Stop alla cooperazione militare Italia-Etiopia, ma gli affari continuano
Un conflitto sanguinoso e terribile quello in corso nella regione del Tigray, Etiopia. Ha radici lontane e le lacerazioni sociali ed economiche prodotte dal colonialismo italiano hanno concorso ad alimentarlo. L’Italia non ha mai fatto i conti con la sua dissennata storia di guerre ed effimere occupazioni in territorio africano. E le ipocrisie, le reticenze e le tante bugie si perpetuano sino ai giorni nostri.
Il 6 ottobre 2021 l’on.
Piera Aiello del Gruppo Misto ha presentato un’interrogazione parlamentare ai
ministri della Difesa e degli Esteri con cui denunciava “le
connotazioni di genocidio” assunte dalla guerra in Tigray e le violazioni
dei diritti umani a cui “veniva sottoposta la comunità tigrina, oltre agli
eritrei rifugiati”. Ciononostante, l’on. Aiello rilevava la vigenza dell’Accordo
di cooperazione militare sottoscritto il 10 aprile 2019 ad Addis Abeba
dall’allora ministra della difesa Elisabetta Trenta (M5S) e dal Governo della
Repubblica democratica federale di Etiopia, poi ratificato dal Parlamento
italiano il 17 luglio 2020, pochi mesi prima dello scoppio delle ostilità tra
le forze armate etiopi e il Fronte Popolare di Liberazione del Tigré.
“L’entrata in vigore dell’accordo – aggiungeva l’on.
Aiello - consente al Ministero della Difesa, d’intesa con il Ministero degli
affari esteri e della cooperazione internazionale, di svolgere attività di
supporto in favore del Governo etiope, che potrebbe comportare l’eventuale
acquisizione da parte dello stesso di materiali per la difesa prodotti dall’industria
nazionale”. Si chiedeva infine al governo se erano state fornite armi all’esercito
etiope e se invece non si intendeva “dare un chiaro segnale politico”
sospendendo la validità dell’accordo nel settore della difesa con l’Etiopia, “condannando
apertamente le azioni di violazione dei diritti umani e crimini contro
l’umanità perpetrate dall’esercito etiope e dai loro alleati in Tigray”.
Il 6 febbraio 2022 il ministro della difesa
Lorenzo Guerini (Pd) ha risposto per iscritto alla deputata del Gruppo Misto. “L’impegno
italiano in Corno d’Africa è tradizionalmente diretto sia a contrastare la
diffusa e radicata instabilità, sia a creare partnership con i governi locali,
garantendo nel contempo stabilità e sostenibilità politica ed economica”,
afferma Guerini. “Con la firma dell’Accordo il 10 aprile
2019, il cui relativo iter parlamentare di ratifica è stato già completato da
entrambe le parti a conferma della comune volontà di rafforzare la cooperazione
bilaterale, la Difesa italiana ha avviato con l’Etiopia un progetto di
cooperazione, in particolare nel settore operativo e formativo, con l’obiettivo
di contribuire allo sviluppo delle capacità nei settori difesa e sicurezza, al
fine di dotare la controparte degli strumenti istituzionali necessari a
fronteggiare l’azione jihadista e le altre sfide alla sicurezza alle quali è
costantemente sollecitata”.
“Quanto al contenuto, l’Accordo prevede
forme di collaborazione nel campo dei materiali per la Difesa, riferite in
particolare al settore dei prodotti e della politica di approvvigionamento,
della ricerca e dello sviluppo degli equipaggiamenti militari”, aggiunge il
ministro. “Alla
luce del degenerare della situazione nel Tigray, il Dicastero ha cessato ogni
tipo di attività prevista dall’Accordo di cooperazione (…) In merito,
rappresento che il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione
Internazionale, al deflagrare del conflitto, ha dato parere negativo alle
richieste di autorizzazione pervenute all’Autorità nazionale UAMA (Unità per le
autorizzazioni dei materiali di armamento) riguardanti l’esportazione di
qualsiasi armamento o materiale dual use
verso l’Etiopia, non potendo escludere il rischio di un impiego nel contesto
delle ostilità in corso”.
Sempre secondo Lorenzo
Guerini, il nostro governo, in coordinamento con i partner internazionali, “primi
fra tutti l’Unione Europea e gli Stati Uniti”, ha intensificato le “pressioni
diplomatiche su tutti gli attori coinvolti, al fine di pervenire a una
soluzione negoziale della crisi”. “L’Italia sostiene convintamente la piena e
immediata cessazione delle ostilità ed il ritiro totale delle truppe eritree
dal suolo etiopico, nonché il pieno, sicuro e incondizionato accesso umanitario
alle regioni più colpite dal conflitto, il rispetto del diritto internazionale
umanitario, la conclusione di indagini trasparenti e indipendenti sulle gravi
violazioni e abusi dei diritti umani”, spiega il ministro. “Il nostro Paese ha
sostenuto fin dall’inizio l’indagine congiunta della Commissione Etiope e
dell’Alto Commissariato ONU, avviata nel mese di maggio 2021, così come la
missione d’inchiesta sul Tigray della Commissiona Africana sui Diritti dell’Uomo
e de Popoli, che opera nel contesto dell’Unione Africana”.
“Sempre in senso al
Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite – conclude Guerini - l’Italia ha
aderito, unitamente agli altri Paesi UE (ad eccezione della sola Ungheria), al joint statement promosso dal Regno Unito
in risposta alla decisione del Governo federale etiope di espellere i
funzionari ONU, riaffermando il sostegno alle agenzie delle Nazioni Unite e al
loro personale, e chiedendo al governo etiope di ritirare immediatamente la
propria decisione e di consentire nuovamente l’accesso al Paese per proseguire
le attività di supporto, senza ulteriori impedimenti”.
Accordo militare congelato, dunque, secondo il ministro
della difesa che tuttavia si guarda bene ad inasprire i toni con le autorità di
Addis Abeba. Decisione certamente apprezzabile anche se però del tutto tardiva;
inoltre avrebbe fatto bene Lorenzo Guerini a non fornire una versione riduttiva
dei contenuti del patto sottoscritto e ratificato in fretta e furia da un
Parlamento incapace di comprendere la gravità della crisi politica che in pochi
mesi avrebbe portato il paese africano alla guerra intestina.
Il testo dell’Accordo si
apre con un preambolo dove le parti spiegano di voler “consolidare le rispettive
capacità difensive” ed “indurre indiretti effetti positivi in alcuni settori
produttivi e commerciali di entrambi i Paesi”. All’articolo 3 si enumerano le materie della cooperazione:
difesa e sicurezza; formazione, addestramento e assistenza tecnica; ricerca e
sviluppo in ambito militare e supporto logistico; operazioni di supporto alla pace. All’articolo 4 si specificano invece le modalità con cui
si espleterà la partnership tra le forze armate italiane e quelle del paese
africano: scambi di visite e di esperienze; partecipazione a corsi,
conferenze, studi, fasi di apprendistato e addestramento presso istituti di
formazione militari; promozione dei servizi di sanità, compresa la ricerca
medica; supporto ad iniziative commerciali relative ai prodotti e ai servizi
connessi alle questioni della difesa; ecc.. Infine, all’art. 9, viene previsto
il pieno supporto al trasferimento di sistemi d’arma e apparecchiature belliche
e alla promozione di “iniziative commerciali finalizzate a razionalizzare il
controllo sui prodotti ad uso militare”.
Siamo pertanto di fronte a
una collaborazione ben più ampia di quella descritta dal ministro Guerini nella
risposta all’on. Piera Aiello. Sarebbe stato doveroso inoltre far sapere cosa,
come e quanto è stato fatto realmente da parte italiana perlomeno sino alla sospensione dell’Accordo. Sappiamo che
sono pervenute alle autorità richieste di
autorizzazione all’esportazione all’Etiopia di armamenti e materiali dual use, ma nulla è stato specificato
sulla loro tipologia e quantità e sulle industrie belliche proponenti. Ancora
più grave è il non aver indicato chiaramente la data in cui l’Italia ha deciso
di cessare, unilateralmente, ogni tipo di attività prevista dall’Accordo
di cooperazione.
Forte è il sospetto, invece,
che la decisione - dovuta e necessaria – sia stata assunta dal governo Draghi
abbondantemente fuori tempo massimo e dopo che sono stati consumati orribili
massacri di civili in Tigray. Che l’Accordo militare Italia-Etiopia sia stato
in vigore perlomeno sino alla fine del 2021 è desumibile da quanto dichiarato
pubblicamente dalla persona che lo ha sottoscritto per conto del nostro Paese. In
una lettera alla testata Formiche.net,
pubblicata il 28 settembre scorso, la ex ministra della difesa Elisabetta Trenta
ha riconosciuto che non avrebbe siglato un accordo di collaborazione nel settore della Difesa
con le autorità etiope se avesse avuto “anche il solo dubbio su quello che invece
poi è successo”.
“In quel momento, però, non avevamo indicatori che ci
potessero far presagire il futuro”, ha aggiunto l’on. Trenta. “Intanto, il
presidente americano Joe Biden ha
firmato un ordine esecutivo per imporre sanzioni a tutti i criminali, di ogni
fazione, autori di crimini di guerra e contro l’umanità, dall’inizio della
guerra in Tigray. Ci sarà, in aggiunta, anche una riforma e un aggiornamento
riguardo alla normativa sull’embargo di armi verso l’Eritrea e l’inserimento
della stessa norma riguardante l’Etiopia (…) In questo quadro, l’Italia non
deve restare a guardare, né limitarsi al solo tentativo di inviare convogli
emergenziali. Occorrono anche gesti politici significativi come, per esempio,
sospendere quell’accordo di collaborazione nel settore della difesa da me
firmato e reso esecutivo più tardi, quando già si cominciava a intravedere la
strada che stava prendendo il Paese”.
Irresponsabilmente, invece, non solo l’Italia ha
mantenuto vigente il trattato militare, ma ha anche tentato di rafforzare la
cooperazione con l’Etiopia in ambito industriale-imprenditoriale. Da una nota
pubblicata da InfoAfrica il 24 agosto 2021 si evince che l’Agenzia per la promozione all’estero delle imprese italiane (ICE) e
l’Ambasciata d’Italia ad Addis Abeba avevano sottoscritto nei giorni precedenti
con la ministra di Stato etiopica, Yasmin Wohabrebbi, due accordi, il primo a “sostegno
dell’imprenditoria femminile nel settore del pellame e il rafforzamento dei
collegamenti con i mercati internazionali”; il secondo relativo “all’istituzione
di centri per l’impiego nelle zone rurali in tre regioni del Paese”. I due
progetti sono stati sovvenzionati dall’Italia con 5 milioni di euro.
Il 3 febbraio 2022 alcuni organi di stampa etiopi
hanno reso noto l’incontro tra i rappresentanti di due aziende italiane, il
gruppo Rimorchiatori Riuniti S.p.A. di Genova e GE Car, con l’ambasciatrice
dell’Etiopia in Italia, Demitu Hambisa Bonsa. Le società avrebbero espresso il
loro interesse a investire nei settori della logistica, dei trasporti e
dell’assemblaggio di veicoli in Etiopia. Coincidenza vuole che nella stessa
giornata l’Ambasciata italiana in Etiopia ha emesso un breve comunicato
relativo a un “incontro proficuo ed
operativo dell’Ambasciatore Agostino Palese con il Ministro delle Miniere
etiope, Takele Uma Banti, per approfondire ed esplorare collaborazioni in
settori dove l’Italia è all’avanguardia a cominciare da quello del marmo”.
Affari,
affari e ancora affari. Anche quando piovono le bombe e centinaia di migliaia
di persone sono costrette ad una fuga disperata verso l’ignoto.
Articolo pubblicato in Africa ExPress il 20 febbraio 2022, https://www.africa-express.info/2022/02/20/stop-alla-cooperazione-militare-italia-etiopia-ma-gli-affari-continuano/
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