L’Angola fa incetta di armi italiane
Affari
multimilionari in Angola per la holding militare-industriale Finmeccanica. Il
governo presieduto da José Eduardo Dos Santos ha sottoscritto un accordo con il
gruppo italiano leader nella produzione bellica per il valore complessivo di 212,3
milioni di euro. Nello specifico, la società di elettronica Selex ES fornirà al
Centro nazionale di sicurezza marittima stazioni radar e sistemi di comunicazioni
che saranno installati lungo l’intera costa angolana (115 milioni); la
controllata Agusta Westland fornirà alla Marina militare sei elicotteri (90
milioni), mentre l’azienda Whitehead Sistemi Subacquei consegnerà diversi siluri
antinave A-244S per equipaggiare i motosiluranti angolani (7,3 milioni). Il
contratto prevede anche l’assistenza e l’addestramento dei militari angolani da
parte di personale specializzato Finmeccanica. L’acquisizione dei sistemi
d’arma italiani è prevista nell’ambito del Programma di sviluppo della forza
navale (Pro-Naval) varato dal governo
angolano per modernizzare e potenziare entro il 2017 gli assetti bellici e
tecnologici e le capacità di pronto intervento della Marina militare.
Secondo
quanto riportato dall’agenzia di stampa portoghese Lusa, il presidente Dos Santos avrebbe firmato i contratti alla
vigilia di Natale, anche se l’accordo con Finmeccanica sarebbe stato raggiunto
l’8 luglio 2015 in occasione della sua visita ufficiale in Italia. A Roma, José
Eduardo Dos Santos era stato ricevuto dal premier Matteo Renzi, dalle autorità
militari e dagli amministratori delegati delle maggiori aziende italiane, primi
fra tutti Claudio Descalzi (ENI) e Mauro Moretti (Finmeccanica). “La
cooperazione del nostro gruppo con le autorità angolane si baserà sul
trasferimento di tecnologia in diverse aree avanzate e specialmente nella
formazione del personale qualificato di questo paese, sia in Italia che in
Angola, ed è finalizzato a rinnovare la flotta angolana, sia nel campo della
difesa che in quello petrolifero e dell’estrazione del gas”, dichiarò Moretti
ai giornalisti angolani che accompagnavano Dos Santos.
La
cooperazione militare tra Italia e Angola prese il via nel 1977 subito dolo la
dichiarazione d’indipendenza del paese dal Portogallo, con la firma di un
Memorandum che stabiliva la costituzione di una “commissione bilaterale”
composta da rappresentanti delle rispettive forze armate, poi denominata Joint Cooperation Committee. A
rafforzare le relazioni politico-militari e la partnership tra le autorità di
Luanda e il complesso militare-industriale italiano, contribuì particolarmente
il vertice di Roma nel luglio 2013 tra l’allora ministro della Difesa, Mario Mauro e una delegazione ministeriale
angolana guidata dal Segretario di Stato alla Difesa per le risorse materiali e
infrastrutture, Salviano De Jesus Sequeira. La visita in Italia dei
rappresentanti della Repubblica di Angola si concluse con un incontro con i
manager di alcune tra le più note fabbriche d’armi italiane (AgustaWestland,
Fincantieri, Iveco, ecc.). “È nostro interesse allargare l’acquisizione di
varie tecnologie moderne per sopperire l’esigenza di monitorare meglio coste e
confini territoriali, al fine di combattere l’immigrazione clandestina e il
traffico di droga”, spiegò il portavoce della delegazione angolana. Il 19
novembre 2013, sempre il ministro Mauro e il Capo di stato maggiore ammiraglio
Luigi Binelli Mantelli ospitarono a Roma il
responsabile del dicastero della difesa angolano Cândido Pereira dos Santos
Van-Dúnem. “L’incontro ha consentito di valutare possibili forme di
collaborazione nel settore della formazione del personale”, riportò una nota
del ministero italiano. “L’ammiraglio Binelli ha confermato la disponibilità a
supportare con l’esperienza militare italiana la riconfigurazione delle Forze
Armate dell’Angola. I due ministri della difesa hanno inoltre firmato un accordo di cooperazione che prevede scambi di
informazioni, addestramenti congiunti, formazione di soldati angolani nelle
accademie italiane”. Sempre a novembre, si tenne a Luanda la prima Fiera angolana dell’Industria e della Difesa,
a cui partecipano numerose le industrie di morte italiane.
Dal
15 al 19 febbraio 2014. nel porto della capitale angolana fecero bella mostra
di sé tre unità del 30° Gruppo navale (la portaerei Cavour, la nave rifornitrice
“Etna” e la fregata “Bergamini”), impegnate nel lungo tour promozionale in
Africa e in Asia dell’industria bellica italiana, denominato Sistema paese in movimento. Evento clou
della sosta in Angola delle unità italiane, l’esibizione sul ponte volo della “Cavour”
del
soprano Felicia Bongiovanni. “Il
17 febbraio il soprano ha cantato davanti ad oltre 600
invitati, tra cui dieci Ministri di Stato del governo angolano”, riportano
le cronache di quei giorni. Tra i presenti al concerto anche una delegazione
del ministero della Difesa italiano ed i
rappresentanti delle più importanti imprese nazionali del settore meccanico,
siderurgico e tecnologico, quali Ansaldo, Finmeccanica e Fincantieri. “Luanda vuole formare i suoi ufficiali nelle
accademie e scuole militari italiane e punta ad acquistare unità navali
d’altura per proteggere le piattaforme off-shore (che sfruttano giacimenti di
petrolio valutati 7 miliardi di barili), blindati e mezzi terrestri, aerei
d’addestramento e un sistema di controllo integrato delle frontiere simile a
quello venduto alla Libia”, scriveva in quei giorni il periodico specializzato Analisi Difesa. “Un giro d’affari
potenzialmente multi miliardario che coinvolgerebbe Fincantieri, Selex ES, Oto
Melara, MBDA, Alenia Aermacchi e molte altre aziende italiane”. Per firmare l’accordo
di cooperazione militare con le autorità angolane, il 16 febbraio era atteso il
ministro Mario Mauro, ma dopo le improvvise dimissioni del presidente del
consiglio Enrico Letta, fu annullato il suo arrivo a Luanda. La défaillance del
governo fu comunque ben compensata dai vertici delle forze armate e delle
industrie di guerra italiane. Il Segretario generale della Difesa e direttore
nazionale degli armamenti, generale Enzo Stefanini e il Capo di stato maggiore
della Marina, ammiraglio Giuseppe De Giorgi, firmarono infatti il Protocollo tecnico per l’esecuzione
dell’accordo bilaterale siglato in Italia nel novembre 2013, mentre i leader
militari angolani furono ospitati sulla “Cavour” per assistere ad alcune attività
addestrative in mare. “Sicurezza marittima, con particolare riguardo
all’antipirateria, procedure di abbordo in mare e nozioni di base sulla difesa
da ordigni esplosivi improvvisati, sono stati gli argomenti trattati”,
riporta una nota del Comando della Marina militare italiana. Sulla portaerei si
tenne infine un seminario a favore di
partner industriali e militari di entrambi i paesi. “L’Angola è un paese strategico dal punto di vista della sicurezza
marittima dell’Oceano Atlantico”, spiegò l’ammiraglio De Giorgi. “Il nostro obiettivo
è sviluppare con questa Nazione una collaborazione di lungo periodo nei settori
della difesa, della sicurezza e dello sviluppo tecnologico”.
Il 21 luglio 2014 fu il
premier Matteo Renzi a recarsi a Luanda per incontrare il presidente Josè
Eduardo Dos Santos. “L’Angola è oggi il terzo partner commerciale sub-sahariano
dell’Italia: nel 2013 il valore dell’interscambio è stato pari a 891 milioni di
euro, con 348 milioni di nostre esportazioni”, precisò la Farnesina. “In Angola
la presenza italiana è caratterizzata dall’ENI nel settore dell’energia, da
Inalca-Cremonini per l’agroalimentare, da Grimaldi e Snav per i trasporti. E in Angola, Sace ha annunciato l’apertura di due
linee di credito: da 164 milioni di euro per il completamento dei lavori di
costruzione dell’autostrada Luanda-Soyo affidati all’italiana Cmc Ravenna e di
500 milioni di dollari riservata a Sonangol, società petrolifera angolana, per
l’acquisto di merci o servizi italiani”. Ancora una volta però furono gli
affari d’armi a stimolare maggiormente gli appetiti italici. Ad accompagnare il
presidente del consiglio in Angola, oltre al sottosegretario dello
Sviluppo economico Carlo Calenda (ex
assistente di Confindustria e neo rappresentante diplomatico dell’Italia a
Bruxelles) e agli amministratori delegati di ENI e Cremonini, c’era infatti
l’Ad di Finmeccanica, Mauro Moretti. “In Angola stiamo discutendo
sull’appalto di elicotteri di uso civile e militare con la candidatura
dell’Italia a sostituire l’intera flotta angolana, oltre al controllo dei
territori attraverso sofisticati sistemi come droni e satelliti”, dichiarò
Moretti prima di rientrare in Italia.
Il
28 novembre 2014 si tenne a Roma un vertice tra i ministri della difesa Roberta
Pinotti e Manuel Gonçalves Lourenço. Anche in quell’occasione il ministero
emise una lunga nota sui temi trattati durante il meeting bilaterale.
“Lo scorso anno, Italia e Angola hanno siglato un Accordo Quadro che
prevede, tra le altre, iniziative nell’ambito della formazione,
addestramento e sicurezza marittima”, spiegò l’addetto stampa della Difesa. “L’Angola
da tempo guarda con interesse alle capacità della Difesa italiana. Nel corso
della recente visita in Italia del Direttore del Servizio Sanitario delle Forze
armate angolane, ad esempio, sono stati definiti i settori per la futura
collaborazione nel campo del bio‐contenimento
(addestramento per la decontaminazione NRBC e prevenzione del contagio da virus
ebola), della medicina aeronautica e della telemedicina”. Dieci mesi dopo fu
Roberta Pinotti a recarsi in visita in
Angola per incontrare il Presidente José Eduardo Dos Santos, il collega
Gonçalves Lourenço e il ministro degli Esteri, Georges Chikoti. “Porto i saluti
del Presidente della Repubblica, Sergio
Mattarella, disponibile a visitare l’Angola nel più breve tempo
possibile”, esordì Pinotti al gala ufficiale. “L’Italia è una nazione con una grande tradizione nel settore della
marina militare e ci piacerebbe focalizzarci con l’Angola su questo comparto. Ma
siamo qui anche per discutere di lotta al terrorismo, sicurezza del
mare e della collaborazione nel settore dell’addestramento e della formazione
con iniziative a favore delle forze armate angolane avviate sin dal 2013 negli
Istituti e Enti della difesa italiani”.
L’ultima
tappa del percorso di consolidamento della partnership politico-militare-industriale
italo-angolana risale all’8 ottobre dello scorso anno, quando a Luanda si tenne
la Conferenza internazionale sulla sicurezza marittima ed energetica (CISME), organizzata su iniziativa di Angola, Stati Uniti e Italia, e a cui partecipano
delegazioni provenienti da 54 paesi insieme
ad alcune organizzazioni regionali e internazionali che si occupano di
sicurezza marittima ed esplorazione energetica. “L’obiettivo dell’incontro è coordinare
le strategie e la condivisione delle informazioni al fine di rendere i mari più sicuri per lo
sviluppo delle attività economiche”, dichiarò il sottosegretario di Stato alla Difesa,
On. Gioacchino Alfano. “È essenziale
anticipare, impedire e saper
eventualmente gestire qualsiasi evento o situazione di criticità che si possa
trasformare in una minaccia o addirittura in un attacco all’integrità
nazionale, alla sovranità e/o agli interessi vitali delle nostre Nazioni, non
escludendo da ciò anche i rischi generati da migrazioni di massa, pandemie,
terrorismo e criminalità”.
All’export di armi e apparati
tecnologici alle forze armate angolane avrebbero offerto la propria
collaborazione anche alcuni dei più potenti boss di Cosa nostra. Dopo l’arresto
a Bangkok, il 31 marzo 2012, di don Vito Roberto Palazzolo, ritenuto dalla
procura di Palermo come uno dei principali cassieri della mafia internazionale,
trapelò che in un interrogatorio Francescomaria Tuccillo (responsabile di
Finmeccanica per l’Africa sub-sahariana sino al 2011), aveva riferito che il Palazzolo
avrebbe partecipato sotto falso nome al forum Italia-Angola, organizzato il 7 e
l’8 settembre 2009 a Luanda. Il Palazzolo, sempre secondo il teste, si sarebbe presentato
come “uomo d’affari” e “collaboratore”, tra l’altro, dell’azienda di elicotteri
AgustaWestland. In un’intervista al sito Lettera43.it, un altro dirigente del gruppo Finmeccanica la cui identità è stata
mantenuta coperta, confermò qualche tempo dopo la partecipazione di don Vito
Palazzolo alla convention di Luanda. “Mi fu presentato da un collega, dicendo
che si trattava di una persona di fiducia, che aveva già lavorato con alcune
aziende del gruppo tra le quali Agusta”, raccontò il manager. Da quanto sin’ora
emerso nelle indagini, la persona di contatto tra la holding italiana e il boss
siciliano sarebbe stato Patrick Chabrat, già vicepresidente di Agusta Westland
e poi responsabile di Finmeccanica per l’Africa sub-sahariana.
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