La Grande Guerra della nostra Scuola
Una
carneficina come mai si era vista nella storia dell’umanità. “Un’inutile
strage” giunse a definirla l’ultraconservatore Papa Benedetto XV nella sua
lettera ai Capi di stato belligeranti l’1 agosto 1917. Pagine nerissime,
indelebili nella memoria: l’olocausto di generazioni di giovanissimi; la
diffusione planetaria di carestie, fame ed epidemie; le deportazioni di massa e
i genocidi di popolazioni di civili; la proliferazione di ingiustizie sociali
ed economiche e la negazione dei diritti e delle libertà che condizioneranno
gli anni a seguire della “non pace”, generando ovunque immani dittature,
fascismi e nazismi sino alla catastrofe, figlia e sorella, della Seconda Guerra
Mondiale.
A un secolo dalla tragedia
del Primo Conflitto Mondiale, quello del 1914-18, governi, forze armate,
istituzioni accademiche e scolastiche si distinguono soprattutto in Italia nella
promozione di tripudi e commemorazioni, quasi una sagra della retorica dei
“valori” di Patria, famiglia, coraggio, sacrificio, eroismo e arditismo che erano
spariti dal vocabolario e dalla didattica della Repubblica fondata sulla
Costituzione democratica e antifascista. Una rielaborazione a 360 gradi di
contenuti e “verità” che cancella crimini e orrori, occulta responsabilità,
grazia le classi politiche dominanti, gli industriali, i banchieri e gli alti
comandi dell’esercito e della marina militare. Grazie ad alcuni protocolli tra
il Ministero della Difesa e quello dell’Istruzione, nelle scuole italiane, in
regime di monopolio, è stata affidata agli ufficiali delle forze di terra, del
mare e dell’aria la narrazione della Prima Guerra Mondiale, frutto di una
rielaborazione storica di parte e parziale, in buona parte falsa o volutamente
falsata. Così alle nuove generazioni (e mai era accaduto dal secondo dopoguerra
ad oggi), non è dato sapere che nelle “intrepide” azioni nelle trincee perirono
quasi dieci milioni di soldati (oltre trecentomila solo sull’Isonzo e a
Caporetto), mentre altri ventuno milioni restarono tragicamente segnati nel
fisico e nella mente. E nei seminari “storici” che si moltiplicano nelle scuole
di tutta Italia, sempre più di rado si accenna al tributo di sangue della
popolazione civile, nonostante il milione di donne, bambini e anziani
assassinati dalle bombe e gli altri sei milioni di “non combattenti” che persero
la vita per la penuria di cibo o a seguito dell’esplosione di terribili
pandemie.
Nel corso del Primo conflitto
mondiale, furono scientificamente pianificati genocidi e deportazioni di massa,
confinamenti e lavori forzati, lager e “soluzioni finali”. Le Convenzioni e le
norme del diritto internazionale furono ridotte a cenere e ai generali, dei onnipotenti,
fu concesso il privilegio di poter decidere impunemente sulla vita e sulla
morte dei militi sottoposti o dei cittadini residenti nei territori occupati o
“liberati”. Gli storici, quelli veri, hanno documentato le rappresaglie
ordinate dagli ufficiali italiani contro le popolazioni “ostili” che abitavano le terre d’Isonzo. Quando nel 1915, mesi
dopo il giro di valzer del governo monarchico nelle alleanze internazionali,
gli “irredentisti” filo-austriaci fallirono a Dresenza l’attentato contro un
generale tricolore, un gruppo di civili innocenti fu passato per le armi; un
centinaio, invece, quelli che furono fucilati nello stesso anno per vendicare
l’attacco contro i nostri “eroici” bersaglieri. Oltre settantamila i deportati
“non italiani” dai territori liberati ai campi di concentramento sorti come
funghi nel Sud Italia e in Sicilia.
Desaparecidos
dai racconti dei neodocenti delle forze armate i nomi, i volti, le storie di
tutti quei ragazzi strappati con la forza dagli affetti familiari e dalle loro
povere terre per poi essere vigliaccamente abbandonati al fronte e al “nemico”
da inetti, cinici e vigliacchi comandanti. Ipocritamente negate ad alunni e
studenti le modalità di funzionamento della cosiddetta “giustizia militare”:
ben 350.000 i processi avviati dalle Corte marziali nostrane contro renitenti,
obiettori, disertori o per insignificanti atti di “insubordinazione”, con oltre
150.000 pesanti condanne, 4.000 finanche alla pena capitale. Andò ovviamente
peggio per quei soldati che furono fatti prigionieri dei comandi
austro-ungarici: rei di appartenere all’esercito di un ex alleato traditore, furono
trattati molto peggio dei militari di altri paesi belligeranti. Sempre gli
storici non avvelenati dalla propaganda bellico-nazionalista, ci ricordano che dei
600.000 italiani catturati, 110.000 morirono in prigionia per fame o malattie.
No, non c’è
più spazio per queste verità nella scuola italiana sempre più asservita alle
geostrategie di dominio globale dell’establishment
politico-militare-industriale. Una scuola che è
sempre più in guerra, più di guerra, più per la guerra. C’è una data che segna
inequivocabilmente ogni anno il processo di scientifica manipolazione delle
coscienze e della Storia. Il 4 novembre, l’anniversario della “Vittoria”, il “Giorno
dell’Unità nazionale” e “delle Forze armate”. L’ultimo, quello 2017, nel
ricordo di Caporetto e della “resistenza” sul Piave, ha visto con le parate e
le corone d’alloro al Milite ignoto, un impressionante numero di cerimonie
“Cimic”, cioè civili-militari, dove però i “civili” erano sempre e dovunque
scolaresche in libera uscita. Come ricorda l’Ufficio stampa del Ministero della Difesa, in una trentina
di città italiane si sono tenute per l’occasione cerimonie ed iniziative
militari quali Caserme Aperte e Caserme in Piazza, “con il
coinvolgimento delle amministrazioni comunali e delle scuole, con la consegna
di una bandiera ad un istituto scolastico, possibilmente intitolato ad un
caduto”.
“Le celebrazioni del 4 novembre 2017 sono accompagnate
anche dal video Noi per Voi, un
messaggio chiaro, che rafforza il rapporto di fiducia e affetto tra i cittadini
italiani e le Forze Armate, rapporto che si è accresciuto e consolidato nel
tempo”, riporta la velina della Difesa. “Tante quindi le iniziative
organizzate per celebrare la giornata che segnò la fine di quella che allora
venne definita la Grande Guerra, per
ricordare la data in cui andò a compimento il processo di unificazione
nazionale che, iniziato in epoca risorgimentale, aveva portato alla
proclamazione del Regno d’Italia il 17 marzo 1861. Fu proprio durante la
Prima Guerra mondiale che gli italiani si trovarono per la prima volta fianco a
fianco, legati indissolubilmente l’un l’altro sotto la stessa bandiera nella
prima drammatica esperienza collettiva che si verificava dopo la proclamazione
del Regno”. Il gran ritorno del mito del Ventennio, quello della IV^ Guerra
d’Indipendenza che consacra l’Unità e l’Identità della Patria.
La Sicilia, isola laboratorio delle strategia di
guerra del XXI secolo in ambito nazionale, europeo, statunitense e NATO, ha
assunto un ruolo chiave nei programmi MIUR-Difesa di rielaborazione storica e
“sensibilizzazione” militar-patriottica delle nuove generazioni. Innumerevoli
le attività con le bambine e i bambini di ogni fascia d’età e i preadolescenti.
Il 10 maggio 2018, ad esempio, con una lettera ai
dirigenti di tutte le scuole statali e paritarie della Sicilia, l’Ufficio
Scolastico Regionale del Ministero dell’Istruzione ha invitato ad aderire e
partecipare alle “Celebrazioni del centenario della Grande Guerra” organizzate
dal Comando della Brigata Meccanizzata “Aosta”, il reparto d’élite e di pronto
intervento in ambito alleato con sede nell’isola, in sinergia con il Comando
Militare dell’Esercito “Sicilia”. “Tre
giorni di valori, memoria e musica da realizzare dal 22 al 24 maggio,
l’anniversario dell’entrata in guerra, con
lo scopo di coinvolgere gli studenti delle scuole secondarie di I e II grado
della Sicilia per rievocarne i fatti salienti”, scrive l’Ufficio Scolastico. La
conclusione a Messina, città che ospita il Comando della Brigata, con la “mostra
di reperti e materiali bellici e degli elaborati realizzati dagli studenti” e
un “concerto interforze” della Banda dell’“Aosta”, della Fanfara del 6°
Reggimento Bersaglieri di Trapani e della Fanfara del 12° Reggimento Carabinieri
“Sicilia”. “La finalità formativa è quella di favorire la valorizzazione del
contributo di una generazione di giovani italiani al conflitto bellico”,
conclude l’Ufficio scolastico regionale. Dulcis in fundo, la consegna da
parte del Comandante della Brigata “Aosta” degli attestati di servizio ai pronipoti dei combattenti caduti in guerra,
tutti studenti degli Istituti Comprensivi “Mazzini” e “Santa Margherita” e
dell’ISS “La Farina – Basile” di Messina.
La
“celebrazione” di fine maggio seguiva di qualche settimana un’altra detestabile
operazione di manipolazione storica da parte della Brigata “Aosta”, il cosiddetto
progetto Esercito e studenti uniti nel Tricolore, realizzato grazie
alla collaborazione di alcuni dirigenti scolastici della provincia di Messina “per
promuovere tra i giovani il valore dell’identità nazionale”. Ancora
una serie di concerti musicali, incontri
seminariali, alzabandiera e sventolii di stendardi verde-bianco-rossi da parte
di bambini, uno su cinque figli di migranti ma nati e cresciuti in
Italia, derubati del diritto alla cittadinanza “nazionale” dopo il rifiuto del
Parlamento di approvare le norme sullo ius soli. “Esercito e studenti uniti nel
Tricolore è una delle molteplici iniziative che l’Esercito, propone
agli studenti, nell’anno in cui ricorre il Centenario della Grande Guerra per ricordare quegli uomini nati tra il 1874 e il 1899
che tra gli angusti spazi delle trincee e le imponenti cime dei monti, dall’Isonzo
alle Dolomiti, dal Carso al Piave fino al Monte Grappa, contribuirono in maniera decisiva all’unità
nazionale, sacrificandosi con generosità e coraggio”, annunciano i promotori
con le stellette. In tre mesi di “campagna”, sono stati occupati dagli
ufficiali e dai concertisti dell’Aosta, gli auditorium, le aule, i cortili e le
palestre dei principali licei e degli istituti comprensivi del capoluogo dello
Stretto, con tanto di info-team finali di “orientamento educativo e
occupazionale” per promuovere pure ai tredicenni accademie e profumate carriere
militari. “Grande entusiasmo e coinvolgimento dei numerosi studenti presenti che,
insieme alla preside e ai loro docenti, hanno unito le loro voci nell’Inno
d’Italia esprimendo, con orgoglio, il senso di appartenenza al Paese e,
indirettamente, al loro Liceo”, riporta la nota stampa emessa alla fine delle
celebrazioni allo Scientifico “Seguenza”.
Nessuna possibilità di dissenso è permessa ad alunni,
genitori, e insegnanti; a Digos e Carabinieri è permesso di presidiare
all’interno gli edifici scolastici e l’unica critica pubblica al progetto studenti-militare-tricolore
è stata censurata da una dirigente con l’avvio di un procedimento disciplinare.
Emblematico poi quanto accaduto al Liceo Classico “La Farina” quando alla
vigilia della parata-concerto dell’Aosta, ignoti scrissero sul muro d’ingresso Brigata Aosta assassina. “Il liceo in
tutte le sue componenti prende le distanze dal vile e oltraggioso gesto
perpetrato proditoriamente a breve distanza dall’inizio della cerimonia
dell’alzabandiera promossa dalla gloriosa BRIGATA AOSTA”, riportò in un
comunicato la dirigente. “Le frasi offensive, frutto di posizioni ideologiche
che non ci appartengono e nelle quali nessuno di noi si riconosce, colpiscono
la dignità della scuola istituzione
tanto quanto quella della Brigata Aosta che pure ha rallegrato i giovani
studenti, commuovendo gli adulti, consapevoli di vivere un bel momento anche se
in un clima artatamente reso meno sereno di quanto si voleva”. Un attentato
alla dignità, alla pari del “danneggiamento
dell’immagine e del decoro della scuola” contestato al docente-obiettore dalla dirigente
dell’Istituto Comprensivo “Cannizzaro-Galatti”, discutibili valutazioni che
comunque hanno il merito di cancellare con un colpo di spugna i sanguinosi
interventi della “gloriosa BRIGATA AOSTA”: la repressione del brigantaggio nel
Mezzogiorno d’Italia post-unitario; le (dis)avventure coloniali in Libia e
Corno d’Africa; le odierne missioni “umanitarie” in Iraq, Afghanistan, Libano e
Kosovo; le operazioni di controllo dell’“ordine pubblico” e “vigilanza” di
certi obiettivi sensibili in Sicilia: centri-lager per migranti; cantieri delle
grandi opere inutili, ecc..
A fine gennaio, a Palermo, l’AGe (Associazione Italiana Genitori), in collaborazione con la Città
metropolitana e l’Ufficio Scolastico Regionale hanno invece
promosso la XIII edizione del Concorso Nazionale Tricolore Vivo, rivolto alle scuole dell’infanzia e a quelle primarie
e secondarie del territorio nazionale con l’obiettivo di “diffondere, nelle
giovani generazioni, l’amore, il rispetto e la dedizione ai simboli più importanti
del nostro Paese”. “Il tema dell’edizione 2017-18 riprende l’art. 52 della
Costituzione, La difesa della Patria è
sacro dovere del cittadino….”, si legge nel bando. “Viene chiesto di
elaborare componimenti scritti e/o lavori informatici o grafico-pittorici che
esprimano le proprie considerazioni sull’articolo della Carta, mettendo in
risalto: il ruolo del cittadino nella difesa e salvaguardia dei confini della
Patria; il significato oggi dell’espressione difesa della Patria; il valore e i compiti delle Forze Armate
(Aeronautica Militare, Arma dei Carabinieri, Esercito Italiano, Marina Militare);
lo spirito democratico a cui esse devono attenersi sia dentro i confini
nazionali che nelle missioni estere”. Immancabile il riferimento di Tricolore Vivo alle celebrazioni del
centenario del Primo Conflitto Mondiale. “Gli alunni partecipanti riceveranno
una menzione speciale qualora trovassero – fra i ricordi della propria famiglia
e dei propri conoscenti – reperti, testimonianze documentali o personali, cimeli
della Grande Guerra”, scrivono i promotori. Epilogo del concorso i festeggiamenti
“solenni” per ognuna delle forze armate: il 17 marzo 2018 a Pantelleria per la
Marina Militare; il 5 aprile a Taormina per l’Aeronautica Militare; il 20
aprile a Monreale per i Carabinieri; a fine maggio a Palermo per l’Esercito.
La Sicilia nella Grande Guerra, il titolo della “mostra
itinerante” che il Comando Militare dell’Esercito Sicilia ha invece promosso
nelle maggiori città della Sicilia, “coniugando 120 lavori realizzati da
ragazzi siciliani su temi di carattere culturale e sociale legati al periodo
bellico, con preziosi cimeli storici esposti grazie alla fattiva collaborazione
di collezionisti privati locali”. La mostra, realizzata da solo personale
militare, “vuole essere un innovativo strumento per avvicinare le nuove generazioni
alla storia dell’Unità d’Italia che altrimenti rischia di restare chiusa nelle
mute pagine dei libri di scuola”. Alla fine di ogni evento, il colpo ad
effetto: la consegna a una decina di studenti delle copie degli stati di
servizio degli avi che hanno combattuto in guerra “a suggello del loro legame
attraverso un secolo di storia”.
Un po’ più originali le iniziative
promosse a Palermo dal Comando dell’Esercito per onorare “la mobilitazione dei nostri Padri verso il fronte della Grande Guerra”: oltre
alle immancabili alzabandiera, fanfare, deposizioni di corone d’alloro, mostre
di cimeli e uniformi, per la consegna dei fogli matricolari si sono privilegiati
gli studenti nati nel 1999, per un ponte ideale, cent’anni dopo, con la sfortunata
generazione dei “ragazzi del 1899, che hanno combattuto in trincea”. Il bis a
Trapani, il 18 maggio, nella Caserma “Luigi Giannettino” sede
del 6° Reggimento Bersaglieri. Centocinquanta studenti dell’I.S.S. “Leonardo da
Vinci” e del Liceo Musicale “Vito Fazio Allmayer” di Alcamo a fare da
spettatori della giornata-ricordo 1918-2018:
tra guerra e pace cent’anni dopo Vittorio Veneto e “vivere un momento
altamente significativo nel quale il Tricolore ricorda, ancora oggi, l’opera
delle generazioni che fecero l’Unità d’Italia, l’eroismo di quanti combatterono
per la Patria e il sacrificio di coloro i quali caddero nell’adempimento del
dovere”. “A suggello di tale sacrificio – prosegue la nota degli organizzatori
- sulle note de la canzone del Piave,
la cerimonia è proseguita con una mostra statica dei mezzi e
materiali in dotazione alla Forza Armata e il saggio ginnico, tipico della specialità dei fanti piumati…”.
Basta tutto questo per inorridire, ma al peggio, si
sa, non c’è mai fine. Così è prevedibile che in vista del secolo d’oro dall’intrepida vittoria italica del 4 novembre 1918,
all’inizio del prossimo anno scolastico esploderà ovunque la voglia di militarizzazione
autoritaria degli istituti e del sapere. Un’ode alla guerra sacra, santa e
giusta, che, speriamo, non vedrà muti e ciechi uditori, studenti, insegnanti e
genitori democratici.
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