Italia-Egitto. Letta e il PD scoprono ora il dittatore El Sisi
L’ordine generale è di
diversificare origini e fonti di approvvigionamento energetico per non dover
dipendere più dall’orso russo dopo la brutale aggressione all’Ucraina.
Così uomini di governo e manager dell’ENI, il colosso di proprietà al 30%
dello Stato italiano, stanno intensificando viaggi e contatti nei principali
paesi produttori di idrocarburi, in Africa e in Medio oriente. Qualche mal di
pancia alle forze politiche di centrosinistra l’ha provocato la notizia di un
accordo sul gas con l’Egitto del dittatore Al-Sisi, quasi in contemporanea con
l’ennesimo stop al procedimento penale contro i presunti responsabili della
morte del giovane ricercatore Giulio Regeni, per l’indisponibilità a fornire qualsivoglia
collaborazione ai giudici italiani da parte delle autorità del Cairo. Il
segretario del Pd Enrico Letta ha espresso “moltissimi dubbi” sulle future
forniture di gas egiziano all’ENI perché “la vicenda Regeni è un simbolo della
necessità di difendere i diritti umani e di fare giustizia” e “il nostro governo
deve essere molto più forte ed esigente nei confronti degli egiziani”. (1)
Letta sembra aver scoperto solo oggi gli affari
dell’holding dell’energia all’ombra delle piramidi. Sarebbe bastata un’occhiata
ai bilanci e alle note stampa ENI per verificare che quello odierno è però solo
uno degli innumerevoli contratti stipulati nel paese nordafricano dopo il
presunto raffreddamento delle
relazioni diplomatiche, economiche e militari tra Roma e il Cairo per i
depistaggi egiziani nelle indagini sull’omicidio di Giulio Regeni. Al
segretario del partito democratico sembra siano sfuggite pure le frequenti
visite in Egitto del potente amministratore delegato Claudio Descalzi e dei manager
ENI, alcune delle quali conclusesi con fraterni tete-a-tete con il presidente Al-Sisi. In verità più che a
diversificare, il governo Draghi sembra essere intenzionato ad aumentare i
volumi delle importazioni di gas e petrolio dai consolidati partner strategici,
Egitto in testa. E in quanto alla cattiva
Russia, come vedremo, al di là delle narrazioni main stream, la “nuova”
campagna ENI in territorio egiziano ripropone certo pragmatismo e certa ipocrisia
del modello politico industriale italiano.
L’ultimo atto dell’egyptian
connection si è consumato al Cairo lo scorso 13 aprile quando il direttore generale
di ENI, Guido Brusco, e il presidente di EGAS, l’holding statale egiziana del
settore gas hanno firmato un accordo
quadro per “massimizzare” le esportazioni di GNL (gas naturale liquefatto).
“Questo accordo mira a promuovere l’esportazione di gas egiziano verso l’Europa,
e in particolare verso l’Italia, nel contesto della transizione verso un’economia
a basse emissioni di carbonio”, riporta la nota dell’ufficio stampa ENI. “Le
parti hanno convenuto di valorizzare le riserve di gas egiziane aumentando le
attività gestite congiuntamente. ENI ottimizzerà inoltre le campagne
esplorative nei blocchi esistenti e nelle aree di nuova acquisizione nelle
regioni del Delta del Nilo, del Mediterraneo Orientale e del Deserto Occidentale”.
Il gruppo italiano punta ad ottenere entro la fine del 2022 forniture di GNL
per volumi complessivi fino a tre miliardi di metri cubi. (2)
Nella
stessa giornata del 13 aprile l’ENI ha reso noto la scoperta di nuovi
giacimenti di olio e gas nella concessione di Meleiha, nel Deserto Occidentale,
per circa 8.500 barili/giorno di olio equivalente. Nello specifico gli
idrocarburi sarebbero stati individuati in tre pozzi (Nada, Meleiha SE ed Deep
Emry) nelle formazioni di Alam El Bueib, Khatatba e Matruh. (3)
Altre importanti scoperte di olio e gas nel deserto erano
state ufficializzate il 26 ottobre
2021, ancora una volta a Meleiha (pozzi Jasmine nelle formazioni Khatatba e Alam El Bueib) e nella
concessione “sorella” di Meleiha Sud Ovest (un pozzo in località Bahariya), a
circa 130 chilometri a nord dell’oasi di Siwa. Complessivamente le risorse di
queste tre scoperte consentirebbero forniture di 6.300 barili di olio leggero e
200.000 metri cubi di gas associato al giorno.
Nella concessione di Meleiha Sud Ovest, in un’area di 3.013
km², l’ENI detiene il 100% di partecipazione come contractor group attraverso la propria consociata IEOC (International
Egyptian Oil Company). Gli idrocarburi estratti vengono poi trasportati e trattati
nell’impianto di Melehia dell’Agiba Petroleum Company, altra società detenuta
pariteticamente da ENI-IEOC e dalla compagnia petrolifera di stato egiziana
EGPC (Egyptian General Petroleum Corporation). Nella concessione di Meleiha, l’ENI
- ancora attraverso IEOC - detiene il 76% di partecipazione mentre il rimanente
24% è in mano alla compagnia privata russa Lukoil. “IEOC e Lukoil costituiscono
il contractor group della concessione
in cui la Egyptian General Petroleum Corporation partecipa per conto del governo
egiziano”, specifica l’holding italiana. (4)
L’aggressione e i bombardamenti delle forze armate di
Mosca in Ucraina non hanno minimante scalfito la partnership di ENI con quella
che è la seconda società petrolifera in Russia per fatturato annuo (oltre 50
miliardi di dollari) e il cui amministratore delegato è il magnate Vagit Alekperov, notoriamente
legato al presidente Vladimir Putin. Meno di un anno fa, il 15 giugno 2021, i
manager del gruppo italiano hanno anche firmato con Lukoil e con l’Egyptian
General Petroleum Corporation un accordo per “l’unione e l’estensione al 2036,
con la possibilità di ulteriore prolungamento al 2041”, delle concessioni nel
Deserto Occidentale egiziano. “L’accordo permetterà di valorizzare, attraverso
condizioni contrattuali migliorative, le considerevoli risorse dell’area,
aggiungendo nuovo potenziale esplorativo grazie ad una campagna di acquisizione
sismica ad alta risoluzione e alla perforazione di pozzi esplorativi e di
sviluppo”, enfatizza la nota emessa da ENI per l’occasione. “La costruzione di un nuovo impianto di trattamento del
gas, che sarà connesso al Western Desert
Gas Complex di Alessandria d’Egitto, offrirà inoltre la possibilità di
valorizzare ulteriormente le riserve di gas della regione, rafforzando il ruolo
di ENI come maggior produttore di gas in Egitto”. (5) Una leadership, dunque,
che si è consolidata grazie alla collaborazione con l’holding in mano agli
oligarchi di Madre Russia.
All’espansione dei profitti del colosso energetico italiano
in territorio egiziano un contributo chiave è stato fornito inoltre dall’uomo
forte del Cairo, Abdel Fattah Al-Sisi. Risale allo scorso 31 marzo
l’ultimo vertice (il quarto a partire del 2020) tra l’amministratore delegato di ENI, Claudio Descalzi, e il colonnello-presidente
della Repubblica Araba d’Egitto. “All’incontro era presente anche il
ministro del Petrolio e delle risorse minerarie Tarek El-Molla”, riferisce
l’ufficio stampa del gruppo. “In particolare si è affrontato il tema della
produzione di gas naturale e dell’esportazione di GNL. Le parti hanno condiviso
la visione dell’Egitto di diventare un hub regionale per il gas, facendo leva
sugli impianti GNL esistenti. ENI produce oggi circa l’80% del gas destinato al
mercato domestico per la generazione di elettricità. L’azienda è impegnata a
sostenere la produzione locale attraverso una ambiziosa campagna esplorativa e
di sviluppo, che andrà anche a contribuire all’export attraverso l’impianto di
liquefazione di Damietta, riavviato con successo nel 2021, contribuendo a
restituire all’Egitto il ruolo di esportatore netto di GNL”. (6)
La riapertura nella città di Damietta (delta del Nilo)
del polo per la produzione di gas naturale liquefatto destinato all’export,
dopo uno stop durato otto anni, è stata sancita con l’accordo stipulato l’1 dicembre 2020 tra il colosso italiano e due grandi aziende pubbliche egiziane, l’Egyptian
General Petroleum Corporation e l’Egyptian Natural Gas Holding Company (EGAS). L’impianto ha una
capacità di 7,56 miliardi di metri cubi di gas all’anno ed è di proprietà della
SEGAS, società partecipata dalle due holding egiziane e dall’ENI attraverso
l’Union Fenosa Gas (joint venture tra il gruppo italiano e la spagnola Naturgy
Energy SA). Grazie a Damietta, l’ENI ha rafforzato la propria presenza nel
Mediterraneo orientale, “una regione chiave per l’approvvigionamento di gas
naturale, risorsa fondamentale per la transizione energetica”. “L’ENI –
aggiunge il management - subentra infine nel contratto di acquisto del gas
naturale destinato all’impianto e riceverà i diritti di liquefazione
corrispondenti, aumentando così i volumi di GNL in portafoglio di 3,78 miliardi
di metri cubi all’anno, che saranno disponibili senza restrizioni di
destinazione”. Contestualmente la partecipazione in Union Fenosa Gas ha consentito
ad ENI di fare ingresso nella commercializzazione di gas naturale in Spagna.
(7) Nel luglio 2021, ancora a
Damietta, il gruppo italiano in partnership con l’Egyptian Electricity
Holding Company (EEHC) ed EGAS ha avviato un programma finalizzato alla generazione
di idrogeno decarbonizzato, associato a un progetto di cattura e stoccaggio
della CO2 e produzione di
ammoniaca blu. (8)
L’ENI è presente in Egitto
dal lontano 1954 e attualmente opera nell’esplorazione e nella produzione
petrolifera, nella raffinazione, nell’estrazione del gas e nella chimica. La produzione petrolifera annuale è valutata in 27
milioni di barili; quella di gas in 15,6 miliardi di m³, mentre la produzione
di idrocarburi è di 129 milioni di barili. A
fine 2020 la transnazionale con quartier generale a San Donato Milanese (Milano)
ha reso noto la scoperta di gas in un pozzo esplorativo nelle
acque convenzionali del Delta del Nilo, in un’area denominata come “Great
Nooros”, a circa 5 chilometri dalla costa e a
4 chilometri a nord del campo estrattivo di Nooros, scoperto nel luglio 2015. Le
attività estrattive sono state avviata dalla società IEOC Production BW con
sede a New Cairo, controllata ENI, insieme al colosso britannico BP e in
coordinamento con l’Egyptian Petroleum Sector. IEOC detiene il 75% di interesse
nella concessione, mentre BP il restante 25%. La licenza è operata invece da
Petrobel, una joint venture paritetica tra IEOC Production e la compagnia di stato
egiziana EGPC.
Ancora nelle acque della fragilissima regione
socio-ambientale del Delta del Nilo, nel settembre 2019 l’ENI ha avviato la
produzione del giacimento a gas di Baltim South West, anche stavolta in joint
venture con la transnazionale BP. La produzione avviene da una piattaforma
offshore collegata all’impianto a terra di Abu Madi, attraverso un gasdotto
lungo 44 chilometri. Un secondo blocco esplorativo poco a sud ovest, denominato
“West Sherbean” e la cui superficie è di 1.535 km², è stato assegnato dalle
autorità egiziane ad ENI-BP il 15 febbraio 2019, qualche mese dopo un’altra
licenza esplorativa onshore nel Delta, quella di El Qar’a di 64 km2.
Questa concessione è in mano al consorzio composto da IEOC–ENI (37,5%), BP
(12,5%) ed Egyptian General Petroleum Corporation (50%).
Perforazioni
in acque profonde e attività esplorative sono in corso nel Mar Mediterraneo a
circa 50 chilometri a nord della penisola del Sinai in un’area di 739 km2 (blocco
Nour). Della concessione gli
operatori sono l’ENI con una quota del 40%, BP con il 25%, la Mubadala
Petroleum (una controllata di Mubadala Investment Company, compagnia di investimenti
statale degli Emirati Arabi Uniti) con il 20%, mentre Tharwa Petroleum Company
(compagnia statale egiziana) con il restante 15%.
A
190 km a nord della città di Porto Said, il gruppo italiano sta estraendo gas
da uno dei maggiori giacimenti offshore di tutto il Mediterraneo, noto come “Zohr”,
con una produzione di circa 200 mila barili di olio equivalente al giorno. La
concessione del blocco vede accanto all’ENI (attraverso la controllata IEOC
Production BW con la quota di
partecipazione del 50%), ancora i britannici di BP e gli emiratini di Mubadala
Petroleum (entrambe con il 10%) e – per il restante 30% - la compagnia petrolifera Rosneft
controllata in buona parte dal governo della Federazione Russa. (9) Rosneft
opera nell’estrazione, raffinazione, esportazione, distribuzione e vendita di
petrolio e gas naturale e vanta fatturati annui superiori ai 110 miliardi di
dollari.
Dopo l’aggressione di Mosca
all’Ucraina, i governi di Stati Uniti e Unione europea hanno dichiarato l’intenzione
di porre sotto embargo la grande azienda petrolifera; ad inizio aprile BP ha
ceduto la quota del 19,75% posseduta in Rosneft, ma non risulta ad oggi che le sue
esplorazioni effettuate in Egitto con ENI e i britannici siano state sospese o
comunque ridimensionate. Sempre nel deserto
egiziano, l’ENI ha avviato una campagna di perforazione in un’area di 104 km2
nella zona di concessione di Ras Qattara, ottenuta congiuntamente alla
compagnia petrolifera di stato croata INA.
A
inizio 2022 ENI si è pure aggiudicata cinque nuove licenze esplorative situate nell’offshore
e onshore egiziano, in prossimità dei propri impianti di produzione. Due licenze
si trovano nel Mediterraneo orientale, una nel Golfo di Suez e due nel Deserto
Occidentale con una superficie totale di circa 8.410 kmq.. Le attività di
ricerca verranno svolte dalla propria consociata consociata IEOC (blocchi Egy-Gos-13 ed Egy-Wd-9) o in partnership al 50% con BP (blocchi Egy-Med-E5 ed E6) e con Apex International Energy (Egy-Wd-7), società petrolifera privata quest’ultima, con quartier
generale al Cairo ma controllata dal fondo d’investimento londinese “Bluewater”. (10)
In
aggiunta ai progetti di gas, petrolio e idrogeno, il gruppo italiano punta pure
allo sviluppo in Egitto di impianti fotovoltaici “per scopi civili di svariati
GW”, tema sviluppato in particolare nel corso dell’ultimo vertice con il
presidente Al-Sisi del 31 marzo scorso. Da quando è alla guida della Repubblica
Araba d’Egitto dopo il golpe militare del luglio 2013, il colonnello-presidente
Abdel Fattah Al-Sisi segue in prima persona tutti i più importanti programmi di
sviluppo energetico del paese. Buona parte delle “antiche” concessioni estrattive
ENI sono state prorogate fino alla fine del 2030 dopo la missione al Cairo
dell’amministratore delegato Claudio Descalzi, il 4 gennaio 2017, suggellata
con il vertice con il dittatore. “L’incontro è stato
l’occasione per analizzare l’ampia attività svolta da ENI in Egitto, con un
investimento complessivo nel paese per il 2016 pari a 2,7 miliardi di dollari”,
si legge nella nota emessa dall’holding italiana. “L’Ad Descalzi e il
Presidente Al-Sisi hanno esaminato l’andamento delle attività di sviluppo del
giacimento di Zohr (quello che vede operare in partnership ENI, BP, Mubadala Petroleum e i russi di Rosneft, nda) e l’avvio della produzione è confermato alla fine del 2017 (…)
Inoltre, Descalzi e il Presidente Al-Sisi hanno discusso delle future attività
esplorative di ENI in Egitto, tra cui i due nuovi accordi di concessione per i
blocchi di North El Hammad e di North Ras El Esh, siglati il 27 dicembre
2016 in seguito alla gara internazionale di EGAS del 2015”. (11)
Un anno prima del vertice
ENI/Al-Sisi, Giulio Regeni era stato sequestrato, torturato e barbaramente
massacrato al Cairo. E per tutto il 2016 l’infernale macchina
militare-poliziesca del regime aveva macinato le piste false e i depistaggi che
hanno assicurato fino ad oggi l’impunità totale ai mandanti e agli esecutori
dell’omicidio.
Note:
(4) https://www.eni.com/it-IT/media/news/2021/10/eni-dog.html
(9) https://www.eni.com/en-IT/operations/egypt-zohr.html
Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 20 aprile 2022, https://pagineesteri.it/2022/04/20/primo-piano/italia-egitto-letta-e-il-pd-scoprono-ora-il-dittatore-el-sisi/
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