Droni. Frontiere tecnologiche
L’uso
indiscriminato dei droni rende le guerre sempre più violente e illegittime. Da
radar a spie, un utilizzo spietato che vuol coinvolgere anche l’Italia, ponendo
una base di controllo del programma Nato a Sigonella.
Il loro uso indiscriminato
in Afghanistan, Pakistan e Yemen ha determinato un’inattesa crisi politico-istituzionale
a Washington. Da una parte l’amministrazione Obama che li difende, dall’altra
numerosi congressisti bipartisan e le organizzazioni non governative di difesa dei
diritti umani che ne denunciano le operazioni di guerra sempre più illegittime
e sanguinarie. I droni, l’ultima frontiera delle tecnologie di morte e business
plurimiliardario per i contractor del Pentagono. Velivoli senza pilota guidati
da operatori davanti a un terminale a migliaia di chilometri di distanza,
macchine infernali programmate alcune per spiare e coordinare gli attacchi
aerei e missilistici, altre per inseguire, colpire e uccidere autonomamente. Le
forze armate statunitensi li utilizzano ormai comunque, dovunque e contro
chiunque. Un’escalation di omicidi selettivi di presunti guerriglieri e
“terroristi” e di stragi “per errore” di civili, donne e bambini. Tra i
maggiori strateghi delle guerre dei droni, il neodirettore della Cia John
Brennan, benvoluto e corteggiato dal Presidente, poco stimato dalla società
civile democratica Usa che ne chiede la rimozione dalla guida dell’onnipotente
centrale d’intelligence.
“Con
l’uso dei droni vengono messi a rischio cinquant’anni di diritto internazionale”,
ha dichiarato l’avvocato sudafricano Christof Heyns, relatore speciale Onu sui temi
del controterrorismo e delle esecuzioni extragiudiziali. Le Nazioni Unite hanno
dato vita ad una commissione d’inchiesta per documentare come i velivoli
teleguidati siano stati realmente utilizzati nelle guerre globali e permanenti degli Stati Uniti d’America, dai
militari britannici in Afghanistan e dagli israeliani a Gaza. “Il danno
collaterale può essere minore rispetto a un bombardamento aereo, ma poiché si
elimina il rischio di perdite militari, l’utilizzo dei droni può diventare
smodato”, ha aggiunto Philip Alston, altro relatore speciale delle
Nazioni Unite.
Nei mesi scorsi anche Pax Christi International si è espressa per
la proibizione dell’utilizzo dei velivoli senza pilota come armi belliche. “Il
loro uso crescente ha inaugurato una
nuova fase nelle guerre moderne e sta ponendo pesanti questioni morali e legali
che richiedono un’attenzione immediata a livello generale”, scrive
l’organizzazione con sede a Bruxelles. “Gli attacchi dei droni Usa hanno
assassinato centinaia di civili e feriti molti altri. Inoltre, i le loro
operazioni di volo 24 ore al giorno sulla testa di intere comunità non ne hanno
assicurato la protezione ma hanno soprattutto terrorizzato uomini, donne e
bambini. Esse hanno causato tremendi traumi psicologici e gravi stati d’ansietà
tra la popolazione civile; hanno frantumato le attività comunitarie essenziali come
quelle scolastiche, pregiudicando gli sforzi di risoluzione delle dispute tribali”.
Pax Christi rileva poi come
l’utilizzo dei droni si sia dimostrato tutt’altro che utile anche sul fronte
prettamente militare. In Pakistan, in particolare, i bombardamenti sempre più
massicci contro i villaggi hanno reso assai critiche le relazioni di Washington
con le autorità politico-militari locali, mentre la rabbia e il dolore delle
vittime hanno accresciuto il consenso popolare verso le azioni dei gruppi
armati anti-governativi.
“L’oggettivazione degli
esseri umani colpiti e la loro distanza riduce probabilmente la soglia entro
cui si sceglie di utilizzare la violenza armata per risolvere i conflitti”,
aggiunge l’organizzazione internazionale. “Nel prossimo futuro, nei campi di
battaglia si punterà all’opzione di rendere pienamente autonomi i droni, trasformandoli
in veri e propri killer robot, capaci
di prendere loro stessi la decisione di uccidere, senza che ci sia un operatore
umano in rete”.
Mentre a livello
internazionale, tra differenti settori sociali, culturali, religiosi, politici
e giuridici si è aperto un dibattito serrato sulla legittimità dei droni come
arma d’eccellenza per i conflitti del XXI secolo, in Italia il tema è quasi del
tutto ignoto. Eppure le nostre forze armate usano da tempo i droni-spia nel
conflitto afgano e attendono dal Congresso Usa l’autorizzazione ad armare i Predator con sofisticati missili e bombe
teleguidate. Nel corso della recente guerra in Libia, il governo italiano ha
autorizzato la coalizione a guida Nato a utilizzare lo scalo siciliano di
Sigonella come avamposto per i droni-killer anti-Gheddafi. Inoltre da quattro
anni sempre a Sigonella l’Us Air Force ha schierato tre velivoli senza pilota
“Global Hawk” per le operazioni di sorveglianza in una vasta area geografica
che dal Mediterraneo si estende sino all’intero continente africano.
Nell’assoluto disinteresse dei media e delle forze politiche e sociali, il
Dipartimento della difesa ha dichiarato la grande base siciliana capitale mondiale dei droni: entro il
2015 buona parte dei velivoli in dotazione ad aeronautica e marina militare opererà
da Sigonella. Nella base funzionerà inoltre un grande centro di manutenzione e
riparazione dei “Global Hawk” e dei droni killer tipo “Predator” e “Reaper”.
Entro il 2017 diventerà
pienamente operativo in Sicilia pure il
programma Nato denominato Alliance Ground Surveillance (AGS) che punta a potenziare le capacità d’intelligence,
sorveglianza e riconoscimento dei paesi dell’Alleanza atlantica. L’AGS
fornirà informazioni in tempo reale per compiti di vigilanza aria-terra a
supporto dell’intero spettro delle operazioni alleate nel Mediterraneo,
Balcani, Africa e Medio oriente. Al programma, il più costoso della storia
dell’Alleanza, hanno aderito in verità solo 13 paesi: Bulgaria, Repubblica
Ceca, Estonia, Germania, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Norvegia,
Romania, Slovacchia, Slovenia e Stati Uniti. Il sistema AGS si articolerà in
stazioni di terra fisse, mobili e trasportabili per la pianificazione e il
supporto operativo alle missioni e da una componente aerea basata su cinque velivoli a controllo remoto
RQ-4 “Global Hawk” Block 40 (una versione
modificata del Block 30 già operativo
a Sigonella). Lunghi 14,5 metri e un’apertura alare di 40, i velivoli voleranno
in qualsiasi condizione meteorologica per 32 ore sino a 18,3 km d’altezza. “I
potentissimi sistemi radar a bordo dei droni saranno in grado di scansionare
ampie porzioni di terreno fissando i potenziali bersagli con un’affidabilità
inferiore al metro”, annunciano gli alti comandi Nato di Bruxelles. I radar
saranno anche capaci di fornire una “capacità aeroportata di indicazione del
bersaglio per missili da crociera”.
A
Sigonella, dove giungeranno nei prossimi mesi 800 militari dei paesi
dell’Alleanza, opererà il centro di coordinamento e controllo del sistema AGS
in cooperazione con i “Global Hawk” Usa e potrà contare pure sul supporto dei
velivoli senza pilota “Sentinel” in dotazione alle forze armate britanniche ed
“Heron R1” che la Francia ha prodotto congiuntamente ad Israele. Successivamente
l’AGS s’interfaccerà con il programma di ricognizione marittima su larga scala Bams (Broad Maritime Area Surveillance) che la Marina militare Usa attiverà
grazie ad una generazione di droni-spia ancora più sofisticata e ai costruendi pattugliatori
P-8 “Poseidon”.
Il consenso del governo italiano
alla iperdronizzazione della base di Sigonella è stato dato in cambio dell’impegno
Usa e Nato ad affidare un paio di modeste commesse alle aziende leader del
complesso militare industriale nazionale. Nello specifico, Selex Galileo (una controllata
Finmeccanica confluita qualche mese fa in Selex Es) ha sottoscritto un
contratto del valore di 140 milioni di euro con la Northrop Grumman Corporation
- capocommessa del programma AGS - per predisporre la componente fissa e mobile
del segmento di terra del nuovo sistema di sorveglianza. L’azienda italiana
dovrà poi fornire il proprio contributo alla “suite” di telecomunicazioni,
assicurando il collegamento dati su banda larga (prodotto da Selex Elsag, altra
società Finmeccanica) con le piattaforme aeree.
L’importo della commessa AGS
di Selex Galileo è poco superiore al 10% del valore complessivo del contratto (1,2
miliardi di euro) che la Northrop Grumman ha sottoscritto con la Nato il 20 maggio 2012. Le logiche di
guerra sono inique e spietate: in cambio di pochi spiccioli nelle tasche dei
manager e degli azionisti del gruppo Finmeccanica, l’asse
Washington-Bruxelles-Roma ordina l’invasione dei cieli siciliani da parte di
stormi di droni-avvoltoi, imponendo pesanti limitazioni al traffico aereo
civile e al diritto alla mobilità di milioni di abitanti.
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