Il MUOS per ipermilitarizzare e depredare l’Artico
Gli Stati Uniti d’America hanno
un asso nella manica per trionfare nella competizione tra vecchie e nuove superpotenze
per il controllo militare, politico ed economico dei mari del Polo Nord e dell’Antartide,
fragilissimi ecosistemi. Si tratta del MUOS (Mobile User Objective System), il più recente sistema di
telecomunicazioni satellitari della Marina militare Usa, costituito da quattro
terminali terrestri distribuiti in tutto il pianeta (uno in Sicilia, all’interno
della riserva naturale “Sughereta” di Niscemi, Caltanissetta) e cinque
satelliti in orbita geostazionaria a oltre 36.000 km di distanza.
Grazie ai primi due
satelliti lanciati sino ad oggi nello spazio, la Marina statunitense ha attivato
le “prime connessioni satellitari affidabili” nel Mar Glaciale Artico. La
sperimentazione e l’uso nei mari del Nord del nuovo sistema di
telecomunicazioni per le guerre globali del XXI secolo ha preso il via nella
primavera del 2014 con “Ice Exercise – ICEX ‘14”, l’esercitazione condotta dal Comando per le forze subacquee di US Navy (COMSUBFOR), in collaborazione con i tecnici di Lockheed
Martin, l’azienda statunitense che ha progettato e realizzato il MUOS. Nel
corso di ICEX ’14, le unità e gli utenti
mobili del COMSUBFOR hanno potuto utilizzare una stazione terrestre di
dimostrazione del nuovo sistema satellitare per ricevere e trasmettere “in modo
sicuro” messaggi ed e-mail. “Per la prima volta nella storia, gli utenti
militari hanno potuto trasferire file con notevoli quantità di dati,
utilizzando connessioni satellitari stabili nella regione artica”, ha
dichiarato Amy Sun, responsabile dei programmi avanzati di trasmissione di
Lockheed Martin. “Un nostro team ha sperimentato le caratteristiche funzionali
del Wideband Code Division Multiple
Access (WCDMA), il codice d’accesso per le trasmissioni in banda larga del
MUOS, utilizzando tre differenti stazioni radio in condizioni ambientali
estreme, quasi nel punto più a nord della terra”. Le connessioni con i satelliti
MUOS, hanno consentito a US Navy e Lockheed Martin più di 150 ore di
trasmissione dati. “Abbiamo inviato senza interruzioni e con la massima
sicurezza grandi quantità di foto, mappe ed altri dati informativi e
d’intelligence, cosa che non avremmo potuto fare con i sistemi satellitari sino
ad oggi esistenti”, ha aggiunto mister Sun. Stando sempre a Lockheed Martin, il
sistema WCDMA del MUOS ha consentito di aumentare di 16 volte la quantità dei
dati trasmessi nell’unità di tempo.
“Operando da un accampamento
ghiacciato oltre il Circolo Artico, i nostri tecnici hanno provato che il MUOS è
un asset affidabile per le comunicazioni nell’estremo nord”, ha dichiarato Paul
Scearce, direttore dei Programmi militari spaziali di Lockheed Martin. “Nel
2013 avevamo già verificato la portata della nuova costellazione satellitare, ma
ICEX ’14 è stata la prima volta in cui il MUOS è stato utilizzato durante lo
svolgimento di esercitazioni del governo Usa. Da oggi, grazie al MUOS, gli
utenti potranno comunicare in tutto il globo utilizzando un apparato radio, senza
dover modificare di volta in volta le modalità di trasmissione a causa delle
differenti aree di copertura. Il MUOS accresce enormemente il potenziale operativo
dei suoi utenti mobili, non solo nei tradizionali teatri operativi, ma anche nei
punti più lontani del pianeta”.
L’espansione dell’area coperta
dalle trasmissioni nei mari del Nord arriva in un periodo storico
caratterizzato da forti tensioni tra Stati Uniti, Canada, Russia e diversi
paesi europei per il controllo e la “colonizzazione” delle regioni polari. “Nell’Oceano
Artico, la richiesta di consistenti servizi di trasmissione di messaggi in voce
e dati non potrà che aumentare”, spiega Paul Scearce. “In quest’area geografica
si stanno sperimentando sempre maggiori attività di navigazione, turistiche e
di sfruttamento delle risorse naturali che, presumibilmente condurranno anche ad
una crescita delle richieste di ricerca e salvataggio. Il MUOS ci consente di
esserci ed operare con successo. Ma anche l’Antartide dovrebbe fornire performance
e risultati similari a quelli sperimentati nell’Artico. Lockheed Martin ha in
programma di verificare presto anche in questa regione la potenza dei segnali del
MUOS”.
L’esercitazione ICEX ’14 prese
il via alla fine del 2013 con la predisposizione di specifici sensori da parte
dell’Arctic Submarine Laboratory di
US Navy e l’addestramento e la formazione del personale militare destinato al
Mar Glaciale Artico. La prima fase prettamente operativa iniziò il 17 marzo
2014 presso l’Ice Camp Nautilus, un accampamento realizzato a circa 100 km a
nord della Prudhoe Bay (Alaska) su una lastra di ghiaccio alla deriva nell’oceano.
Da allora, le antenne e i sistemi tecnologici avanzati dell’accampamento hanno assicurato
le telecomunicazioni con i due sottomarini a capacità e propulsione nucleare USS New Mexico (classe Virginia) e USS Hampton (classe Los Angeles) che nel
febbraio 2014 avevano lasciato le rispettive basi navali per raggiungere l’Artico
dall’Oceano Pacifico e dall’Atlantico. “La fase iniziale di ICEX 2014 ha
incluso anche la raccolta di dati ambientali e l’effettuazione di una serie di
test durante il trasferimento dei sottomarini verso il nord, monitorati dal
centro operativo di Camp Nautilus, dal Chief
of Naval Operations (OPNAV N97) Submarine Arctic Warfare Program e da un
gruppo di ufficiali delle forze armate di Stati Uniti e Canada”, riporta Il
Comando per le operazioni subacquee della Marina Usa. “La seconda fase di
ICEX 2014 ha visto le prove d’immersione ed emersione nel ghiaccio di uno dei
due sottomarini e l’attracco e la sosta in un banco di ghiaccio. In questa
fase, dal 17 al 27 marzo, il sistema satellitare MUOS ha operato per conto dell’Ice Camp Nautilus”.
L’esercitazione militare ICEX
si ripete ogni due ed ha come scopo centrale quello di testare il funzionamento dei sottomarini nucleari Usa
nel
Mar Glaciale Artico. Alle attività,
oltre ai militari e ai tecnici di COMSUBFOR e del l’Arctic
Submarine Laboratory, partecipano alcuni
ricercatori del laboratorio di fisica applicata dell’Università di Washington. “ICEX è importante per la nostra strategia marittima
perché ci consente in modo realistico di migliorare le nostre conoscenze e
operare in tutte le aree del pianeta”, ha dichiarato l’ammiraglio Gary Roughead,
già a capo delle operazioni navali Usa. “ICEX permette alla Marina di
effettuare una serie di test sui nostri sistemi di combattimento, di
navigazione e di comunicazione. Il patrimonio di conoscenze sulla natura
dinamica dell’Oceano Artico ottenuto con ICEX è socializzato al resto di US
Navy ed è utilizzato per far sì che le forze navali Usa continuino ad operare
in maniera eccellente nell’Artico e in altre aree geografiche caratterizzate da
difficilissime condizioni ambientali”.
“Operare
nell’Oceano Glaciale Artico è cosa diversa da ogni altra operazione marittima a
causa delle estreme, rigide e inesorabili condizioni naturali”, ha spiegato l’ammiraglio
Roughead. “La maggior parte delle sue acque è ricoperta da un denso spessore di
ghiacci per buona parte dell’anno ed è inaccessibile alle unità di superficie. Oltre
alle temperature estremamente basse, il continuo congelamento, scongelamento e
ricongelamento fa sì che la salinità e la densità delle acque dell’Artico siano
drasticamente differenti dai quelle degli altri oceani. Le attività di routine delle
nostre forze subacquee sono dunque molto più complesse sotto il ghiaccio. Le
operazioni d’identificazione in immersione, le esercitazioni con i siluri e quasi
tutte le funzioni sonar sono pesantemente condizionate dalla specificità dei profili
della velocità del suono che s’incontrano in questo ambiente imprevedibile”.
Sono sempre gli uomini di vertice
delle forze navali Usa a spiegare le vere
ragioni della pericolosa corsa militare ai ghiacciai del Polo Nord e all’Antartide
che vede contrapposti gli Stati Uniti d’America e le altre potenze mondiali. “L’Oceano Artico è una delle aree più importanti dal
punto di vista strategico per gli odierni e futuri leader militari e politici”,
ha aggiunto l’ammiraglio Roughead. “Questo oceano lambisce diverse nazioni e
serve come importantissima via di comunicazione marittima tra l’Atlantico e il Pacifico.
La capacità di operare in questa regione in ogni periodo dell’anno e in ogni
condizione atmosferica e ambientale è vitale per i nostri interessi nazionali e
consente agli Stati Uniti un accesso sicuro alle risorse naturali esistenti e a
tutte le aree operative marittime del mondo”.
“C’è un aspetto
per la sicurezza nazionale prioritario nel continuare a operare nel Mar
Glaciale Artico con i sottomarini nucleari di US Navy”, ha dichiarato il
comandante Greg Ott, vicedirettore per le operazioni di COMSUBFOR. “I
sommergibili sono le uniche unità statunitensi in grado di muoversi stabilmente
tra queste acque. Se poi un giorno i ghiacci si sciogliessero, l’Artico si
trasformerebbe in una linea di comunicazione marittima vitale per l’economia
mondiale. È dunque per noi importante che i nostri interessi vengano protetti”.
Commenti
Posta un commento