La lunga notte delle Scuole Armate italiane
Se
in tempi di “pace” le forze armate superano ogni limite di decenza nelle loro
sempre più invasive occupazioni di scuole e attività didattiche, è doveroso
interrogarsi su cosa potrebbe accadere in caso di “guerra guerreggiata” nell’Italia
della cosiddetta Terza Repubblica.
Peggio di così l’anno scolastico 2017-18 non poteva concludersi: sfilate, parate,
cori e bande musicali di studenti e militari “uniti nel Tricolore”; party-saluti
di alunne e alunni in basi e installazioni di guerra, con tanto di selfie ai
piedi di cingolati, carri armati, cacciabombardieri e sottomarini; saggi
ginnico-militar-sportivi e gare di corsa
al passo dei bersaglieri; borse di studio/formazione e certificazioni per l’alternanza
scuola-lavoro nei corpi d’assalto dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica
o nelle aziende dell’export degli strumenti di morte.
Sono
centinaia ormai le “esperienze” didattico-educative che le forze armate, in
assoluta autonomia e fuori da ogni doveroso controllo degli insegnanti, impongono
alle studentesse e agli studenti italiani. Realmente impossibile censirle, ma tra
quelle svolte nelle ultime settimane ce ne sono alcune che meritano essere
menzionate per la loro gravità e il prevedibile impatto negativo sul processo
di formazione e crescita di tanti nostri figli.
Giovedì
31 maggio 2018, ad esempio, una rappresentanza del 9° Reggimento d’Assalto “Col
Moschin” (il reparto d’eccellenza delle forze speciali di terra che opera in
tutti gli scenari di guerra internazionali) si è recata presso l’Istituto
scolastico “Leonardo da Vinci” di Guidonia (Roma) per incontrare gli alunni
della scuola elementare. “Il primo incontro tra gli Incursori e la classe era
avvenuto nei giorni precedenti proprio presso l’aeroporto militare di Guidonia
dove i bambini assistevano alle prove della parata prevista per la Festa del 2
giugno ed in maniera del tutto spontanea ed assolutamente inattesa per gli
uomini del Col Moschin, gli alunni si sono lanciati in acclamazioni e applausi
riecheggiando il grido Arditi
lanciato dagli incursori”, riporta l’ufficio stampa dello Stato Maggiore dell’Esercito.
“Incuriositi da tale spontaneo slancio, gli Incursori hanno avvicinato la
scolaresca che li ha travolti con slancio affettuoso. In particolare un bambino,
che si era infortunato poco prima, ha raccontato che siccome gli arditi sono i più coraggiosi tra i coraggiosi, avrebbe
sopportato il dolore come loro. Non potendo lasciar passare così tale
manifestazione di affetto gli Incursori hanno, a loro volta, fatto una sorpresa
ai bambini e incontrandoli in aula regalando il crest del 9° reggimento Col
Moschin e ringraziandoli da parte di tutti gli Incursori dell’Esercito”.
Coronano l’articolo che ci riporta ai tempi più bui dell’Istituto Luce, numerose
fotografie che ritraggono le lezioni frontali degli ufficiali-arditi in una
classe di primaria dove le divisioni di genere sono giù belle e strutturate: i
bambini mostrano orgogliosi bicipiti e pettorali, le bambine sorridono estasiate.
Innocenze
rubate, coscienze stuprate, i corpi sottratti, cooptati, convertiti in icone di
guerra e di morte. La “campagna” militare nelle scuole di Guidonia ha avuto un’indicazione
precisa, inequivocabile: Adotta un
sorriso di un soldato. Una serie d’iniziative che hanno coinvolto oltre 800
studenti delle scuole di ogni ordine e grado, promosse dal personale del 60°
Stormo dell’Aeronautica Militare alla vigilia della “Rivista” per la Festa della
Repubblica. “Il progetto mira a creare una possibilità di contatto tra le
realtà sociali attraverso una comunicazione comune, quella di sorridere insieme”, si legge nel sito
internet dell’Aeronautica. “La fatica della marcia sotto il sole o sotto
l’acqua, l’impegno di tutti gli organizzatori per la buona riuscita viene ricompensata
dal sorriso, anche se timido, che i bambini e gli adolescenti esternano senza
pregiudizio o filtro ma in maniera del tutto incondizionata. L’incontro tra il
personale militare di Guidonia e gli studenti avviene attraverso la
presentazione dei simboli, delle uniformi e della storia dei Reparti che ogni
anno prendono parte alla Sfilata. (…) L’attività
ludica e culturale allo stesso tempo si trasforma in un valore aggiunto che
consolida quella relazione emotiva, la quale attraverso l’espressione
facciale del sorriso, innesca automaticamente sentimenti quali l’empatia, la
serenità e la voglia di stare tutti insieme uniti nella gioia. Riconoscere i
Reparti attraverso le loro uniformi e le attività esperienziali, quali la
marcia insieme ai soldati, sono stati i punti cardini della relazione soldato-bambino
in Patria”.
Non è andata purtroppo meglio a 3.000 studenti frequentanti
gli istituti scolastici napoletani dove la Divisione “Acqui” (alla guida delle
brigate terrestri d’élite “Granatieri di Sardegna”, “Aosta”, “Pinerolo”, “Sassari”
e “Garibaldi”), ha oraganizzato e gestito in prima persona il Progetto
Legalità, “per
tracciare l’importanza delle Forze Armate e in particolare dell’Esercito
Italiano, non solo nel solco del centenario della Grande Guerra, ma anche su alcune attività del territorio nazionale, come ad esempio
con l’Operazione Strade Sicure”. “Nell’ambito
delle attività didattiche e di
orientamento del
percorso scolastico – prosegue il comunicato dell’Esercito - un team di soldati della Acqui ha divulgato nelle classi
l’importanza dei valori di fiducia, coraggio, solidarietà, dignità e sacrificio”.
Abdicando
alle proprie funzioni costituzionali, tantissime scuole hanno affidato alle
forze armate la rielaborazione e la narrazione “storico-culturale” della Prima
Guerra Mondiale, una delle peggiori carneficine della storia dell’umanità. Un
processo di mistificazione, quello condotto dai militi-arditi-insegnanti che
culminerà con i Festeggiamenti della Vittoria
del prossimo 4 novembre, prevedibile apoteosi della partnership scuole–forze armate
e della militarizzazione a fini dichiaratamente bellici del sistema educativo nazionale,
contro il sapere libero e critico.
Ci
troviamo di fronte a un processo inarrestabile? Non lo crediamo, anzi riteniamo
che sia ancora possibile intervenire contro questa “marcia sulla scuola” di
generali, ammiragli, paramilitari e nostalgici dell’Italia colonial-fascista.
Per questo facciamo nostro l’appello lanciato qualche giorno fa da un gruppo di
insegnanti (primi firmatari Luca Cangemi, RSU del Liceo “Lombardo
Radice” di Catania; Marina Boscaino, docente e pubblicista di Roma; Dina
Balsamo dell’IC “G.Romano” di Eboli; Natya Migliori dell’IIS di Palazzolo
Acreide; Piero Bevilacqua, professore emerito di
Storia Contemporanea all’Università “La Sapienza” di Roma, ecc.) per “aprire una riflessione generale che
individui nella salvaguardia degli spazi di discussione e nel rifiuto della
pervasiva presenza militare nelle scuole due nodi importanti”. “Chiediamo
alle/ai docenti, alle studentesse e agli studenti, al mondo intellettuale di
prendere parola e di avviare una stagione di impegno che leghi ancora più
strettamente la lotta alla legge 107 a quella alla militarizzazione del sapere
e all’autoritarismo e sin d’ora prepariamo un grande appuntamento di
riflessione e di iniziativa per l’apertura del prossimo anno scolastico”,
scrivono i promotori dell’appello docenticontrolaguerra.
Chi ha cuore le sorti della
scuola pubblica italiana e ritiene doverosa e imprescindibile la difesa della
sua vocazione autenticamente democratica, ugualitaria e pacifista, può socializzare
nei territori e negli spazi scolastici la Campagna Scuole
Smilitarizzate che è stata
promossa da Pax Christi Italia “proprio per arginare la crescente
invasione e occupazione dei militari nelle scuole, e rivendicare invece
all’istituzione scolastica un ruolo educativo e di formazione delle coscienze
nel solco della Costituzione per un mondo di pace”. Scuole Smilitarizzate chiede alle istituzioni di ogni ordine e grado di
rifiutare ogni attività in partenariato con le forze armate, dalla propaganda all’arruolamento
alla “sperimentazione” della vita militare degli studenti; dall’organizzazione
di visite a strutture riferibili ad attività militari, all’alternanza scuola-lavoro
nei corpi armati e nelle industrie belliche. “Ogni volta che la scuola spalanca
le porte a chi propaganda la guerra, tradisce la sua specifica missione
educativa e non tutela la propria sopravvivenza ed efficienza”, afferma Pax
Christi. “Così si è creato il paradosso di una scuola che, da un lato, denuncia
giustamente i tagli continui cui è sottoposta, dall’altro collabora con quella
struttura militare che ingoia somme faraoniche per i suoi strumenti di morte,
sottratte all’istruzione”.
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