Biagio Grasso e Beta 2. Certe spericolate operazioni della borghesia messinese…
Contorte
triangolazioni societarie per occultare i proventi di un’estorsione ai danni
del costruttore amico e socio in spregiudicate operazioni immobiliari nella
città di Messina. E’ uno dei filoni più importanti dell’indagine Beta 2 che un mese fa ha condotto
all’emissione di un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali nei
confronti di 13 indagati che avrebbero operato illecitamente a favore della
famiglia mafiosa dei Romeo-Santapaola. Tre di essi in particolare, il presunto
reggente del gruppo criminale Vincenzo Romeo, il fratello Maurizio Romeo e
l’incensurato imprenditore della ristorazione Ivan Soraci, devono rispondere
del reato di associazione mafiosa ed estorsione “perché, in concorso tra loro,
al fine di recuperare dal costruttore Biagio Grasso ingenti somme di denaro da
loro asseritamente investite in operazioni immobiliari gestite dal Grasso, costringevano
quest’ultimo a cedere e contestualmente Giuseppe Denaro ad acquistare la quota
societaria del valore di 220.000 euro che la società Camel S.r.l.
(fittiziamente intestata a Nicola Biagio Grasso, padre di Biagio) deteneva
nella società P & F S.r.l.”.
Determinante
per ricostruire la vicenda avvenuta nel secondo semestre del 2011 è stato il
lungo e drammatico racconto fatto agli inquirenti peloritani dal costruttore di
origini milazzesi Biagio Grasso, divenuto collaboratore di giustizia dopo l’arresto
nell’ambito dell’inchiesta Beta 1.
“Ivan Soraci e Maurizio Romeo erano fratelli”, ha esordito Grasso. “Ritengo che
erano sempre rapporti, i loro, a dire di Soraci, esterni di business, d’affari
però, in questo caso, è stato lui a mettermi nelle condizioni in cui io sono
stato estorto di questa somma. Quest’altro fatto molto più grave è stato ideato
e messo a punto dal Soraci. Lui capisce e intuisce che mi aveva messo in una
questione psicologica di sottomissione. Ragion per cui che fa? Sapeva che io
avevo la partecipazione insieme al costruttore Giuseppe Puglisi e a Giuseppe Denaro
per un terreno a Villafranca che avevamo vinto all’asta e mi dice: Gli impegni si mantengono. Siamo uomini o
siamo caporali? Fai una cosa. C’è il terreno là, lo vendi.... Gli dico: Okay, vendilo, la mia quota vale un milione,
perché all’epoca valeva tantissimo quel terreno, è commerciale, metà glielo
avevamo venduto a Eurospin e l’altra metà, avendo un’attività commerciale
grossa là, aveva preso molto di valore. Dice: Sì, un milione, qua... là... Ora vedo. Che fa? Va dal suo
principale diciamo, dal suo capo, che è Giuseppe Denaro e gli dice: Ti devi comprare la quota di Grasso, perché
Grasso ha debiti con me. Al che mi chiama immediatamente Pippo Puglisi, con
cui siamo molto amici... Giuseppe Denaro all’epoca era il proprietario di
Irrera Bar. Il Soraci era direttore di Irrera. Giuseppe Puglisi è il figlio di
Gianni Puglisi, Puglisi Costruzioni. Lui è stato anche presidente di ANCE
Sicilia, insomma, un personaggio importante. E insieme a loro tre, io, che ero,
diciamo, lo specialista dei capannoni, avevamo fatto questa società e ci siamo
aggiudicati il terreno a Villafranca. Il Soraci lo sapeva perché era il dipendente
di Denaro, anche perché gli seguiva cose bancarie, gli seguiva le carte, quindi
sapeva tutte le situazioni, e obbliga in maniera, diciamo, pazzesca il Denaro a
comprarsi il terreno. Ragion per cui a me mi chiama un giorno Pippo Puglisi e
mi dice: Ti devo parlare urgente. Gli
ho detto: Che c’è?, perché io non
credevo che il Soraci riuscisse a trovare qualcuno che si compra un terzo di
una partecipazione con altri due terzi di calibro di due imprenditori grossi. Chi
lo fa? A meno che non siano in contatto. Dice: Vedi che mi ha chiamato Giuseppe Denaro perché Soraci gli dice che tu hai
dei debiti importanti con lui e quindi ti devi vendere il terreno. Gli ho
detto: Pippo ma cu si l’avi a cattari?,
dice: No, vedi che lo sta obbligando a
comprarselo. Ed io: Ma se Giuseppe
Denaro in quel momento aveva fatto un investimento… Non ha soldi, come fa? Mi
dice: Vedi che lo sta obbligando in
maniera pesante e credo che gli abbia fatto il nome, perché io avevo anche
i debiti con i Santapaola, no? Dopo di che il Denaro è costretto ad attivare un
mutuo presso la Banca Popolare dell’Emilia Romagna, all’epoca c’era, e penso
ancora ora, tale direttore che si chiamava Tonino,
un mutuo di 250.000 euro per acquistare la mia quota. Chiaramente il Denaro
prende due piccioni con una fava, perché riesce a prendere una quota di un
terreno che vale almeno il triplo a 250. Quindi, alla fine della fiera, sì,
viene estorto, ma fa anche il business. Perché attualmente Denaro lavora con
Nino Giordano”.
Raggiunto
l’accordo tra le parti, Biagio Grasso viene sottoposto nuovamente
all’incalzante pressing del Soraci e stavolta anche dei fratelli Romeo. “Quindi,
alla fine, mi chiamano e mi dicono: L’operazione
è chiusa, non ti puoi tirare indietro”, spiega il costruttore. “Al che
interviene anche Vincenzo Romeo, sempre però in maniera super educata, dicendo:
Ma noi abbiamo dei problemi. E da là
nasce il rapporto, gli ho detto: Guarda
Enzo, ma ti sembra corretto? Dico, con un investimento di X io devo pagare Y, ma
mi state facendo estorsione? Mi state facendo usura?, dice: No, però gli impegni sono questi, c’è
Soraci, c’è mio fratello, e gli impegni vanno mantenuti. Fatto sta che
dalla banca di Giuseppe Denaro, attraverso un debito presunto, e là entra in
ballo Fabio Lo Turco, una bravissima persona e si è trovato, anche lui, incastrato
in questa rete di ragni che poi non riesci ad uscire più, gli chiedono di
fargli la cortesia di creare… tipo che avevamo un debito, in modo tale che
questi soldi andavano a Lo Turco, perché gli ho detto: Io soldi contanti non ne esco, ve lo potete levare dalla testa, ma
perché volevo pure che domani almeno mi rimangono traccia. Quindi si crea
questo debito fittizio fra me, la mia società, che all’epoca era amministrata
da mio padre, che non sapeva completamente niente con quella vicenda. Lui, poveraccio,
veniva e firmava, e quindi mi beccano altri 250.000 euro”.
“Fabio
Lo Turco mi è stato presentato da Ivan Soraci nel 2010 ed è il soggetto che è
stato utilizzato quale intestatario fittizio delle società Solea, Brick e Green
Life”, aggiunge Biagio Grasso in un successivo interrogatorio con i Pm della
Direzione Distrettuale Antimafia di Messina. “Per tale ruolo Lo Turco percepiva
uno stipendio mensile, pari a circa 1.500 euro, corrisposti da me o da Vincenzo
Romeo (…) Altra operazione nella quale Fabio Lo Turco è stato utilizzato dalla
famiglia Romeo come prestanome è quella riguardante la cessione delle quote
della P & F S.r.l., possedute in quota dalla Carmel S.r.l., a favore di Giuseppe
Denaro, per un importo di 240.000 euro;
la società era titolare di un terreno nella zona di Villafranca Tirrena, area
ex Pirelli. Io avevo deciso di vendere le mie quote societarie per restituire a
Romeo una ulteriore parte delle somme da lui investite nell’operazione Torrente
Trapani. Presi accordi con il Denaro, il quale si mostrò disponibile ad
acquistare le quote, anche se successivamente aveva cambiato idea per mancanza
di liquidità. Quando Maurizio Romeo ed Ivan Soraci seppero che il Denaro non avrebbe
acquistato le quote e temendo quindi di perdere la possibilità di rientrare
nell’investimento fatto, costrinsero il Denaro all’acquisto, minacciandolo
pesantemente, sfruttando la forza di intimidazione che nasceva dall’appartenenza
dei Romeo alla famiglia mafiosa omonima. Denaro quindi accese un mutuo presso
la Banca di Crotone, filiale di Messina, via Tommaso Cannizzaro angolo via la
Farina, per l’importo di 240.000 euro, che venne interamente versato a Fabio Lo
Turco, sulla base di un debito inesistente tra Lo Turco e la Carmel. Tale
stratagemma contabile venne architettato dal dott. Benedetto Panarello…”.
Il
12 febbraio 2018, Biagio Grasso verbalizzava ulteriori particolari sulla
vicenda estorsiva di cui sarebbe stato vittima da parte della famiglia
Romeo-Santapaola. “Preciso che i fatti relativi al terreno di Villafranca risalgono
agli anni 2011/2012, per quel che ricordo più nel 2011 perché era il periodo
per cui io mi trovavo a Milano”, ha dichiarato il collaboratore. “Successivamente
alla vicenda di Torrente Trapani, Ivan Soraci pretendeva da me il pagamento di
somme di denaro che a suo dire era quanto gli spettava dall’investimento che
Vincenzo Romeo e Maurizio Romeo avevano fatto insieme a me nell’operazione Se.Gi.
S.r.l. e che egli pretendeva in quanto si riteneva l’anello di congiunzione tra
me e Romeo, come per altro riconosciuto da questi ultimi. Il Soraci insieme a
Vincenzo e Maurizio Romeo mi hanno obbligato in particolare a cedere la quota
societaria che la Carmel S.r.l. deteneva all’interno della P & F, al fine
di recuperare una parte di quanto preteso. Furono gli stessi Soraci e Romeo a
dirmi di vendere la quota a Giuseppe Denaro, anch’egli socio della P & F (…)
Visto che il Soraci non aveva fiducia in me, tramite un artificio contabile
ideato dal dott. Benedetto Panarello è stato creato un debito fittizio tra la
Carmel e Fabio Lo Turco, facendo così modo che il denaro versato da Giuseppe Denaro
non transitasse sui conti della Carmel ma arrivasse direttamente sul conto di Fabio
Lo Turco, come detto prestanome dei Romeo. A garanzia del mutuo acceso dal
Denaro, anche gli altri soci della P & F: Giuseppe Puglisi ed il fratello
del Denaro che si chiama Filippo ed anche l’altro fratello di nome Antonino,
hanno dovuto sottoscrivere a garanzia un’ipoteca sul terreno di proprietà della
società. Per quanto mi consta le pressioni esercitate da Maurizio Romeo e Ivan Soraci
nei confronti di Giuseppe Denaro sono di certo a conoscenza di Giuseppe Puglisi
il quale si confrontò più volte con me, lamentandosi delle persone con le quali
ero venuto in contatto e dell’atteggiamento assunto nei confronti di Giuseppe Denaro.
Non so se il denaro sia transitato direttamente dal conto corrente di Giuseppe Denaro
a quello di Fabio Lo Turco o se le somme siano siate versate a mezzo di assegni
circolari. Lo Turco successivamente ha girato il denaro ai Romeo ed a Soraci
tramite carte prepagate o in contanti. Del fatto che Giuseppe Denaro sia stato
costretto ad acquistare la quota, lo so in quanto me lo riferì sia lo stesso Denaro,
che Ivan Soraci, che Giuseppe Puglisi. L’operazione era in astratto conveniente
per Giuseppe Denaro perché il valore di mercato della quota era pari
approssimativamente al triplo del prezzo di cessione che io fui obbligato ad accettare
e ciò anche in considerazione delle capacità edificatorie di questo terreno ed
in confronto alle caratteristiche del terreno che era stato oggetto di una
precedente vendita dalla società P & F S.r.l. alla Eurospin. Ribadisco però
che Giuseppe Denaro non acquistò la mia quota per fare un affare, lo fece solo
perché pressato da Ivan Soraci e Maurizio Romeo, tanto è vero che mi risulta
che il Denaro ebbe difficoltà nel pagamento del mutuo e la procedura di riscossione
andò in incaglio. Per quanto mi consta fino al mio arresto infatti il terreno
non è stato oggetto di sfruttamento commerciale. I soldi versati da Giuseppe Denaro
a Lo Turco a fronte di questa cessione, furono poi trasferiti a Maurizio Romeo,
Vincenzo Romeo e Ivan Soraci, e ciò mi risulta perché fu lo stesso Lo Turco a
darmene conferma in quanto si lamentava delle ripetute sollecitazioni che
subiva da costoro per ricevere queste somme”.
“Più
o meno nello stesso arco temporale, Soraci spalleggiato dai Romeo riuscì ad estorcere
la somma di circa 80.000 euro in nero, a suo dire spettantegli quale buonuscita
per le attività da lui prestate in favore dei Denaro; sia di queste ultime
pressioni che di quelle operate per la cessione societaria, cui ho fatto riferimento,
è a conoscenza anche un tale Renato che lavorava con Soraci nel Bar Irrera”,
riferisce Grasso. “Per questa specifica vicenda concernente la cessione della quota
societaria, i contatti con Benedetto Panarello sono stati tenuti da Fabio Lo
Turco. Non so se il Panarello fosse a conoscenza delle ragioni sottostanti”.
Per
gli inquirenti peloritani la ricostruzione della vicenda da parte del
costruttore Grasso è puntuale, precisa e pienamente attendibile. “L’episodio risulta ricostruito
documentalmente in ogni suo passaggio e del resto vi è la piena conferma anche
del Denaro”, scrive il Gip del Tribunale di Messina, Salvatore Mastroeni. “Risulta
che il Grasso è stato costretto ai versamenti indicati ed è evidente che i due
esecutori materiali dell’estorsione si sono avvalsi del forte metus determinato
dall’associazione, tale da costituire minacce pregnante e priva di possibilità
di sottrarsi. Emergerà più avanti una violenza delle pressioni subite da
portare il Grasso al pianto. La eterogeneità della nuova compagine associativa,
dove da meri soggetti violenti si passa a grossi imprenditori, e l’ovvia
mancanza di amicizia sostanziale nei rapporti associativi, ben giustifica
ipotesi in cui un associato, responsabile di una perdita o comunque debitore,
possa essere estorto da altri associati e fondatamente temerli. Il vincolo
associativo non è infatti basato su regole cavalleresche ma su interessi e tra
soggetti che comunque vivono ed accettano l’illecito e come nei casi estremi
anche degli associati possono essere uccisi, per sgarbi ed errori, a maggior
ragione possono, pur continuando il vincolo, essere estorti. E’ che rispetto ai
capi e ai più violenti il rapporto non è alla pari né garantito, ma basato solo
su interessi comuni e quando gli stessi sono convergenti…”.
Nel
corso delle indagini è stata accertata la farraginosa triangolazione del denaro
estorto e l’articolata procedura di compravendita delle quote societarie “alla
quale sarebbe stato costretto Giuseppe Denaro”. In particolare è documentato che
l’immobile di 31.132 mq di Villafranca Tirrena, di proprietà della P & F
S.r.l., sino al 31 ottobre 2005 era nella titolarità della società Messina Sviluppo
S.p.A. Consortile; il 13 febbraio 2009 venne acquistato dalla società di
Puglisi, Grasso e dei Denaro; mentre il 26 luglio 2010 una particella venne
venduta a Eurospin Sicilia S.p.A. con sede a Catania. “I soggetti indicati dal
collaboratore sono stati identificati in: Giuseppe Denaro, ex amministratore
della Irrera 1910 S.r.l dal 24 ottobre 2011 al 17 giugno 2014, ex
amministratore dell’Antica Pasticceria Irrera S.r.l., ex amministratore della Carmel
S.r.l., amministratore e socio unico della GDH S.r.l.; Giuseppe Puglisi, ex
amministratore della Carmel S.r.l., ex amministratore della B & P S.r.l. ove
è socio al 50% con Biagio Grasso (quest’ultimo amministratore unico)”, annotano
gli inquirenti. Giuseppe Denaro è stato pure amministratore delegato dal maggio
1999 al marzo 2003 della Grasso Filippo & Figli S.r.l. (società
operante nella vendita al dettaglio di articoli di profumi, dichiarata fallita
nel maggio 2012); lo stesso ricopre attualmente la carica di amministratore unico
della Sviluppo Commerciale Rometta S.r.l.. Giuseppe “Pippo” Puglisi è stato invece
pure presidente del consiglio di amministrazione di Italsilicon S.r.l. con sede
a Brugherio, Monza (dal 9 marzo 2006 al 23 maggio 2007), società cancellata il
20 luglio 2007 ma che da accertamento del ROS dei Carabinieri risulta essere stata acquisita da
Biagio Grasso nel marzo 2006. Dal giugno 2004 all’agosto 2010 Puglisi è
stato anche consigliere d’amministrazione di Irrera 1910 S.r.l., la società di
gestione bar e pasticceria di proprietà al 98% della GDH di Giuseppe Denaro.
Nell’ordinanza
di custodia cautelare Beta 2 viene
pure ricostruita dettagliatamente l’evoluzione societaria della P & F
S.r.l.. “Amministratore unico Giuseppe Puglisi, costituzione 23 marzo 2004, data
inizio attività 10 settembre 2008, oggetto: costruzione di edifici residenziali
e non residenziali; capitale sociale euro 35.000. Attuale situazione societaria:
11% Società Gestioni Immobiliari S.r.l. - 33% GPA S.r.l. - 55% GDH S.r.l.. Analizzando
le quote della P & F S.r.l. si rileva che in data 18 marzo 2007 risulta
registrata all’Agenzia delle Entrate, una scrittura privata con la quale
Giuseppe Denaro, titolare della GPA S.r.l., e Vincenza Gangemi, procuratore
speciale della Filder Holding S.r.l., cedevano la prima società alla LG Costruzioni
S.r.l. di Biagio Grasso con il passaggio di una quota pari ad euro 1.650 della
società P & F S.r.l., mentre con una seconda cessione la Filder Holding
cedeva le proprie quote a: LG Costruzioni, alla So.Gestim. ed a Giuseppe Denaro.
Si osserva che la Società Gestioni Immobiliari era amministrata da Antonino
Denaro, fratello di Giuseppe. Alla luce di queste cessioni, la P & F S.r.l.
veniva così suddivisa: 33,50% GPA; 33% LG Costruzioni, rappresentata da Biagio
Grasso; 11% So.Gest.Im.; 11% Giuseppe Denaro. Il 14 ottobre 2009 nel
corso dell’assemblea straordinaria della P & F, alla presenza di tutti i
soci veniva deliberato l’abbattimento del capitale sociale a copertura delle
perdite e la ricostruzione del capitale ad euro 10.000 con versamenti
effettuati dai soci per euro 23.690,66. In relazione all’ultimo punto, Vincenza
Gangemi, in rappresentanza della Filder Holding, Giuseppe Denaro e Biagio Grasso
della L.G. Costruzioni, dichiaravano di non volere sottoscrivere il capitale
sociale deliberato e, non avendo più interesse alla partecipazione nella
società, di rinunciare a qualunque diritto di prelazione spettategli. A questo
punto, la Gestioni Immobiliari S.p.A., rappresentata da Antonino Denaro e la società
GPA, rappresentata da Giuseppe Puglisi, sottoscrivevano il capitale sociale e
ripianavano le perdite. Il presidente faceva presente che le quote sociali interamente
versate erano queste: GPA (7.000 euro); So.Gest.Imm. (3.000). Si deliberava,
inoltre, di aumentare il capitale sociale da 10.000 a 35.000 euro. Presenti le
società GDH S.r.l. e la Carmel S.r.l. entrambe rappresentate da Giuseppe Denaro.
AI termine dell’assemblea il presidente dichiarava che il capitale sociale è
così suddiviso: GDH quota pari a euro 7.875; So.Gest. 3.850; GPA 11.725 e Carmel
11.550”. Un’ulteriore cessione di quote della P & F veniva registrata il 6
luglio 2011: in particolare, la Carmel, rappresentata dall’amministratore unico
Biagio Nicola Grasso, padre del collaboratore Biagio Grasso e titolare del 33%
del capitale sociale, cedeva a Fabio Lo Turco l’intera quota corrispondente a 11.550
euro. “La presente operazione si effettua per il convenuto prezzo di 220.000
euro, somma che le parti dichiarano essere stata corrisposta dall’acquirente
mediante estinzione del credito da esso vantato nei confronti della cedente a seguito
di precedente operazione commerciale”, riportava il contratto di cessione delle
quote. Dulcis in fundo, il 17 novembre 2011 Fabio Lo Turco cedeva la propria
quota del 33% della P & F. S.r.l. alla GDH per il prezzo di 220.000 euro,
con il consenso di Giuseppe Denaro. “Il pagamento sarebbe così avvenuto: 10.000
euro con assegno su Banca Popolare intestato alla parte cedente; 20.000 con
assegno sulla Banca Popolare del Mezzogiorno ed i restanti 190.000 entro 20
giorni con assegni circolari non trasferibili; il predetto accordo viene
siglato da Giuseppe Denaro, Giuseppe Puglisi, Antonio Denaro e Fabio Lo Turco”,
annotano gli inquirenti. Gli estratti conto intestati a Lo Turco, acquisiti nel
corso delle indagini presso la Banca Popolare del Mezzogiorno, forniscono
ulteriori conferme di quanto dichiarato da Biagio Grasso. In particolare, il
conto corrente aperto il 28 settembre 2011 faceva registrare due versamenti con
assegno per 30.000 euro (30 settembre e 2 novembre 2011); un bonifico da parte
della GDH S.r.l. di Giuseppe Denaro per 180.000 euro (10 novembre 2011). In
meno di due mesi il conto però veniva prosciugato dopo i ripetuti prelievi per
varie somme da parte di Fabio Lo Turco. Il 31 dicembre 2011, nonostante l’incasso
di 210.000 euro, il conto presentava un saldo di soli 1.130 euro.
Gli
inquirenti sono riusciti anche a dare un’identità al Tanino direttore della Banca Popolare del Mezzogiorno (oggi BPER -
Banca Popolare Emilia Romagna S.p.A.), citato dal collaboratore Grasso. Si
tratta di Gaetano Piccolo, poi sentito il 24 aprile 2018 a sommarie
informazioni dal Pubblico ministero. “Ricordo che nell’anno 2010 la GDH S.r.l.,
tramite l’amministratore dell’epoca Giuseppe Denaro, richiese un mutuo
ipotecario per l’ammontare di 220.000 euro, erogato il 30 settembre 2011”, ha
dichiarato il bancario. “Inizialmente era stato disposto un piano di
ammortamento in 24 mesi; successivamente a richiesta dell’amministratore della
GDH venne rimodulato in 134 mesi con scadenza 30 novembre 2023. La società P
& F si vede garante con l’iscrizione di un’ipoteca su due particelle di un
terreno sito nel comune di Villafranca. Per un certo periodo le rate del mutuo
vennero saldate regolarmente. Alla data del 13 aprile 2017 vi era ancora un
debito di 133.798,26 euro, sorte capitale 81 rate mancanti. Pertanto abbiamo
provveduto a contattare telefonicamente che formalmente tramite raccomandata
l’amministratore Denaro e la società GDH, al fine di chiedere la
regolarizzazione delle rate non pagate. Regolarizzazione non avvenuta pertanto
l’intera posizione è stata ceduta all’Ufficio legale per il recupero del
credito. Quest’anno è stato chiesto il pignoramento degli immobili posti a
garanzia. Ricordo che per l’erogazione del mutuo, dal momento della richiesta
alla disponibilità delle somme e la contrattualizzazione passarono circa 30
giorni. Sono a conoscenza che le somme erano destinate per avere della
liquidità. Il denaro venne trasferito al conto corrente della richiedente GDH
S.r.l.”.
I
magistrati peloritani hanno sentito a sommarie informazioni pure gli
imprenditori Giuseppe Puglisi, Antonino Denaro e Giuseppe Denaro. “La società
P. & F. fu creata dal sottoscritto e da Filippo Denaro, l’acronimo stava ad
indicare Pippo e Filippo”, ha spiegato Puglisi. “La società ha sempre avuto
sede a Messina e con essa abbiamo cercato di fare degli investimenti
immobiliari, in particolare acquistammo un terreno che si trova a Villafranca
Tirrena sul quale in parte era stato redatto un progetto per finalità
commerciali di cui una parte ceduto ad una società del settore alimentare, la Eurospin.
L’altra metà del terreno è rimasta alla società. Ad un certo punto oltre a
Filippo Denaro, credo che questi abbia ceduto una quota sociale ai fratelli
Nino e Giuseppe, che parteciparono con delle società, forse la GDH e la SoGestim.
Se non vado errato entrò nella società in un certo periodo Biagio Grasso
attraverso la Carmel. Credo di averlo presentato io alla famiglia Denaro. In
quel periodo fu lo stesso Biagio Grasso a chiedermi di partecipare ad un
investimento, a noi tornava utile inserire un socio nella P & F. Cedemmo
infatti un terzo della società. In un periodo Biagio Grasso propose la vendita
a noi soci delle sue quote, io non ero nelle condizioni finanziarie per
partecipare all’acquisto e se non ricordo male trovarono un accordo con
Giuseppe Denaro. In particolare per l’acquisto la GDH chiese un finanziamento
alla Banca dell’Emilia Romagna. Per l’accesso al finanziamento venne messa una
ipoteca sul terreno che era rimasto in capo alla P & F. Io rimasi sorpreso
che la banca oltre alle garanzie date dalla GDH di Giuseppe Denaro avesse
richiesto anche l’ipoteca sul terreno. Lo appresi solo alla stipula dell’atto...”.
Nel
corso della sua deposizione, Giuseppe Puglisi si è soffermato pure sulla figura
di Soraci. “Sì, lo conosco, Ivan Soraci lavorava presso il bar Irrera ed era
dipendente di Denaro, ove anche io ero socio di capitali senza alcuna
responsabilità gestionale o di rappresentanza”, ha riferito il costruttore. “Non
ho però mai avuto rapporti con Soraci. Credo che Biagio Grasso ed il Soraci si
conobbero al bar Irrera, ma non so se questi aveva degli interessi
imprenditoriali tra i due. Non conosco la famiglia Romeo e non ho mai avuto
rapporti con loro e pertanto non sono a conoscenza dei rapporti tra Biagio Grasso
ed i Romeo, né con soggetti legati alla criminalità organizzata. Posso
aggiungere di essere rimasto sorpreso degli arresti avvenuti che hanno riguardato
Grasso”.
Antonino
Denaro, amministratore
e socio unico della Società Gestioni Immobiliari (So.Gest.Im) ha invece dichiarato di ignorare le vicende relative
al passaggio delle quote sociali della P & F S.r.l.. “Ricordo di avere
fatto parte della società, in particolare fui contattato da uno dei miei
fratelli per coinvolgermi in un investimento immobiliare, non ricordo quando. Partecipai
all’investimento versando una quota, circa il 10%. Non seguii comunque gli
eventi della società. Oltre naturalmente ai miei fratelli, faceva parte della
società anche Giuseppe Puglisi, amico di famiglia. Non conosco Biagio Grasso e
non so se il predetto facesse parte della società sopra riferita, preciso
infatti che l’investimento da me fatto era seguito da mio fratello Giuseppe. Non
conosco Fabio Lo Turco, mentre invece conosco Ivan Soraci ma non ho alcuna
frequentazione con quest’ultimo. In particolare lo vedevo al bar Irrera della
mia famiglia…”.
Un
contributo più significativo per ricostruire i fatti è stato fornito ai giudici
dal fratello Giuseppe Denaro. “Inizialmente la società P & F S.r.l. era
composta dall’ing. Giuseppe Puglisi e da mio fratello Filippo”, ha verbalizzato
il noto imprenditore. “In occasione dell’opportunità di acquistare un terreno a
Villafranca fu modificata la compagine societaria con gli attori che avrebbero
dovuto partecipare all’investimento immobiliare. Inizialmente venne fatto uno
scambio di quote. Fu ricomposta questa società ed entrai io, come persona
fisica, mio fratello Nino, l’ing. Puglisi già precedentemente all’interno, la
società di Biagio Grasso e la Filder Holding S.r.l. facente capo a mio fratello
Filippo, già presente. In occasione di un’assemblea straordinaria la compagine
societaria cambiò: rimase Puglisi, io subentrai invece come rappresentante
legale della GDH, rimase la So.Gestim. facente capo a mio fratello Antonino e
poi la Carmel. Mio fratello Filippo con la Filder decise di non partecipare più
all’attività. Uscì in tale occasione la LG Costruzioni e subentrò la Carmel.
Quest’ultima società venne costituita anche da me e poi poco dopo vennero
cedute tutte le quote a Biagio Grasso, si trattava di una scatola vuota.
Ricordo che in tale occasione dal notaio conobbi anche la signora Simona Ganassi
Agger. Non ricordo perché venne creata la Carmel, la ditta doveva essere messa
in liquidazione ed in quell’occasione Grasso disse che doveva costituirne una
nuova e pertanto acquisì le quote consentendo di evitare la messa in
liquidazione della società con i relativi costi. Io mi dimisi da amministratore
e se non sbaglio fu nominato in assemblea il padre di Grasso. Tornando alla P
& F, riuscimmo a portare avanti una parte dell’operazione immobiliare
vendendo all’incirca la metà del terreno alla società Eurospin, credo per circa
un milione di euro. In tale maniera riuscimmo a coprire le posizioni debitorie
aperte in precedenza l’acquisto del terreno di Villafranca. Il terreno della P
& F rimasto ancora invenduto ha un indice di edificabilità molto superiore
rispetto a quello ceduto, con una superficie coperta di circa il doppio. Successivamente
io aumentai la mia partecipazione all’interno della P & F acquistando le
quote che erano della Carmel, ma che intanto erano state acquisite da Fabio Lo
Turco”.
“Ricordo
che venne da me Ivan Soraci, il quale mi presentò Lo Turco, questi mi disse che
avrebbe acquistato le quote della P. & F. riferibili alla Carmel di Biagio Grasso
ma non voleva partecipare all’operazione imprenditoriale, ma era finalizzato a rivendere
le quote per risolvere delle pendenze che Lo Turco aveva con Biagio Grasso”, ha
aggiunto Denaro. “Preciso che in tale occasione non ho avvicinato il Grasso,
nemmeno chiamandolo per telefono, in quanto non avevo interesse a sapere quali
fossero i rapporti tra i due. Voglio aggiungere che Ivan Soraci era stato mio
dipendente presso l’Irrera. Il predetto si era dimesso, non ricordo il periodo
se prima o dopo tale situazione sopra descritta. In quell’occasione ricordo che
cercai qualcuno che potesse acquistare le quote di Lo Turco. Parlai con Francesco
Arcovito, tuttavia quest’ultimo declinò l’invito di partecipare all’affare.
Pensai pertanto di acquistare io la quota di Lo Turco con l’obiettivo di
acquisire la maggioranza assoluta della società, chiedendo in banca un
finanziamento. Ricordo che la Popolare del Mezzogiorno mi diede un
finanziamento ponte, anche perché ero convinto di sistemare la situazione nell’arco
di due anni. Tuttavia non andò così in quanto tutto rimase congelato e la
situazione debitoria rimase incagliata. Se non ricordo male la quota da me acquistata
da Grasso era di circa 220/230 mila euro (…) Il pagamento dell’acquisto della
quota di Lo Turco lo feci forse con dei bonifici, attraverso più tranche, su un
conto corrente che il Lo Turco aveva aperto nella stessa filiale….”. Prima di
concludere la sua deposizione davanti ai magistrati della DDA di Messina,
Giuseppe Denaro ha affermato di aver conosciuto “uno solo” dei fratelli Romeo. “Lo
conobbi perché lo incrociai nel locale di Ivan Soraci di via Tommaso
Cannizzaro, ove occasionalmente facevo la spesa. Ricordo che quando uscì la
foto sul giornale io riconobbi il soggetto, ma non so indicare il nome…”.
“La partecipazione
associativa dei due indagati, Ivan Soraci e Maurizio Romeo, e l’estorsione
risultano provate con gravi indizi, dichiarativi e documentali”, conclude il
Gip de Tribunale di Messina nell’ordinanza Beta
2. “Che entrambi i soggetti operino per Vincenzo Romeo e per l’associazione
e che siano partecipi di essa emerge da tutti i loro comportamenti e rapporti…”.
Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 24 novembre 2018, http://www.stampalibera.it/2018/11/24/linchiesta-biagio-grasso-e-beta-2-la-borghesia-messinese-e-certe-spericolate-operazioni/
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