Riserva naturale di Punta Bianca: l’Esercito sparerà ai nidi di falchi e aironi

 


La classe politica dirigente siciliana si prostra ancora una volta davanti alle forze armate e legittima sfregi e cannoneggiamenti all’ambiente e ai territori dell’Isola di incomparabile bellezza. Il 19 gennaio 2022 è stata pubblicata all’albo pretorio del Comune di Agrigento la Proposta di istituzione della Riserva di Punta Bianca e Scoglio Patella approvata dal Consiglio Patrimonio Naturale della Regione Sicilia con tanto di mappa e riperimetrazione dell’area che sarà sottoposta a vincoli ambientali. L’ultimo atto di un procedimento avviato oltre vent’anni fa e che ha visto battersi contro venti e maree (anzi contro carri armati e bombardamenti in terra e in mare) l’associazione Mareamico di Agrigento per proteggere un tratto di costa mozzafiato ma fragilissimo che nulla ha da invidiare alla vicinissima e più nota Baia dei Turchi. Un incomparabile patrimonio naturale e paesaggistico contro cui la Brigata “Aosta” dell’Esercito, Carabinieri e forze di polizia e finanche i Marines USA di Sigonella si ostinano a sparare otto mesi l’anno, tutti i giorni esclusi i festivi, dall’alba sino a sera.

Vent’anni di braccio di ferro (ambientalisti e Sovrintendenza da una parte, generali e colonnelli dall’altra), per salvaguardare il territorio dagli appetiti speculativi dei signori del cemento e convertire il poligono di guerra in area protetta per le migrazioni e le nidificazioni degli uccelli. Al suo insediamento alla guida della Regione Sicilia, il governatore Nello Musumeci si era pubblicamente impegnato a sbloccare l’empasse e, alla fine, il 5 novembre 2021, aveva approvato la delibera per l’istituzione della Riserva di Punta Bianca e il suo inserimento nel Piano dei parchi e delle riserve siciliani.

Felici e grati gli ambientalisti agrigentini sino a quando, però, non sono entrati in possesso delle carte con le aree con i vincoli ambientali. Mareamico aveva chiesto di includere nella Riserva l’intera area costiera compresa tra la Foce del Vallone di Sumera e il Castello di Montechiaro (estesa in lunghezza per Km. 7 circa e che si allarga in profondità, nella sua massima penetrazione, a circa 3 Km.). In questo modo sarebbe stato “inglobato” anche il poligono militare di “Drasy”, sancendo la fine delle esercitazioni di carri armati e blindati e l’avvio della bonifica dei terreni e dei fondali infestati dai frammenti delle bombe e dagli esplosivi. Ma la “perimetrazione” della Giunta Musumeci è andata in direzione contraria: la superficie dell’area da proteggere è stata ridotta di almeno cinque volte e per giunta ridisegnata a mo’ di macchia da leopardo, con tre minuscole zone A, quelle con vincoli stringenti, distanti l’una dall’altra, mentre il pregevole Scoglio Patella e le acque delimitanti erano inserite in Zona B, perpetuando così i devastanti transiti di barche a motori e gli ancoraggi estivi. Ma peggio di ogni cosa, la Regione Siciliana lasciava fuori dalla istituenda riserva proprio il famigerato poligono militare.

Adesso si scopre un’atra truffa. Nello Musumeci e l’assessore al territorio e all’ambiente Salvatore Cordaro, dopo ulteriori incontri con i vertici delle forze armate, hanno rimesso mano alla geografia della tanto attesa riserva, dando un contentino agli ambientalisti e un contentone alle truppe corazzate. Le aree classificate in Zona A sono state ampliate e separate tra loro ne restano solo due, mentre lo Scoglio Patella ne entra finalmente a farne parte. Viene però confermata l’inspiegabile conformazione a mezza luna della riserva, una grande C che sembra non voler creare molestie e disagi ai proprietari degli immobili “esclusi”. Ma la peggiore sorpresa della nuova perimetrazione è che il Poligono “Drasy” - che prima era “solo” confinante con la riserva - adesso incide su piccole porzioni di una delle due Zone A. In parole povere i militari potranno cannoneggiare non solo accanto ai nidi di uccelli e alle tane delle volpi, ma anche sopra e contro: anche la fauna deve appendere a convivere con le bombe e la guerra, così come lo hanno appreso e interiorizzato gli umani.

Attenzione però, perché prima che si concluda l’iter amministrativo per l’istituzione della riserva di Punta Bianca, potrebbero ancora esserci altre amare sorprese per gli amanti della natura. Nella nota inviata il 18 gennaio 2022 al sindaco di Agrigento, la Regione Siciliana, nel formalizzare la “nuova” perimetrazione dell’area, aggiunge che “atteso il carattere assolutamente preliminare e non definitivo dell’attuale fase, ritiene che si debba procedere ad apportare le ulteriori integrazioni e modifiche indicate e che le valutazioni finali del Consiglio Regionale Protezione Patrimonio Naturale saranno necessariamente formulate nella fase successiva e finale dell’istruttoria dopo avere acquisto le osservazioni ed opposizioni”. Per le osservazioni e le opposizioni, c’è tempo trenta giorni dalla pubblicazione degli atti all’albo dei Comuni interessati (Agrigento e Palma di Montechiaro), cioè concretamente sino al 17 febbraio 2022. Ad oggi però nessuna delle associazioni ambientaliste siciliane ha espresso l’intenzione di ricorrere contro la mini-riserva che rende perpetui i bombardamenti contro scogliere e mare.

Ha lasciato l’amaro in bocca a tanti pure la stringata motivazione che la Regione utilizza per latutela di una preziosa porzione del territorio dell’Isola” e per la sua “valorizzazione sostenibile”. “Da un punto di vista geologico importante è la formazione rocciosa che caratterizza Punta Bianca costituita da una parete di marna di colore bianco, la formazione di Monte Grande con la presenza di falesie calcaree e gli affioramenti della serie gessoso solfifera”, scrive il Dipartimento dell’Ambiente. “Il tratto di costa costituisce un ecosistema litorale di eccezionale unità paesaggistica. Dal punto di vista vegetazionale l’area presenta diversi habitat di interesse comunitario quali: l’habitat prioritario 6220 Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea, il 1430 Praterie e fruticeti alonitrofili (Pegano-Salsoletea), il 1240 Scogliere con vegetazione delle coste mediterranee con Limonium spp. endemici, 2120 Dune mobili del cordone litorale con presenza di Ammophila arenaria (dune bianche), 5330 Arbusteti termo-mediterranei e pre-desertici e l’habitat 8210 Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica”.

“Tra la flora – prosegue il documento - spicca la presenza di Dianthus rupicola specie di interesse comunitario; segnalata inoltre la presenza della endemica Lavatera triloba subsp. agrigentina, di Ononis oligophylla subendemica, e di specie rare come Succowia balearica, Phlomis fruticosa, Ephedra podostylax, Rhamnus lycioides subsp. oleoides e Lycium intricatum. Questi ultimi tre elementi individuano un peculiare aspetto di macchia mediterranea particolarmente xerofilo e presente solo in pochissimi tratti della costa meridionale della Sicilia”.

“Importante per la fauna la presenza, sulle pendici di Monte Grande, di brevi corsi d’acqua, di stagni e di sorgive che garantiscono, anche durante la stagione secca, la permanenza di piccole aree umide; i numerosi habitat ospitano una fauna terrestre diversificata e una ricca avifauna utilizza l’area come zona di nidificazione”. E qui ci si ferma, probabilmente per non dover ammettere l’assoluta incompatibilità del poligono militare specie nei mesi di transito e sosta degli uccelli e dunque il contenuto truffaldino di un provvedimento che impone l’impossibile convivenza tra cannonate e fauna. Eppure l’elenco delle specie animali che popolano Punta Bianca evidenzia un’inestimabile biodiversità: tra i mammiferi e i rettili sono stati segnalati l’istrice, la volpe, il coniglio selvatico, il colubro di esculapio, la biscia dal collare, mentre per le specie ornitiche stazionarie di particolare rilievo spiccano il falco grillaio, la coturnice, la ghiandaia marina, la poiana, il gheppio, il fratino, il piccione selvatico, il colombaccio, il barbagianni, la cappellaccia, la tottavilla, lo scricciolo, il saltimpalo, il beccamoschino, l’occhiocotto, la cinciallegra, la ghiandaia, il corvo imperiale.

Nei periodi interessati dai flussi migratori, il territorio diventa un punto di concentrazione e di sosta per numerosissime specie, come l’airone rosso, il mignattaio, il germano reale, il falco pecchiaiolo, il nibbio bruno, il falco di palude, l’albanella reale, la gru, il cavaliere d’Italia, il cuculo, l’upupa, la capinera, l’averla capirossa. Saltuariamente sono stati avvistati l’airone bianco maggiore, la cicogna bianca, il fenicottero, l’oca selvatica, il biancone, il falco pescatore, il falco cuculo, l’occhione, la pavoncella, il gabbiano corso, il gufo di palude. Gli anziani ricordano che “Drasy”, il nome con cui i militari designano il poligono di guerra, era utilizzato nell’agrigentino come sinonimo di “’Ntrasi”, cioè “entra”, a indicare proprio quel territorio da cui a inizio marzo facevano ingresso in Sicilia stormi infiniti di uccelli provenienti dal continente africano, una migrazione che i cacciatori attendevano appostati sulle scogliere e le colline della zona.

Carabine e doppiette sono state convertite, oggi, in obici e munizioni perforanti. E Punta Bianca continuerà a fare da scenario addestrativo per le guerre del XXI secolo, accanto a un lungo elenco di martoriati territori dell’Isola, avamposti di morte della Difesa e della NATO: Sigonella e la baia nucleare di Augusta, Niscemi con le antenne del MUOS, lo scalo di Trapani-Birgi, gli avamposti radar dell’Aeronautica di Marsala e Noto-Mezzogregorio, il poligono nel bosco di Piazza Armerina, Capo Passero e Favignana con i loro nuovi potenti radar costieri, Lampedusa con la sua selva di antenne di telecomunicazioni e spionaggio e Pantelleria trasformata in poligono sperimentale per i droni killer e i cacciabombardieri F-35. Progetti dissennati che minano la sicurezza e la salute della popolazione e condannano la Sicilia al sottosviluppo e all’emigrazione. Ma tutti benedetti da governatori, assessori e relative clientele.



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