Poligoni di guerra in Sicilia. L’Esercito non lascia, raddoppia

 


Sindaci regalano pezzi di territorio comunale alle forze armate che li convertono in avamposti di guerra e distruzione. L’8 maggio 2023 nella piccola cittadina di Sperlinga in provincia di Enna è stato sottoscritto un accordo per costituire un hub logistico addestrativo dell’Esercito italiano in una vasta area nei comuni di Gangi, Nicosia e Sperlinga, “al fine di consentire, nei prossimi trent’anni, lo svolgimento di attività logistiche ed esercitazioni tattiche militari”.

A sottoscrivere l’ennesimo ignobile patto di militarizzazione del territorio siciliano i sindaci di Gangi, Giuseppe Ferrarello, Nicosia, Luigi Bonelli e Sperlinga, Giuseppe Cuccì e - per conto dello Stato maggiore della Difesa - i generali Maurizio Angelo Scardino (comandante dell’Esercito in Sicilia) e Guseppe Taffuri (comandante della Brigata Meccanizzata “Aosta”).

Secondo quanto riferito dagli amministratori ennesi, l’accordo prevede che “tutti i mezzi utilizzati dall’esercito si muoveranno lungo itinerari prestabiliti di accesso all’area di condotta delle attività addestrative, avendo cura di non produrre danni alle infrastrutture ed al territorio; eventualmente l’amministrazione militare si impegna al ripristino di ogni eventuale alterazione provocata nel corso delle attività addestrative e alla delimitazione dell’area interessata alle attività”. Per una prima ricognizione dei luoghi che saranno occupati dal nuovo hub esercitativo-logistico è previsto l’arrivo a Sperlinga di un centinaio di militari entro il prossimo 19 giugno.

“Da tempo cercavamo in Sicilia aree dove addestrare i nostri militari”, ha dichiarato il generale Scardino. “La nostra presenza nell’area dei tre comuni interessati, oltre a garantire un miglioramento delle condizioni economiche, assicurerà un maggior controllo del territorio, incrementando la sicurezza, la prevenzione di incendi, un controllo per evitare l’abbandono di rifiuti tossici e qualsiasi altra attività che ponga in pericolo l’ambiente e la popolazione. Abbiamo trovato sinergia istituzionale e una popolazione accogliente”. Alle incredibili esternazioni del responsabile dell’Esercito in Sicilia si è aggiunto il plauso del sindaco di Gangi, anch’egli sicuro della sostenibilità socio-ambientale ed economica del poligono di morte. “Certamente questo accordo porterà vantaggi economici e sociali al nostro territorio, oltre a garantire una maggiore sicurezza, abbiamo avuto ampia garanzia che tutte le operazioni addestrative saranno effettuate nel rispetto dei luoghi e dell’ambiente circostante, questo a garanzia delle popolazioni”, ha riportato Giuseppe Ferrarello.

Nel corso del vertice di Sperlinga le amministrazioni dei tre comuni si sono impegnate con l’Esercito a “rendere disponibili, immobili e territorio individuati, offrendo massima collaborazione ed intercedendo, laddove necessario, con aziende e privati proprietari ma anche con Regione siciliana e di ogni altro ente per agevolare e rendere possibili le attività logistiche e addestrative e la costituzione dello stesso hub logistico-addestrativo”. A coronare la firma del patto di conversione bellica del territorio ennese il giuramento in posa dei tre amministratori e dei due generali in stile tutti per uno e uno per tutti.


A che titolo formale e giuridico e con quale mandato sindaci e militari abbiano sottoscritto l’accordo non è dato sapere, così come sono ignoti l’estensione della superficie dell’hub/poligono e i periodi dell’anno in cui saranno esplosi centinaia di colpi di obici e cannoni. Inutile aggiungere che non è stato prodotto alcuno straccio di studio di valutazione degli impatti ambientali e socio-economici dei futuri impianti militari nonostante le roboanti promesse dei firmatari.

Di certo non mancano i dubbi di legittimità dell’atto, non fosse altro che le normative in vigore per l’individuazione delle aree da sottoporre a esercitazioni militari prevedono ben altri iter e attori. Sarà opportuno ricordare in proposito che dal 24 dicembre 1976 è in vigore la legge n. 898 che regolamenta le servitù militari e che le norme sono state poi integrate all’interno del decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010 relativo al nuovo Codice dell’ordinamento militare. Nello specifico, all’art. 322 del decreto si legge che “in ciascuna regione è costituito un Comitato misto paritetico di reciproca consultazione per l’esame, anche con proposte alternative della regione e dell’autorità militare, dei problemi connessi all’armonizzazione tra i piani di assetto territoriale e di sviluppo economico e sociale della regione e delle aree sub regionali e i programmi delle installazioni militari e delle conseguenti limitazioni”.

Sono membri del Comitato misto paritetico cinque rappresentanti del  Ministero della difesa, due rappresentanti del Ministero dell’economia e sette rappresentanti della regione (nominati dal presidente della Giunta regionale, su designazione del Consiglio regionale). “Il Comitato è consultato semestralmente su tutti i programmi delle esercitazioni a fuoco di reparto o di unità, per la definizione delle località, degli spazi aerei e marittimi regionali, del tempo e delle modalità di svolgimento, nonché sull’impiego dei poligoni della regione”, riporta ancora il decreto legislativo. “Ciascun Comitato, sentiti gli enti locali e gli altri organismi interessati, definisce le zone idonee alla concentrazione delle esercitazioni di tiro a fuoco nella regione per la costituzione di poligoni, utilizzando prioritariamente, ove possibile, aree demaniali. Una volta costituite tali aree militari, le esercitazioni di tiro a fuoco devono di massima svolgersi entro le aree stesse. Per le aree addestrative, terrestri, marittime e aeree, sia provvisorie sia permanenti, si stipulano disciplinari d’uso fra l’autorità militare e la regione interessata”. Nessun potere decisionale dunque di Comuni ed Esercito e obbligo di seguire procedimenti del tutto diversi da quanto si è convenuto invece l’8 maggio a Sperlinga.

Gli enti locali hanno inoltre colpevolmente ignorato che quarant’anni fa, proprio nello stesso territoriom il ministero della Difesa aveva deciso di realizzare il più grande poligono di tiro d’Italia, 23.000 ettari di estensione a cavallo di tre province (Messina, Palermo ed Enna) - in buona parte boschi e pascoli sui Nebrodi - progetto poi ritirato per la straordinaria mobilitazione di cittadini, allevatori, coltivatori e amministratori locali e regionali.

L’accordo di Sperlinga si fa inoltre beffa di quegli ambientalisti e antimilitaristi che da mezzo secolo si oppongono alle devastazioni causate dalle esercitazioni militari in una località di straordinaria bellezza paesaggistica e ambientale della Sicilia, Punta Bianca, a pochi chilometri dalla città patrimonio UNESCO di Agrigento. I titoloni sparati dalle maggiori testate giornalistiche e radiotelevisive hanno presentato il nuovo hub di Gangi-Spelinga-Nicosia come sito alternativo all’area denominata Drasy, a ridosso della nuova riserva naturale di Punta Bianca. Peccato però che non esista ad oggi alcuna dichiarazione di rinuncia al devastante e devastato poligono agrigentino da parte del ministero della Difesa. Di contro sarebbero state raccolte informalmente le ammissioni del personale dell’Esercito secondo cui dopo l’estate si potrebbe tornare a sparare a Punta Bianca.

Nei giorni scorsi i portavoce delle organizzazioni ambientaliste Mareamico Agrigento e Marevivo Sicilia hanno inviato una lettera al Presidente della Regione Sicilia Renato Schifani, al ministro per le Politiche del Mare Nello Musumeci, al Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana Gaetano Galvagno e all’Assessore al Territorio ed Ambiente Elena Pagana, chiedendo di essere ascoltati dai membri del Comitato misto paritetico per le servitù militari. “Il prossimo 31 luglio scadrà la concessione demaniale quinquennale per l’utilizzo dell’area Drasy, utilizzata per lo svolgimento di esercitazioni militari di tiro a terra ed a mare”, ricordano le associazioni ambientaliste. “Tenuto conto delle gravissime conseguenze di tipo paesaggistico, ambientale ed economico generate dall’uso del territorio in questione (vedi inquinamento del suolo, del litorale e delle acque prospicienti il poligono di tiro, etc) e considerato altresì che l’Esercito italiano ha stipulato un protocollo d’intesa con i comuni di Gangi, Nicosia e Sperlinga, vogliamo essere auditi per poter esporre le problematiche generate dalle esercitazioni militari a Punta Bianca, nell’auspicio che esse vengano sospese per sempre e non venga rinnovato l’uso a poligono dell’area a conclusione del piano quinquennale delle servitù militari”.

A fine luglio scadrà la concessione di altri tre poligoni utilizzati dalle forze armate nell’Isola: quello denominato “Santa Barbara” nei comuni di Tripi e Novara di Sicilia (provincia di Messina); “San Matteo” ad Erice (Trapani); “Masseria dei Cippi” nel comune di Montelepre (Palermo). C’è da scommettere che anche il loro uso sarà prorogato ancora una volta, nel silenzio-assenso di amministratori locali, e politici regionali e nazionali, così come sta accadendo in Sicilia orientale per la stazione aeronavale USA e NATO di Sigonella dove sono state avviate le procedure di esproprio di cento ettari di terra per ampliare le piste aeroportuali e realizzare una immensa polveriera dove stoccare armi e munizioni per le future guerre globali in Africa, medio oriente ed Europa orientale.

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