Operazione antimafia Beta 2. Mister I e quel veliero carico di coca

Una grossa partita di cocaina prodotta in Colombia; un veliero che solca l’oceano per raggiungere un porto sicuro del sud Italia; le ‘ndrine calabresi che si affidano a intermediari dalla faccia pulita d’oltre Stretto per cooptare gli esponenti di spicco dei clan di Barcellona Pozzo di Gotto. E’ quanto emerge da un inedito racconto del neocollaboratore di giustizia Biagio Grasso, il costruttore di origini milazzesi condannato a 6 anni e 4 mesi al primo troncone del processo Beta sulle attività economiche e criminali della famiglia Romeo-Santapaola di Messina. L’episodio su un ingente quantitativo di droga di provenienza sudamericana, giunta in Italia via mare nell’inverno 2009, è riportato nell’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali Beta 2 emessa il 19 ottobre 2018 dal GIP del Tribunale di Messina, nella parte riservata al presunto coinvolgimento nelle attività dei Romeo dell’imprenditore Ivan Soraci, sino ad oggi ignoto alle cronache giudiziarie peloritane. Arrestato con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, reinvestimento di capitali di provenienza illecita ed estorsione in concorso con l’amico-socio Maurizio Romeo, Ivan Soraci non deve rispondere del reato di traffico di stupefacenti, ma quanto è stato riferito da Biagio Grasso viene ritenuto comunque attendibile dal ROS dei Carabinieri.
“Ivan Soraci era soprannominato signor I per il suo tono nobiliare assunto negli ultimi periodi”, ha raccontato il collaboratore di giustizia. “Il Soraci iniziò come dipendente di Giuseppe Denaro, che, all’epoca, gestiva dei supermercati e successivamente divenne direttore di sala del bar Irrera. In questo periodo, si avvicinò alla famiglia Romeo, divenendo una faccia pulita da potere utilizzare come imprenditore (…) Egli aveva rapporti con soggetti coinvolti in vicende di droga, ed anche per tale ragione non era considerato uomo pienamente di fiducia dei Romeo, perché, per quanto a mia conoscenza, questi non erano interessati al mercato degli stupefacenti”.
Nel corso dell’interrogatorio dell’11 gennaio 2018, Biagio Grasso ha fornito alla Direzione Distrettuale Antimafia ulteriori particolari sulla figura del Soraci. “Rispetto a quanto da me dichiarato circa eventuali contatti che io ebbi con il pregiudicato barcellonese Carmelo D’Amico per questioni di droga, mi sono ricordato che in effetti tra la fine del 2008 e il gennaio 2009, Ivan Soraci insieme ad un tale Gianfranco detto il canazzo, soggetto di circa 40 anni amico di Fabio Lo Turco e che è stato arrestato per fatti di droga, mi proposero un affare riguardante una grossa partita di sostanza stupefacente del tipo cocaina proveniente dal Sudamerica ed imbarcata su un veliero di proprietà di un soggetto, credo romano, sulla sessantina con problemi di diabete, che avrebbe dovuto transitare presso un porto sicuro in Sicilia per essere poi successivamente smistata con destinazione finale e rivenduta in Calabria, precisamente nella zona di Rosarno. Ricordo questo particolare in quanto con il Soraci e con il Gianfranco si è discusso della non opportunità di far transitare il carico direttamente nel porto di Gioia Tauro, sia perché trattandosi di un porto commerciale la presenza di un veliero avrebbe potuto destare sospetti, sia in quanto il margine di guadagno per l’intermediazione da parte dei siciliani sarebbe stato sicuramente inferiore. I due mi chiesero quindi nel corso di più riunioni avvenute presso il bar Irrera di Messina di fare da punto di contatto con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata di Barcellona con i quali sapevano che io avevo rapporti, per garantire sia la copertura mafiosa del transito, sia la sicurezza dell’operazione stessa. Io mi rivolsi pertanto a Carmelo D’Amico che conoscevo come il reggente del clan di Barcellona e con il quale avevo rapporti di lavoro in quanto lui era dipendente della MAP S.r.l., società di calcestruzzi, della quale era proprietario di fatto e che era intestata alla figlia di Salvatore Puglisi detto imbroglietta. Il D’Amico mi disse che l’operazione non gli interessava, ritenendola molto pericolosa e non avendo sufficienti referenze dei soggetti che proponevano l’affare”.
“All’epoca avevo già rapporti con Vincenzo Romeo, ma non ritenni di proporre a lui l’affare, sia perché non eravamo ancora in confidenza e sia perché sapevo che era un settore che lui ufficialmente non trattava”, prosegue il racconto di Biagio Grasso. “Di questa operazione so che Maurizio Romeo era a conoscenza sebbene non partecipò alle varie riunioni. Io conobbi anche il soggetto proprietario del veliero di cui ho parlato prima e lo incontrai presso la sua abitazione di Venetico, non so se fosse in affitto, e lui era in condizione di salute precaria. Soraci e Gianfranco mi dissero che la merce era già stata pagata dal proprietario del veliero e la quantità complessiva era di circa 500 kg. Essa era stata pagata ad un prezzo che credo si aggirasse intorno ai 5.000 euro al Kg, mentre sarebbe stata rivenduta a 30.000 euro. Ovviamente era stato previsto un compenso per la mia intermediazione, anche se non è stato quantificato. Non so poi come Soraci e Gianfranco abbiano risolto la questione. Ritengo di aver perso affidabilità di fronte Gianfranco, del quale comunque non mi fidavo neanche io ed è per questo che non mi dissero nient’altro dell’esito dell’operazione. Il contatto con i colombiani l’aveva la persona di cui ho parlato prima, proprietaria del veliero. All’epoca delle trattative il veliero era in navigazione dal Sudamerica all’Europa ed esso sarebbe arrivato tra il febbraio e il marzo del 2009…”.
La richiesta di supportare l’affaire veliero-cocaina da parte delle cosche calabresi è stata confermata dall’ex boss barcellonese Carmelo D’Amico, oggi collaboratore di giustizia. “So che Biagio Grasso era vicino a personaggi della ‘ndrangheta ma non so dire con chi; ritengo che ciò dipenda dal fatto che egli abbia effettuato dei lavori in Calabria”, ha verbalizzato D’Amico nel corso di un interrogatorio risalente all’8 agosto 2014. “Poco prima del mio arresto, Grasso mi chiese se poteva fare scaricare ad esponenti della criminalità organizzata calabrese 500 chili di cocaina, chiedendomi se potevo mandargli alcuni uomini della mia organizzazione per guardare le spalle ai calabresi nel momento in cui avrebbero scaricato la droga. Risposi al Grasso che poteva fare quello che voleva ma che io non gli avrei dato nessuno”.
Nell’ordinanza di custodia cautelare relativa al procedimento antimafia Beta 2, si specifica che “a seguito delle indicazioni fornite da Biagio Grasso”, i Carabinieri del ROS di Messina “hanno potuto identificare il soggetto di nome Gianfranco che, unitamente al Soraci, aveva proposto la cessione di 500 kg di cocaina, in Giovanni Bonanno alias canazzo, più volte arrestato per violazione dell’art. 73 comma 1 DPR 309/1990, definito anche da fonti aperte fornitore di sostanza stupefacente dei salotti bene di Messina”. Gli inquirenti hanno altresì accertato che all’epoca dei fatti Ivan Soraci era dipendente della società a responsabilità limitata Irrera 1910, proprietaria dell’omonimo bar-pasticceria di Messina dove secondo il collaboratore Grasso si sarebbero tenuti alcuni degli incontri del gruppo interessato a coinvolgere i barcellonesi nelle operazioni di sbarco della coca proveniente dall’America latina.

Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 22 novembre 2018, http://www.stampalibera.it/2018/11/23/le-rivelazioni-del-pentito-biagio-grasso-mister-i-e-quel-veliero-carico-di-coca/ 

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