L’isola di Lampedusa ad alto rischio elettromagnetico
A Lampedusa
proliferano, indiscriminatamente e impunemente, sistemi radar e impianti di
telecomunicazione militari, ripetitori radio-televisivi, stazioni radio-base
della telefonia cellulare, ecc.. Innumerevoli sorgenti elettromagnetiche,
pericolose per l’uomo e l’ambiente naturale, che rischiano di deturpare
irrimediabilmente un territorio unico per fascino e bellezza.
Buona
parte degli impianti sono di origine militare: da lungo tempo, infatti, Lampedusa
è al centro dei programmi di guerra nell’area mediterranea e in nord Africa
delle forze armate italiane e Nato. In località Capo Ponente, nella zona più
occidentale dell’isola, sono in atto i preparativi per installare due nuovi
potenti sistemi radar. Il primo di essi, il Gabbiano
T200C, prodotto dall’italiana Selex ES (gruppo Finmeccanica), sarà
predisposto dalla Marina militare nell’ambito del piano
di ammodernamento e
potenziamento della Rete di
sorveglianza costiera. Un Fixed
Air Defence Radar (FADR) RAT31-DL, anch’esso prodotto da Selex, sarà installato invece dall’Aeronautica per la sorveglianza aerea a lunga
portata e il potenziamento della rete di comando, controllo, comunicazione ed
intelligence dell’Alleanza Atlantica.
Contro i due progetti si è
mobilitata la stramaggioranza della popolazione dell’isola. È forte il timore
per la portata e gli effetti dell’inquinamento elettromagnetico, anche alla
luce di alcune gravi patologie riscontrate tra gli abitanti. Secondo l’Osservatorio Epidemiologico Regionale che ha
elaborato nel 2013 l’Atlante Sanitario sulla Epidemiologia dei Tumori in Sicilia nel
periodo 2004-2012, il distretto sanitario di Lampedusa e Linosa ha riscontrato la
“maggiore mortalità per tumori, nei maschi”, subito dopo la città di Catania
(248 contro 251). Anche l’analisi dei ricoveri
ospedalieri ordinari per patologie tumorali registrati dalla Regione siciliana nel triennio 2009-2011 ha evidenziato “alti livelli
di ospedalizzazione per cause tumorali nel solo genere maschile a Lampedusa e
Linosa”. Mentre il valore di riferimento regionale dei ricoveri ordinari è di
7,5 per 1.000 abitanti, il tasso standardizzato nelle due isole è di 10,2 per
1.000 abitanti. In particolare, a Lampedusa e Linosa sono stati evidenziati
“tassi più elevati” del valore medio regionale per i tumori maligni dello stomaco, del fegato e della
vescica tra i soli uomini e della
trachea, dei bronchi e dei polmoni in entrambi i sessi.
Su richiesta del Comune di Lampedusa e Linosa, dell’ASP
di Palermo e dell’Associazione “Askavusa” (promotrice dalla Campagna No Radar), dal 18 al 20 novembre 2014 l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente
(ARPA Sicilia) ha misurato i campi elettromagnetici di alta frequenza in
alcuni siti dell’isola: a Capo Grecale dove sorge il radar di sorveglianza
costiera della Guardia di finanza; nell’aeroporto dove incidono diverse stazioni per le
telecomunicazioni dell’Aeronautica militare oltre al radar per il controllo del
traffico aereo; in località Alberosole, Capo Ponente, dove sono presenti i
sistemi di sorveglianza dell’Aeronautica militare e alcuni ripetitori
televisivi; a Cala Creta, dove opera una stazione radiofonica FM locale; in
alcune vie del centro cittadino interessate dalle emissioni degli impianti della
telefonia cellulare.
Il 2 dicembre, il fisico Giovanni Bruno e il signor
Pasquale Collura della Struttura territoriale di ARPA Agrigento hanno
presentato il rapporto finale sui monitoraggi dei campi elettrici. “Lo scopo delle
rilevazioni è stato quello di valutare la conformità dei rilievi effettuati
alle norme di sicurezza elettromagnetica prescritte dalla normativa vigente e,
più in generale, la loro rilevanza rispetto ai problemi di tutela della salute
umana, dell’ambiente e delle possibili interferenze con apparecchiature
elettromedicali in seguito alla presenza di emissioni elettromagnetiche di alta
frequenza”, scrivono i tecnici dell’ARPA. “Le misure effettuate hanno
evidenziato valori massimi del campo elettromagnetico di 5,05 V/m ovvero minori
all’obiettivo di qualità di 6 V/m indicato dal DPCM dell’8 luglio 2013”.
Per ARPA Sicilia, dunque, l’inquinamento
elettromagnetico a Lampedusa non è rilevante. Conclusioni per nulla condivise
dal fisico sardo Massimo Coraddu, estensore per il Politecnico di Torino - con
il prof. Massimo Zucchetti - del rapporto che ha documentato i gravissimi
pericoli per l’uomo delle emissioni delle decine di antenne della stazione di
telecomunicazioni della Marina militare Usa di Niscemi e di quelle che saranno
generate quando entrerà in funzione il famigerato sistema satellitare MUOS. “In
generale, la procedura adottata a Lampedusa non sembra adeguata al problema e
neppure conforme alla normativa vigente, la strumentazione e la tecnica di
misura utilizzate sono inadeguate e i risultati sono dunque del tutto
inattendibili”, denuncia il prof. Coraddu. “Il numero di punti di misura
effettivamente realizzati per ciascuna sorgente è troppo esiguo, da un minimo
di uno a un massimo di sette. Manca qualunque informazione riguardante le
sorgenti: non se ne riporta la posizione (né mediante coordinate geografiche né
attraverso l’inquadramento topografico), non è specificata la tipologia né
vengono indicate le caratteristiche radioelettriche (frequenza, potenza,
guadagno d’antenna, etc.), né tantomeno si riportano i valori di campo previsti
dal gestore come imposto dal Codice delle
comunicazioni elettroniche, DLGS n. 259 dell’1 agosto 2003”. Sempre secondo
il prof. Coraddu, le misurazioni effettuate da ARPA Sicilia sono documentate in
modo incompleto e si è persino omesso di riportare i punti precisi in cui esse sono
state effettuate. “È stata utilizzata una tecnica di misurazione a banda larga, ovvero si e misurato l’effetto
complessivo della sovrapposizione di tutte le sorgenti presenti, di tipo molto
differente (radar di potenza, ripetitori radiotelevisivi, ponti radio, stazioni
radio base per la telefonia cellulare, etc.), senza distinguere il contributo
dato da ciascuna singola sorgente”, aggiunge Coraddu. “La normativa prescrive invece
di affiancare alla tecnica a banda larga
la più precisa e sofisticata tecnica a banda
stretta, con strumenti dotati di risposta temporale tale da rivelare le
caratteristiche degli impulsi emessi (durata e frequenza di ripetizione dell’impulso),
e una dinamica sufficiente a sopportare intensità di picco che possono
raggiungere le migliaia di V/m. Nel caso di misure effettuate in regime di campo vicino occorreva inoltre rilevare anche
la componente magnetica”.
Relativamente
alle misurazioni sulle diverse sorgenti radar, il prof. Coraddu rileva che i
tecnici dell’Agenzia regionale non hanno rilevato i valori di
picco dei campi elettromagnetici emessi. “I radar spesso emettono impulsi
elettromagnetici molto brevi (da qualche μsec sino a qualche decina di nsec)
con livelli di picco migliaia di volte superiori a quelli medi”, spiega il
fisico. “In queste condizioni le sonde utilizzate da ARPA Sicilia possono
produrre risultati totalmente inattendibili per problemi sia di risposta
temporale che di saturazione”. Massimo Coraddu
osserva pure limiti e incongruenze nei rilievi effettuati per le emissioni
prodotte dalle stazioni della telefonia cellulare e dalle emittenti
radiofoniche. “Nel caso in cui il valore misurato raggiunga 75% del valore limite d’attenzione di 6 V/m,
ossia 4,5 V/m, la Norma CEI 211-7 impone che si ripeta la misurazione con gli
strumenti a banda stretta. Tale
livello è stato però raggiunto e superato in via Ariosto 21/23 (con misure di
4,57 V/m e 5,05 V/m) senza che siano stati fatti ulteriori accertamenti. Paradossalmente,
è stato poi predisposto un monitoraggio continuo mediante centralina di
rilevamento, non in questa via, dove si sono registrati i valori di campo più
elevati, ma in via Cavour 19, dove i livelli di campo risultavano nettamente
inferiori (massimo registrato 2,8 V/m)”.
A conclusione delle sue osservazioni, il prof. Coraddu
suggerisce l’adozione di una serie di misure più idonee per l’individuazione e il
contrasto delle fonti elettromagnetiche inquinanti. “Sarebbe molto opportuno
realizzare un piano previsionale complessivo
delle emissioni, che tenga conto della somma di tutti i contributi sulla base
di un censimento completo delle sorgenti presenti nell’isola, in modo da
individuare eventuali aree a rischio e procedere al loro risanamento”, scrive
il fisico. “Nessun impianto trasmittente realizzato dopo il 2003 può essere privo
di tale modello previsionale, mentre ai gestori di impianti realizzati prima di
quella data occorre richiedere di realizzarne e presentarne uno”.
Per quanto riguarda le emissioni delle stazioni della
telefonia cellulare e di quelle radiofoniche, rilevate da ARPA con livelli di
campo assai elevati e prossimi ai limiti di sicurezza all’interno dell’abitato,
il prof. Coraddu chiede che le misurazioni vengano ripetute con maggiore accuratezza,
“utilizzando una tecnica e una strumentazione a banda stretta e con un maggior numero di punti di misura”. Anche
per le emissioni prodotte dai radar militari, e i cui rilievi dell’ARPA sono
ritenuti del tutto “inattendibili”, Coraddu suggerisce ad eseguire nuovamente
le misurazioni con strumenti banda
stretta “in grado di rivelare adeguatamente impulsi di breve durata ed
elevata intensità”, previa una completa conoscenza delle caratteristiche radiometriche
delle sorgenti. “In tutti quei casi in cui il modello previsionale o le misure
di verifica abbiano evidenziato valori di campo prossimi o superiori ai limiti
di sicurezza previsti, bisognerà adottare provvedimenti immediati per la
riduzione delle emissioni”, conclude il fisico. “Solo tali procedure sono in
grado di garantire il rispetto delle norme di sicurezza per la salute umana, mentre
eventuali misure aggiuntive potranno essere adottate, ad esempio, per la
sicurezza dei portatori di dispositivi elettromedicali impiantati (soggetti al
rischio di interferenza elettromagnetica) o per la protezione della fauna all’interno
di zone naturalistiche protette”.
“Le osservazioni del prof. Coraddu ci spingono a
intensificare la campagna contro l’installazione a Lampedusa di nuove sorgenti
di onde elettromagnetiche, come ad esempio i radar dell’Aeronautica e della
Marina militare a Capo Ponente”, afferma Giacomo
Sferlazzo di “Askavusa”. “Abbiamo avuto modo di verificare che il Comune è
sfornito di un regolamento edilizio e di un registro inerente l’installazione
di antenne, ripetitori e radar. Ci chiediamo se l’amministrazione abbia
provveduto come annunciato ad uno studio indipendente sulle emissioni di onde
elettromagnetiche. Sul radar di Capo Grecale, di proprietà della Guardia di
finanza, abbiamo fatto un esposto alla Procura della Repubblica insieme ad
altre associazioni di Lampedusa. Si tratta di un sistema che serve a intercettare
le imbarcazioni di migranti,
modello Elta System ELM 2226, acquistato
in Israele grazie al Fondi per le frontiere esterne Ue 2007-13. Per i suoi
pericolosi impatti sulla salute e l’ambiente, questo tipo di radar è stato bocciato
tre volte dal Tar della Sardegna. In Sicilia, l’ELM 2226 era stato installato a
Capo Murro di Porco, Siracusa, ma le proteste degli ambientalisti hanno
costretto i militari a trasferirlo a Melilli, dove però resta spento da più di
tre anni per mancanza di autorizzazioni. Attendiamo di sapere dai giudici se
per l’installazione e l’attivazione del radar israeliano a Lampedusa siano
state rispettate le leggi vigenti”.
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