Muos, un sorriso ti seppellirà
Oscurati dai media e maltrattati durante presidi e manifestazioni, ecco come è nato il movimento popolato dai tanti Davide che stanno sfidando il Golia statunitense. E che non mollano la presa. La lotta in rete e sul campo contro l'impianto di Niscemi.
“Il ministro Di Paola ha
dichiarato che sul MUOS andrà avanti senza ripensamenti, ma noi non ci facciamo
intimidire e continuiamo a presidiare la base di Niscemi e bloccare i camion e
le imprese che lavorano all’impianto di morte”. Andrea, Elvira ed Edoardo. Tre
storie diverse. avvocato il primo, impiegata lei, pittore e artista il terzo. Inseparabili
animatori delle campagne contro l’installazione all’interno della riserva
naturale “Sughereta” di uno dei quattro terminali terrestri del nuovo sistema di
telecomunicazione satellitare della Marina Usa. Da due mesi si alternano con
altri cento giovani, i ragazzi di Niscemi,
al Presidio No Muos di contrada Apa.
Giorno e notte. Tutti i giorni e tutte le notti.
Metà laboratorio di lotte e mobilitazioni
e metà centro di aggregazione socioculturale, il Presidio è una spina nel
fianco di Washington e dei signori delle guerre di casa nostra. Per spazzarlo
via l’ambasciatore Usa in Italia, David Thorne, il diplomatico che ha
inginocchiato Raffaele Lombardo all’altare del MUOS, si è recato il 21 dicembre
scorso al Viminale per invocare l’intervento della forza pubblica.
Loro, i ragazzi di Niscemi, le manganellate degli agenti antisommossa all’alba
dell’11 gennaio le hanno ancora impresse nelle schiene e nelle braccia, ma
continuano instancabili con i blocchi e i sit-in nelle trazzere che conducano
al sito militare. Non li ha piegati neppure il violento nubifragio che qualche
sera fa ha devastato le tende del Presidio. Un paio di giorni di duro lavoro e
il campo dei cento David è pronto a fare il muso duro alle selve di antenne del
Golia planetario. Niscemi come Vicenza e la val di Susa, l’azione diretta e la
disobbedienza civile per impedire le guerre e la distruzione dei territori e
dell’ambiente. Ma Niscemi non è Vicenza né la val di Susa, è luogo di mafie,
disoccupazione ed emarginazione politica e giovanile e forse per questo ciò che
accade è ancora più bello e straordinario. E fa riempire d’orgoglio di esistere
ed essere siciliani.
L’estate del 2011 per il MUOS sembrava
cosa fatta. L’1 giugno la Regione aveva autorizzato i lavori, esautorando il
Comune di Niscemi e tradendo gli impegni assunti con la popolazione che aveva
ripetutamente manifestato compatta contro il progetto militare. La delega in
bianco ai politici e agli amministratori aveva indebolito il fronte di lotta,
la gente si sentiva frustata, svenduta, tradita. “Nulla si può contro la
volontà di Roma e del Pentagono” pensavano i più. Non però i fuori sede tornati
per le vacanze estive e i coetanei rimasti a Niscemi a recuperare qualche euro
nella raccolta dei carciofi o servendo ai tavoli di bar e pizzerie. Bisognava
resistere, resistere e comunque resistere. Forse per ingenuità si rivolgono ai
vescovi siciliani. “Aiutateci a difendere il diritto alla salute e alla vita di
migliaia di persone”, scrivono in una lettera. Non gli risponde nessuno e 50
coppie di fidanzati decidono di rinunciare al matrimonio e ad indire perfino lo
sciopero della procreazione. “Non
daremo alla luce i figli che saranno contaminati e divorati dal mostro
elettromagnetico”, annunciano. Per poi sfilare, tutti, in abiti da sposi, sino
al cancello centrale della base a microonde.
Il corteo rompe il black-out
mediatico delle grandi reti televisive, dando visibilità e sviluppando nuove
energie. Si apre la nuova stagione dei No MUOS, finalmente autogestita e senza
più deleghe e protagonismi individuali. Un pullman raggiunge Palermo per manifestare
davanti a Palazzo d’Orleans; poi una decina di ragazze -befane si recano a
consegnare chili di carbone ai militari Usa, un gelido 6 gennaio 2012. E a
macchia d’olio la protesta si allarga, prima ai Comuni limitrofi, poi a tutta
la Sicilia. I social network scoprono Niscemi e suoi ragazzi, gruppi musicali
chiedono di suonare gratuitamente nelle piazze dell’isola contro il MUOS e
perfino la Carovana internazionale antimafie fa tappa davanti alla collina
dello scempio dove un’impresa in odor di mafia, impunemente, ha realizzato le
piattaforme di cemento per le tre maxi-antenne satellitari.
A settembre, sindaci e No Muos
impongono ai Palazzi romani di essere ascoltati. Due interventi, il primo in
Commissione difesa della camera dei deputati, il secondo nel Comitato
sull’uranio impoverito del Senato. Mai il parlamento italiano aveva affrontato
e discusso sul nuovo sistema di guerra. La sovranità non appartiene più al
popolo né ai suoi rappresentanti. Dopo l’autocritica, all’unanimità, vengono
approvate due mozioni che chiedono al governo la sospensione dei lavori e la
revoca delle autorizzazioni del MUOS. Lo farà pure l’Ars, anch’essa senza
riscontri, prima del suo scioglimento in autunno. Fuori tempo massimo, dopo
aver taciuto di fronte alle evoluzioni pro-MUOS del governatore Lombardo.
Si documentano i crimini ambientali commessi ai danni
della Riserva e la Procura di Caltagirone apre un’inchiesta. Il 6 ottobre 2012,
prima volta nella storia dell’Italia repubblicana, i giudici ordinano il
sequestro dei cantieri del MUOS. Uno schiaffo ai potenti alleati d’oltreoceano
a cui ci mette una pezza l’avvocatura dello Stato che in meno di 20 giorni ottiene
dal Tribunale di Catania che vengano tolti i sigilli agli impianti. Da allora
le ragazze e i ragazzi di Niscemi hanno dovuto mettersi in gioco in prima
persona, offrendo volti, sorrisi, corpi. E rabbia, suoni e colori. Gioie e dolori.
Per impedire il completamento dei lavori. Con le casseruole, i fischietti e le
trombe disturbano nelle notti d’inverno i sogni dei moderni guerrieri a stelle
e strisce. Beccandosi intimidazioni, denunce e botte da orbi. Ma dignità, pace
e salute non hanno prezzo.
Articolo pubblicato in Centonove, anno XX n. 2, 18 gennaio 2013
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