Droni, marò e parà italiani contro pirati e shabab somali
Nuova e pericolosa escalation militare italiana in
Corno d’Africa. Secondo quanto pubblicato dalla rivista specializzata Analisi difesa, meno di un mese fa due velivoli-spia
a pilotaggio remoto del 32° Stormo dell’Aeronautica militare, di stanza ad Amendola
(Foggia), sarebbero stati schierati a Gibuti nell’ambito della missione
antipirateria dell’Unione Europea “Atalanta”. I velivoli però opererebbero
presumibilmente anche a favore delle forze governative somale in lotta contro
le milizie di Al Shabab. I droni italiani sarebbero del modello Predator A “Plus”, utilizzati dall’Aeronautica
nello scacchiere di guerra afgano, in Libia e nel Mediterraneo contro le imbarcazioni
dei migranti. Realizzati dalla società statunitense General Atomics, i Predator possono volare a una velocità di crociera
di 160 Km/h, con un’autonomia di 24 ore e sino a 926 km di distanza dalla base
di partenza; sono
dotati di sofisticati radar e sensori elettro-ottici che consentono ampi interventi di ricognizione,
sorveglianza e “acquisizione obiettivi”. A Gibuti i due velivoli opererebbero
attualmente dallo scalo aereo di Chabelley, località a sei miglia e mezzo di
distanza a sud ovest della capitale. Dal settembre 2013 da Chabelley operano
pure cinque droni killer Predator “MQ-1 Reaper”
delle forze amate Usa, impiegati per
i bombardamenti in Yemen e Somalia. “A differenza dei velivoli statunitensi
quelli italiani continuano a operare disarmati dal momento che Washington non
ha ancora autorizzato la cessione dei kit di armamento all’Aeronautica militare”,
scrive Analisi difesa. Dei Predator tricolori, uno solo sarebbe stato assegnato all’Operazione “Atalanta” per raccogliere
immagini e dati sulle imbarcazioni dei “pirati” diretti a intercettare e
abbordare i mercantili in transito in acque somale. “Il secondo Predator viene
mantenuto in riserva per rimpiazzare il drone gemello o forse per compiti
diversi da quello antipirateria”, spiega la rivista militare. “Oltre a guidare
la missione Atalanta in Corno d’africa, l’Italia detiene infatti anche il
comando della missione di addestramento EUTM Somalia che a Mogadiscio addestra
e offre consulenza alle forze dell’esercito somalo. Non si può escludere che
uno dei Predator italiani possa venire impiegato per fornire informazioni
sui movimenti militari dei miliziani qaedisti Shebab”.
EUTM Somalia (European
Union Training Mission to contribute to the training of Somali National
Security Forces)
venne lanciata
nel 2010 dall’Unione europea; oggi è condotta in stretto collegamento con il
Comando militare statunitense per il continente africano (US AFRICOM) ed
AMISOM, la missione dell’Unione africana che vede schierati in Somalia più di
17.000 uomini di Uganda, Kenya, Burundi, Sierra Leone e Nigeria. Ad EUTM
Somalia partecipano militari di dieci Paesi (Italia, Germania, Svezia, Ungheria,
Spagna, Belgio, Finlandia, Olanda e Portogallo e Serbia); l’Italia fornisce circa il 50% del personale
(78 unità), tra cui il comandante e il vicecomandante della missione, i paracadutisti
del 186° reggimento della Brigata “Folgore” e gli addestratori dell’Esercito e
dell’Arma dei Carabinieri. I programmi gestiti a Mogadiscio dagli istruttori della
missione EUTM Somalia e dai consiglieri militari statunitensi puntano in
particolare all’addestramento dei militari somali in attività anti-insurrezione
e anti-terrorismo e al “combattimento in ambiente urbano”. Nell’arco del 2014 è
previsto complessivamente l’addestramento di 1.850 militari. Altri 32 istruttori
dell’Arma dei Carabinieri, affiancati da un team dell’Unione Africana composto
da militari di Ghana e Nigeria, operano da febbraio presso l’Accademia di
Gibuti per “formare” la polizia locale. Sempre a Gibuti, in pieno deserto, è operativa una
base logistica italiana di 5 ettari, utilizzata dai distaccamenti di Fucilieri
di Marina in transito per gli imbarchi sui mercantili con compiti di scorta antipirateria
e dai reparti dell’Esercito diretti a Mogadiscio. Realizzata dal 6° Reggimento
Genio pionieri di Roma, l’infrastruttura è stata inaugurata ufficialmente il 27
ottobre 2013 alla presenza del capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi
Binelli Mantelli. “Questo avamposto è la prima vera base logistica operativa permanente
delle forze armate italiane fuori dai confini nazionali e sorge in un’area destinata
ad essere più importante e strategica di Suez e di Gibilterra”, ha dichiarato Binelli
Mantelli. Il mantenimento della base costa ai contribuenti italiani non meno di
tre milioni di euro l’anno ed è presidiata attualmente da un plotone del 3°
reggimento dei Bersaglieri.
La durata della missione dei droni dell’Aeronautica
militare a Gibuti non è nota ma di certo si estenderà per i prossimi sei mesi,
periodo in cui la flotta navale dell’’Operazione “Atalanta” sarà sotto il
comando italiano. Approvata nel dicembre 2008 dal Consiglio dell’Unione europea
per contrastare la pirateria somala nel Mar Rosso, nel Golfo di Aden e nell’Oceano
Indiano, la missione navale vede attualmente la presenza del cacciatorpediniere
lanciamissili “Andrea Doria” (nave ammiraglia con 208 unità), quattro fregate (una
olandese, due spagnole e una tedesca), una rifornitrice di squadra tedesca e
uno staff formato da 34 ufficiali e sottufficiali appartenenti a 12 differenti
nazioni (Belgio, Croazia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Olanda,
Portogallo, Romania, Serbia e Spagna). Le operazioni antipirateria della Marina
militare italiana sono state finanziate quest’anno con 50 milioni di euro. Un
impegno oneroso che non è giustificato dal reale pericolo rappresentato oggi dalla
pirateria in Corno d’Africa. Secondo i dati diffusi dall’International Maritime
Bureau, nei primi 6 mesi del 2014 gli assalti o le rapine armate ai danni di
navi mercantili sono stati 116, contro i 138 registrati nello stesso periodo
del 2013. Dieci soli, però, sono stati imputati ai pirati somali.
Ai costi delle missioni anti-pirateria si aggiungono
i 25 milioni di euro per la partecipazione italiana ad EUTM Somalia e alle
altre iniziative dell’Unione europea per la “Regional maritime capacity
building” in Corno d’Africa e nell’Oceano indiano, per il funzionamento della
base militare a Gibuti e per l’impiego di personale militare in attività di
addestramento delle forze di polizia somale. Nell’ambito dell’accordo sottoscritto
tra le forze amate italiane e quelle di Gibuti, è stata prevista inoltre la
consegna a titolo gratuito al paese africano di 6 blindati 4x4 “Puma” e di una
decina di obici semoventi M-109L da 155 millimetri prodotti da Oto Melara, dismessi
in Italia dopo l’acquisto dei nuovi semoventi Pzh-2000. I mezzi da guerra hanno
fatto la loro comparsa nelle strade di Gibuti lo scorso 27 giugno, giorno in
cui ricorreva l’indipendenza del piccolo Stato africano. Sempre a fine giugno a
Mogadiscio, il comando del team italiano
operativo in Somalia ha donato al locale Ministero della difesa tre veicoli minivan per consentire una “migliore
mobilità” ai militari somali impiegati nel conflitto che impera da tempi
immemorabili nell’ex colonia italiana.
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