Cooperazione Italia-Egitto. Spunta pure la pista siciliana…

 


Cinque giorni di tour in Italia, prima Roma e poi Catania, dal 2 al 6 luglio 2018. Un viaggio premio per undici “ufficiali d’alto rango” del ministero dell’Interno, della Procura Generale del ministero della Giustizia e dell’Autorità di Controllo amministrativo della Repubblica Araba d‘Egitto, organizzato e finanziato da UNODC (l’agenzia delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine) e dal Viminale. “Una visita di studio per dare ai partecipanti egiziani una conoscenza sulle risposte istituzionali italiane al traffico di migranti e rafforzare la cooperazione tra Italia ed Egitto per contrastare il crimine”, riporta la nota dell’agenzia Onu.

Il 2018 è stato un anno chiave nel rafforzamento delle relazioni diplomatiche e militar-sicuritarie tra il regime del dittatore al-Sisi e l’Italia, nonostante l’escalation repressiva in Egitto, gli assassinii e le sparizioni forzate di centinaia di oppositori e i depistaggi sulla morte del ricercatore Giulio Regeni orditi dalle autorità di polizia e dai magistrati del Cairo. Al tempo le famigerate forze di polizia egiziane erano ospitate nelle più importanti scuole di formazione della Polizia di Stato, prima fra tutte quelle di Abbasanta-Oristano (utilizzata dalle teste di cuoio dei NOCS), per l’addestramento in operazioni di pronto intervento e controllo dell’ordine pubblico. E proprio nel 2018 prendeva il via nell’Accademia di polizia del Cairo il progetto ITEPA, cofinanziato dall’Unione europea e dal ministero dell’Interno italiano, per la formazione delle polizie di frontiera egiziane e di altri paesi africani nel contrasto dei flussi migratori in Africa e nel Mediterraneo.

“I delegati egiziani sono stati informati in modo intensivo sui recenti trend dei flussi migratori verso l’Italia e l’Europa e sul quadro legislativo italiano, così come sugli approcci e sulle tecniche investigative per contrastare il crimine organizzato, specie il traffico di migranti e delle persone, e come questi due crimini possono essere strettamente interconnessi”, aggiungevano i funzionari dell’Ufficio regionale per il Medio Oriente e il Nord Africa di UNODC nel comunicato emesso a conclusione del tour sulla rotta Roma-Catania. “Sono state realizzate sessioni informative non solo su aspetti di giustizia criminale, ma anche sulle operazioni di ricerca e soccorso, sulle procedure per lo sbarco dei migranti, sull’assistenza umanitaria, sugli accordi di rientro e riammissione, sui programmi di supporto e protezione delle vittime di traffico. Sono stati trattati anche altri temi come ad esempio le tecniche per l’identificazione delle persone trafficate nell’ambito dei diversi flussi migratori, le relazioni esistenti tra il sistema di protezione d’asilo e i programmi per le persone trafficate, ecc.”.

Variegata la lista delle istituzioni italiane visitate dagli undici alti ufficiali del regime di Al-Sisi: alcuni importanti enti del ministero dell’Interno (la direzione di Pubblica Sicurezza, quella per l’Immigrazione e la Polizia di frontiera, il Centro nazionale per il Coordinamento dell’Immigrazione della Polizia di Stato “Roberto Iavarone”, il dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione);  la Direzione nazionale anti-mafia e anti-terrorismo; il dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri; il comando generale della Polizia di Stato. In Sicilia orientale gli egiziani sono stati invece ospiti della Procura generale della Repubblica e dei rappresentanti delle agenzie Ue Frontex ed EASO (l’ufficio europeo di sostegno per l’asilo), di Europol e della meno nota European Regional Task Force (EURTF), costituita semi-clandestinamente a Catania nell’aprile 2016 dal Commissario Ue per la Migrazione e gli Affari interni “per assistere le autorità italiane e operare quale piattaforma di cooperazione tra i diversi gruppi di esperti delle agenize Ue coinvolte nel sistema basato sugli hotspot, tra cui Frontex, EASO, Europol e Eurojust”.

Cinismo collettivo contro i migranti

“Al porto di Catania sono stati organizzati briefing da parte delle unità di Polizia responsabili degli sbarchi di migranti e da parte della Guardia di Finanza e della Guardia costiera italiana”, riportava UNODC. “La delegazione egiziana ha avuto infine l’opportunità di visitare una struttura protetta in cui sono ospitati minori stranieri non accompagnati vittime di tratta, per ricevere informazioni sulle misure di assistenza a favore delle vittime del traffico in Italia”. “A conclusione della visita - concludeva l’agenzia Onu - i rappresentanti di tutte le istituzioni egiziane hanno espresso la loro gratitudine al ministero dell’Interno italiano per il programma proposto e per l’impeccabile organizzazione dei meeting, e a UNODC per aver reso possibile la visita nell’ambito del programma 2015-2019 Global Action to Prevent and Address Trafficking in Persons and the Smuggling of Migrants (Glo.Act)”.

Finanziato con 11 milioni di euro da UNODC e dall’Unione europea e realizzato anche grazie all’Organizzazione internazionale per le migrazioni (IOM) ed UNICEF, Glo.Act ha fornito assistenza ai governi e alle organizzazioni della società civile di 13 paesi nella “prevenzione e lotta al traffico di migranti”. L’elenco dei paesi beneficiari - oltre all’Egitto, Bielorussia, Brasile, Colombia, Kyrgyzstan, Laos, Mali, Marocco, Nepal, Niger, Pakistan, Sud Africa, Ucraina - evidenzia il cinismo e l’ipocrisia delle maggiori istituzioni internazionali, pronte a sacrificare libertà, giustizia e diritti umani in nome del “contrasto” ai migranti e alle migrazioni. Sempre UNODC, agenzia che gode soprattutto del sostegno finanziario italiano, ad esempio, non ha avuto remore a sottoscrivere il 15 ottobre 2018 un accordo di cooperazione con il regime egiziano “per combattere alcuni crimini legati al terrorismo, al traffico di migranti e degli stupefacenti, alla cyber security e contro la violenza sui minori”. Un indigeribile e indegno patto-minestrone che ha legittimato il sanguinario dittatore del Cairo e i suoi peggiori aguzzini.

Altrettanto ciniche e opportuniste pure alcune delle istituzioni locali siciliane che in barba alle proteste di migliaia di cittadini dell’Isola contro i crimini delle autorità egiziane e alle azioni di solidarietà con la famiglia di Giulio Regeni, sceglievano di rafforzare la cooperazione economica e culturale con il regime nordafricano. Il 12 luglio 2019, ancora una volta a Catania, veniva siglato finanche un patto di gemellaggio tra il capoluogo etneo e la città di Alessandria d’Egitto: a firmarlo il sindaco Salvo Pogliese e il governatore della regione alessandrina Abdel Aziz Konsowa, presenti pure il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, e l’ambasciatore della Repubblica araba d’Egitto in Italia, Hisham Badr. Punti cardine dell’accordo, “l’avvio di regolari collaborazioni di attività culturali per rafforzare il rapporto di amicizia tra le due città, nonché la promozione di scambi turistici con le compagnie crocieristiche, l’innovazione delle piccole e medie imprese, lo sviluppo delle infrastrutture portuali, lo scambio di know-how e progetti d’investimento congiunto in materia di pesca e la creazione di una sezione del museo Egizio a Catania”.

Mummie in cambio di affari siciliani

A sancire l’unanimismo della borghesia etnea a favore dell’ignobile accordo, il lungo elenco degli intervenuti alla cerimonia: il deputato regionale Gaetano Galvagno (Fratelli d’Italia); l’assessore alla cultura Barbara Mirabella; il presidente del Consiglio comunale Giuseppe Castiglione; la viceprefetta Liliana Pulvirenti; il presidente di Confindustria Antonello Biriaco; il direttore dello stabilimento STM Francesco Caizzone; il presidente Ersu Alessandro Cappellani; la direttrice dell’Archivio di Stato Anna Maria Iozzia; il dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale Emilio Grasso; la presidentessa del CNA Floriana Franceschini; il direttore del quotidiano La Sicilia Antonello Piraneo; Salvatore Contraffatto e Claudia Fuccio, rispettivamente presidente e direttrice della Compagnia delle Opere per la Sicilia orientale; il direttore di Lega Coop Giuseppe Giansiracusa; gli immancabili rappresentanti dell’Autorità Portuale, della Guardia di Finanza e dell’Arma dei Carabinieri.

Il giorno dopo (13 luglio), gli illustri ospiti egiziani si trasferivano invece a Ragusa per presiedere alla commemorazione del condottiero siculo-egiziano Jawhar Al Siqilli, nato in territorio ibleo nel 919 e fondatore della città del Cairo, voluta dall’amministrazione comunale iblea guidata dal sindaco Peppe Cassì, e dagli stessi promotori del gemellaggio Catania-Alessandria d’Egitto, il cav. Eugenio Benedetti Gaglio e il dott. Giuseppe Gennarino, il primo presidente della Fondazione S.I.B. - Società Italiana Beneficenza, il secondo suo rappresentante nel capoluogo etneo. Con sede legale a Roma e un capitale sociale di 10.000 euro, la fondazione ha come fine quello di “promuovere la qualificazione e la formazione di operatori e tecnici del settore psichiatrico e psicosociale”. Dal sito internet di S.I.B. è possibile evincere che i soci fondatori sono Eugenio Maria Benedetti e Azzurra Benedetti “la cui descrizione biografica è in arrivo a breve”, stretti congiunti dell’anziano cavaliere presidente. “Eugenio Benedetti Gaglio che si definisce imprenditore e filantropo, ha da sempre legami con l’Egitto, dove collabora con la Società Italiana Beneficenza, istituita al Cairo nel 1864”, ha scritto per I Siciliani il giornalista Matteo Iannitti. “Fu il prozio a fondare tramite la S.I.B. nel 1903 l’Ospedale Umberto I° della capitale egiziana, proprio l’ospedale dove fu portato il corpo di Giulio Regeni trovato in strada. Adesso il gemellaggio tra la città natale di Benedetti e il Paese dei suoi interessi ha importanza nazionale, stempera i toni della vicenda Regeni e tenta di normalizzare i rapporti tra le nazioni. L’ambasciatore egiziano è sempre più spesso a Catania per questo. Al Sindaco e alla città di Catania rimane ben poco. Le solite promesse di rapporti commerciali, qualche millantato introito turistico e qualche mummia, sì, perché anche Pogliese come il suo predecessore Enzo Bianco, si è fissato con questa idea del museo egizio. Qualche mummia in cambio della dignità della città, che avrebbe dovuto solo chiedere all’ambasciatore verità, giustizia e libertà per il popolo egiziano”.

Voce fuori dal coro quella de I Siciliani, in una città incapace di esprimere qualsivoglia forma di indignazione per l’infausto accordo di cooperazione che pure era stato annunciato e enfatizzato da diversi mesi. Il 27 novembre 2018, AnsaMed aveva riferito di una tavola rotonda tenutasi al Cairo il 3 febbraio dello stesso anno, presenti autorità egiziane e non meglio specificati “imprenditori privati e personalità pubbliche catanesi”. “La conferenza organizzata da Eugenio Benedetti Gaglio ha contribuito al rilancio dei rapporti fra Egitto e Italia e ha dato impulso al gemellaggio tra le città di Catania e di Alessandria d’Egitto, di cui si è fatto sponsor l’Ambasciatore in Italia Hisham Badr, in occasione della sua prima visita a Catania”, concludeva AnsaMed.

Il diplomatico egiziano era stato in missione ufficiale in Sicilia i primi di novembre 2018. Oltre a incontrare il sindaco etneo Salvo Pogliese, Hisham Badr aveva visitato la città di Agrigento per partecipare alla commemorazione del medico Empedocle Nestore Gaglio, fondatore dell’ospedale Umberto I° al Cairo. “Ad accompagnare l’Ambasciatore anche il pronipote del medico Eugenio Benedetti Gaglio e consorte”, riportano le cronache. Il 9 marzo 2019 Hisham Badr faceva ritorno ad Agrigento per intervenire al convegno Festival del Mandorlo in Fiore come veicolo di pace tra i popoli organizzato dal locale Consorzio universitario per ufficializzare l’avvio del corso di studi di mediazione linguistica. In compagnia dell’addetto culturale dell’ambasciata d’Egitto a Roma, il diplomatico si recava successivamente dal prefetto Dario Caputo, dal sindaco Lillo Firetto e dal cardinale Francesco Montenegro. “Quella di Agrigento, terra di dialogo tra i popoli, è stata una visita importante per lanciare un messaggio di pace”, spiegava Hisham Badr in un’intervista al periodico Grandangolo. “Stiamo organizzando insieme al Cardinale Montenegro che si è reso disponibile per venire in Egitto il Cammino della Sacra Famiglia, l’itinerario che unisce i luoghi attraversati secondo tradizioni millenarie da Maria, Giuseppe e Gesù Bambino quando trovarono rifugio in Egitto per fuggire dalla violenza di Erode”.

L’inopportuno cammino in terra egiziana dell’alto prelato, noto per le sue campagne in difesa dei diritti dei migranti, si è poi concretizzato nel successivo mese di novembre. Al Cairo Francesco Montenegro celebrava in particolare una “messa solenne” nella Chiesa dell’Ospedale Italiano Umberto I° (sempre quello di proprietà della Società Italiana di Beneficenza), presente pure il sindaco di Agrigento Calogero Firetto e il dott. Eugenio Benedetti Gaglio. “Il sindaco, con l’arcivescovo cardinale Francesco Montenegro e il presidente della Fondazione S.I.B. Eugenio Benedetti, ha pure incontrato l’ambasciatore d’Italia al Cairo Giampaolo Cantini, del quale la delegazione è stata ospite in ambasciata per una cena di lavoro”, annotava l’ufficio stampa del Comune di Agrigento. “Tra i temi affrontati, i fenomeni migratori, gli scambi culturali, il dialogo interreligioso nel Mediterraneo”.

Sull’affaire omicidio Regeni non c’è traccia nei comunicati ufficiali. Solo un accenno nella risposta del primo cittadino Calogero Firetto alle critiche sulla missione agrigentina in terra d’Africa espresse dal dirigente Pd Antonio Ferrante, oggi presidente della direzione generale del partito democratico in Sicilia. “Il significato profondo di questa missione è proprio quello di superare muri e barriere, di non irrigidirsi sulle posizioni, di non odiare, di cercare invece la parola come mezzo potente per aprire porte e non per chiudere”, spiegava Firetto. Poi il deplorevole colpo di coda: “Il dialogo sull’omicidio di Giulio Regeni non spetta a un sindaco ma ai massimi rappresentanti dello Stato”. Verità, giustizia e memoria, insomma, non sono il pane degli amministratori siciliani…

 

Articolo pubblicato in Le Siciliane – Casablanca, n. 68, marzo-aprile 2021

Commenti

Post più popolari