Gli incomprensibili silenzi del collaboratore di giustizia Santo Gullo al processo contro il giornalista Mazzeo
Tribunale di Messina, giovedì 15 novembre. Ennesima
udienza del processo che mi vede imputato per il reato di cui agli artt. 81 e 595 comma 3 (diffamazione
a mezzo stampa) a seguito di una querela presentata nell’agosto 2012 dall’allora
amministrazione comunale di Falcone per l’inchiesta da me pubblicata sul
periodico I Siciliani giovani (n. 7
luglio-agosto 2012), dal titolo “Falcone comune di mafia fra Tindari e
Barcellona Pozzo di Gotto”. Mentre l’odierna amministrazione ha deciso di non
costituirsi parte civile “poiché in parte ritiene di condividere il pensiero
espresso dal Sig. Mazzeo”, l’ex sindaco Santi Cirella ha ritenuto insistere nel
procedimento nei miei confronti a titolo personale, affidando la propria
costituzione all’avvocata Rosa Ellena Alizzi, la stessa a cui l’amministrazione
da lui diretta aveva affidato sei anni fa la querela nei miei confronti,
affiancandole per tutto il dibattimento il fratello avv. Gaetano Cirella.
Nella mia lunga inchiesta venivano
descritte alcune vicende che avevano interessato la vita politica, sociale,
economica ed amministrativa della piccola cittadina della costa tirrenica del
messinese (speculazioni immobiliari dalle devastanti conseguenze ambientali e
paesaggistiche; lavori di somma urgenza post alluvione del 2008, ecc.) nonché
le origini e le dinamiche evolutive delle organizzazioni criminali presenti nel
territorio, organicamente legate alle potenti cosche mafiose di Barcellona
Pozzo di Gotto.
Nonostante il 7 febbraio
2013 il Pubblico ministero del Tribunale di Patti Francesca Bonanzinga avesse
depositato una richiesta di archiviazione nei miei confronti affermando che “la
critica mossa dal giornalista non si risolve in un attacco sterile e offensivo
nei confronti del denunciante ma in una amara riflessione sulla storia del
Comune di Falcone, ove, il denunciante viene menzionato solo perché facente
parte della gestione dell’Amministrazione Comunale”, l’avvocata Alizzi per
conto del Comune presentò opposizione al decreto di archiviazione. L’8 luglio 2015,
il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Patti, dott.ssa Ines
Rigoli, decideva di rigettare la richiesta di archiviazione e ordinava al Pm di
formulare l’imputazione a mio carico. Quattordici giorni dopo la Procura di Patti
disponeva il rinvio a giudizio e dopo il trasferimento del fascicolo al
Tribunale di Messina competente territorialmente, il 7 aprile 2017 prendeva il
via il processo dal sapore sempre più kafkiano.
Ma andiamo all’ultima
udienza di giovedì scorso, quando è stato chiamato a deporre come teste della
difesa il collaboratore di giustizia Santo Gullo, già a capo
dell’organizzazione criminale mafiosa operante nel territorio di Falcone
congiuntamente all’allevatore Salvatore Calcò Labruzzo (entrambi condannati con
sentenza passata in giudicato per gravissimi reati: omicidi, associazione
mafiosa, estorsioni, ecc.). Il mio legale, l’avvocato Carmelo Picciotto, aveva
richiesto la deposizione del Gullo per riferire su quanto di sua conoscenza relativamente
al ruolo apicale del boss (oggi al 41bis) Calcò Labruzzo; su una eventuale
partecipazione diretta di quest’ultimo alla campagna elettorale per le
amministrative del maggio 2011 e su eventuali attività di condizionamento da
part del gruppo criminale nella vita politica, economica ed amministrativa del
Comune di Falcone (temi questi al centro della mia inchiesta giornalistica).
Il collaboratore di
giustizia, assistito dal legale di fiducia avv. Valentino Gullino del Foro di
Messina, ha esordito confermando le dichiarazioni rese contro l’allevatore
falconese, specificando che lo stesso, alla vigilia delle elezioni
amministrative, gli aveva chiesto di sostenere elettoralmente la propria nipote
Maria Calcò Labruzzo, candidata con la lista sostenitrice dell’avvocato Santi
Cirella e risultata poi la prima degli eletti in consiglio comunale. Santo
Gullo ha però aggiunto che anche l’allora candidato della lista di opposizione
ingegnere Carmelo Paratore (oggi sindaco del Comune di Falcone) si era rivolto
a lui per il voto, dichiarazione questa che non ci risulta essere mai stata
verbalizzata in passato dal collaboratore. Senza che nessuna delle parti in
aula facesse esplicite domande in merito, lo stesso Santo Gullo ha aggiunto che
“prima delle dichiarazioni rese come collaboratore di giustizia, Salvatore
Calcò Labruzzo era persona incensurata”, ripetendo cioè uno dei ritornelli ripetuti
più volte nel corso del dibattimento dal querelante e dalla sua legale (“prima
del suo arresto con il procedimento antimafia Gotha nel giugno 2011, nessuno a Falcone era a conoscenza del ruolo
criminale del Calcò Labruzzo”). In verità, l’allevatore era tutt’altro che
“incensurato” o ignoto alle cronache giudiziarie. Salvatore Calcò Labruzzo risulta
aver riportato una condanna nel 2001 dal Tribunale di Messina, con sentenza n.
301/01 RS, per pascolo abusivo (art. 636 c.p.); lo stesso è stato nuovamente
condannato nel 2008 per danneggiamento e pascolo abusivo ed altri reati di
analogo tenore. Gli inquirenti specificano pure che lo stesso “annovera diversi
precedenti per truffa ai danni dell’AIMA, commessi nel 1999”.
Ma non è questo che ha
destato il mio stupore e la mia indignazione, ma invece l’atteggiamento assunto
dall’avvocato Valentino Gullino che alle ripetute domande dell’avv. Carmelo
Picciotto su eventuali conoscenze del collaboratore con tali Roberto Ravidà,
Antonio Fugazzotto, Pietro Bottiglieri e Sebastiano Sofia (ex funzionari
comunali, amministratori e imprenditori citati nella mia inchiesta su I Siciliani giovani), ha stoppato le
risposte del proprio assistito opponendo il “segreto istruttorio” in quanto a
suo dire, le dichiarazioni rese ai magistrati da Santo Gullo sui personaggi in
questione “erano sottoposte a omissis”. Ciò concretamente ha impedito nei fatti
che il teste riferisse alcunché.
Quanto dichiarato in sede
processuale dal legale non ci risulta essere vero. Santo Gullo ha riferito in
più procedimenti penali (Gotha 1, innanzitutto)
numerosi particolari riguardanti i personaggi sopra citati (alcuni riportati perfino
dagli organi di stampa) e dalle dichiarazioni è scaturito un processo contro
uno di essi, l’allora tecnico comunale di Mazzarrà
Sant’Andrea e Oliveri, Roberto Ravidà. Il 30 marzo 2015, al processo stralcio Gotha 3, svoltosi presso il Tribunale di
Barcellona Pozzo di Gotto, lo stesso Ravidà è stato condannato
a 7 anni di reclusione, pena ridotta a 5 anni al processo d’appello conclusosi
sempre a Barcellona lo scorso 29 ottobre 2018. Come riporta il
giornalista Leonardo Orlando del quotidiano Gazzetta
del Sud nell’articolo pubblicato dopo la sentenza in appello, “secondo il racconto fatto dai pentiti Melo Bisognano e
Santo Gullo, già dal 2000 e per l’intero decennio successivo, il geometra
Roberto Ravidà, stringendo un vincolo con il Gotha della mafia di Barcellona e in particolare con Salvatore Sem
Di Salvo, questo grazie all’intermediazione dello stesso ex boss Carmelo
Bisognano, avrebbe garantito l’aggiudicazione degli appalti pubblici ad imprese
vicine alla mafia di Barcellona o direttamente riconducibili allo stesso Sem Di
Salvo. Lo stesso tecnico, più volte indagato e sempre scampato alle azioni
giudiziarie, avrebbe indicato alla stessa famiglia mafiosa dei Barcellonesi le imprese da sottoporre ad
azioni estorsive o comunque da avvicinare per assoggettarle al sistema delle
tangenti, ottenendo in cambio benefici economici con elargizioni dirette di
denaro”.
Ancora più
sconcertante il fatto che proprio sui personaggi su cui l’avvocato
Picciotto aveva chiesto di riferire esiste un lungo verbale riassuntivo di interrogatorio, reso proprio dal collaboratore di
giustizia Santo Gullo alla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della
Repubblica di Messina (pubblici ministeri i dottori Vito Di Giorgio e Angelo
Vittorio Cavallo) in data 28 settembre 2011 (procedimento N. 2853/2011 R.G.
mod. 44 DDA), verbale che sarebbe stato acquisito invece (integralmente e senza omissis) al fascicolo processuale Gotha 1 - Pozzo 2 (proc. 8319/10 R.G.N.R.).
Buona
parte di questo interrogatorio è dedicato agli illeciti commessi da Roberto
Ravidà. In
particolare a pag. 7 del verbale viene riportata una dichiarazione del Gullo
relativa all’interesse del gruppo di Salvatore Calcò Labruzzo per le attività
del tecnico comunale: “I rapporti tra Roberto Ravidà e Sam Di Salvo si sono via
via intensificati a partire del ’99 e fino al 2003, epoca dell’arresto del Di
Salvo. I rapporti tra i due si intensificarono talmente tanto che, così come mi
disse Salvatore Calcò Labruzzo all’incirca nel 2002 – 2003, le ditte estranee a
Sam Di Salvo e a lui non riconducibili non riuscivano più ad ottenere alcun
lavoro in quelle zone (…) Io e Calcò Labruzzo Salvatore parlavamo spesso del
ruolo di Roberto Ravidà ed anche lui sapeva quale era il sistema che Ravidà
utilizzava per ottenere i lavori”.
Faccio presente che proprio nella mia inchiesta
giornalistica sul comune di Falcone, riportavo una dichiarazione resa al
processo Vivaio da un altro
collaboratore di giustizia, l’ex boss Carmelo Bisognano: “Per pilotare alcune
gare, si avvicinavano alcuni funzionari pubblici, come i capi degli uffici
tecnici di Falcone, tale Fugazzotto e di Mazzarrà Sant’Andrea, geometra Roberto
Ravidà”. Aggiungevo poi che “sempre relativamente ad Antonio Fugazzotto,
responsabile dell’ufficio tecnico di Falcone dalla seconda metà degli anni ’70,
Bisognano ricorda di averlo raggiunto in ufficio, intorno al 2000, per
discutere dell’appalto dei lavori di canalizzazione delle acque (…) Dopo una
prima fase di attrito col sindaco Cirella in cui venne esautorato con la nomina
a responsabile di un tecnico esterno, dopo la tragica alluvione che colpì
Falcone nel 2008, il geometra Fugazzotto è tornato a fare da regista degli
interventi che le imprese hanno messo in opera durante e dopo l’emergenza
alluvionale”. Ebbene proprio nel verbale sottoscritto da Santo Gullo il 28
settembre 2011, ci sono alcuni passaggi riferiti proprio al tecnico comunale di
Falcone (pagg. 8 e seguenti). “Fugazzotto Antonio è più riservato di Ravidà, ma
anche lui frequentava personalmente soggetti quali Sam Di Salvo e Carmelo
Mastroeni sempre per vicende relative ad appalti pilotati. Un altro esempio
riguarda l’appalto per la realizzazione del mercato dei fiori di Falcone. I
lavori furono appaltati in favore della ditta Grillo, vicina al Di Salvo, e
furono realizzati intorno al 2005-2006, anche se credo sono rimasti incompiuti
(…) Ribadisco che Roberto Ravidà e Antonio Fugazzotto hanno favorito varie
ditte in occasione dell’aggiudicazione di appalti pubblici nei Comuni di loro
competenza; a partire del 1999 tanto il Ravidà quanto il Fugazzotto hanno via
via fatto fuori le ditte esterne non
riconducibili a quelle del Di Salvo. In definitiva, dunque, questo sistema ha
favorito l’organizzazione barcellonese, permettendo di lavorare alle ditte
vicine o comunque riconducibili al Di Salvo. Come ho già detto, questo sistema
fece sì che con il trascorrere del tempo le ditte non ricollegabili al Di Salvo
iniziarono a lamentarsi in quanto rimanevano sistematicamente fuori dall’aggiudicazione
dei lavori. Ciò si è protratto fino al 2003, e cioè sino all’arresto di Di
Salvo, ed anzi non escludo che fu proprio qualcuno dei titolari di queste ditte
esterne estranee al Di Salvo a fare scoppiare
Omega. Come ho già detto, questo sistema cui partecipavano il Ravidà, il
Fugazzotto ed il Di Salvo finì per scontentare anche me e Salvatore Calcò
Labruzzo quali referenti immediati della zona, in quanto dovevamo astenerci dal
sottoporre ad estorsione le ditte vicine
al Di Salvo, così come richiesto da quest’ultimo”.
A pag. 9 del verbale
d’interrogatorio, il collaboratore di giustizia torna a parlare di Fugazzotto.
“Conosco Fugazzotto Antonio, detto Toni, tecnico comunale di Falcone tuttora in
servizio. Non credo che sia a capo dell’ufficio tecnico di Falcone, almeno da
quando è in carica il sindaco Cirella, con il qual ha avuto dissapori; non so
essere più preciso in merito e non so se nell’ultimo periodo il Fugazzotto sia
tornato a dirigere quest’ufficio. Mi risulta anche che il Fugazzotto abbia
anche un ufficio privato. Fugazzotto ha svolto a Falcone le stesse funzioni che Ravidà ha svolto a Mazzarrà, nel senso che
anche costui ha manipolato le gare in cambio di denaro. Non ho parlato
direttamente di queste cose con il Fugazzotto, ma anche in questo caso ciò era
risaputo. Volendo fare qualche esempio, sono a conoscenza che in un’occasione,
all’incirca nel 1999-2000, la ditta di Sottile Sebastiano, di cui non ricordo
il nome, pagò trenta milioni al Fugazzotto per ottenere l’aggiudicazione di un
appalto a Falcone, credo avente ad oggetto la realizzazione di alcune case
popolari o di una scuola. Successivamente, questi lavori furono svolti da una
ditta vicina a Sam Di Salvo. In questo momento ricordo che il Fugazzotto
dapprima si fece pagare i trenta milioni dal Sottile per vincere quell’appalto,
e poi si fece consegnare un’altra somma dallo stesso Di Salvo, affinché egli
aggiudicasse l’appalto in favore di quest’ultimo. Il Sottile, una volta perso
l’appalto, si lamentò e pretese almeno la restituzione dei soldi da parte del
Fugazzotto, cosa che non avvenne nonostante l’intervento di alcuni ragazzi di
Mazzarrà. Ritengo che la vicenda finì lì, perché alla questione era interessato
lo stesso Di Salvo. Non ricordo se questa vicenda mi fu rapportata da uno di
questi ragazzi o da Salvatore Calcò Labruzzo. Mi risulta infine che Fugazzotto
Antonio abbia creato una società di fatto con Sofia Sebastiano. con il quale ha
in corso affari di varia natura….”. Proprio al costruttore Sebastiano Sofia e
al di lui figlio Giuseppe Sofia dedicavo alcuni passaggi della mia inchiesta
giornalistica, rilevando un potenziale conflitto d’interessi perché dopo le elezioni amministrative del 2011, il figlio veniva nominato
assessore comunale dal sindaco Santi Cirella, nonostante i lavori pubblici
ottenuti in passato dal padre.
Rilevante poi rilevare che durante
la sua deposizione al processo per diffamazione contro i cinque consiglieri
comunali d’opposizione in corso attualmente presso il Tribunale di Patti sempre
su querela dell’allora amministrazione Cirella, all’udienza del 20 febbraio
2017, l’ex assessore Giuseppe Sofia ha dichiarato testualmente di “aver
conosciuto il signor Salvatore Calcò Labruzzo in giro, durante la campagna
elettorale, durante i comizi, era presente…”. Lo stesso Sofia, rispondendo a
specifica domanda dell’avvocato Spagnolo, difensore di uno degli imputati (Lo vedeva spesso a Falcone?), ha
aggiunto: “No. Sinceramente non lo avevo… non lo conoscevo. Non lo avevo mai
visto. Io l’ho conosciuto in quella circostanza. L’ho conosciuto perché era lo
zio di una… di una nostra consigliere, della Calcò Labruzzo Maria…”.
Sempre nel corso dell’interrogatorio
del 29 settembre 2011 con i magistrati della DDA di Messina, a pag. 11 del
verbale, il collaboratore Gullo torna a soffermarsi sulla figura di Antonio
Fugazzotto. “Mi risulta che costui sia molto vicino a Pietro Bottiglieri,
soggetto che ha uno studio di consulenza del lavoro e che si occupa di affari
immobiliari insieme all’ex fratello Maresciallo della Finanza, alcuni dei quali
alle Isole ed altri a Falcone. Il Bottiglieri ha un referente politico alle sue spalle nel Comune di Falcone,
che comunque ignoro. Mi risulta che attualmente il Bottiglieri sta gestendo l’area industriale di
Falcone insieme al Dirigente della Camera di Commercio di Messina, Rocco Di
Giovanni, residente a Falcone. Non credo che il Bottiglieri ricopra cariche
politiche”.
In verità Pietro
Bottiglieri, già assessore di Santi Cirella durante la prima amministrazione, è
stato nominato vicesindaco nella seconda legislatura. E sempre al Bottiglieri
avevo dedicato un altro passaggio chiave della mia inchiesta giornalistica. “L’ultima sorpresa nel piccolo comune tirrenico sa di squadrette,
compassi, cappucci e grandi architetti dell’universo. L’odierno vicesindaco di
Falcone, Pietro Bottiglieri, è risultato appartenere infatti alla loggia
massonica “Ausonia” di Barcellona Pozzo di Gotto, sotto inchiesta dal 2009 per
presunta violazione della legge “Spadolini-Anselmi” che vieta la costituzione
di associazioni segrete (…) Pietro Bottiglieri, dopo aver prestato servizio
trentennale quale ragioniere del Comune di Falcone, ha espletato il ruolo di
esperto contabile nei Comuni di Terme Vigliatore e Furnari (entrambi poi
sciolti per infiltrazioni mafiose). Infine l’ingresso nella politica attiva,
prima da candidato a sindaco di Falcone nel 2006 e, dopo la sconfitta, da
assessore della prima giunta diretta da Cirella. Con le amministrative 2011,
Bottiglieri è divenuto il braccio destro del sindaco rieletto. Ciò nonostante
sia divenuta pubblica la deposizione di Santo Gullo su un intervento del
barcellonese Carmelo Messina, presunto affiliato al gruppo di Carmelo D’Amico,
per comporre un rapporto estorsivo che le cosche locali intendevano imporre
alla tabaccheria di proprietà dell’odierno amministratore. “Nel 1995 io ed il
Calcò Labruzzo abbiamo avvicinato Pietro Bottiglieri”, ha esordito Gullo. “Egli
temporeggiò e contattò tale Mida Nunzio, soggetto che si occupava di estorsioni
ed amico dei fratelli Ofria… Sem Di Salvo contattò Carmelo Messina e gli disse
di comunicare al Bottiglieri di pagare a me ed a Calcò Labruzzo, dal momento
che era sempre la stessa cosa”.
Insomma, se all’udienza di giovedì 15 novembre del
processo che mi vede imputato, non fosse stato impedito strumentalmente al
Gullo di rispondere alle domande dell’avv. Carmelo Picciotto, avremmo avuta
conferma della veridicità di quanto riportato nella mia inchiesta giornalista,
nel pieno rispetto delle mie prerogative di difesa e del diritto-dovere di
cronaca esercitato. Il collaboratore Santo Gullo avrebbe anche potuto riferire
(e confermare) quanto verbalizzato con i magistrati della DDA di Messina Vito
Di Giorgio e Angelo Vittorio Cavallo, sui lavori di somma urgenza che hanno
interessato Falcone dopo l’alluvione che colpì l’hinterland nel dicembre
2008 e sulle
modalità con cui il boss Salvatore Calcò Labruzzo si spese per sostenere la
candidatura in consiglio comunale della nipote Maria Calcò Labruzzo. “So
che ai lavori di somma urgenza resisi necessari a seguito delle alluvioni che
hanno interessato i Comuni di Furnari, Mazzarrà ed altri, si sono interessati i
mazzarroti, tra cui Salvatore Calcò Labruzzo e Ignazio Artino, ma non so altro”,
riferiva Santo Gullo il 28 settembre 2011 (pag. 13). “La nipote di Salvatore Calcò Labruzzo è stata eletta
al Comune di Falcone anche con i voti provenienti dalla sua famiglia. Salvatore
Calcò Labruzzo mi chiese di raccogliere voti per lei, ma in questo caso non
ricorremmo all’organizzazione, né ci avvalemmo di alcun mezzo illecito. Mi
risulta che il fratello, però, pretendesse di ottenere dei lavori nell’ambito
di tale Comune”, specificava il collaboratore a pag. 11.
Quanto avvenuto nel corso
dell’ultima kafkiana udienza del mio kafkiano processo credo possa meritare l’attenzione
da parte della Direzione Distrettuale Antimafia di Messina e del Servizio
Centrale di Protezione dei collaboratori di giustizia…
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