Ponte sullo Stretto: il mostro è riemerso
Dividendo
la Sicilia dalla terraferma d’Italia, lo splendido Stretto di Messina è un
luogo di leggenda – Omero vi ha ambientato una parte dell’Odissea.
All’estremità nord-orientale della Sicilia, Capo Peloro sorge dove il mar Ionio
e il Tirreno turbinano l’uno nell’altro. Estendendosi di fronte al villaggio,
la spiaggia – una riserva naturale – è una larga, piatta distesa di sabbia, che
si dispiega sotto un gigantesco traliccio elettrico che era un tempo il più
alto del mondo (ce n’è un altro che si rispecchia nell’acqua in Calabria). I
delfini scorazzano nelle acque cristalline e i pescispada attraversano lo
Stretto in estate, mentre la costa calabrese si profila all’orizzonte. Con questa
descrizione la prestigiosa rivista National Geographic ha motivato nell’agosto
2022 la scelta di assegnare a Capo Peloro, Messina, il primo posto tra le 12 spiagge più belle d’Italia.
(1)
Un riconoscimento di portata
internazionale che dovrebbe inorgoglire i politici, gli intellettuali, i
professionisti e le classi dirigenti delle due regioni che si affacciano sullo
Stretto, imponendo scelte socio-economiche e ambientali meramente finalizzate
alla difesa di un bene comune patrimonio dell’umanità e alla messa in sicurezza
di un territorio ad altissimo rischio sismico e idro-geologico. Nell’incantevole
scenario di Scilla e Cariddi, i mitologici mostri decantati da Omero, riemerge
invece il fascino per l’ottava meraviglia
del mondo sospirata da oltre un secolo dalle sirene del Mito del Progresso
e dello Sviluppo ad ogni costo. Il Ponte
sullo Stretto di Messina, una campata di 3.300 metri, due torri di cemento e acciaio alte 382,60
metri - formata ognuna da due piloni del diametro di oltre 50 metri - rette da
quattro tiranti di acciaio per un peso totale di 166.600 tonnellate. Una
megainfrastruttura che fagociterà materie prime per volumi superiori ai 3.540.000
metri cubi, generando con gli scavi inerti e rifiuti da smaltire per 6.800.000
mc. Un terzo mostro che terrorizzerebbe Scilla e Cariddi anche per il volume delle
sue fondazioni in Sicilia di 86.000 metri cubi e per quelle nel versante
calabro di 72.000 mc. E come se non bastassero Ponte, piloni e maxi-tiranti, il
territorio circostante verrebbe stuprato da oltre 40 chilometri di raccordi stradali e ferroviari (2
km su viadotto e 20,6 km in galleria), mega-discariche, cave e strutture di connessione.
Un’opera che devasterebbe vastissime superfici territoriali nelle province di
Messina e Reggio Calabria: la somma delle aree destinante ai cantieri ammonta a
514.000 metri quadri, a cui si aggiungono quelle sacrificate a discariche
finali di inerti e scarti di produzione, distanti anche più di 50 km
dall’infrastruttura, per oltre 764.500 mq. (2)
Le
false narrazioni dei vecchi e nuovi Padrini del Ponte
Una premessa è d’obbligo. Per chi scrive, il Ponte
sullo Stretto non c’è mai stato, non c’è, né ci sarà. Non abbiamo creduto
cioè, mai, che il Ponte sia realizzabile (per ovvi motivi di ordine
strutturale-ingegneristico, economico, ecc.), ma abbiamo temuto e temiamo la
ferrea volontà dei Padrini e dei Signori del Ponte di perseguire nello
spazio e nel tempo i loro disegni e progetti meramente speculativi e fortemente
impattanti dal punto di vista sociale e ambientale. (3) Preoccupa in
particolare la “narrazione” del Ponte, strumentalmente riesumata una volta
dalle grandi imprese General Contractor
(contraenti), un’altra da qualche soggetto politico interessato a capitalizzare
voti e clientele in vista di un appuntamento elettorale.
Il
fine comune della narrazione pro-Ponte è quello di imporre nella società il
modello “culturale” dominante delle Grandi Opere: la depauperazione delle
sempre più ridotte risorse pubbliche a favore degli interessi delle holding economiche
e finanziarie private, l’esautoramento delle volontà popolari locali e dei
soggetti amministrativi che dovrebbero governare i territori, il saccheggio
urbanistico e la devastazione ambientale. Per rilanciare la narrazione del Ponte si sfrutta
ovviamente la crisi socio-economica (quella generata dal modello neoliberista
imperante), gli alti tassi di disoccupazione generale, la precarietà delle vite
di milioni di persone. Si tace, invece, sul fatto che la politica delle Grandi
Opere è stata ed è caratterizzata in larga misura da progetti senza opera, senza
cantieri, senza lavoratori. Pur consapevoli loro stessi che il Ponte è e sarà
un Mito per i secoli venturi, i Padrini e
i Signori del Ponte promuovono e finanziano campagne per dare il via al Ponte
senza Ponte, magari dirottando una parte delle risorse finanziarie per
perpetuare la progettazione per la progettazione o verso la realizzazione della
sterminata lista di opere pseudo-compensative che amministratori, studi di
progettazione e potentati economici locali strappano in cambio del loro sì o
dei loro “nì” alla costruzione del manufatto fantasma.
Dicevamo
che la “narrazione” alterna periodi di frenetica attività generale a fasi di
torpore e silenzi. Così il Terzo mostro dello Stretto va in letargo per periodi
più o meno lunghi per riemergere aggressivo soprattutto alla vigilia di una
campagna elettorale, sia essa di rilevanza nazionale, che regionale o locale.
E’ quanto accade in queste settimane in vista dell’election day del 25 settembre, quando in particolare gli elettori
siciliani sceglieranno i loro rappresentanti alla Camera e al Senato ma
soprattutto chi guiderà per i prossimi cinque anni la Regione Siciliana a
statuto speciale. Non c’è tribuna o comizio in cui il Ponte non faccia da
protagonista e miracoloso talismano per un futuro di pace, progresso e
prosperità. E mai come stavolta lo vogliono tutti o quasi: dalla Lega di
Salvini ai postfascisti di Meloni & C., dagli immancabili forzisti che
hanno già dato il nome di Berlusconi
al collegamento stabile dello Stretto, ai centristi di ogni sorta e origine e,
tirati per la giacchetta, anche tanti Pd che si dicono “non contrari ma
attendisti”. Divisioni in casa Cinquestelle, organizzazione che aveva fatto il
pieno nell’Isola sia alle regionali 2017 che alle politiche 2018: ai sempre
meno NoPonte si contrappongono i primi convinti SìPonte di qualche parlamentare e i sempre più numerosi NìPonte di candidati, simpatizzanti ed
elettori.
E
proprio dall’Assemblea regionale siciliana il 22 gennaio 2020 è ripartita la
controffensiva pro-Ponte che con il pieno sostegno delle grandi società di
costruzioni ha (ri)conquistato i riflettori nel palcoscenico politico-mediatico
nazionale. Con voto unanime l’Ars ha approvato infatti un ordine del giorno di Fratelli d’Italia che impegnava il governatore di
centro-destra Nello Musumeci a chiedere al governo Draghi di inserire il Ponte
tra le priorità nazionali, destinando una parte dei 20 miliardi di euro di
fondi Ue previsti per il Mezzogiorno. (4) Musumuci, pontista convinto, non
si è lasciato certo sfuggire la ghiotta occasione e ha avviato il pressing a
tutto campo a Roma e nell’Isola, coalizzando un composito arco di forze sociali
ed economiche, Confindustria e organizzazioni sindacali storiche in primis.
Il Gioco dell’Oca del Ponte: mezzo
miliardo per tonnellate di inutili carte
Il 13 marzo 2021 sono stati i manager di Webuild SpA (la società leader del settore costruzioni nata nel
2014 dalla fusione delle imprese Salini ed Impregilo), a
riprendere dopo lungo silenzio la campagna promozionale per (ri)ottenere la
progettazione e realizzazione del Ponte di Messina. Nell’ottobre 2005,
l’associazione temporanea d’imprese Eurolink con capofila Impregilo SpA si era aggiudicata la gara d’appalto del
valore di 4,4 miliardi di euro per il General Contractor della grande opera tra
Scilla e Cariddi insieme ad altre società italiane e straniere, alcune oggi
liquidate o in via di liquidazione. (5) Webuild ha pubblicato un video musicale
della durata di un paio di minuti che si concludeva
con lo slogan Ponte sullo stretto di Messina,
un’infrastruttura essenziale per il futuro del Paese. “L’opera potrà
rilanciare lo sviluppo nel Sud Italia”, enfatizzava l’holding. “Il Ponte darà occupazione
a 118.000 persone e attirerà verso il nostro Paese il
commercio mondiale che gravita nel Mediterraneo”. (6)
Nulla
di nuovo sotto il sole in quanto a propaganda, tranne il non certo lieve aggiornamento dei costi (e relativi
incassi) per i lavori. Pur riproponendo lo stesso modellino di Ponte di
quindici anni prima, Webuild ricalcolava le spese progettuali e di
realizzazione in 8,56 miliardi di euro più altri 1.344 milioni di opere accessorie, escluse le linee Tav. “La
leva finanziaria sarebbe al 90% debito e al 10% con mezzi propri, con risorse
in arrivo da settori privato/pubblico, oppure soggetti a controllo pubblico non
consolidati nel bilancio dello Stato come Rfi, Cassa depositi e prestiti e Anas”,
spiegava ancora Webuild. (7) Una vera moltiplicazione dei pesci in faccia agli
italiani e a danno dell’erario. Quando nell’agosto del 2003 il
Cipe aveva approvato il progetto preliminare del
Ponte e dei suoi collegamenti, era stata stimata una spesa di 4,6 miliardi; nel
2009 la Corte dei Conti aveva lamentato che il Piano economico-finanziario approvato
dalla Stretto di Messina SpA aveva aggiornato i corrispettivi previsti nei
precedenti contratti di affidamento dei lavori a 6,3 miliardi; due anni più
tardi l’effimera approvazione del Progetto
definitivo di Eurolink elevava l’importo contrattuale a 6,7 miliardi. (8)
Attenzione però: la previsione di 10 miliardi di Webuild di un anno mezzo fa
non tiene conto ovviamente del terremoto dei prezzi generato dal conflitto
Russia-Ucraina e dalle conseguenti speculazioni sui mercati finanziari, specie
relativamente alle due componenti chiave del Ponte-Mostro sullo Stretto, cemento e acciaio.
Webuild
si è detta disponibile a ritirare i contenziosi giudiziari con il governo e la
concessionaria statale purché si riapra l’iter realizzativo del Ponte. In
verità la richiesta di oltre 800 milioni di risarcimento per la revoca della
gara d’appalto ad Eurolink era stata rigettata in primo grado il 12 novembre 2018 dai giudici della XVI Sezione
Civile del Tribunale di Roma. “Il committente – soprattutto se è pubblico – ha
tutto il diritto di recedere in qualunque momento da un
contratto, senza obbligo di motivazione (…) e l’appaltatore non può
vantare alcun diritto al risarcimento per non aver potuto realizzare l’opera
pubblica, perché l’interesse alla sua realizzazione fa capo solo al
committente”, sentenziavano i giudici. (9) Fondamentale nel respingere l’esosa
richiesta delle società contraenti anche la constatazione che il progetto
consegnato alla Stretto di Messina SpA il 13 aprile 2011 fosse
tutt’altro che definitivo e che –
come denunciato dai NoPonte - permanevano
“rilevanti criticità non risolte” dal punto di vista tecnico-ingegneristico e “riscontrate
carenze documentali relative ai profili ambientali”. (10)
A
raffreddare il rianimato ardore dei pontisti di prima e ultima ora ci ha
pensato nel maggio 2021 il Gruppo di
lavoro costituito ad hoc dall’allora ministra
dei Trasporti Paola De Micheli
per valutare la sostenibilità di differenti ipotesi di collegamento stabile
nello Stretto. Nella relazione trasmessa al successore
Enrico Giovannini, i tecnici ministeriali hanno espresso innumerevoli
critiche alla soluzione del Ponte a campata unica (modello Società Stretto di
Messina ed Eurolink) ritenendo invece “la
soluzione aerea a più campate potenzialmente più conveniente”. (11) Coincidenza
vuole che nell’ottobre 2020 è stata resa pubblica l’intenzione di Italferr, la
società di ingegneria del Gruppo Ferrovie dello Stato, di predisporre il
progetto di “un ponte a tre archi e non più a luce unica, con un’arcata
centrale di 2.000 metri”. Il Gruppo di
lavoro ha stigmatizzato anche le altre due vecchie proposte di tunnel (subalveo e in alveo) per “l’elevato rischio
sismico ad esse collegato e per la mole di indagini geologiche, geotecniche e
fluidodinamiche necessarie per verificarne la fattibilità tecnica, ma anche per
l’eccessiva lunghezza necessaria”. (12)
Le
conclusioni del Gruppo di lavoro hanno riportato tutti alla casella di partenza
del Gioco dell’Oca del Ponte, facendo infuriare Padrini e Signori del Mostro sullo Stretto e le stesse associazioni
ambientaliste che lamentano come sia rimasta fuori dalla valutazione quella che
è considerata l’unica opzione credibile e sostenibile al collegamento stabile
dello Stretto, cioè il miglioramento e potenziamento del traghettamento. “La
relazione del Gruppo di lavoro è irricevibile perché viziata dalla esclusione
pregiudiziale del traghettamento”, scrivono Kyoto club, Legambiente e Wwf. “Si
tratta dell’alternativa migliore dal punto di vista economico-finanziario,
sociale e ambientale che assicura già oggi, senza ulteriori impatti, tempi di
attraversamento di 20-35 minuti con corse per le persone con le auto al seguito
che avvengono con una frequenza di 40 minuti o 1 ora, a seconda delle compagnie
di navigazione, e con tempi per il traghettamento dei treni che, con migliorie
relative all’imbarco di convogli interi, possono essere portati da 1 ora e 10 a
40 minuti. Ma su cui occorre investire anche per la ricerca di soluzioni
innovative, con nuove tecnologie che riducano ulteriormente i tempi di percorrenza
e migliorino i servizi nell’area dello Stretto”. (13)
Pur
di non scontentare alla fine i pontisti
mono e tris campata, l’esecutivo Draghi-Giovannini ha preferito glissare le
critiche degli ambientalisti e degli studiosi di economia e del debito pubblico.
Così a inizio 2022 ha affidato a RFI (Rete Ferroviaria Italiana), partecipata
al 100% da Ferrovie dello Stato Italiane, lo studio per valutare la
“fattibilità” delle due ipotesi rimaste in gara: il ponte a campata
unica di Webuild o quello “a tre archi” di Italferr (FS). “Il progetto
esistente per la campata unica va in ogni caso aggiornato, sia per le nuove
normative tecniche sia perché l’ipotesi di project financing non regge in
relazione alle previsioni di traffico”, ha comunque allertato il ministro
Giovannini intervenendo in Parlamento. “I tecnici incaricati dal Gruppo Fs
hanno predisposto un cronoprogramma, con le varie tappe, ed entro la fine del
2022 dovrebbe chiudersi l’iter procedurale. (14)
Aldilà
della evidente inutilità dell’ennesimo studio di fattibilità - per giunta
viziato dal palese conflitto d’interessi in casa Ferrovie dello Stato - va
detto che esso comporterà un esborso di denaro pubblico pari a 50 milioni di euro, che si somma agli oltre 300 milioni che la Corte
dei Conti calcola siano stati spesi in tutti questi anni per elaborati, studi,
rilievi, progettazioni e convegni pro-Ponte (per alcuni studiosi si tratterebbe
di almeno 350-400 milioni). Deus ex machina di questa inarrestabile emorragia
di risorse pubbliche per fabbricare carte su carte la Stretto di Messina SpA,
società istituita nel 1981 e controllata all’81,84% da
ANAS (entrata a far parte del Gruppo FS) e partecipata da RFI (Rete ferroviaria
italiana), Regione Calabria e Sicilia. Posta in liquidazione con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 aprile 2013, la
Stretto SpA resta ancora in vita nonostante la liquidazione doveva
essere completata entro un anno
dalla nomina del commissario liquidatore. Quest’ultimo, nella
persona di
Vincenzo Fortunato, è stato nominato il
14 maggio 2013. Secondo l’ultimo bilancio annuale della Stretto SpA al
commissario liquidatore sono stati versati emolumenti per 100.000 euro, a cui
si aggiungono 20.000 euro di spese per il collegio sindacale,
13.000 per la società di revisione Ernst & Young, 50.000 per “altri costi e
fatture di professionisti” e 55.000
per gli avvocati che rappresentano la società in alcuni contenziosi pendenti.
(15)
L’ultimo
scontro tra le città non luogo e i bei territori di anime e corpi
Così come per gli studi di fattibilità e le spese di sopravvivenza, si moltiplicano intanto pure i convegni per narrare il Ponte che non c’è. L’ultimo di interesse nazionale si è tenuto a Roma lo scorso 13 settembre presso la sede dell’Università telematica eCampus, promotrice dell’evento. Sotto i riflettori, ovviamente il Ponte a campata unica di Eurolink-Webuild. “Per fare chiarezza sull’intera questione, abbiamo invitato due soggetti fondamentali per la procedura approvativa: Cowi e Parsons”, spiegano gli organizzatori. “La società d’ingegneria danese Cowi (leader mondiale nella progettazione dei Ponti di grande luce) è rappresentata dall’allora Presidente Klaus Ostenfeld che ha assunto la responsabilità diretta del progetto (redatto per conto del Contraente Generale Eurolink) e che dichiara, come ovvio che sia, che non solo è fattibile, ma che si tratta di un’opera di assoluta eccellenza. L’altro soggetto che partecipa è la Società di Ingegneria americana Parsons incaricata dalla Società Stretto di Messina quale PMC – Project Management Consulting”. Al convegno-vetrina del Ponte “di assoluta avanguardia nel mondo”, anche tre accademici che hanno fatto parte del comitato scientifico della Società Stretto di Messina: Claudio Borri (Università di Firenze), Piero D’Asdia (Chieti Pescara) e Alberto Prestinizi (La Sapienza di Roma). (16)
L’interesse
dell’Università eCampus a interpretare un ruolo chiave nella promozione
scientifica del Ponte sullo Stretto è certamente frutto delle visioni
strategiche del suo rettore, il professore Enzo Silverio, ingegnere-architetto
e progettista di ponti e grandi infrastrutture. Il 4 giugno 2021 eCampus,
insieme al Rotary Club Messina, al Kiwanis Distretto Italia–San Marino e
all’Associazione Centro Studi Diodoro ha promosso un convegno nella città
capoluogo dello Stretto dal titolo Infrastrutture al Sud e Ponte: Quali e
quanti benefici…?, ospite d’onore l’allora sindaco Cateno de Luca, oggi
candidato alla presidenza della Regione siciliana e sostenitore ultrà della
mega opera tra Scilla e Cariddi. Il
rettore Enzo Silviero è anche
tra i fondatori di “Lettera 150”, think thank formatosi spontaneamente in Italia durante il lockdown da
pandemia Covid19 “per suggerire un approccio razionale e strategico
all’emergenza”, anch’esso promotore nei mesi scorsi di eventi pubblici
pro-Ponte. Il documento fondativo di “Lettera 150” è stato firmato da 150 tra docenti universitari e magistrati, ma oggi i sostenitori
sono più di 250. Coordinatore del think tank politico-economico-accademico
il professore ed ex senatore Giuseppe Valditara, eletto con il Popolo delle
Libertà e transitato poi con il Gruppo per il Terzo Polo. (17)
“Sembra di essere tornati agli anni ’90, quando tutte le più importanti
forze politiche e le amministrazioni locali interessate erano schierate dalla
parte del Ponte”, commenta Luigi Gino
Sturniolo, storico attivista NoPonte ed ex consigliere comunale di Messina,
autore di alcuni saggi sull’insostenibilità socio-economica
dell’infrastruttura. “Solo dopo anni di lavoro del movimento NoPonte, una
parte del quadro politico e sindacale aveva cambiato posizione e sembrano oggi
lontani i tempi in cui ai nostri cortei partecipavano, tra gli altri, sindaci e
giunte delle città di Messina e Villa San Giovanni e spezzoni e singoli
rappresentanti di partiti. Quel movimento, con le diverse sensibilità che
conteneva, era stato capace di incidere sulle scelte politiche nazionali e,
forse l’unico tra i movimenti che si battono contro le Grandi Opere in Italia,
aveva vinto”.
“Il
Ponte sullo Stretto – aggiunge Sturniolo - è contenuto dentro il paradigma di
un mondo che muore, incapace di smaltire i propri scarti e accettare i propri
limiti. Non è il salto nel futuro, è il tuffo nel baratro. Non è la soluzione
al mancato sviluppo dei nostri territori, è la causa del loro destino di
distruzione. Lo scontro tra
favorevoli e contrari alla costruzione del Ponte sullo Stretto, non ha a che
fare, semplicemente, con la realizzazione o meno di un manufatto, con la sua
costruibilità, con l’impatto ambientale che determinerebbe. In ballo ci sono
due idee di città, di territorio: da una parte la città di passaggio, la
città-svincolo, luogo divenuto anonimo e assorbito dalle necessità logistiche,
non-luogo che recide definitivamente la relazione con la sua storia. Dall’altro
una città che si fonda (si ri-fonda) sulla bellezza del proprio territorio, che
fa della sostenibilità la propria occasione per il futuro, che si ri-conosce dal suo rapporto con il mare,
che ne fa fonte del suo rilancio, una città che si ricorda della propria storia
rinvenendo nel porto il suo punto di forza”.
Per Sturniolo siamo di fronte ad uno scontro epocale: “Tra il passato
recente, la fotografia giornalistica di un mondo andato in frantumi a causa del
sovraccarico che esso stesso ha creato, e il futuro possibile di una umanità
che sceglie di convivere con il pianeta che gli è capitato di abitare, che
sceglie di rispettarne la fragilità poiché quella fragilità contiene l’unica
promessa di felicità che abbiamo a disposizione”.
Una ragione in più per tornare a riprendersi strade e piazze, per
continuare a vivere e assicurare la vita di tutte e tutti, dallo Stretto al
pianeta intero.
Note:
(1) https://www.nationalgeographic.co.uk/travel/2022/08/12-of-the-best-beaches-in-italy
(2) A. Mangano, A. Mazzeo, Il mostro sullo Stretto. Sette ottimi motivi per non costruire il Ponte,
Sicilia Punto L, Ragusa, 2006, pp. 33-34.
(3) Per comprendere l’identità e le finalità dei Padrini e Signori del Ponte di veda: A.
Mazzeo, I padrini del Ponte. Affari di mafia sullo Stretto di Messina, Edizioni
Alegre, Roma, 2011.
(5) Di Eurolink,
oltre ad Impregilo facevano parte la Sacyr Sa, Società Italiana per Condotte
d’Acqua S.p.A., Cooperativa Muratori e Cementisti - Cmc di Ravenna,
Ishikawajima - Harima Heavy industries Co Ltd., Aci Scpa - Consorzio stabile.
(8) http://www.sciami.it/2019/06/24/gli-strafalcioni-dei-si-ponte-sul-costo-dellopera/
(15) https://www.wired.it/article/ponte-sullo-stretto-di-messina-berlusconi-costi-societa-liquidazione/
(16) https://www.italpress.com/ponte-sullo-stretto-un-convegno-di-ecampus-per-fare-chiarezza-2/
(17) https://www.lettera150.it/comitato-dei-sottoscrittori-di-lettera-150/
(1)
Articolo pubblicato in Pagine
Esteri il 19 settembre 2022,
https://pagineesteri.it/2022/09/19/primo-piano/ponte-sullo-stretto-il-mostro-e-riemerso-in-campagna-elettorale/
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