Garante e Ong: No a rimpatri migranti in Egitto, pericolo tortura. Ma la Polizia intensifica i voli
Semestre record per i rimpatri forzati dei migranti egiziani nonostante il Garante nazionale delle persone private della libertà abbia già manifestato forti preoccupazioni per le gravi violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime del generale Abdel Fattah al-Sisi. Da quanto si evince dalle delibere emesse dalla Direzione centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle frontiere del Ministero dell’Interno, dopo lo stop alle deportazioni dei migranti per l’emergenza Covid-10, nel periodo compreso tra metà marzo e fine agosto 2021 sono stati effettuati nove voli di “riammissione” di cittadini egiziani destinatari di provvedimenti di espulsione o respingimento dal territorio italiano. Il numero dei deportati è incerto: non meno di 180 ma potrebbero essere pure 350. In tre occasioni la destinazione finale dei voli di trasferimento è stato l’aeroporto internazionale di Hammamet in Tunisia, secondo quanto indicato dal Viminale; del tutto ingiustificato il dispendio di risorse finanziarie e umane impiegate, 652.290 euro per le spese di noleggio degli aerei, un migliaio di agenti per le operazioni di vigilanza e accompagnamento.
“Il Garante nazionale delle persone private della libertà esprime preoccupazione per
i rimpatri forzati verso l’Egitto, che nel
2019 sono stati ben 363; a questo proposito nota che l’accordo bilaterale per i rimpatri dovrebbe
essere rivisto, perché in tema di
situazione dei diritti umani l’Egitto del 2020 non è più quello del 2007, quando l’accordo fu firmato”. E’ quanto ha
dichiarato il presidente del Garante nazionale Mauro Palma il 18 maggio 2020 in
occasione del convegno internazionale dal
titolo Il monitoraggio dei rimpatri
forzati in Italia e in Europa, svoltosi a Roma nello Spazio Europa gestito dall’Ufficio in Italia del Parlamento europeo
e della Rappresentanza della Commissione europea.
Dal 2016 il Garante
nazionale è l’organismo a cui lo Stato italiano affida il monitoraggio delle
operazioni di rimpatrio forzato dei migranti “illegali” e in questi anni non
sono mancate le valutazioni critiche su queste pratiche e i timori sulla sorte
dei cittadini stranieri deportati. Il 12 dicembre 2018 il Garante ha puntato il
dito contro l’escalation delle espulsioni verso il paese del dittatore al-Sisi.
“Nelle ultime settimane si è verificata un’impennata di voli di rimpatrio
forzato in Egitto”, esordiva il presidente Mauro Palma. “Ciò si registra
proprio dopo la conferma della mancata collaborazione delle autorità egiziane
nelle indagini sui responsabili della tortura e dell’assassinio di Giulio
Regeni e vengono sospese forme di cooperazione istituzionali con l’Egitto. Si
ha la sensazione che, viceversa, la collaborazione fra i due Paesi in tema di
rimpatri forzati sia entrata in una fase di rilancio”.
“Il Garante nazionale –
proseguiva la nota - esprime forti perplessità sull’opportunità di organizzare
voli di rimpatrio forzato verso Paesi, come l’Egitto e la Nigeria, che non
hanno istituito un meccanismo nazionale di prevenzione della tortura (l’Egitto
in quanto Stato non firmatario dell’OPCAT e la Nigeria in quanto Stato
firmatario che non ha ancora implementato le disposizioni riguardanti il
Meccanismo nazionale di prevenzione)”. L’OPCAT è il Protocollo opzionale alla
Convenzione contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o
degradanti adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il
17 dicembre 2002 ed entrato in vigore il 22 giugno 2006. Il Protocollo integra la Convenzione ONU contro la tortura del
1984, istituendo un sistema di ispezione internazionale per i luoghi di
detenzione sul modello di quello esistente in Europa da oltre trent’anni. Ad
oggi la Repubblica Araba d’Egitto non è tra i paesi che hanno ratificato e/o
firmato l’OPCAT.
Nel
comunicato del 12 dicembre 2018, il Garante nazionale informava
altresì che una delegazione del proprio Ufficio aveva effettuato nella notte
fra il 5 e il 6 dicembre 2018 il monitoraggio di un rimpatrio forzato verso
l’Egitto. “In quest’occasione sono stati accompagnati nel Paese africano 16
cittadini egiziani precedentemente trattenuti nei Centri di Bari, Potenza e
Trapani”, riportava il presidente Palma. “L’operazione si è svolta in modo
regolare, anche se permangono alcune delle criticità che il Garante nazionale
ha più volte sollevato nel corso dei monitoraggi realizzati. Fra tali criticità
ci sono: il mancato preavviso ai rimpatriandi; l’uso generalizzato e preventivo
delle fascette in velcro ai polsi, a prescindere da valutazioni individuali del
rischio e da una effettiva e concreta necessità; le verifiche di sicurezza
effettuate con modalità non sempre rispettose dei diritti della persona”.
Un secondo volo di
respingimento di migranti egiziani veniva attenzionato dal Garante nazionale
l’11 giugno 2019. “Il personale di questo Ufficio ha
effettuato il monitoraggio di due operazioni di rimpatrio forzato, seguendo le
fasi di pre-partenza in aeroporto e salendo a bordo di due voli charter
noleggiati dal Ministero dell’Interno e diretti rispettivamente in Tunisia e in
Egitto”, riporta la nota della Presidenza. “Tramite il volo atterrato a Il
Cairo sono stati rimpatriati 14 cittadini egiziani, dei quali cinque
provenienti dal CPR (Centro per il
rimpatrio) di Caltanissetta, uno dal CPR di Potenza-Palazzo San Gervasio,
uno dal CPR di Roma e sette dal CPR di Trapani. L’esito del monitoraggio verrà
riportato nel rapporto periodico sui rimpatri forzati, che sarà, come di
consueto, inoltrato alle autorità competenti e poi, dopo un periodo di embargo,
pubblicato sul sito del Garante nazionale”. Ad oggi sul sito istituzionale non
compare il report sulle eventuali criticità riscontrate in occasione della
deportazione dell’11 giugno 2019, né esistono documenti sugli altri
innumerevoli voli di riammissione effettuati
negli ultimi quattro anni. Secondo lo stesso Garante, sono nel 2018
furono rimpatriati in Egitto 294 cittadini egiziani su un totale di 6.398
espulsi, con l’utilizzo di tre voli charter e alcuni voli di linea.
Dall’1
gennaio al 30 settembre 2019 il personale dell’Ufficio del Garante ha svolto il
monitoraggio di 24 voli di rimpatrio migranti (7 verso la Tunisia, 5 verso
l’Egitto, 5 verso la Nigeria, 2 verso il Marocco, 2 verso il Kosovo, 2 verso
l’Albania, 1 verso il Gambia). Anche per queste attività non sono pubblici i relativi
rapporti di valutazione, così come non è possibile sapere se i monitor del Garante
siano stati a bordo dei nove voli di respingimento di cittadini egiziani
effettuati nel corso del 2021: il 19 marzo sulla rotta Roma-Palermo-Hammamet;
il 13 aprile (Roma-Il Cairo); il 27 aprile (ancora Roma-Palermo-Hammamet); il 21
maggio (Roma-Bari-Palermo-Hammamet); il 21 giugno (Roma-Palermo-Il Cairo); il 2
luglio (Roma-Bari-Il Cairo); il 13 luglio (Trieste-Roma-Il Cairo); il 31 agosto
(Roma-Bari-Il Cairo). Per la cronaca, il 6
ottobre 2020 il Garante nazionale ha firmato una Convenzione di sovvenzione per
l’erogazione di un contributo di 943.350 euro per l’Implementazione di un sistema di monitoraggio dei rimpatri forzati
(grazie al Fondo Asilo Migrazione Integrazione - FAMI 2014/2020 del Ministero
dell’Interno). Il progetto è stato formalmente approvato il 4 febbraio 2021 e
si concluderà il 30 settembre 2022.
Non
risultano essere stati monitorati neppure i voli di rimpatrio effettuati sulla
rotta Roma-Palermo-Il Cairo il 21 gennaio e il 7 febbraio 2020, gli ultimi effettuati
prima dell’emergenza pandemia. Due operazioni di polizia che sanno di vero e
proprio pasticciaccio e che
meriterebbero l’attenzione del Parlamento e della Corte dei Conti. Nel
bando di gara per l’affidamento del servizio di noleggio di aeromobile per il
rimpatrio del 21 gennaio 2020 (a firma del direttore generale dell’Immigrazione
e della Polizia di frontiera, prefetto Massimo Bontempi), si riporta che per
l’allontanamento di circa 20/40 cittadini egiziani è stato “letto il Processo Verbale della Riunione tra il
Ministro dell’Interno della Repubblica italiana e il ministro dell’Interno
della Repubblica tunisina firmato a Tunisi il 5 aprile 2011”. Si aggiunge
poi che “è stato valutato che, sulla
base di quanto concordato con le Autorità tunisine in base al suddetto Processo verbale, risulta
possibile applicare la c.d. procedura
semplificata che prevede la possibilità di utilizzare voli charter per
eseguire il rimpatrio di cittadini tunisini giunti illegalmente in Italia dopo
il 5 aprile 2011, previa intervista a fini identificativi e contestuale
rilascio del lasciapassare da parte di rappresentanti del Consolato tunisino di
Palermo”. Ciononostante, il prefetto Bontempi incaricava la compagnia EgyptAir Airlines
di effettuare il servizio charter “con destinazione Egitto”.
Altre incongruenze compaiono
nella seconda delibera della Direzione generale dell’Immigrazione relativa alla
deportazione di altri 20/40 cittadini egiziani, il 7 febbraio 2020. Letto ancora una volta il Processo Verbale della riunione tra i
ministri dell’Interno di Italia e Tunisia del
5 aprile 2011 (al tempo, rispettivamente, Roberto Maroni e Habib Essid), l’organo
della Polizia di Stato valutava “che, sulla base di quanto concordato con le
Autorità egiziane in base al suddetto Protocollo
esecutivo, risulta possibile applicare la c.d. procedura semplificata che prevede la possibilità di utilizzare
voli charter per eseguire il rimpatrio dei cittadini egiziani giunti
illegalmente in Italia le cui procedure per stabilire l’identità delle persone
di cui si richiede la riammissione possono essere svolte sul territorio della
Parte richiesta” (cioè, secondo l’Accordo di cooperazione italo-egiziano in
materia di respingimenti, la Parte cui la
richiesta di riammissione è indirizzata, nda). Insomma un’incomprensibile
triangolazione Italia-Tunisia-Egitto che si ripeterà poi nel corso di
quest’anno con i tre voli dei migranti egiziani sulla rotta Roma-Hammamet.
“Da quanto si è potuto
apprendere dagli uffici competenti in materia, i cittadini egiziani sono sempre
stati rimpatriati verso il loro Paese; d’altronde stenteremmo a credere che il
governo della Tunisia possa aver accettato riammissioni di cittadini non propri”,
ci ha però risposto l’Ufficio stampa della Polizia di Stato. Le delibere di
affidamento dei servizi di trasferimento aereo dei migranti egiziani con
destinazione finale Hammamet sono però consultabili sul sito web ufficiale
della forza di pubblica sicurezza dipendente dal Viminale.
Intanto
sono sempre più numerose le organizzazioni internazionali che stigmatizzano le
pratiche di riammissione in un paese, l’Egitto, all’indice per la violazione
dei diritti umani e la repressione di ogni forma di dissenso. “Le espulsioni in Egitto violano l’art. 16 della
Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla
sparizione forzata per cui Nessuno Stato Parte espelle, respinge, consegna o estrada una
persona verso uno Stato dove esistano fondate ragioni di credere che correrebbe
il pericolo di essere vittima di sparizione forzata”, afferma EuroMed
Rights, il network euro-mediterraneo per i diritti umani di cui fanno parte più
di 80 organizzazioni non governative di 30 paesi europei e della sponda sud del
Mediterraneo.
L’ARCI
nazionale in un report pubblicato nel 2019 (Sicurezza e migrazione: interessi economici e violazione dei diritti
fondamentali), si sofferma in particolare su quanto accaduto in Libia,
Niger ed Egitto. “La storia ha dimostrato come l’esternalizzazione abbia
trovato sempre terreno fertile tra i paesi di origine e di transito
caratterizzati da regimi dittatoriali e repressivi”, scrive l’associazione. “L’Egitto
rientra sicuramente in questo quadro: partner fedele dell’UE e dell’Italia nel
bloccare le partenze dalle sue coste - varie le occasioni in cui Al Sisi si è
pavoneggiato rivendicando che i barconi non partono dal suo paese sin dal 2016
- e dell’Italia, per le procedure di riammissione e per aver accettato di fare
de Il Cairo la base logistica della formazione delle polizie di frontiera di
tutta l’Africa”.
“Di fronte ad un contesto
del genere e alla ferita ancora aperta del caso Regeni, l’Italia continua la
sua collaborazione con l’Egitto sul fronte della migrazione, cosi come su
quello economico e politico”, prosegue l’ARCI. “Sulla migrazione, da una parte
esiste una collaborazione bilaterale per facilitare le espulsioni degli
egiziani presenti sul territorio in virtù di un accordo di riammissione
Italia-Egitto dell’ottobre del 2007 che è tuttora in vigore. L’accordo non è
mai stato rimesso in questione né alla luce della deriva autoritaria che ha
travolto l’Egitto, né della mancata collaborazione sul caso Regeni”.
L’accordo sui rimpatri
forzati, sempre secondo l’ARCI, presenta gravi limiti di tipo giuridico: “Esso
ha la particolarità di non prevedere l’obbligo dell’identificazione prima
dell’espulsione. In caso ci siano prove tangibili della nazionalità egiziana
dell’espulso, l’Egitto ha soli 7 giorni per rispondere alla richiesta della
controparte italiana. Il silenzio vale come assenso. In caso di prova presunta,
i giorni concessi all’Egitto aumentano a 21. Solo una volta arrivato a Il Cairo
l’espulso potrebbe essere rinviato in Italia dall’Egitto, qualora non fosse
reputato cittadino del paese. In caso di utilizzo strumentale dell’accordo, se
l’Egitto avesse interesse a collaborare pienamente con l’Italia, si corre il
rischio che cittadini non egiziani siano espulsi in un paese dove i diritti fondamentali
dei cittadini e degli stranieri sono sistematicamente violati. E l’accordo
sembra anche funzionare, a guardare le cifre relative alle espulsioni verso
l’Egitto…”.
L’ARCI ricorda come la Commissione Egiziana per i Diritti e le
Libertà ha documentato 1.520 casi di sparizione forzata in Egitto fra il luglio
2013 e l’agosto 2018, con dodici vittime di minore età. “Più di 60.000
prigionieri politici sono attualmente detenuti nelle prigioni egiziane e almeno
129 sono stati i casi nel 2017 di detenuti morti in carcere”, aggiunge
l’organizzazione italiana. “La detenzione preventiva per gli imputati in attesa
di processo è una prassi consolidata: è un modo per prolungare a oltranza la
detenzione dei prigionieri politici, senza alcuna possibilità di appello.
15.000 civili sono stati giudicati da tribunali militari dal 2014, fra cui
decine di minori. Dal 2013, sono state migliaia le condanne a morte emesse dai
tribunali egiziani. L’Egitto è al sesto posto nel mondo per il numero di
esecuzioni; in soli quattro mesi, fra dicembre 2017 e marzo 2018, il Cairo Institute for Human Rights Studies
ha documentato l’esecuzione di 39 persone”.
“Che l’Italia continui ad
espellere verso l’Egitto risulta di una estrema gravità ed in violazione
flagrante delle Convenzioni Internazionali di cui il nostro paese è firmatario”,
conclude l’ARCI. “Ciò alla luce di una procedura di rimpatrio che non permette
nessuna attività di monitoraggio sui rischi a cui potrebbero incorrere i
cittadini espulsi, considerata anche la difficoltà reale di accesso dei
cittadini egiziani alla procedura d’asilo anche nei valichi di frontiera aerea,
e vista la collaborazione da parte del regime egiziano nel riammettere i propri
cittadini”.
Articolo pubblicato in Africa Ex Press, il 23 settembre 2021, https://www.africa-express.info/2021/09/23/altro-favore-al-dittatore-al-sisi-record-di-rimpatri-forzati-verso-legitto/?fbclid=IwAR1fY68kGKekKJpUMShnwLB5PWQWnFovhMLt5vHBojtphXQyYKYMsSea0lo
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