L’eco-incompatibilità dell’assessore ingegnere del Comune di Messina


Porti, porticcioli a approdi di buon vento; alberghi a quattro stelle e luxury resort; infrastrutture da ricchi e per ricchi, viva il turismo esclusivo ed escludente. Lo studio di progettazione della famiglia De Cola di Messina, quella che annovera l’ingegnere Sergio tra gli assessori della giunta comunale con sindaco Renato Accorinti (delega all’urbanistica, alla protezione civile e ai lavori pubblici), sembra prediligere le opere funzionali alla nautica o al turismo residenziale d’élite, megacampi da golf compresi. Nell’area della Riserva naturale orientata della Laguna di Capo Peloro, compresa tra i due laghi di Ganzirri e Punta Faro e sino ad oggi scampata allo stupro del Ponte e delle opere connesse, lo Studio De Cola Associati sogna di realizzare un piccolo parco delle meraviglie con il Pilone ex Enel che proietta sullo Stretto fasci di luce multicolori, spiagge super attrezzate semipubbliche e private, ristoranti e hotel, un centro congressi e sale espositive, musei e autoparcheggi, strutture didattiche per gli sport acquatici.

Forse il sogno nel cassetto, vecchio di quasi mezzo secolo è però quello di insediare nel lago Faro un porto turistico per 1.000 imbarcazioni, un vero e proprio polo nautico protetto dai venti e dalle maree, costo poco meno di 2 milioni e mezzo di euro ai prezzi del 1971, progetto bloccato in extremis dagli ambientalisti ma che la famiglia De Cola dichiara essere stato approvato con relativa “concessione rilasciata per 99 anni”. In alternativa, male che andasse da qui a 50 anni, c’è bello e pronto uno studio per localizzare un porto turistico gemello nella Riviera ionica di Messina, studio finanziato dal Comune e successivamente approvato con un costo stimato – nel 1983 - di 16 milioni e mezzo di euro.

In verità la lista a firma De Cola degli approdi e degli yachting club - progettati, auspicati o alla fine realizzati - è molto lunga e assortita. Si va da una struttura a servizio della nautica da diporto che la MYD Building Srl (società della galassia ex Aicon del discusso industriale della cantieristica Lino Siclari) ha chiesto di realizzare nel comune tirrenico di San Pier Niceto; all’approdo per 110 imbarcazioni realizzato a Capo d’Orlando per conto dell’Associazione sportiva motonautica e velica del Tirreno; agli studi di una darsena privata ad Alì Terme e di un porto turistico per 200 posti barca nell’incantevole baia di Capo Mulini (Acireale), committente la C.E.A.P. S.p.A. di Catania, quella dei fratelli Costanzo dell’apocalisse mafiosa (Giuseppe Fava) che a Messina si pregia aver realizzato buona parte del brutto complesso ospedaliero Papardo. Legami d’amicizia e professionali più che consolidati quelli dei fratelli-ingeneri Bruno e Sergio de Cola con il patron di Confindustria Messina, Ivo Blandina: su commissione della Comet S.r.l., azienda di cui quest’ultimo è titolare, lo Studio De Cola ha progettato l’approdo turistico “Marina del Nettuno” che sorge di fronte la centralissima Passeggiata a mare di Messina e l’omonimo approdo per 140 imbarcazioni a Milazzo; ha eseguito i progetti preliminari per una darsena per il diporto nautico a Villa San Giovanni (Rc), un porticciolo per 250 imbarcazioni nella baia di Taormina, un approdo per 190 imbarcazioni a Santa Marina Salina e un porto turistico a Canneto (isola di Lipari) per 260 posti. Sempre a Canneto, la De Cola Associati ha progettato per la “Marina di Lipari S.p.A.” un porto turistico per 300 imbarcazioni con opere infrastrutturali stimate in non meno di 12 milioni di euro, mentre ancora a Lipari, località Marina Corta, è pronto un progetto per una darsena, già approvato in conferenza dei servizi, costo stimato 5 milioni e 700 mila euro, committente la “Marina d’Arechi S.p.A.” di Salerno. Per quest’ultima società, i fratelli De Cola hanno collaborato alla stesura del progetto che ha consentito di creare a Salerno un megaporto turistico in uno specchio d’acqua di 340 mila mq, con più di 1.000 posti barca e attrezzature di supporto a terra su un’area di 21.000 mq (importo delle opere, 38 milioni e 200 mila euro).

Quell’Ecomostro che ingoiò le spiagge dell’agrigentino

L’opera certamente meno ecosostenibile dal punto di vista ambientale e paesaggistico e alla cui realizzazione ha collaborato lo Studio De Cola è comunque il Verdura International Golf & Resort di Sciacca, Agrigento, di proprietà della Sir Rocco Forte & Family (Roma) S.p.A., inaugurato il 15 luglio 2009. Si tratta di un complesso turistico-ricettivo extra-lusso con 200 camere e 50 suite per 500 posti letto con vista sul mare, sei piscine, campi da tennis, centro benessere, centro congressi per 250 persone, anfiteatro e ristorante sulla spiaggia (privata), strutture di servizio, due campi da golf con 18 buche ed un campo a 9 buche (120 ettari in tutto). Uno dei più terribili ecomostri mai realizzati in Sicilia, con 112 mila metri cubi di edifici all’interno di un’area di 230 ettari di terreno, già vincolata come SIC - Sito di Importanza Comunitaria.

Nel curriculum studi e prestazioni della famiglia De Cola si annoverano ben cinque interventi propedeutici all’insediamento e alla costruzione del Verdura Golf & Resort di Sciacca: il progetto preliminare e definitivo per la Protezione e ripascimento di un tratto di costa in prossimità del Fiume Verdura (anno 2002); il progetto preliminare e definitivo di sistemazione della costa di Sciacca nell’ambito del progetto per il complesso turistico alberghiero, importo dei lavori 2.500.000 euro (2004); il progetto esecutivo per la stabilizzazione dei pendii in frana e per la difesa della costa tra la Torre Macauda e il Fiume Verdura, importo dei lavori 2.266.171 euro (2006); la Variante al progetto esecutivo per la stabilizzazione dei pendii in frana e per la difesa della costa tra la Torre Macauda e il Fiume Verdura, importo 2.868.591 euro (2008); il progetto esecutivo di ripascimento di un tratto di costa a Sciacca, importo 219.822 euro (2008). I primi due incarichi sono stati affidati ai De Cola direttamente dalla Sir Rocco Forte & Family S.p.A. congiuntamente alla Intertecno S.p.A., società responsabile della progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, dell’assistenza in fase di appalto e della direzione lavori dell’ecomostro di Sciacca. Committente degli altri quattro interventi dello Studio De Cola, la Sviluppo Italia Engineering S.p.A., società a capitale pubblico co-finanziatrice del Verdura Golf & Resort. Per una controllata di Sviluppo Italia, Italia Navigando S.p.A., attiva nella promozione e realizzazione di una rete di porti turistici e infrastrutture per la nautica da diporto, la De Cola Associati ha eseguito pure gli studi per il potenziamento e la razionalizzazione del sistema portuale delle Isole Eolie e nel Lago di Garda e il progetto preliminare del nuovo porto per 130 posti barca a Castelletto di Brenzone, sempre sul Lago di Garda.

Fondata nel 1973, Intertecno S.p.A. è una delle più affermate società di ingegneria italiane; ha sede principale a Milano, filiali a Roma, Tripoli (Libia), Teheran (Iran), Polonia e Ungheria e dal gennaio dello scorso anno è stata acquisita dal gruppo internazionale Artelia pur mantenendo tra i propri azionisti e manager i professionisti fondatori (l’architetto  Pier Paolo Vecchi, gli ingegneri Paolo Zuccala, Giuseppe e Domenico Baudill, Alberto Romeo, Enrico Bonetti). Oltre al megaresidence di Sciacca, Intertecno vanta un portafoglio lavori di tutto rispetto: grandi hotel e centri commerciali nelle principali metropoli europee, porti, porticcioli e yachting club (molti in Costa Smeralda), hangar aeroportuali, complessi universitari e ospedalieri, numerosi “centri regionali” del World Food Program (WFM), la base logistica civile-militare a Gibuti in Corno d’Africa. Con lo Studio De Cola, Intertecno S.p.A. ha pure collaborato nella redazione del progetto di concorso per un nuovo insediamento integrato urbano-universitario di Bertalia Lazzaretto a Bologna, importo stimato dei lavori 69.721.681 euro (2001); del progetto di gara per l’affidamento della progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva del Dipartimento Biologico - Torre Biologica presso il C. U. di S. Sofia in Catania, committente l’Università degli Studi, importo dei lavori 25.822.845 euro (2001); il progetto preliminare e project management di ristrutturazione dell’immobile Di Dono – Pirelli, sede del Fund for Agricoltural Development (IFAD) a Roma, importo stimato dei lavori 31.000.000 di euro (2004). In Algeria, invece, Intertecno Milano e Studio De Cola Messina hanno cooperato nella redazione del progetto vincitore di concorso per la realizzazione del  C.H.U - Centro Ospedaliero Universitario, committente la Direction du logement ed des equipements publics de la Wilaya de Tlemcen, importo stimato 310 milioni di euro (2010) e nella programmazione e assistenza alla progettazione per la costruzione dell’Ospedale centrale nazionale di 224 posti letto e un edificio per la degenza esterna, committente la Direction Generale de la Surete Nationale, importo 71.296.440 euro (2013). Per la cronaca, a quasi tutti questi progetti Intertecno-De Cola ha contribuito pure l’architetto romano Pier Paolo Balbo di Vinadio, partner dei fratelli Bruno e Sergio De Cola nella redazione dei progetti di “recupero urbano” di Capo Peloro.

Una delle più grandi speculazioni fondiarie della Sicilia

Meritano essere riportate alla memoria alcune delle vicende che hanno condotto all’edificazione del grande Ecomostro di Sicilia, contro cui hanno lottato - inutilmente purtroppo - studiosi e ambientalisti, prima fra tutti Legambiente Sicilia che al Verdura International Golf & Resort di Sciacca ha riservato ben 52 esposti all’autorità giudiziaria. Il tutto iniziò nel 2002 quando l’allora viceministro dell’Economia Gianfranco Micciché (coordinatore siciliano, allora come adesso, di Forza Italia-Berlusconi), presentò con Sviluppo Italia S.p.A. (al tempo società a totale partecipazione dello stesso ministero dell’Economia) il cosiddetto programma per lo sviluppo turistico nel Mezzogiorno, destinando 770 milioni di euro alle regioni del Sud Italia, in particolare la Sicilia a cui furono riservati ben 236 milioni per due interventi, uno dei quali era appunto il Luxury Resort del gruppo Rocco Forte. All’imponente esborso di denaro pubblico a favore di uno dei maggiori gruppi internazionali del turismo d’élite contribuì prontamente anche la Regione Siciliana, presidente al tempo l’on. Salvatore “Totò” Cuffaro, con tutta una serie di discutibili agevolazioni finanziarie e normative. La corsa ai campi da golf in Sicilia è dipesa dal fatto che in questa regione la costruzione di questi impianti gode di particolari facilitazioni finanziarie”, scrivono Tiziano Granata, Vincenza Ferrara e Salvatore Granata dell’Ufficio Ambiente & Legalità di Legambiente Sicilia, estensori di un rapporto su Campi da golf, cemento, truffe ed ecomafia. “Nella tabella speciale del bando 2003 della legge 488/92 della Regione Sicilia per il settore turistico, pubblicato con D. M. 22 sett. 2004, agli alberghi a 4 e 5 stelle con annesso campo da golf e/o centri di benessere, è stato riservato, assieme ai porti turistici, il punteggio più elevato, e anche nella tabella ordinaria i campi da golf hanno un trattamento di favore. A volte essi godono addirittura di finanziamenti speciali a fondo perduto, predisposti per l’occasione attraverso Sviluppo Italia e la stessa Regione. E poiché la costa del Verdura è in forte erosione e interessata da frane, la Regione Siciliana ha contribuito con 2,9 milioni di euro per realizzare frangiflutti e ampliare artificialmente le spiagge, affidando la realizzazione delle opere niente meno che a Sviluppo Italia, un’agenzia di promozione”. Quando poi gli ambientalisti riescono per quasi un anno, tra il 2006 e il 2007 a ottenere il blocco dei lavori del complesso alberghiero, la stessa Regione Siciliana riesce ad inventarsi una legge ad hoc, la n. 11 del 29 ottobre 2008 (Interventi in favore dello svolgimento dell’attività sportiva connessa all’esercizio del golf), che, modificando il testo della legge regionale n. 78 del 1976, autorizza i campi da golf “entro i 150 metri dal mare”.

“Il Verdura International Golf Resort di Sciacca è una delle più grandi speculazioni fondiarie mai viste in Sicilia: i percorsi golfistici nascondono molto spesso operazioni immobiliari speculative, collegate alla enormi strutture ricettive annesse e sono state realizzate in zone agricole trasformate in edificabili con veloci varianti urbanistiche ad hoc”, aggiungono gli esperti di Legambiente Sicilia. “L’insostenibilità ambientale e sociale di un intervento del genere è provata anche dalle necessità idriche, enormi per una regione in continua crisi e a rischio desertificazione: un acquedotto di 23 litri al secondo a esclusivo servizio del resort e oltre 600.000 metri cubi d’acqua all’anno per l’irrigazione delle aree verdi”.

In verità, quando nel 2005 la Regione Siciliana approvò il progetto presentato dalla Sir Rocco Forte & Family S.p.A., furono imposte una serie di prescrizioni e di rielaborazioni per garantire la tutela degli aspetti naturalistici e minimizzare gli impatti. I primi lavori furono però realizzati in difformità ai provvedimenti regionali, distruggendo tutta la vegetazione, sbancando parte della falesia costiera, alterando l’intero reticolo idrografico, realizzando movimenti di terra sin sulla battigia, interrando e distruggendo alcune zone umide. Nell’estate 2006 fu pure aperta abusivamente una strada per consentire l’accesso diretto dei ricchi turisti alla spiaggia di un km di estensione, annessa al Resort di Rocco Forte. Dopo le prime denunce di Legambiente e del CAI Sicilia, nell’agosto 2006 l’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente dichiarò decaduta l’autorizzazione in materia di impatto ambientale, ma il Comune di Sciacca bloccò solo una parte dei lavori dei campi da golf, mentre continuarono indisturbati quelli per la realizzazione del complesso turistico-ricettivo. L’area fu posta sotto sequestro su ordine della Procura della Repubblica di Sciacca che emise pure alcuni avvisi di garanzia contro gli amministratori della società romana. La Rocco Forte presentò allora un progetto di variante, aumentando le volumetrie originarie di oltre 7.000 metri cubi, che fu prontamente autorizzata dal Comune di Sciacca senza i necessari nulla osta in materia paesaggistica e ambientale. Nell’aprile 2007 l’Assessorato Regionale al Territorio ed Ambiente negò ancora una volta l’autorizzazione in materia di impatto ambientale e rilevò altresì che i primi lavori avevano concorso alla distruzione di habitat di interesse comunitario e all’alterazione del Sito di Importanza Comunitaria dal punto di vista floro-faunistico e paesaggistico. Tuttavia, il 6 agosto 2008, il dirigente del servizio 2 V.A.S.-V.I.A. del dipartimento regionale territorio e ambiente, con decreto n. 789, rilasciò giudizio positivo di compatibilità ambientale e nulla osta per la realizzazione dei lavori del Resort di Sciacca, prevedendo tuttavia alcune prescrizioni per il progetto esecutivo per “la stabilizzazione dei pendii di frana e per la difesa della costa nel tratto compreso tra la Torre Macauda e il fiume Verdura”.

“La Ditta ricominciò i lavori ma senza le autorizzazioni del Genio Civile (per l’uso e la tutela delle acque pubbliche), della Soprintendenza ai Beni Culturali (per il vincolo paesaggistico), della Capitaneria di Porto (per gli interventi lungo la fascia costiera), dell’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente (per l’uso del demanio marittimo) e di una nuova variante urbanistica”, denunciò Legambiente Sicilia. “Il messaggio che è passato è grave, innanzitutto sul piano politico: la legge e le procedure in questa regione possono non essere rispettate, soprattutto se ci sono in gioco grossi interessi economici”. Nell’ottobre 2009 gli ambientalisti presentarono un nuovo dettagliato ricorso straordinario al Presidente della Regione per i lavori di sistemazione della costa su cui era stato intanto completato il complesso turistico, contro tutti quegli enti che avevano rilasciato a Invitalia S.p.A. (ex Sviluppo Italia) i permessi necessari per avviare le opere. Nell’esposto furono denunciati ingenti danni al territorio, profonde alterazioni all’assetto costiero e stravolgimenti dell’ambiente marino, il mancato rispetto di alcune procedure in tema di valutazione di impatto ambientale, difetti di istruttoria e contrasti con precedenti pronunciamenti della Regione. All’indice di Legambiente, in particolare, la legittimità del famigerato decreto n. 789 del 2008 con cui la Regione aveva rilasciato il giudizio positivo di compatibilità ambientale per la “stabilizzazione” dei pendii di frana e per la “difesa” della costa a Torre Macauda e il Fiume Verdura; i provvedimenti di verifica di ottemperanza alle prescrizioni del suddetto decreto emessi l’11 febbraio e il 30 marzo 2009; la concessione demaniale marittima n. 78/2009 del dirigente generale del dipartimento regionale Territorio e ambiente; l’autorizzazione ex articolo 55 del Codice della Navigazione n. 27321/2009 dell’8 aprile 2009 rilasciata dall’ARTA-Servizio 9 per la realizzazione delle opere entro la fascia di 30 metri dal demanio marittimo; le concessioni edilizie date dal Comune di Sciacca.

“A fronte dell’unicità dell’intervento del complesso Verdura International Golf & Resort S.p.A. previsto dall’accordo di programma e dal contratto di localizzazione, lo stesso è stato frazionato in 17 diversi progetti, le cui istruttorie condotte in maniera separata e non coordinata stanno facendo venire meno la possibilità di una valutazione contestuale dei distinti impatti e ciò in violazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale che prevedono l’esame unitario dell’intervento ed il divieto di valutazione separata di lotti o parti di un’opera unitaria”, rilevò l’avvocato Nicola Giudice del Centro di azione giuridica di Legambiente. “Inoltre l’istruttoria del progetto ed il rilascio dei provvedimenti in materia di V.I.A. sono avvenuti in violazione delle tassative procedure di pubblicità previste dagli articoli 20, 24 e 27 del decreto legislativo 152/2006, modificato ed integrato dal numero 4/2008”.

La valanga di esposti di Legambiente produsse alla fine l’avvio di un provvedimento giudiziario che sfociò il 4 dicembre del 2007 con il processo al tribunale di Sciacca contro l’(ex) amministratore delegato della Sir Rocco Forte Hotel, Moreno Occhiolini e il progettista capo del resort agrigentino, Domenico Baudille. Ai due imputati, in particolare, fu contestata la violazione di alcune norme del Codice della navigazione e in materia di beni artistici ed ambientali (realizzazione di strutture in una zona sottoposta a vincolo ambientale ed in parziale difformità alle autorizzazioni concesse dalla soprintendenza di Agrigento e dall’assessorato regionale Territorio e ambiente). Nel novembre 2010 la sentenza del giudice: Moreno Occhiolini e Domenico Baudille furono condannati, entrambi, a 4 mesi di reclusione e 30 mila euro di multa. Nel febbraio 2012, il procedimento d’appello, di fronte ai giudici del Tribunale di Palermo, si concluse però con l’assoluzione dei due imputati. Il 31 gennaio 2014, al Tribunale di Sciacca si concluse un secondo filone d’indagine sulle “presunte” irregolarità nella realizzazione di alcune opere del megaresort di Sciacca: l’ex Ad Moreno Occhiolini, fu assolto dall’accusa di “danni all’ambiente” per i lavori per i campi da golf (la costruzione di un pozzo che non rispettava il limite di 10 metri di distanza dal fiume Verdura, la dismissione di alcuni canali di scolo e la realizzazione di altri canali che, secondo l’accusa, avrebbero modificato il reticolato idrografico delle acque superficiali).

Dal Golf al Ponte a giocare son sempre gli stessi

Tra i tanti protagonisti dell’affaire Verdura International Golf & Resort compare pure l’ingegnere italo-canadese Giuseppe “Joseph” Zappia, arrestato a Roma il 12 febbraio 2005 con l’accusa di aver fatto da prestanome di Cosa Nostra nel tentativo (fallito) di riciclare cinque miliardi di euro, proventi del traffico di stupefacenti, nella realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, contemporaneamente all’operazione Padrini del Ponte, l’ingegnere Zappia (primavera-estate 2002) avrebbe partecipato per conto del magnate alberghiero Rocco Forte alla trattativa per l’acquisto di novanta ettari d’agrumeti ove realizzare il complesso turistico-alberghiero di Sciacca. I terreni furono venduti per 4 milioni e 400 mila euro dalla famiglia Merra: Roberto, il fratello Giuseppe, la figlia Alessandra e l’altra figlia, Elena, moglie dell’allora viceministro Gianfranco Miccichè. Un progetto nato davvero proprio sotto la peggiore stella: nel 2002 la procura della Repubblica di Sciacca ordinò l’arresto di uno degli intermediari nella compravendita dei terreni. Un paio di piccoli proprietari di contrada Verdura avevano raccontato agli inquirenti di essere stati vittime di “indebite pressioni”. Processato con l’accusa di estorsione aggravata, quell’intermediario fu condannato in primo grado a 5 anni e 2 mesi di reclusione.
Il cambio di destinazione d’uso degli agrumeti in terreni edificabili e il piano di lottizzazione dell’ecomostro fu approvato dal Consiglio comunale di Sciacca la notte del 28 aprile 2004, pochissimi giorni prima che si completasse la legislatura e si andasse al rinnovo degli amministratori locali.

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