucraina ed a
quelle provenienti dall’area mediorientale e del Nord Africa”, ha dichiarato poche
settimane fa la ministra Roberta Pinotti. All’Italia, in particolare, è stato
chiesto di ricoprire il ruolo di Framework
Nation per la costituzione della forza congiunta di pronto intervento
basata sulla brigata Spearhead. Inoltre,
al nostro paese è stato assegnato dall’1 gennaio 2015 - e sino alla fine
d’agosto - il comando della Baltic Air
Patrol, la missione Nato di pattugliamento dei cieli delle Repubbliche
baltiche avviata nel 2004 e che dopo lo scoppio della crisi ucraina ha visto
quadruplicare il numero dei velivoli e dei militari impegnati. Per le
operazioni aeree anti-russe, l’Italia ha messo a disposizione quattro caccia
multiruolo Eurofighter “Typhoon”, rischierati nell’aeroporto militare di
Šiauliai, in Lituania. Al comando italiano della BAP sono stati assegnati anche
quattro caccia Mig-29 delle forme armate polacche schierati a Šiauliai, quattro
Eurofighter spagnoli di base nell’aeroporto di Amari (Estonia) e quattro
cacciabombardieri belgi F-16 a Malbork (Polonia).
“In Ucraina è in gioco la sicurezza dell’Europa e
degli Stati Uniti d’America e per questo dobbiamo rafforzare in questo paese il
nostro ruolo e la nostra presenza militare”, ha dichiarato il 25 febbraio
scorso il generale Philip
Breedlove nel corso di un’audizione al Comitato per le forze armate del
Congresso degli Stati Uniti d’America. “Non sappiamo cosa farà alla fine Putin, ma dobbiamo
prepararci al peggio. Le forze russe continuano ad operare sul campo in
Ucraina, fornendo sostegno diretto ai separatisti. Mosca ha inoltre inviato più
di 1.000 pezzi di armi pesanti, come carri armati e sistemi d’artiglieria e di
difesa aerea. L’aggressione della Russia non è solo contro l’Ucraina ma
riguarda altri stati ex-URSS come la Moldavia, dove le forze armate russe sono
presenti nella conflittuale regione del Trans-Dniester”.
Così l’Europa torna a sentire le odi alla guerra totale.
Intervento
all’incontro-dibattito “USA –
NATO – Unione Europea: La crisi ucraina e la ricostruzione del movimento contro
la guerra”, Roma, 6 marzo 2015.
Commenti
Posta un commento