L’umanità rischia di precipitare in una terza grande guerra planetaria
Per fare il
punto sulla difficile situazione che stiamo vivendo tra crisi economica, crisi
umanitaria e il rischio sempre presente di una escalation bellica, abbiamo
sentito il giornalista e scrittore Antonio Mazzeo, sempre molto preparato su
questi temi e da sempre una voce libera e dalla schiena dritta all’interno del
deprimente mondo dell’informazione italiana.
1-
Tutto lascia presumere che stiamo per scivolare in tempi molto cupi per
la pace. Secondo le quali sono le minacce più pressanti?
Senza voler
essere catastrofista a tutti i costi, credo che mai come in questi mesi
l’umanità stia rischiando di precipitare in una terza grande guerra planetaria.
L’annuncio di una nuova campagna di bombardamenti multinazionali in Libia a cui
far seguire magari una massiccia operazione di occupazione via terra;
l’escalation del conflitto in Siria con una moltitudine di attori militari
super armati in campo su fronti contrapposti; i sanguinosi raid in Yemen con
l’utilizzo anche di bombe prodotte in Italia; l’incancrenirsi dei conflitti in
Afghanistan, Iraq, Corno d’africa e in tante altre aree del continente
africano; le guerre a bassa e media intensità che la Nato sta alimentando in
Ucraina e nel Caucaso; i rapidissimi processi di riarmo e
militarizzazione che investono ormai quasi tutti i paesi in Asia e America
latina, ecc. testimoniano la gravità di questa odierna fase epocale. Per non
dimenticare poi come si stia esercitando la guerra con altri mezzi, penso alle
politiche neoliberiste in campo economico che affamano miliardi di persone, a
loro volta generatrici di guerre, conflitti e migrazioni forzate o ai
cataclismi climatici causati direttamente o indirettamente dal modello di
sviluppo imperante, dallo sfruttamento intensivo delle risorse naturali o dal
perverso consumo delle risorse petrolifere. Le minacce alla sopravvivenza
dell’umanità sono molteplici e con un’intensità e un potere di morte che non si
erano mai conosciuti nella storia, purtroppo.
2-
Il nostro governo si sta nuovamente lasciando trascinare in avventure
belliche in Libia. Come mai l’opinione pubblica appare così indifferente e
intorpidita?
Viviamo in
uno stato di guerra permanente ormai da oltre un quarto di secolo e
l’assuefazione all’idea della “normalità” dei conflitti è generale e colpisce
intere generazioni. La crisi di identità e l’incapacità di mobilitazione e
difesa dei valori di pace e giustizia delle forze politiche e sociali della
sinistra, forze troppo spesso minate dal pensiero unico del neoliberismo, hanno
certamente contribuito a questa indifferenza generale. Un ruolo chiave è
stato giocato sicuramente nel nostro paese dalla subalternità delle accademie e
della “cultura” in genere al grande capitale finanziario che ha monopolizzato
il controllo di media, sistema radiotelevisivo e stampa. Penso in particolare
alle grandi holding, ancora in parte a capitale statale, come Eni,
Finmeccanica, Enel, ecc. che concretamente fissano le agende, le finalità, le
scelte e gli interventi della politica estera italiana e di quella militare.
Con i drammatici costi e le conseguenze in termini socioeconomici (tagli alla
salute, all’istruzione, precarietà occupazionali, disoccupazione giovanile,
ecc.) che derivano poi dallo stato di guerra di cui l’Italia è oggi uno di
protagonisti sulla scena internazionale.
3-
Perché a suo giudizio ormai i cittadini si mobilitano per sacrosanti diritti
civili ed individuali mentre sono ormai indifferenti alle guerre?
Non credo
che questa dicotomia sia del tutto reale. In questi anni nel nostro paese ci
sono state importanti campagne contro i processi di militarizzazione dei
territori, penso ai No Dal Molin a Vicenza e ai No MUOS in Sicilia, o ai No
Radar e No basi in Sardegna. Esperienze dal basso, pratiche di azioni dirette e
di disobbedienza civile che sono servite a far crescere tra attivisti e
cittadini una coscienza glocal, cioè della relazione mutua, strettissima, tra
questioni meramente locali e la dimensione globale – la guerra permanente – di
questi processi di riamo e distruzione. Ovviamente queste mobilitazioni sono
del tutto insufficienti a contrastare il clima di “indifferenza” alla guerra,
ma proprio perché tentativi resistenziali e di testimonianza, devono essere
preservati e alimentati ancora in tutti i modi.
4-
Lei pensa come Papa Francesco che sia in corso la Terza Guerra Mondiale o pensa
che debba ancora arrivare e sia sempre più probabile?
Sì, lo
dicevo prima. Siamo in guerra e questa guerra è planetaria, globale, permanente,
devastate come non mai. Ciò che stento a comprendere è come siano ancora
pochissimi a rendersene perfettamente conto, all’interno della stessa Chiesa
cattolica di papa Francesco o purtroppo anche tra le sempre più frammentate
aree della sinistra anticapitalista o radicale italiana o delle stesse
organizzazioni sindacali e dell’arcipelago dell’ambientalismo e
dell’antirazzismo internazionale. La fragilità di una risposta No War,
autenticamente eco pacifista è da imputare anche alla “disattenzione” o forse
meglio alla scarsa capacità di elaborazione ed analisi di queste forze
politiche, sociali, etico-religiose.
5-
Secondo lei in politica estera vedendo le elezioni in America dal punto di
vista di europei o cittadini del mondo, sarebbe peggio Hillary Clinton o Donald
Trump per la pace mondiale?
La storia
degli Stati Uniti, l’indissolubilità dei legami perversi del complesso
militare-finanziario-industriale con la “politica” in questo paese (e oggi
ormai nei paesi Nato o partner Nato) non può consentire illusioni o l’ipocrisia
di scegliere o tifare per il meno peggio. Clinton e Trump differiscono
solo dal punto di vista dell’uso del linguaggio: politicamente “corretto”
quello della prima candidata alla presidenza (il marito è il “democratico”
delle guerre “umanitarie”, un’espressione poi assunta dai “progressisti” in
tutta Europa), mentre il secondo preferisce infarcire i suoi proclami con le
volgarità razziste e classiste che tanto hanno presa quando la crisi è
generale. Ma entrambi innalzeranno altri muri contro i migranti e
dissemineranno di tante altre bombe made in Usa il pianeta intero.
6-
Come giornalista di inchiesta lei informa continuamente su aspetti che spesso e
volentieri vengono ignorati dagli altri media. Si sente valorizzato nel suo
lavoro di giornalista dalla schiena dritta?
Se scegli di scrivere di guerre, ambiente e lotta
alla borghesia mafiosa sai bene che il “consenso” di media ed editori sarò pari
a zero. Ma hai scelto un giornalismo “di parte”, militante e la libertà si paga
a carissimo prezzo in questi anni in cui le libertà vengono schiacciate ovunque
in nome della “sicurezza” e dell’”ordine costituito”. Ma non è questo che può o
deve farti male. Mi fa male invece e mi frustra profondamente invecchiare in un
mondo che è cento volte peggio di quello che ho trovato quando sono nato o di
vivere accanto a giovani cresciuti con la convinzione che la guerra faccia
“naturalmente” parte della storia quando io, ingenuamente, credevo che il “mio”
Vietnam sarebbe stato l’ultimo grande, ingiusto e sanguinoso crimine
mondiale. E’ per questo, anzi contro tutto questo, che spero di poter scrivere
ancora.
Intervista a cura di G.B., pubblicata il 3 marzo 2016 in Il Tribuno del Popolo,
http://www.tribunodelpopolo.it/intervista-ad-antonio-mazzeo-lumanita-rischia-di-precipitare-in-una-terza-grande-guerra-planetaria/
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