Egitto e Italia. Amore, armi e affari alla faccia dei diritti umani continuamente violati
Cittadinanza italiana per Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’Università degli studi di Bologna da 14 mesi trattenuto in carcere dal regime di Al-Sisi? “Si tratta di un’iniziativa parlamentare in cui il governo non è coinvolto al momento”. Così la pensa e lo dice il premier Mario Draghi gelando l’opinione pubblica nazionale e le forze politiche che hanno votato nei giorni scorsi un ordine del giorno per concedere la cittadinanza al giovane ingiustamente detenuto al Cairo. Per Draghi, evidentemente, Erdogan è un dittatore, mentre Al-Sisi va sostenuto e riverito perché è un solido benefattore del sistema Italia, specie dei colossi petroliferi e militari-industriali.
Non
sarà certo un caso che il cinico niet
all’appello pro-Zaki in difesa dei diritti umani è giunto qualche ora dopo
l’ennesimo faccia a faccia (il terzo in meno di un anno) tra il
generale-dittatore d’Egitto e l’amministratore delegato ENI, Claudio Descalzi,
oggetto l’espansione degli investimenti e delle attività estrattive della
transnazionale di proprietà al 30% dello Stato italiano. Una visita, quella
nella capitale egiziana, di cui non c’è traccia nei comunicati emessi a ciclo
continuo dall’ufficio stampa ENI, ma di cui ne veniamo a conoscenza
direttamente dalla Presidenza della Repubblica d’Egitto. “Il 15 aprile, il Presidente
Abdel Fattah
Al-Sisi ha ricevuto l’amministratore delegato della compagnia energetica
italiana Claudio Descalzi, alla presenza del ministro per il petrolio e le
risorse minerarie, Tarek El-Molla e di diversi dirigenti dell’ENI”, riporta la
nota del governo egiziano.
“Il Presidente ha espresso il suo sostegno per
l’intenzione di ENI di rafforzare le sue attività nel settore esplorativo del
gas e del petrolio, in continuazione con la fruttuosa cooperazione tra il
gruppo italiano e l’Egitto. Da parte sua il dottor Descalzi ha spiegato che
l’ENI guarda ad un ulteriore sviluppo delle proprie operazioni, specie alla
luce della localizzazione strategica dell’Egitto e della qualità delle
infrastrutture che gli consentono di giocare un ruolo centrale nella regione,
supportato da fattori come la sicurezza, la stabilità e la saggia leadership del
Presidente”. Nel corso del meeting Al-Sisi e Descalzi hanno discusso la
possibilità che l’ENI avvii la produzione di idrogeno in alcuni impianti
egiziani e si sono soffermati inoltre sulla riapertura del polo nella città
portuale di Damietta per la produzione di gas
naturale liquefatto (GNL) da destinare all’esportazione. L’impianto di
Damietta, nel delta del Nilo, è stato rimesso in funzione a seguito
dell’accordo stipulato l’1 dicembre 2020 tra il colosso italiano degli idrocarburi e due aziende pubbliche egiziane
(l’Egyptian General Petroleum Corporation e l’Egyptian Natural Gas Holding
Company) dopo uno stop durato otto anni.
A riprova del
consolidato rapporto d’amore e d’affari tra Roma e il Cairo, la settimana
scorsa l’holding Fincantieri S.p.A., anch’essa controllata al 71,6% dallo Stato
italiano tramite la Cassa Depositi e Prestiti, ha consegnato alla Marina
militare egiziana la seconda fregata multimissione FREMM, classe Bergamini (la prima era giunta ad
Alessandria d’Egitto a fine dicembre 2020). Le due unità da guerra sono state
realizzate nei cantieri navali liguri di Riva Trigoso. In verità si è trattato
di un lavoro di ristyling in quanto
le fregate erano state realizzate per la Marina militare italiana, ma dopo la
firma di un contratto tra Fincantieri e il regime di Al-Sisi e il cambio di
nome e immatricolazione, sono state dirottate al paese nord-africano.
Secondo quanto
rivelato da Ilfattoquotidiano.it, la
vendita delle due navi all’Egitto è stato tutt’altro che un buon affare per le
casse italiane. Mentre la Marina militare italiana ha pagato per la coppia di FREMM
1,2 miliardi di euro, il Cairo ha sborsato “appena” 990 milioni di euro. “Se a questi si aggiungono i costi di smantellamento dei sistemi NATO,
gli interessi sui mutui accesi
per l’acquisto e la manutenzione,
la differenza tra il costo per lo Stato e quello per l’Egitto può arrivare fino
a 556 milioni di euro”, ha rilevato
la Rete Italiana Pace e Disarmo. E tutto ciò con l’aggravante di aver favorito
un cliente all’indice per le violazioni dei diritti umani e per le provate
complicità con la sparizione e l’omicidio del giovane ricercatore italiano
Giulio Regeni. “La fornitura delle FREMM non è mai stata sottoposta all’esame
delle Camere”, ha inoltre rilevato Giorgio
Beretta dell’Osservatorio permanente armi leggere (Opal). “Un
passaggio fondamentale richiesto dalla normativa vigente, la legge 185 del
1990, e oggi ancor più necessario in considerazione delle trattative in corso
con l’Egitto per altre fregate, pattugliatori, caccia multiruolo e aerei
addestratori che consoliderebbero la posizione del regime di Al-Sisi come
principale acquirente di sistemi militari italiani”. Nel
corso del 2019, l’Egitto è stato il primo paese per destinazione di
autorizzazione militari, con un controvalore di oltre 870 milioni di euro.
Fincantieri
S.p.A. spera di poter concludere al più presto le trattative in corso con le
forze armate egiziane. Secondo il quotidiano in lingua inglese Egypt Today, il 25 febbraio 2021 il ministro
della difesa e della produzione militare Mohamed Zaki (anche comandante
generale delle forze armate della Repubblica d’Egitto), si è recato in visita
alla kermesse internazionale delle industrie d’armi IDEX 2021 negli Emirati
Arabi Uniti, dove ha avuto modo d’incontrare i manager dell’holding
cantieristica italiana. Fincantieri sarà inoltre uno dei main sponsor di Egypt Defence Expo – EDEX, l’esposizione
internazionale delle industrie di guerra che si terrà al Cairo dal 29 novembre
al 2 dicembre 2021 con il patrocinio del presidente della Repubblica e del
Comando Supremo delle forze armate egiziane. Tra gli sponsor di EDEX 2021 ci
sarà pure il colosso missilistico europeo MBDA, controllato per il 25% da
Leonardo, ex Finmeccanica, principale fornitore di missili per le unità di
terra, di cielo e del mare del regime egiziano.
“Le autorità della Repubblica d’Egitto hanno continuato
a punire qualsiasi forma di dissenso, reale o percepito, e hanno represso
duramente l’esercizio dei diritti alla libertà di riunione pacifica,
d’espressione e associazione”, denuncia Amnesty International nel suo ultimo
rapporto annuale sui diritti umani. “Le forze di sicurezza hanno fatto ricorso
all’uso illegale della forza per disperdere le rare proteste e hanno
arbitrariamente detenuto centinaia di manifestanti e passanti, in attesa d’indagini
per terrorismo e altre accuse legate
alle proteste. Migliaia di persone sono rimaste in detenzione cautelare
prolungata, compresi difensori dei diritti umani, giornalisti, politici,
avvocati e influencer di social network. Le condizioni di detenzione sono
rimaste crudeli e disumane e i prigionieri sono stati privati di cure mediche
adeguate, una situazione che ha portato o contribuito ad almeno 35 decessi in
carcere o poco dopo il rilascio. Sono state emesse nuove condanne a morte e ci
sono state esecuzioni”. Un report, quello di Amnesty, che non consente più
vuoti di memoria o cinici opportunismi affaristici. Ne consigliamo la lettura
integrale a Draghi, Guerini, ENI, Fincantieri e Leonardo. In nome e memoria di
Giulio Regeni e dei mille Patrick Zaki tenuti a marcire nelle prigioni
egiziane.
Articolo pubblicato in Africa Express il 17 aprile 2021, https://www.africa-express.info/2021/04/17/egitto-e-italia-amore-e-affari-alla-faccia-dei-diritti-umani-continuamente-violati/
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