Da Pantelleria e Catania i voli top secret degli Stati Uniti in Libia
Intelligence. L’uso dei due scali siciliani per le attività
delle forze armate Usa in Nord Africa era stato denunciato un anno fa circa da
alcuni blogger tunisini. Allora però si trattava di missioni che interessavano
esclusivamente la Tunisia nelle aree di Monte Chaambi, Djebal Salloum e
Foussena, al confine con l’Algeria (dove erano in corso violenti combattimenti
tra le forze armate e i gruppi ribelli) e, successivamente, Sousse (la località
turistica dove si è consumata l’efferata strage dei turisti in spiaggia), Hammamet
e Bargou (governatorato di Siliana). Ora che Washington e la Nato minacciano di
sferrare un attacco aeronavale in Libia, le operazioni d’intelligence sono
state estese anche a buona parte del territorio settentrionale libico.
Dalla Sicilia non solo droni
per le operazioni di guerra in Libia. US Africom, il comando statunitense per
gli interventi nel continente africano, sta utilizzando un aereo spia che
decolla quotidianamente dall’isola di Pantelleria o dall’aeroporto “civile” di
Catania Fontanarossa per monitorare una vasta area tra la Libia e la Tunisia.
Il velivolo, un bimotore Super King Air 300 numero di matricola N351DY, è di
proprietà dell’Aircraft Logistics Group
LLC, società contractor del Dipartimento della difesa con sede a Oklahoma City,
il cui vicepresidente è l’ex generale Peter J.
Hennessey, già responsabile delle attività logistiche dell’US Air Force durante
l’operazione Enduring Freedom in
Afghanistan.
I
tracciati radar più recenti documentano che l’aereo dotato di sofisticate
apparecchiature d’intelligence, sorveglianza e riconoscimento ha eseguito due
missioni lo scorso 1 marzo. Decollato alle ore 5.34 da Fontanarossa, il Super
King si è diretto sino a Misurata; dopo aver sorvolato per circa un’ora le coste
ad ovest della città libica, l’aereo si è diretto a Pantelleria da dove è
ripartito ancora verso la Libia alle 16.35 per atterrare infine in serata a
Fontanarossa. Il giorno precedente, l’aereo-spia aveva percorso una rotta molto
più contorta nel Mediterraneo volando ancora da Pantelleria sino a Misurata.
Differenti le destinazioni invece il 26, 27 e 28 febbraio, quando da Catania e
Pantelleria il Super King di US Africom aveva raggiunto la Tunisia per
sorvolare Sousse, Sfax, Monastir e le città più interne di al-Qaraiwan
e Ouled Chamekh.
L’uso dei due scali
siciliani per le attività delle forze armate Usa in Nord Africa era stato
denunciato un anno fa circa da alcuni blogger tunisini. Allora però si trattava
di missioni che interessavano esclusivamente la Tunisia nelle aree di Monte
Chaambi, Djebal Salloum e Foussena, al confine con l’Algeria (dove erano in
corso violenti combattimenti tra le forze armate e i gruppi ribelli) e, successivamente,
Sousse (la località turistica dove si è consumata l’efferata strage dei turisti
in spiaggia), Hammamet e Bargou (governatorato di Siliana). Ora che Washington
e la Nato minacciano di sferrare un attacco aeronavale in Libia, le operazioni
d’intelligence sono state estese anche a
buona parte del territorio settentrionale libico.
Rispondendo nel giugno 2015 ad
alcune interrogazioni del M5S, il ministero della difesa aveva ammesso di aver
autorizzato US Africom a “rischierare sino al 31 maggio 2015 sulla base aerea
di Pantelleria un assetto civile non armato e gestito da una compagnia privata,
al fine di consentire l’esecuzione di missioni di riconoscimento e sorveglianza
nel Nordafrica (a fronte delle quali non si è al corrente di specifici accordi
fra la Tunisia e gli Stati Uniti)”. Il ministero aggiungeva che in base di un “apposito
accordo tecnico di contingenza”, il distaccamento dell’Aeronautica italiana
forniva ai contractor Usa un “limitato supporto tecnico-logistico” e che
l’Ambasciata degli Stati Uniti aveva comunque avanzato una richiesta di proroga
sino alla fine del 2015 “attualmente in fase di valutazione da parte dello
Stato maggiore”. Evidentemente la proroga (con tanto di estensione delle
operazioni sino ad oggi e l’uso in aggiunta dello scalo di Catania) è stata
accordata senza che il Parlamento venisse poi informato.
Secondo quanto rilevato da
alcuni organi di stampa statunitensi, Pantelleria è stata utilizzata in questi
ultimi mesi anche per gli scali tecnici di velivoli in dotazione alle forze
speciali Usa impegnate in missioni top
secret in Libia. Lo scorso 14 dicembre, ad esempio, sarebbe atterrato nell’isola
un aereo C-146A “Wolfhound” del 524th Special Operations
Squadron dell’US Air Force, proveniente dalla base aerea di al-Watiyah a sud
ovest di Tripoli.
Che
Pantelleria sia destinata a fare da vera
e propria “portaerei naturale” per i prossimi raid multinazionali in Libia è
provato dal vertice tenutosi il 5 febbraio presso il locale distaccamento
dell’Aeronautica tra il responsabile del 3° Reparto dello Stato Maggiore, gen. Gianni
Candotti e il gen. David M. Rodriguez, comandante in capo di US Africom. “La
visita è proseguita con un tour presso le strutture di Pantelleria, tra cui lo
storico ed imponente hangar, scavato all’interno di una piccola montagna”,
riporta una nota emessa dal Comando aereo. “Originariamente su due livelli, esso
permetteva il ricovero di almeno 80 aerei da combattimento oppure di un intero
stormo da combattimento o caccia. Il ricovero realizzato negli anni ’30, è
tuttora utilizzato anche per attività non tipicamente militari. Il monumentale
hangar è ormai strutturato su un solo livello e la parte superiore è stata
riadattata per esigenze logistiche, con sale briefing, meteo ed alloggi”. Sarà
in questo bunker superprotetto che saranno rischierati i velivoli Nato
destinati a sganciare missili e bombe su Tripoli e la Cirenaica.
Articolo pubblicato in Il manifesto, 5 febbraio 2016.
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