M come Messina, M come Massoneria
Il sovrintendente dell'Ear, l'ente che
controlla il teatro Vittorio Emanuele di Messina, ha fatto una confessione ai
ragazzi del Teatro Pinelli occupato: “Che nessuno si illuda che uno è messo
lì (per meriti), io non ho fatto un concorso, c'era qualcuno che mi tutelava”.
Paolo Magaudda, nel suo inspiegabile momento di confidenza, ha anche spiegato
che il “qualcuno” che lo ha portato al vertice dell'Ear ha un nome e un
cognome, ed è una delle personalità di spicco della politica italiana: Antonio
Martino. Messinese, ex ministro dell'Interno e degli Esteri, Martino è l'ultimo
di una genìa che ha dedicato tre generazioni alla politica: il nonno Antonino
fu più volte sindaco di Messina e il padre Gaetano fu ministro dell'Istruzione
pubblica e degli Affari esteri negli anni Cinquanta. La storia della famiglia
Martino è strettamente legata a quella di Messina. Ma lo è anche con quella
della massoneria, come spiega Antonio Mazzeo, giornalista e autore
nel 1992 del libro “Massoni”.
Le dichiarazioni del sovrintendente
Magaudda lasciano intendere che i posti di rilievo nella città non vengano
decisi sulla base del merito ma sulle raccomandazioni delle logge. Messina è
una città in mano alla massoneria?
Storicamente l'influenza della massoneria
sulla città ha radici molto profonde, che risalgono all'Ottocento e forse
addirittura al Settecento. Per parlare di fatti a noi più vicini, la massoneria
ha avuto un ruolo determinante nel dopoguerra, quando ha intrattenuto rapporti
con gli Stati Uniti per la ricostruzione.
Che ruolo ha avuto Gaetano Martino in
quelle vicende?
Fu imposto Rettore dell'Università di
Messina dall'establishment economico-militare statunitense, che era legato alla
massoneria. E proprio grazie all'Ateneo costruì l'aristocrazia messinese.
L'università ebbe così un ruolo di formazione e riproduzione del sistema
massone. Infatti la percentuale di fratelli nelle facoltà messinesi è superiore
rispetto a quella delle altre strutture italiane.
La massoneria gestiva posti di prestigio
nell'università?
Soprattutto nella facoltà di Medicina, che
è quella più importante sotto il profilo della gestione finanziaria, c'era una
grossa quantità di affiliati che avevano ruoli di rilievo. È impressionante
anche la forte presenza di massoni nelle strutture economiche della città.
Quando ho scritto “Massoni” ho potuto appurare che molti fratelli erano bancari
o militari.
Perché l'élite messinese entrava nella
massoneria?
Negli anni Cinquanta molti si affiliavano
per far carriera, come ad esempio i militari, altri erano attratti dal
principio del reciproco aiuto fra fratelli. Ma la massoneria oggi è anche un
sistema che determina alleanze e gestisce le dinamiche di potere. Si passa da
utilità di piccolo calibro, come ottenere un mutuo anche quando a un cittadino
comune non sarebbe concesso perché il direttore della banca è confratello, al
controllo dell'azione di governo del territorio.
Il Sovrintendente Magaudda ha paragonato
la massoneria a un Rotary Club. C'è un legame fra i club e le logge?
C'è una linea di continuità
fra le due strutture. Entrambe hanno in comune il principio del sostegno
reciproco fra gli iscritti, quindi credo che quella di Magaudda sia
un'interpretazione corretta. Il problema della massoneria è che il confine tra
il bene e il male è molto labile. Basti pensare che Antonio Martino negli anni
Settanta chiese di essere iscritto alla P2 di Licio Gelli, che in seguito è
stata dichiarata illegale. È un'enorme area grigia, una rete potentissima
capace di controllare e indirizzare le grandi scelte. Credo che anche il
governo dei tecnici di Monti abbia molto da ringraziare a questa rete di
potere.
Intervista a cura di Ilenia Raffaele pubblicata il 16 gennaio 2013 in Sud, giornalismo d'inchiesta, http://www.sudpress.it/sud/m-come-messina-m-come-massoneria
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