Operazione Beta 2. La borghesia mafiosa e il sacco del Torrente Trapani
Facce
pulite per dialogare e stringere relazioni d’affari con la borghesia e i
salotti buoni di Messina, città da bere, divorare, lottizzare, cementificare,
saccheggiare. I rampolli della famiglia criminale imparentata e socia dei
famigerati Santapaola-Ercolano di Catania: istruiti, intraprendenti, glocal, ma
quando è necessario anche risoluti e violenti. Appaiono così le ultime leve
della criminalità messinese nelle informative e nelle ordinanze degli organi inquirenti
da cui sono scaturite le operazioni antimafia Beta e Beta due sugli
affari illeciti della famiglia Romeo e dei consiglieri-consigliori del mondo di
mezzo tra società, politica ed economia legale e grigio-illegale.
Due
in particolare i personaggi che nell’ultima tranche dell’inchiesta della
Direzione distrettuale antimafia di Messina contro il clan Santapaola-Romeo
mostrano indubbie capacità di interfacciarsi da pari a pari con i costruttori e
gli imprenditori di grido, i principini del foro, bancari e commercialisti e
perfino con qualche assiduo frequentatore delle innumerevoli logge massoniche.
Uno è Maurizio Romeo, fratello minore del più noto Vincenzo Romeo a capo
dell’organizzazione; l’altro è Ivan Soraci, sino ad oggi del tutto ignoto alle
cronache giudiziarie, amico e socio del più giovane dei Romeo. “Maurizio Romeo
e Ivan Soraci operano alle dipendenze dei capi, partecipano agli investimenti
del gruppo, recuperano i crediti utilizzando metodi mafiosi, reinvestono
capitali illeciti; con l’aggravante dell’essere l’associazione armata e con
l’ulteriore aggravante di avere finanziato in tutto o in parte le attività
economiche con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti”, riporta il Gip
del Tribunale di Messina, Salvatore Mastroeni, nell’ordinanza di applicazione
di misure cautelari personali Beta 2,
emessa il 19 ottobre scorso.
Gli
accertamenti eseguiti nel corso delle indagini sulla figura di Maurizio Romeo
hanno evidenziato che il predetto, in passato, aveva svolto saltuariamente
attività lavorative presso alcune agenzie immobiliari del capoluogo dello
Stretto, in particolare nel 2002 e 2003 presso le ditte Rizzotto Antonino Immobiliare
e Casa Leader S.r.l.. “Dall’attività di intercettazione svolta, emergevano degli
appuntamenti organizzati dal Romeo per istaurare trattative di vendita di
immobili, benché egli non risulti svolgere formalmente alcuna attività
professionale ed i dati INPS ultimi evidenzino che, sino all’ottobre 2017,
Maurizio Romeo era dipendente della società di articoli sanitari Ekosan S.r.l.,
sempre riconducibile alla famiglia”, scrivono gli inquirenti. Ancora più
poliedrico Ivan Soraci: dipendente dal febbraio 2006 all’agosto 2010 di Irrera
1910 S.r.l., la società a capo dello storico marchio di ritrovi-bar-pasticcerie; amministratore
unico dal 15 febbraio 2007 al 14 settembre 2011 dell’Antica Pasticceria Irrera
S.r.l., società “sorella” dell’Irrera 1910 attiva nella produzione industriale
di dolci e nella gestione di catering; amministratore e socio (con Maurizio
Romeo) della M.& L. S.r.l., società titolare del
centralissimo esercizio commerciale adibito a salumeria-gastronomia denominato Botte Gaia, poi venduto nel 2015.
“Per
Maurizio Romeo e Ivan Soraci emergono, specie con le dichiarazioni del costruttore
Biagio Grasso, gli elementi di partecipazione all’associazione di Vincenzo
Romeo”, riporta l’Ordinanza Beta 2. “Al
riguardo, evidenziando la serie di attività e la complessiva partecipazione
associativa, il collaboratore Grasso ha reso plurime dichiarazioni, il cui
contenuto è agevolmente ricostruibile, seguendo di massima un ordine
cronologico”. L’imprenditore di origini milazzesi, condannato a 6 anni e 4 mesi
al primo troncone del processo Beta,
ha fornito ai magistrati numerosi
spunti d’indagine sulle operazioni finanziarie e immobiliari della famiglia
Romeo, comprese quelle relative alla compravendita di articoli sanitari e
farmaci, sino ad oggi inedite. “La Ekosan era di Benedetto e Maurizio Romeo; a
tutti i fratelli sono riferibili plurime attività economiche, anche se la
gestione degli affari è affidata a Vincenzo e Benedetto Romeo; vi era una sorta
di cassa comune, nel senso che quando vi era necessità di denaro, ciascuno dei
fratelli faceva fronte, prelevandolo dalle attività economiche o attingendo a
fondi personali”, ha dichiarato Grasso.
Nel
corso del suo primo interrogatorio, avvenuto prima della scelta di collaborare
con la giustizia, il costruttore contiguo alla famiglia criminale peloritana aveva
fornito numerosi elementi pure sul ruolo di Ivan Soraci, indicandolo come colui
che lo aveva messo in contatto con l’organizzazione dei Romeo-Santapaola, procurandone
di fatto il suo ingresso. “L’interrogatorio del 20 luglio 2017 – scrivono gli
inquirenti - appalesa una certa tortuosità, con una serie di digressioni che
appare meglio rimuovere, emergendo comunque nel complesso il contatto con la
galassia Romeo e il modo di operare (che oscilla dagli investimenti
imprenditoriali alle estorsioni) del Romeo e dei suoi accoliti”. Sempre secondo
la DDA di Messina, Ivan Soraci “opera per l’associazione, ne rende strumento e vittima
il Grasso e per certi versi inizia ad inserirlo nella cosca”.
Quel Signor I
direttore da Irrera
“Conosco
Maurizio Romeo per mezzo di tale Ivan Soraci che era dipendente del bar Irrera
dove uno dei soci era Giuseppe Denaro, nonché mio socio in un investimento
insieme a Giuseppe Puglisi a Villafranca Tirrena area ex Pirelli. Ecco perché
lo conoscevo, perché andavo lì insieme agli altri due soci e quindi lui era il
direttore, diciamo, del locale. Eravamo coetanei, quindi nacque una simpatia.
Circa due anni…”, dichiarava Biagio Grasso nel suo interrogatorio del 20 luglio
2017. Sei mesi più tardi, il neocollaboratore di giustizia aggiungeva altri
rilevanti particolari sul Soraci e il Romeo. “Ivan Soraci era detto signor I ed è soggetto facente parte
dell’organizzazione”, esordiva Grasso. “Rispetto a quanto ho già riferito sul
suo conto, intendo precisare che il Soraci iniziò come dipendente di Giuseppe
Denaro, che, all’epoca, gestiva dei supermercati e successivamente divenne
direttore di sala del bar Irrera. In questo periodo, si avvicinò alla famiglia
Romeo, divenendo una faccia pulita da potere utilizzare come imprenditore, che
intratteneva anche rapporti con le banche, utilizzando capitali dello stesso
Romeo, così come è avvenuto con riferimento all’acquisizione della Botte Gaia, che è stata realizzata
esclusivamente con mezzi e capitali di Vincenzo Romeo. Egli aveva rapporti con
soggetti coinvolti in vicende di droga come il canazzo, ed anche per tale ragione non era considerato uomo
pienamente di fiducia dei Romeo, perché, per quanto a mia conoscenza, questi
non erano interessati al mercato degli stupefacenti. Grazie alla presenza dei
Romeo, è riuscito ad estorcere a Giuseppe Denaro, a titolo di buonuscita, la
somma di 80.000 euro in contanti…”.
Sempre
secondo il costruttore milazzese, fu proprio Soraci a cooptarlo in due
fallimentari operazioni immobiliari che lo avrebbero trasformato in pochi anni
da socio-partner dei Romeo a vittima
di estorsione del medesimo gruppo criminal-familiare. “Nel 2010 Ivan Soraci mi
dice: Ti voglio presentare una persona
che è nell’ambito della compravendita immobiliare”, verbalizza Grasso. “Io
mi ero affacciato su Messina perché stavo vedendo quell’altra maledetta operazione
che mi ha venduto l’ingegnere Cassiano. Quindi, mi presenta Maurizio Romeo che
all’epoca lavorava con l’agenzia immobiliare di Francesco Mancuso, quella che
c’è in via Garibaldi, Mancuso Immobiliare. Loro sono Gabetti. C’è Barca e
Mancuso. Al che io, conobbi sto ragazzo, che all’epoca era ancora giovane, un
ragazzino, e ci presimo un caffè. Dopo
di che il Soraci mi incalza dicendo: No,
dobbiamo fare lavorare sto ragazzo perché lo dobbiamo portare avanti. Mi devi
fare la cortesia, se prendi l’operazione là sopra, dagli gli appartamenti da
vendere”.
“Il
carattere di Soraci è così, è stato sempre incalzante e poi questo suo modo di fare
è quello che poi ha portato agli scontri con i Romeo e quindi a tutte quante le
problematiche del caso”, aggiunge Biagio Grasso. “In uno di questi incontri mi
presenta Vincenzo Romeo, dicendo: No,
guarda, ti presento il fratello, Vincenzo Romeo, che poi alla fine, è lui il
più grande dei fratelli, è quello che gestisce tutte quante le vicende e anche
lui avrebbe piacere se c’è qualche operazione a farla, anche perché ha fatto
qualche cosa, mi sembra che aveva detto con
Bonaffini, sempre comprando e vendendo appartamenti e poi è uno forte nel campo
dei giochi pubblici, quindi SISAL, io non sono esperto infatti non sono mai
entrato in questo tema, però io lascio scorrere. Incalzano, incalzano,
incalzano fin quando un giorno mi dicono: C’è
un’operazione a Santa Margherita. Quella di Santa Margherita è
un’operazione di 13 appartamenti che era intestata a tale Edil Raciti S.r.l.,
cui l’intestataria era una tale signora Lombardo che comunque era la moglie di
sto gruppo Raciti. Perché avevano interesse a farmi fare st’operazione? Perché
chi era l’intermediario fra la signora Raciti e il probabile compratore era un
parente del Romeo, che però non ricordo il nome. La signora Lombardo
sicuramente lo saprà, detto u pulici.
Mi incontro con lei, guardo le carte e chiaramente cominciamo già con la prima
operazione che non andava bene, perché su 13 appartamenti 8 erano stati venduti
ricevendo degli acconti con prezzi di vendita assurdi, 800–900 euro al metro
quadrato, solo e soltanto… Prezzi bassissimi. Con 800 euro non ci riesci manco
a fare le baracche. E’ fuori mercato. E quindi dico ai Romeo: Guardate che l’operazione non la posso fare
perché è inutile che la prendiamo. Io facevo il costruttore edile, quindi,
chiaramente, se ti portano un’operazione già in corso con una palazzina
costruita e il prezzo interessante, scappi e la guardi. Loro me l’hanno
proposta per comprarla, completarla e rivenderla ai possibili clienti. In virtù
di questo gli dico: Guardate che
l’operazione, ragazzi, non c’è quindi non si può fare. Il Soraci mi dice: No, lo devi fare, fammi la cortesia. Gli
ho detto: Guarda, a me non interessa,
possiamo proporla ad un soggetto, che all’epoca era il dottore De Marco che
è un consulente di Messina. Sono padre e figlio, sapevo che faceva piccole
operazioni immobiliari. Comunque, vado da questo De Marco che mi presenta un
soggetto, che è il signor Franco Lo Presti, che aveva contatti con lui. Mi
dice: No, guarda, intestagli l’operazione
a Lo Presti, vedi se lui la può portare avanti e poi si vede com’è tutta quanta
la vicenda”.
E’
sempre lo stesso Grasso a spiegare le contorte modalità con cui sarebbe
avvenuta l’operazione immobiliare nel villaggio di Santa Margherita. “In quella
fase non era un’intestazione fittizia ma era un acquisto, perché il Lo Presti
in teoria poteva avere la capacità per svilupparla. Allora dice De Marco: Vediamo, caso mai in qualche maniera… come
fare. Così l’operazione io l’ho
girata direttamente a De Marco che ha detto: Gliela diamo a Lo Presti. Lui se la prende. In quella fase a me non
interessa, però per fare una cortesia al Soraci e levarmelo da dosso, faccio
questo passaggio: vado da De Marco, De Marco mi presenta Lo Presti e Lo Presti
s’intesta l’operazione. Cioè, meglio, si compra l’operazione, anche perché essa
era a costo zero, perché se chiaramente compri dove ha solamente sulla carta
perdite e rischi poi di metterla in sesto all’imprenditore, ti accolli i
debiti, ti prendi gli attivi e non gli riconosci niente, perché c’era già una
palazzina costruita. Cioè, ancora oggi c’è un rustico costruito sul posto. Che
poi quest’operazione finisce, vi do l’input…. Alla fine della fiera, c’è un
accordo, un lodo arbitrale, una mediazione, e l’operazione è stata intestata a
Daniele Mancuso…”.
Le
indagini hanno dato riscontri oggettivi alle dichiarazioni del collaboratore.
La signora Vincenza Lombardo, coniugata con Antonino Raciti, è risultata
amministratrice unica della Edil Costruzioni Raciti S.r.l., società con sede
legale in Via Nazionale, Santa Margherita, costituita l’8 febbraio 2008. Le
visure camerali hanno poi accertato che l’imprenditore Franco Lo Presti ha acquistato
nel giugno 2010 il 100% delle quote del capitale sociale della Edil Raciti. “In
relazione al previsto passaggio delle quote della Edil Raciti a Daniele
Mancuso, poi non avvenuto a causa della mancata presenza di Grasso, veniva
acquisita in data 17 gennaio 2018, presso l’abitazione di Biagio Grasso, della
documentazione contabile consegnata spontaneamente da Silvia Gentile con i documenti
catastali e i conteggi vari riportati dell’Operazione
Santa Margherita Ex Raciti – Mancuso”, annotano gli inquirenti.
I tentacoli della Piovra sul devastante affaire
Torrente Trapani
Nel
corso di diverse deposizioni, il collaboratore di giustizia Biagio Grasso si è soffermato
su una delle operazioni più devastanti dal punto di vista
urbanistico-ambientale della recente storia della città di Messina, la
realizzazione di centinaia di alloggi nella centrale area del Torrente Trapani ad
altissimo rischio idrogeologico. “Dopo di che, l’avvocato Giuffrida detto bluff, personaggio su cui potrei aprire
duemila porte e duemila vicende, e che l’imprenditore Nino Pettina mi aveva
presentato mi dice: Grasso stai cercando
un’operazione a Messina? Ma ce n’è una che è bellissima che ho io e che tu
conosci, anche perché del Torrente Trapani tutto quello che vedete là sopra
l’ho costruito io e non ho preso soldi da nessuno, a cominciare da Pettina”,
verbalizza il collaboratore. “Perché Pettina poi fallì pilotatamente, a me mi
saltò 700.000 euro lui e 300.000 euro il fratello. L’avvocato Gulino, che è
persona perbene a Messina, mi ha intavolato duemila cause che giustamente poi i
Giudici alla civile mi hanno dato torto e quindi mi hanno bloccato i pagamenti.
Poi su questo apriamo un capitolo molto importante, cemento, e tutto quanto il
resto: concessioni edilizie, programma costruttivo, raggiri ai clienti, ecc….
Insomma mi propongono questa operazione
di Cassiano. Io, preso da una forma di riscatto nei confronti dei Pettina,
perché ero rimasto molto male per come soprattutto il Giuseppe Pettina, che è
quello peggiore dei tre, mi aveva ingarbugliato la vicenda, tra cui un
appartamento che la mia compagna ha pagato per intero, venduto due volte, prima
a me e poi all’ex direttore della Banca Popolare di Ragusa nonché facente
parte, credo, della stessa loggia dei Giuffrida, quindi Carlo Giuffrida...
cioè, La Spina e Giuffrida, dove persi un’altra causa con 150.000 euro di
appartamento pagato, finito… Mi presentano quindi l’ingegnere Cassiano insieme
a Giuffrida. Cassiano è molto esperto, infatti non è stato neanche condannato. L’operazione
dalle carte era perfetta quindi faccio un accordo con Cassiano e gli dico: Dammi un X di tempo per organizzarmi e
chiudiamo l’operazione. Mi ricordo che nel febbraio 2010 presimo un aperitivo al bar Irrera, e
Soraci sente l’operazione e mi dice: Perché
non fai l’operazione insieme a Romeo?, gli ho detto: Ma loro fanno i costruttori?, dice: Sì, hanno fatto operazioni con tizio, caio, sempronio e roba del genere…”.
“Mi
ricordo che in quel periodo Vincenzo Romeo mi dice: Sì, però c’è un amico mio che mi ha dato informazioni che l’operazione
non è male”, aggiunge Grasso. “L’amico suo era l’ingegnere Arena, fratello
del magistrato donna, che poi era anche il direttore dei lavori per conto di Pett
S.r.l.. Comunque, il Soraci insiste e gli dico: Ragazzi qua bisogna uscire almeno 60-70.000 euro e quindi se volete
entrare nell’operazione ci vuole un X. Quanto volete?. La metà, 30.000 euro, dice Soraci e mi porta i soldi. Io mi incontro
con l’ingegnere Cassiano e dico okay. Con loro faccio un accordo. Con Cassiano
facciamo un pranzo presso l’Ossidiana,
che è sotto lo studio dell’avvocato Giuffrida, consegno i soldi direttamente
nelle mani di Cassiano, che lui prende e li versa, non so se 30 o tutti i 60.000,
presso Unicredit di via Garibaldi, perché era cliente, pure lui, corporate, come lo ero io. All’epoca c’era
il dottore Carbone come direttore…”.
Con questo
accordo Biagio Grasso entrava in possesso della società di costruzioni Se.Gi.
S.r.l.. “All’epoca la Se.Gi. era della moglie e della figlia di Cassiano e questo
mi ha fregato”, spiega l’imprenditore. “L’operazione era la costruzione dei
famosi 96 alloggi a Torrente Trapani. Subito appena entro nell’ufficio mi
dicono: Guarda che è arrivata due giorni
fa una comunicazione da parte del Comune di Messina... perché io compro il
10 aprile presso il notaio Bruno e il 6 o 7 aprile il Comune di Messina aveva
mandato la revoca della concessione edilizia, quindi, praticamente mi avevano
fatto una truffa con i fiocchi e da là capivo l’urgenza di Giuffrida a farmi
duemila telefonate. Al che cerco di capire come sono le cose, abbiamo guardato
le carte e realmente là sopra avevano fatto un disastro perché non avevano ottemperato
a quelli che erano gli ordini dei direttori dei lavori precedenti, non avevano fatto
niente, avevano solamente fatto i ripiani per alzare le palazzine. Per questo
motivo alla fine dico a Soraci: Guarda
che l’operazione si è incartata quindi non so quanto tempo si perderà su questa
vicenda e il Soraci già dimostra alterazione e mi dice: Ma tu sei l’esperto delle carte e se ti
prendi un ruolo, la responsabilità è tua e devi corrispondere tu (…) Le
cose vanno avanti, cerco di sbrogliare la situazione... Un giorno Soraci,
Maurizio e Enzo Romeo mi convocano e mi dicono: Guarda, noi ci siamo fatti quattro conti, l’operazione l’hai sbagliata
tu… Soraci mi aveva chiesto di fare entrare in partecipazione questi
ragazzi, i Romeo, come socio non risultante, occulto. Su quell’operazione ha
messo massimo 50.000 euro, tutti cash. Io poi gliene avrò messi 500 in quella operazione.
Quindi mi dicono: No, noi abbiamo fatto i
conteggi, l’operazione l’hai sbagliata tu, a noi ci devi dare 800.000 euro.
All’epoca non so chi sono i Romeo… Io mi prendo del tempo, perché mi sono
sentito confuso da quella pressione immediata e non programmata. Perché tu fai
un affare con uno, va male e dopo quindici giorni quello ti chiede una cifra
esorbitante e non capisci come ti devi comportare. Considerato che bene o male
con questi soggetti un po’ particolari io sempre ci ho avuto da fare perché il
mio mestiere, soprattutto al sud, è particolare, ho detto: Vabbè, vediamo, come ho dribblato quelli a Barcellona, vediamo se
riesco a dribblarmi questi qua, mentre in realtà è tutta quanta un’altra
mentalità, tutto quanto un altro pensiero. Perché lì, anche quando c’era
Carmelo D’Amico, i due fratelli, con tre parole li dribblavi, questi qui no.
Anche perché pensi che li dribbli e appena escono dalla porta si rifanno la
strategia e tu fai altri tre passi indietro, quindi quello che non hai potuto
mantenere oggi non puoi mantenerlo più perché diventa una palla di neve dove tu
non ne esci più”.
“Quindi,
l’operazione Torrente Trapani si blocca e io rimango con un presunto debito nei
confronti di questi soggetti, che al momento ho sottovalutato, solo che il
Soraci, penso su indicazioni degli altri, mi incalza in maniera violenta,
violenta, violenta, violenta…”, aggiunge Grasso. “Io in quel periodo ho avuto
la mazzata di Antonino Giordano; avevo avuto una mazzata di Pettina; avevo
avuto un’altra mazzata con l’Impresa Portuale Garibaldi, che ancora ad oggi mi deve
dare circa 7/800.000 euro; avevo avuto tutta una serie di inconvenienti, avevo poca
liquidità… Nel frattempo conosco l’avvocato Andrea Lo Castro tramite l’avvocato
Giuffrida, perché Lo Castro seguiva l’operazione di Pettina sempre a Torrente
Trapani e Giuffrida non poteva fare altro che farmi buon viso a cattivo gioco e
continuare a seguire la mia. Lo Castro mi considera intraprendente e mi propose
diverse operazioni tra cui una che è la Else S.p.A. di Milano, gestita all’epoca
da tale dottore Rossetto che ha lo studio in via Santa Cecilia... Questo
Rossetto è un altro tipo molto ambiguo, perché girava in ambiti, anche lui, loggeschi
credo. Era stato liquidatore della Rosi o Roti che era una società
importantissima di Milano, parliamo di una liquidazione di quasi 200 miliardi di
lire all’epoca. Io ero interessato a sganciarmi dal territorio di Messina,
quindi l’opportunità di Milano la presi in maniera interessante. Vengo a Milano
da solo, febbraio 2011, incontro l’ingegnere Carlo Vandoni che era il titolare
e deus ex machina della Else S.p.A., persona super perbene, che insieme all’ingegnere
Trevisan sono il numero uno e il numero due in Italia e in Europa per quanto
riguarda Fondazioni Speciali, ed entro in un mondo totalmente diverso rispetto
a quello che è la permeabilità messinese, quindi l’operazione la ritengo
interessante. Essendo di livello molto grande, mi viene l’idea di chiamare a
Carlo Borrella. Lui mi dice: Ottimo,
stiamo attenti perché è una società che ha delle problematiche e ci
facciamo anche aiutare da Giuseppe Barbera che poi ho saputo che è stato
arrestato pure lui per una cosa fraudolenta. Perché lui era il vice presidente
nazionale dell’associazione Fondazioni Speciali di tutta quanta Italia. La notizia
di Else circola a Messina, io vado avanti, facciamo un accordo di risanamento sempre
con Else, l’operazione la prendiamo io e Carlo Borrella e immediatamente mi
ritrovo a Milano, senza nessun preavviso, Ivan Soraci e Maurizio Romeo. Avevano
fatto atti di pedinamento credo, perché sapevano anche dove dormivo, in un
hotel in via Fabio Filli. Quindi si sono piombati nell’hotel, incontrano
Giuseppe Barbera e gli dicono: Chiama
Biagio e digli che ci sono amici che lo vogliono salutare. Io mi avvio verso
là e questi dice: Ah, qua hai
l’operazione e a noi non ci dai una lira. Al che dico: Ragazzi se l’operazione mi va bene troviamo un accordo, perché non è
che vi posso dare tutta quella somma, troviamo un accordo e vi liquido, così
chiudiamo sta partita perché non ce la faccio più. Mi hanno minacciato in
maniera violenta, siamo intorno a giugno 2011, ricordo una sera in via Vittor Pisani...
Mi hanno talmente violentato psicologicamente quasi al contatto fisico che dai
nervi scoppiai in lacrime dalla rabbia…”.
Da socio occulto a possibile estorto
Grasso
ricorda di essere stato raggiunto altre volte a Milano da Maurizio Romeo e Ivan
Soraci che reclamavano le somme da loro investite nell’operazione di Torrente Trapani;
alla fine, veramente avvilito per il
pressing, il costruttore cede. “Al che chiesi all’amministratore di ITC S.r.l.
che era una società satellite con cui avevamo fatto l’operazione, di emettere
150.000 euro di assegni tratti presso la Banca di Credito Cooperativo di
Landriano”, aggiunge il collaboratore. “La mia intenzione era: Ti do i 50-60 che hai messo, ti do un
acconto basta che non ti fai vedere più, poi se ne parla (…) Rilasciai
circa 30 assegni per un totale di 150.000 euro. Io firmai gli assegni in bianco
e li consegnai a Maurizio Romeo e Ivan Soraci. Loro poi li intestarono a Fabio
Lo Turco, il quale a sua volta li girò a soggetti o società tutte riconducibili
a Enzo Romeo, tra cui Giovanni Marano, Giuseppe Spampianto, un tale Nunnari ed
un tale Parlagreco, somme tutte oggetto della vicenda giudiziaria a Milano. Romeo
era in parte destinatario finale della somma insieme ad Ivan Soraci, al quale verosimilmente
saranno andati circa 40.000 euro”. In un successivo interrogatorio (12 febbraio
2018), Biagio Grasso ha specificato che relativamente all’investimento fatto da
Vincenzo Romeo nell’operazione di Torrente Trapani, quest’ultimo avrebbe
versato in contanti, in un paio di mesi, la somma di 100.000/150.000 euro, “per
consentire l’acquisizione, da parte della società Solea, della Se.Gi. S.r.l. di
Cassiano”.
“Questa
è la prima estorsione grave che io ricevo, anche perché poi il Soraci mi dice: Queste somme considerale solamente per il
disturbo, quelle del capitale rimangono sempre quelle e là ho capito che
ero completamente in trappola”, conclude Grasso. “L’ultimo episodio che ci
riguarda è avvenuto nel 2015, quando il Soraci mi ha chiesto il saldo di
40/50.000 euro per la fuoriuscita dall’operazione di Torrente Trapani, sebbene
lui non avesse mai investito denaro, posto che soltanto io e Vincenzo Romeo
abbiamo finanziato l’operazione. Proprio per sollecitarmi il pagamento di
queste somme si inventò un giro di false fatturazioni emessa da una società di
Catania, riconducibile ad Antonio Consolo, operante nella fornitura di impianti
elettrici. Il Soraci con questo Consolo ha fatto anche degli investimenti a
Malta, con denaro proveniente dalle attività mie e di Vincenzo Romeo, ove è
stato aperto un bar nel quale ha anche lavorato Fabio Lo Turco per conto di
Soraci…”.
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