“Armare la pace”. Parola di ministro
I danni del MUOS? Non ci sono dati certi! La Sicilia
al centro del Mediterraneo ce l’ha messa il buon Dio, ma per la pace in questo
Sud del mondo non ci deve pensare Lui, ma il MUOS. Questo in soldoni quello che
ha dichiarato il nostro ministro della guerra. Inoltre, il ministro chiede ai
siciliani di assumersi la “responsabilità” morale di condividere i crimini
contro l’umanità e la pace dei sistemi di morte Usa e Nato installati e da
installare nell’Isola. E poi diciamolo del MUOS “potranno servirsi anche le
forze armate italiane”. Intanto nel territorio di Siracusa, a Punta Castellazzo-Marza
i Predator si preparano per intervenire “selettivamente” in Medio Oriente,
Somalia e Nord Africa.
Sproloqui.
Bugie. Nel nome di dio e a difesa della cristianità dell’Occidente. O per
difendersi dalle barbarie del Sud del mondo. Il ministro della guerra ciellino Mario
Mauro (ex europarlamentare Pdl, poi senatore montiano), coautore del Piccolo dizionario delle radici
cristiane d’Europa, dal vertice Nato di Bruxelles spezza la sua
lancia a favore del MUOS di Niscemi. E invita i siciliani ad assumersi
responsabilmente il peso di nuovi carichi bellici e a convivere con le basi di
morte e migliaia di marines Usa.
“Se ci sono problemi di salute legati all’installazione
del Muos, accerteremo e ci regoleremo di conseguenza”, esordisce Mauro. “Se il presunto
danno è più nelle dimensioni di una leggenda metropolitana, penso sia un atto
di grande responsabilità prendere coscienza del fatto che l’Italia, in
particolare, è al centro del Mediterraneo, e non ce l’ho
collocata io, ma il buon Dio. Il 90% dei guai è nell’area Sud di questo bacino
e le condizioni di pace in un settore strategico del globo sono sotto la
giurisdizione di un’installazione come il Muos”.
La Sicilia portaerei
del Mediterraneo perché così vuole il Padreterno per garantire il sonno dei
giusti e preservare l’Europa dalle invasioni di milioni di disperati. “Quelle
del ministro Mauro sono parole vergognose ed inaccettabili”, commenta il parlamentare di Sel, Erasmo
Palazzotto. E insieme ai Comitati No Muos
avverte che se l’idea del governo Letta è quella di trasformare la Sicilia in
piattaforma per le guerre del nuovo millennio è “meglio che si sappia che, come
con il sistema satellitare di Niscemi, ci sarà l’opposizione delle comunità
locali e di tutti i siciliani”.
In
verità, il neotitolare della difesa aveva già fatto sapere che
sull’installazione del Muos in Sicilia non ci sono margini di discussione o trattativa.
Rispondendo in Parlamento ad un’interrogazione dell’on. Palazzotto, Mauro ha
spiegato che vi è un “interesse strategico diretto” alla
realizzazione degli impianti e che di essi potranno servirsi anche le forze
armate italiane. “Qualora tale realizzazione fosse impedita da provvedimenti di revoca
potenzialmente censurabili sul piano della legittimità, il ministero della
Difesa potrebbe essere chiamato, sotto un profilo civilistico, a ristorare
spese sostenute dalla controparte che, fidando sull’impegno assunto, ha
appaltato i lavori”, ha aggiunto Mauro. Da qui la giustificazione di richiedere
un megarisarcimento danni alla Regione siciliana che ha firmato il decreto di
revoca delle autorizzazioni ai cantieri del Muos (25.000 euro al giorno a
partire dal 29 marzo 2013, ossia più di 2 milioni e mezzo di euro sino a quando
non si pronuncerà il Tar di Palermo). “Questa richiesta rientra nella linea di
strategia processuale definita dall’Avvocatura dello Stato, che ha proceduto
alla quantificazione tenendo conto delle somme dovute alle ditte appaltatrici
nel periodo in cui i lavori devono restare fermi”, ha concluso il ministro.
“Quelle
di Mauro sono le ennesime bugie dette sul Muos”, commentano i portavoce del Coordinamento
siciliano dei comitati che si oppongono al nuovo sistema militare. “In nessun accordo
tra Italia e Stati Uniti e in nessun documento relativo al sistema satellitare
e al suo utilizzo, vi è minimamente traccia di un possibile uso del
Muos da parte delle forze armate italiane, trattandosi di un sistema ad uso
esclusivo della marina militare Usa. Mai il parlamento italiano è stato
investito della questione e quindi c’e da chiedersi quale possa essere
quest’interesse strategico nazionale. Il ministero della difesa non ha poi la
legittimazione giuridica per ricorrere al Tar e chiedere somme di denaro da
restituire alle ditte appaltatrici, alcune senza certificazione antimafia. Per
non dimenticare che il blocco dei lavori era stato concordato dal governo Monti
con la Regione siciliana”.
Qualche perplessità sulla veridicità delle
affermazioni di Mario Mauro le hanno comunque manifestate i componenti del
Tribunale amministrativo di Palermo. Nel rinviare al prossimo 9 luglio ogni
decisione, i magistrati hanno richiesto la produzione di documenti che provino
la “dichiarata legittimazione ad agire del Ministero della difesa” e “la
riferibilità dell’attività infrastrutturale in questione alle esigenze
realmente manifestate dall’organizzazione del Trattato Nord Atlantico ovvero
l’esposizione di altro titolo giuridico derivate da diversi obblighi
internazionali assunti dall’Italia e gestiti dalla stessa Amministrazione
ricorrente”.
Mauro e l’Avvocatura riusciranno a trovare uno
straccio di documento che provi l’interesse Nato al Muos? Improbabile, visto
che sino ad oggi a Bruxelles del nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari
della marina militare Usa non se né mai parlato. Di contro, il segretario
generale dell’Alleanza Atlantica Fogh Rasmussen, ha invece ringraziato Mauro
per il sostegno italiano alle operazioni in Afghanistan e alla Smart Defense, la
cosiddetta “difesa intelligente” che avrà proprio in Sicilia uno degli asset
strategici. Si tratta del progetto AGS (Alliance
Ground Surveillance) che entro il 2017 farà della stazione aereonavale di
Sigonella la più grande base di sorveglianza e di riconoscimento per la sicurezza
del globo. “I mezzi impiegati dai 15 dei 28 paesi Nato che condividono il
progetto saranno prevalentemente gli Uav, velivoli inanimati di ultimissima
generazione che non sono droni perché altrimenti si confondono con i droni killer e che dovranno
portare in giro per il pianeta soltanto dati tecnici e informazioni”, ha
aggiunto il segretario Nato. Anche qui la sincerità è un optional. La
componente aerea a controllo remoto dell’AGS è rappresentata da cinque RQ-4
“Global Hawk”, velivoli-spia privi di munizionamento bellico. Ma comunque
tecnologicamente e militarmente sempre di droni si tratta, con l’aggravante di avere
compiti d’intelligence e conduzione al bersaglio degli Uav cugini-killer e di
altre macchine d’attacco infernali.
Lunghi 14,5 metri e con
un’apertura alare di 40, i “Global Hawk” possono volare in qualsiasi condizione
meteorologica per 32 ore sino a 18,3 km d’altezza e a migliaia di km dalla loro base operativa. “I potentissimi sistemi radar installati
a bordo saranno in grado di scansionare ampie porzioni di terreno fissando i
potenziali target con un’affidabilità inferiore al metro”, affermano gli alti
comandi alleati di Bruxelles. Con l’AGS verrà inoltre reso più incisivo
l’intervento della Forza di Risposta
della Nato (NRF), operativa dal giugno 2006.
A
Sigonella, dove nei prossimi mesi giungeranno 800 militari dei paesi
dell’Alleanza, opererà il centro di coordinamento dell’AGS a supporto
dell’intero spettro delle operazioni alleate nel Mediterraneo, nei Balcani, in
Africa e in Medio oriente. Il sistema di sorveglianza funzionerà in stretto
coordinamento con la flotta dei “Global
Hawk” che l’US Air Force ha schierato nella base siciliana sin dall’autunno del
2010. Ad essi si aggiungeranno infine non meno di 5 droni-spia di nuova
generazione in via di acquisizione da parte della marina militare Usa.
Nei
piani delle forze armate statunitensi e Nato Sigonella è destinata a fare da capitale mondiale dei droni, cioè in centro
d’eccellenza per il comando, il controllo, la manutenzione delle flotte di
velivoli senza pilota chiamati a condurre i futuri conflitti globali. Conti
alla mano, entro un quinquennio i grandi aerei-spia in Sicilia saranno non meno
di una ventina a cui si aggiungeranno “stormi” di Predator armati di missili aria-terra e aria-nave.
In verità i famigerati droni killer che il buon Fogh
Rasmussen finge di non amare, fanno bella mostra di sé negli hangar di
Sigonella perlomeno dallo scorso autunno. “La
presenza temporanea di sei MQ-1 Predator
è stata autorizzata dal Ministero della difesa italiano e ha fondamentalmente
lo scopo di permettere alle autorità americane il loro dispiegamento qualora si
presentassero delle situazioni di crisi nell’area nordafricana e del Sahel”, spiega
l’Osservatorio
di Politica Internazionale, un progetto di collaborazione tra il CeSI (Centro Studi Internazionali),
il Senato della Repubblica, la Camera dei Deputati e il Ministero degli Affari
Esteri.
In vista degli interventi “selettivi”
in Medio oriente, Somalia e nord Africa, i “Predator” si addestrano utilizzando
un poligono marittimo a poche miglia di distanza da Punta Castellazzo-Marza
(Pachino-Siracusa), nella parte più sud-orientale della Sicilia. Con il nome in
codice di Pachino range target, il
poligono viene utilizzato da tempi remoti per le esercitazioni aeronavali della
VI Flotta e per lo sganciamento di bombe, missili e mine da parte dei velivoli
di stanza a Sigonella e finanche dei grandi bombardieri strategici a capacità
nucleare provenienti direttamente dagli Stati Uniti d’America.
“Con
l’uso dei droni vengono messi a rischio cinquant’anni di diritto
internazionale”, ha dichiarato mesi fa l’avvocato sudafricano Christof Heyns,
relatore speciale Onu sui temi del controterrorismo e delle esecuzioni extragiudiziali.
Le Nazioni Unite hanno dato vita ad una commissione d’inchiesta per documentare
come i velivoli teleguidati siano stati realmente utilizzati nelle guerre globali e permanenti degli Stati
Uniti d’America, dai militari britannici in Afghanistan e dagli israeliani a
Gaza. Una interminabile sequela di “incidenti” e “danni collaterali” che hanno
causato la morte di centinaia di vittime innocenti: donne, bambini e uomini non
combattenti.
Intanto
però il ministro Mauro chiede ai siciliani di assumersi la “responsabilità”
morale di sostenere e condividere i crimini contro l’umanità e la pace dei
sistemi di morte Usa e Nato installati o da installare nell’Isola.
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