Uccisione capo ISIS Sahrawi, Parigi riafferma il suo controllo sul Sahel
Parigi come Washington ed Emmanuel Macron annnuncia con un twitt l’ultimo atto di guerra francese in terra africana: “Adnan Abou Walid al Sahraoui, capo del gruppo terroristico ISIS-GS (Islamic State in the Greater Sahara) è stato neutralizzato. Questo è un altro grande successo nella nostra lotta contro i gruppi terroristici in Sahel. La nazione stanotte pensa a tutti i suoi eroi morti per la Francia nelle operazioni Serval e Barkhane, alle famiglie in lutto, a tutti i suoi feriti. Il loro sacrificio non è vano”. Top secret le unità francesi impiegate e le modalità con cui sarebbe avvenuta l’uccisione del leader del gruppo armato attivo dal 2015.
Figlio
di una famiglia di commercianti rifugiata in un campo profughi saharawi in
Algeria dopo l’occupazione marocchina del Sahara occidentale, nel novembre 2010
Abou Walid al Sahraoui si trasferì nel nord del Mali per unirsi ad un’unità
combattente federata ad al-Qaeda in the
Islamic Maghreb. L’anno successivo è tra i fondatori del Movimento per l’Unicità e la Jihad in Africa Occidentale (Mujao)
che riuscì ad occupare per breve tempo la città maliana di Gao prima della
controffensiva militare francese del febbraio 2013. Con un video diffuso in
internet nel maggio 2015, al Sahraoui si dichiarò alleato di Abu Bakr
al-Bahdadi, leader riconosciuto dell’ISIS in Iraq e Siria. Da allora è stato
accusato dall’intelligence occidentale di essere il mandante di numerosi
attentati contro obiettivi stranieri che gli jhadisti hanno compiuto nella
cosiddetta zona dei “tre confini”, tra Niger, Mali e Burkina Faso.
“Egli è
stato il responsabile di vigliacchi e sanguinosi attacchi contro civili e le
forze sicurezza locali”, dichiara il portavoce della presidenza della
repubblica francese. “Nell’agosto del 2020
al Sahraoui ordinò personalmente l’assassinio di sei operatori umanitari
francesi, del loro autista e della guida che li accompagnava”. Contro il leader
militare era stata messa una taglia di 5 milioni di dollari dall’amministrazione
USA, dopo la morte in uno scontro a fuoco di quattro militari nei pressi del
villaggio nigerino di Tongo Tongo, al confine con il Mali (4 ottobre 2019). Con
l’operazione di giovedì 16 settembre, Macron ottiene un successo d’immagine proprio
con Washington e con i partner europei corteggiati da tempo per unirsi -
possibilmente sotto la bandiera bianca, rossa e blu – nella pericolosissima e
dispendiosissima guerra francese contro le milizie jiadiste in Sahel.
Con l’Operation Barkhane,
a partire del 2014 Parigi ha dislocato nell’Africa
sub-sahariana un imponente dispositivo militare, composto oggi da 5.100 effettivi,
una ventina tra cacciabombardieri e aerei da trasporto, 22 elicotteri, 290
blindati pesanti, 240 blindati leggeri e 380 mezzi logistici. Ad agosto lo
Stato maggiore ha reso noto di voler ridimensionare il numero degli assetti
schierati, trasferendo una parte degli interventi e relativi costi alla
neo-costituita forza multinazionale (a guida francese) Task Force Takuba, a cui
partecipa pure l’Italia. In verità più che di uno sganciamento si tratta di una
revisione delle tattiche d’intervento bellico, con il crescente e spregiudicato
utilizzo degli strike aerei e dei famigerati droni-killer, proprio come gli
Stati Uniti hanno fatto e fanno in Afghanistan, Pakistan, Iraq e Somalia.
I primi bombardamenti dei
droni francesi in Sahel risalgono a fine 2019: secondo un comunicato del
ministero della difesa, il 21 dicembre, nel nord del Mali, un velivolo a
pilotaggio remoto “Reaper” dell’Aeronautica lanciò un missile contro un gruppo
di “estremisti islamici”, uccidendo sette persone. “I droni sono i protettori
delle nostre truppe e sono efficaci contro i nostri nemici”, riporta la nota
della difesa. Nelle stesse ore il presidente Emmanuel Macron si trovava in visita ufficiale nella confinante Costa
d’Avorio.
La
stampa specializzata in questioni militari ha riferito che la scorsa primavera le
forze armate francesi hanno avviato nel deserto nigerino i test di lancio da un
drone “Reaper” di ultima generazione delle bombe a guida laser GBU12 Paveway II da 500
libbre, armi micidiali già impiegate dalle forze USA e NATO in diversi contesti
bellici. “Si tratta di una prima campagna sperimentale in un contesto operativo
quale quello dell’Operation Barkhane
contro i jihadisti nel Sahel, condotta dall’Armèe de l’Air sulla base aerea di
Niamey (Niger)”, riporta Analisi Difesa.
I “Reaper” possono volare sino a 13.000 metri d’altezza e con un’autonomia di
volo sino a 20 ore, consentendo così alle truppe francesi di operare in un’area
vastissima del continente africano.
Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 17 settembre 2021, https://pagineesteri.it/2021/09/17/mondo/uccisione-capo-isis-sahrawi-parigi-riafferma-il-suo-controllo-sul-sahel/
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